Il contratto preliminare costituisce un accordo perfettamente compiuto

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 2 ottobre 2020, n. 20989.

Il contratto preliminare, avendo superato lo stadio precontrattuale, costituisce un accordo perfettamente compiuto, benché proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo, con la conseguenza che allo stesso preliminare non è applicabile l’art. 1337 c.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che non aveva limitato al mero interesse negativo il danno risarcibile in favore del promittente locatore, ma aveva impiegato quale parametro di riferimento l’utilità perduta dal medesimo in seguito alla mancata conclusione del contratto definitivo, individuata nel canone di locazione che sarebbe stato corrisposto per un periodo di sei mesi, lasso di tempo considerato utile per il reperimento di un nuovo conduttore sul mercato).

Ordinanza 2 ottobre 2020, n. 20989

Data udienza 2 luglio 2020

Tag/parola chiave: Locazione uso diverso – Ufficio – Preliminare – Inadempimento – Risoluzione – Risarcimento danni

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 34298-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 1193/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA GRAZIOSI.

RILEVATO

che:
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 marzo 2017 – a seguito di ricorso depositato il 3 marzo 2015 da (OMISSIS) S.r.l. nei confronti di (OMISSIS) perche’ fosse dichiarata la risoluzione del contratto preliminare di locazione ad uso non abitativo (ufficio) da loro stipulato in data 17 gennaio 2014 per inadempimento del convenuto, che avrebbe dovuto diventare conduttore nel contratto locatizio definitivo, e la sua condanna al risarcimento dei danni, con riconoscimento del diritto dell’attrice a trattenere la caparra -, dichiarava risolto il contratto per inadempimento del (OMISSIS), lo condannava a risarcire i danni determinati equitativamente nella misura di Euro 26.000 e dichiarava il diritto dell’attrice a trattenere la caparra.
Il (OMISSIS) proponeva appello principale e controparte appello incidentale. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 7 maggio 2018, in parziale riforma, riduceva i danni da risarcire nella misura di Euro 23.200, compensando per meta’ le spese di lite.
(OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso articolato in tre motivi e poi illustrato anche con memoria; si e’ difeso con controricorso il (OMISSIS), che ha presentato ricorso incidentale fondato su un unico motivo, da cui la ricorrente principale si e’ difesa con controricorso.

CONSIDERATO

che:
1. Prima di esaminare i ricorsi, e’ opportuno riassumere il contenuto della sentenza d’appello laddove riforma quella di primo grado, trattandosi della questione che entrambi i ricorsi, da opposte posizioni, rendono oggetto di censura.
La corte territoriale in primis imputa una “totale infondatezza” alla tesi prospettata dall’appellante principale, cioe’ il (OMISSIS), “secondo cui, trattandosi nella specie di inadempimento agli obblighi assunti con un contratto preliminare, il danno risarcibile a controparte dovrebbe consistere nel solo “interesse negativo”… come avviene