Il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 settembre 2022| n. 26059.

Il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore

Il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o le illiceità commesse dall’amministratore determino non solo la revoca del mandato e l’esercizio dell’azione di responsabilità, ma anche l’esclusione da socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela delle finalità e degli interessi dell’ente.

Ordinanza|5 settembre 2022| n. 26059. Il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore

Data udienza 13 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Società – Esclusione del socio – Amministrazione nella società in accomandita semplice – Amministratore è socio accomandatario – Esclusione dell’accomandatario – Cessazione dalla carica di amministratore ipso iure – Mancato svolgimento di istruttoria – Onere della parte di indicare la decisività e rilevanza delle prove non ammesse nonché il pregiudizio da essa subìto in sede di conclusioni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDOFERRI Andrea – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 4652/2018 proposto da:
(OMISSIS), nella sua qualita’ di socia amministratrice della societa’ ” (OMISSIS) s.n.c.”, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), giusta procura speciale rilasciata in calce al ricorso, con cui elettivamente domicilia presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avvocato (OMISSIS), in forza di mandato in calce al controricorso, elettivamente domiciliate presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione;
– controricorrenti –
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 611/2017, depositata in data 24 luglio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/7/2022 dal Consigliere Dott. Luigi D’Orazio.

Il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore

RILEVATO

CHE:
1. (OMISSIS) e (OMISSIS), socie unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS) della ” (OMISSIS) s.n.c.”, con delibera adottata l’11 ottobre 2013 hanno escluso la socia amministratrice (OMISSIS) dalla societa’. Quest’ultima ha agito nei confronti della societa’, nella persona di tutti i soci rappresentanti l’intera compagine sociale, ossia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), per ottenere la dichiarazione di nullita’ e/o annullamento della delibera adottata dalle socie (OMISSIS) e (OMISSIS), con cui (OMISSIS) era stata esclusa dalla compagine sociale, con conseguente revoca della carica di amministratrice. Per la attrice, poiche’ la delibera di esclusione comportava anche la revoca dalla carica di amministratore, sarebbe stato necessario applicare le norme in materia di revoca dalla facolta’ di amministrare di cui all’articolo 2259 c.c., che richiedeva una giusta causa e l’unanimita’ dei soci per la validita’ della delibera, ex articolo 2252 c.c. Non poteva, dunque, essere applicata la normativa in materia di esclusione del socio, di cui agli articoli 2286 c.c. e ss., che prevedeva, invece, l’adozione della delibera da parte della maggioranza dei soci. Le socie (OMISSIS) e (OMISSIS) si sono costituite in giudizio, evidenziando che (OMISSIS) aveva posto in essere comportamenti in violazione dei doveri di informazione degli altri soci ed aveva “rescisso” anticipatamente il contratto d’affitto di ramo d’azienda stipulato con la societa’ ” (OMISSIS) s.n.c.”, privando l’azienda dei mezzi necessari alla prosecuzione dell’attivita’. Inoltre, in via riconvenzionale, le due convenute hanno proposto domanda di revoca per giusta causa dell’amministratore per i motivi sopra indicati, oltre ad un’azione di responsabilita’.
2. Il Tribunale di Lanusei, con la sentenza “non definitiva” del 4 febbraio 2016, nella contumacia di (OMISSIS), ha rigettato la domanda di (OMISSIS) volta ad accertare la nullita’ o a dichiarare l’annullamento della delibera di esclusione del socio, essendo stati applicati correttamente gli articoli 2286 e 2287 c.c., in materia di esclusione del socio, mentre la cessazione della carica di amministratore era una naturale conseguenza dello scioglimento del rapporto sociale. Il processo di prime cure e’ proseguito con riferimento alla domanda riconvenzionale articolata dalle convenute in ordine alla sussistenza della giusta causa di revoca dell’amministratrice ex articolo 2259 c.c., comma 3, oltre che per l’azione di responsabilita’.

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3. Avverso la sentenza parziale ha proposto appello (OMISSIS). Nell’atto di appello, oltre a denunciare la non corretta applicazione del procedimento seguito dalle socie per l’estromissione dalla compagine sociale, ha anche censurato la sentenza impugnata per avere omesso “qualsivoglia motivazione circa la sussistenza dei fatti addebitati alla (OMISSIS), sulla loro natura, incidenza, gravita’ quali giusta causa di revoca, ovvero quali “gravi inadempimenti” che ai sensi dell’articolo 2286 c.c. giustificherebbero la sua esclusione dalla compagine sociale”.
4. La Corte d’appello di Cagliari ha rigettato il gravame proposto da (OMISSIS) “avverso la sentenza non definitiva n. 57/2016 del Tribunale di Lanusei”. In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto che, in caso di esclusione del socio, nelle societa’ di persone, la revoca della posizione di amministratore e’ solamente una conseguenza di tale decisione. Pertanto, l’eventuale esclusione del socio dalla societa’ di persone, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale, ne comporta “ipso iure” anche la cessazione dalla carica di amministratore.
5. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), depositando anche memoria scritta.
6. Hanno resistito con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), depositando anche memoria scritta.
7. E’ rimasta intimata (OMISSIS).

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CONSIDERATO

CHE:
1.Anzitutto, deve essere rigettata l’eccezione di manifesta inammissibilita’ del ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 100 c.p.c., per carenza dell’interesse ad agire della socia (OMISSIS). Le controricorrenti, infatti, deducono che la societa’ II Cinghialetto di (OMISSIS) s.n.c. sarebbe “di fatto estinta dal 2013 per impossibilita’ di raggiungimento dell’oggetto sociale ex articolo 2272 c.c., comma 1, n. 2”.
Tuttavia, si evidenzia che le controricorrenti si limitano ad allegare la circostanza della avvenuta estinzione “di fatto” della societa’, senza documentare tale circostanza in alcun modo; sarebbe stato necessario produrre in giudizio il provvedimento di cancellazione della societa’ dal registro delle imprese ex articolo 2495 c.c., comma 2. Invero, per questa Corte, a sezioni unite, una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2495 c.c., comma 2, come modificato dal Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, articolo 4 nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata delle societa’ di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle societa’ commerciali di persone, in virtu’ del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacita’ e soggettivita’ limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le societa’ di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicita’ nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 6 del 2003, e con decorrenza dal 1 gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore (Cass., sez.un., 22 febbraio 2010, n. 4060; Cass., sez.un., 12 marzo 2013, n. 6070).
1.1.Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “nullita’ della sentenza (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) per violazione di legge, articolo 111 Cost., comma 6; violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4; articolo 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2; totale mancanza di motivazione, motivazione apparente”. Il giudice d’appello ha pronunciato esclusivamente sulla disciplina in astratto applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio con l’atto di citazione, pervenendo alla conclusione che nella specie fosse possibile procedere alla esclusione della socia (OMISSIS) dalla compagine sociale secondo la disciplina di cui agli articoli 2286 e 2287 c.c., ritenendo inapplicabili le norme dettate in materia di revoca dell’amministratore, di cui agli articoli 2252 e 2259 c.c. Tuttavia, nel proporre appello l’attrice aveva censurato la sentenza appellata per avere omesso qualsiasi motivazione circa la sussistenza dei fatti addebitati a (OMISSIS). La Corte d’appello, nel decidere in astratto la causa, ha totalmente omesso ogni motivazione sui fatti controversi e sottoposti ad esame. La sentenza manca, dunque, dei requisiti minimi di legge di cui all’articolo 111 Cost., comma 6, articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., commi 1 e 2. Non si e’ valutato in alcun modo se gli addebiti formalmente contestati a (OMISSIS) fossero effettivamente sussistenti e se fossero tali da incidere o meno sulla prosecuzione del rapporto sociale.

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2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per violazione degli articoli 24 e 111 Cost., articolo 112 e 115 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, – articoli 2697 e 2907 c.c. Omessa pronuncia sul motivo di gravame relativo alla mancata ammissione, da parte del giudice di primo grado, delle istanze istruttorie proposte”. Il Tribunale di Lanusei ha respinto le domande proposte dall’attrice omettendo ogni accertamento sulla sussistenza dei fatti ad essa addebitati con la delibera di esclusione dell’11 ottobre 2013. Tuttavia, l’attrice con le memorie di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, nn. 2 e 3, aveva articolato prova orale, per interrogatorio e testi, volta a dimostrare la insussistenza degli addebiti ad essa attribuiti dalle convenute (OMISSIS) e (OMISSIS) nel provvedimento di esclusione impugnato. Con l’atto di appello l’attrice ha censurato la sentenza di prime cure per aver violato le norme in materia di ammissibilita’ delle prove, e segnatamente la mancata ammissione delle prove documentali ed orali dedotte a dimostrazione dei propri assunti difensivi, con riguardo alla insussistenza, in fatto, degli addebiti a lei mossi con il provvedimento di esclusione dalla compagine sociale. I motivi di appello censuravano la sentenza proprio per aver “totalmente omesso di esaminare ed accertare la effettiva sussistenza degli addebiti mossi alla (OMISSIS), della loro gravita’ e della loro incidenza effettiva sul rapporto sociale”. Pertanto, nelle conclusioni rassegnate davanti alla Corte d’appello (OMISSIS) ha chiesto, in via subordinata istruttoria, “la richiesta di ammissione delle prove gia’ dedotte in primo grado e non ammesse”. La Corte d’appello di Cagliari si e’ totalmente disinteressata delle istanze probatorie formulate dall’appellante, omettendo totalmente di esplicitare le ragioni per le quali ha reputato di non ammettere le prove richieste, incorrendo nella violazione delle norme sul procedimento, e segnatamente di quelle di cui agli articoli 112 e 115 c.p.c., e articoli 2697 e 2907 c.c., nonche’ di quelle sull’obbligo di motivazione sancito oltre che dal codice di rito anche a livello costituzione degli articoli 24 e 111 Cost..
3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione e/o di interpretazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con riferimento agli articoli 2258, 2259, 2286 e 2287”. Poiche’ non vi era stata alcuna contestazione nei suoi confronti nella qualita’ di socia, l’unica disciplina applicabile era proprio quella di cui agli articoli 2252 e 2259 c.c., che prevedevano, sussistendo la “giusta causa” e la unanimita’ dei consensi, la revoca dell’amministratore, ma non l’esclusione del medesimo dalla compagine sociale. Pertanto, la deliberazione impugnata doveva essere dichiarata nulla, ovvero annullata, non sussistendo i presupposti di fatto e di diritto sui quali la deliberazione di esclusione si fondava. (OMISSIS) era stata nominata amministratrice della societa’ nello stesso atto costitutivo, e tutti gli addebiti mossi nei suoi confronti con la delibera di esclusione dalla compagine sociale attenevano a pretese violazioni del dovere di amministratore. Si trattava di condotte (comunque contestate) che avrebbero potuto al piu’ comportare, in presenza di giusta causa e della unanimita’ dei consensi, la revoca del potere di amministrare la societa’, ma non di irrogare la sanzione estrema dell’esclusione della compagine sociale. Una cattiva conduzione della gestione di impresa puo’ costituire solo una causa di revoca dell’amministratore ed eventualmente di responsabilita’ risarcitoria nei confronti della societa’, ma l’amministratore conserva la qualita’ di socio con tutti i diritti, patrimoniali ed amministrativi, a lui riconosciuti dalla legge o dall’atto costitutivo. Altrimenti, si consente ai soci la possibilita’ di ottenere, con una deliberazione a maggioranza che esclude il socio dalla societa’, anche la cessazione, e quindi la revoca, del socio amministratore.

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4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “nullita’ della sentenza o del procedimento (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per la violazione degli articoli 24 e 111 Cost., articolo 99 e 112 c.p.c.”. L’attrice, sin dall’atto di citazione ha chiesto dichiararsi la nullita’ della deliberazione dell’11 ottobre 2013 con cui le socie (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano escluso la socia amministratrice dalla societa’ (OMISSIS) s.n.c., e, in via subordinata l’annullamento della medesima delibera. Con ordinanza del 4 giugno 2015, il giudice di prime cure, aveva ritenuto opportuno procedere alla decisione della causa per cio’ che concerneva “la domanda principale”, ritenendo la causa “gia’ ampiamente istruita” e, rinviando per la precisazione delle conclusioni alla successiva udienza del 9 luglio 2015. L’attrice, dunque, aveva precisato le conclusioni chiedendo, in via principale, dichiararsi la nullita’ della deliberazione di esclusione e, in via subordinata, l’annullamento della medesima delibera, instando anche per l’ammissione dei documenti e delle prove orali per interrogatorio testi. Il Tribunale di Lanusei, con la sentenza non definitiva n. 57 del 2016, ha rigettato la domanda principale svolta dall’attrice, rinviando per la prosecuzione della causa all’udienza del 14 aprile 2015, e ribadendo nel dispositivo il rigetto della “domanda attorea volta ad accertare la nullita’ o a dichiarare l’annullamento della delibera di esclusione del socio adottata in data 11.10.2013”. Pertanto, con l’atto di appello, al capo C), l’appellante ha ritenuto che il tribunale “fosse andato oltre quanto il medesimo aveva chiesto di pronunciarsi”. Il thema decidendum doveva essere limitato esclusivamente alla domanda di nullita’ della deliberazione di esclusione, mentre la sentenza appellata aveva pronunciato anche sulla domanda di annullamento della medesima delibera di esclusione. In cio’ si ravvisava una ultrapetizione.
5. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Il giudice di prime cure, come pure la Corte d’appello, hanno respinto le domande attrici, senza avere accertato se il recesso anticipato dal contratto di affitto di azienda stipulato con la societa’ ” (OMISSIS) s.n.c.” rientrasse nei suoi poteri di amministratrice e se fosse giustificato, oltre alla insussistenza del dedotto conflitto di interessi. Ne’ si era provveduto all’accertamento per cui la socia amministratrice si sarebbe sempre rifiutata di mettere a disposizione degli altri soci i bilanci della societa’ e di rendere il conto della gestione; neppure era stato accertato se la socia amministratrice aveva rifiutato di dare notizia degli affari sociali, non aveva consentito ai soci la consultazione dei documenti, omettendo di accertare la natura di tali addebiti, per valutare se integrassero o meno l’elemento costitutivo delle gravi inadempienze delle obbligazioni legali o contrattuali, tali da incidere sul rapporto sociale. Si trattava, peraltro, di scelte gestorie, in cui entravano in gioco valutazioni di opportunita’ e di convenienza economica, come tali insindacabili nel merito.

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6.Va affrontato preliminarmente, per ragioni logiche, rivestendo tale questione carattere pregiudiziale per la decisione della controversia, il terzo motivo di impugnazione, che e’ infondato.
6.1. Invero, per questa Corte in tema di amministrazione nella societa’ in accomandita semplice, per effetto della regola per cui l’amministratore non puo’ che essere un socio accomandatario, l’eventuale esclusione di questi dalla societa’, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale a lui facente capo, ne comporta “ipso iure” anche la cessazione dalla carica di amministratore (Cass., sez. 1, 26 settembre 2016, n. 18844). Si e’ chiarito che la revoca dell’amministratore e l’esclusione del socio, nelle societa’ di persone, costituiscono situazioni affatto distinte, legate a presupposti non necessariamente coincidenti, sicche’ non e’ possibile sovrapporre la disciplina legale dell’una figura a quella dell’altra, ne’ implica che l’eventuale revoca della carica di amministratore incida di per se’ sul perdurare del rapporto sociale (Cass., sez. 1, 8 aprile 2009, n. 8570; Cass., sez. 1, 29 novembre 2001, n. 15197); tuttavia, si e’ osservato che nella societa’ in accomandita semplice l’amministratore non puo’ che essere un socio accomandatario, sicche’ la sua esclusione dalla societa’, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale, automaticamente comporta anche la cessazione della carica di amministratore.
In dottrina ed in giurisprudenza si e’ anche affermato che il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarita’ o illiceita’ commesse dall’amministratore determinino, non solo la revoca del mandato, ma anche l’esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalita’ e degli interessi dell’ente (Cass., sez. 1, 9 marzo 1995, n. 2736); cio’ in quanto, indipendentemente dagli obblighi che incombono sull’amministratore-socio, vi e’ un obbligo fondamentale che deriva dalla sua qualita’ di socio, costituito dal dovere di non compiere atti che, per essere in contrasto con i fini della societa’, configurino insidia per la compagine sociale.
7. I motivi primo, secondo e quarto, che possono essere trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati.

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7.1. la Corte territoriale ha omesso di pronunciare sui motivi di appello articolati da (OMISSIS), con conseguente nullita’ della sentenza, rettamente denunciata dalla ricorrente.
7.2. Invero, per quanto emerge dal ricorso per cassazione, con l’atto di appello la socia (OMISSIS), esclusa dalla societa’ di persone con delibera dell’11 ottobre 2013, ha chiesto, da un lato, che fosse data prevalenza all’applicazione delle norme relative alla revoca dell’amministratore ex articolo 2259 c.c., in luogo di quelle relative alla esclusione del socio ex articolo 2286 c.c.; ma, dall’altra, ha censurato la sentenza di prime cure che si era del tutto disinteressata della sussistenza o meno delle “gravi inadempienze” delle obbligazioni sociali che derivavano dalla legge o dal contratto sociale.
7.3.Infatti, si legge nel ricorso (a pagina 11), ove si riportano in sintesi le argomentazioni dell’atto di appello (nelle pagine da 16 a 22) che “nel proporre appello l’attrice, oltre ad aver denunciato la non corretta applicazione del procedimento seguito dalle convenute (…) ha specificamente censurato la sentenza appellata per aver omesso qualsivoglia motivazione circa la sussistenza dei fatti addebitati alla (OMISSIS), sulla loro natura, incidenza, gravita’ quali giusta causa di revoca, ovvero quali “gravi inadempimenti” che ai sensi dell’articolo 2286 c.c. giustificherebbero la sua esclusione dalla compagine sociale”.
7.4. Inoltre, la ricorrente ha evidenziato che aveva articolato prova orale per interrogatorio e testi sia nelle memorie istruttorie di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, nn. 2 e 3, in prime cure, sia, dopo che il tribunale non si era pronunciato sulle stesse, nelle conclusioni in Corte d’appello, di nuovo senza alcuna pronuncia da parte del giudice del gravame.
7.5.In particolare, la ricorrente ha provveduto alla trascrizione integrale delle conclusioni rese dinanzi alla Corte d’appello (cfr. pagina 27 del ricorso per cassazione “laddove il collegio lo ritenesse necessario si invoca la rimessione della causa in istruttoria per l’espletamento dei dedotti interrogatori formali e prova per testimoni, gia’ dedotti dall’attrice, odierna appellante, nel corso del giudizio di primo grado con le memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 2 e 3”). Ha anche trascritto per intero i capitoli di prova per interrogatorio e testi articolati nelle fasi di merito.
7.6.Infatti, si e’ ritenuto che, nel regime processuale introdotto dalla L. n. 353 del 1990, il giudice che ritenga la causa matura per la decisione senza necessita’ di assunzione di mezzi di prova, puo’ rinviarla alla fase conclusiva, non dovendo obbligatoriamente fissare un’udienza per i provvedimenti ex articolo 184 c.p.c.; ove cio’ accada, la parte puo’, comunque, articolare i mezzi di prova in sede di conclusioni e dedurne, in appello, la mancata ammissione, dolendosi dell’omessa fissazione dell’udienza suddetta purche’ precisi, nell’atto di impugnazione, la decisivita’ e rilevanza delle prove non ammesse nonche’ il pregiudizio da essa subito a causa del mancato svolgimento dell’udienza per i provvedimenti istruttori, benche’ ne avesse ritualmente richiesto la fissazione (Cass., sez. 2, 30 settembre 2016, n. 19568; per la sussistenza del vizio di omessa pronuncia, in caso di omissione di una qualsiasi decisione su un capo della domanda, anche se questa riguarda la richiesta di mezzi istruttori, in quanto detta richiesta, ove fosse stata presa in esame, avrebbe potuto portare a una decisione diversa, cfr. Cass., sez. 3, 11 novembre 1976, n. 4158; Cass., sez. 6-L, 2 luglio 2018, n. 17197). La ricorrente ha dedotto la decisivita’ e la rilevanza delle istanze istruttorie, tese a dimostrare l’insussistenza delle “gravi inadempienze” di cui all’articolo 2286 c.c..

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8.Va ancora premesso che la Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in “error in procedendo”, come nella specie, in cui e’ evocata la violazione dell’articolo 112 c.p.c., e’ anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, ne’ potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, e’ necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato (Cass., sez. un., 25 luglio 2019, n. 20181; Cass., sez. 1, 2 febbraio 2017, n. 2771; Cass., sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077). A tali adempimenti non si e’ sottratta la ricorrente, come evidenziato nei paragrafi precedenti.
8.1.Dall’atto di appello, visionato da questa Corte, emerge che (OMISSIS), dopo avere descritto specificamente gli addebiti a lei contestati dalle socie (OMISSIS) e (OMISSIS) (cfr. pag. 3 del gravame), ha censurato la sentenza di prime cure con tre motivi, indicati sub A, B, e C). In particolare, con il motivo sub A (pag. da 11 a 15 dell’appello) ha dedotto l’applicabilita’ alla fattispecie del combinato disposto degli articoli 2252 (modificazione del contratto sociale) e 2259 c.c. (revoca dell’amministratore), con il necessario consenso di tutti i soci, in luogo dell’articolo 2286 c.c. (esclusione del socio), che consente la delibera a maggioranza. Con il motivo sub B (da pagina 16 a 22 dell’appello) ha censurato l’omesso esame da parte del Tribunale delle istanze istruttorie, articolate ex articolo 183 c.p.c., comma 6, e riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, come indicato a pagina 17 del gravame; con il motivo sub C (pagina 20 dell’appello) ha censurato la sentenza del Tribunale per vizio di ultrapetizione, in quanto la causa era stata rimessa in decisione esclusivamente sulla domanda “principale” di nullita’, mentre il giudice aveva rigettato anche la domanda “subordinata” di annullamento, senza peraltro motivare sul rigetto di quest’ultima. Nelle conclusioni dell’atto di appello risultano trascritti tutti i capitoli di prova per interrogatorio e testi di cui si richiedeva l’ammissione (da pagina 24 a pagina 33 del gravame).
Sui motivi sub B) e C) dell’appello non v’e’ alcuna statuizione della Corte territoriale, con conseguente sussistenza del vizio di omessa pronuncia.
9. Il quinto motivo resta assorbito, in ragione dell’accoglimento dei motivi primo, secondo e quarto.
10. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso; rigetta il terzo motivo; dichiara assorbito il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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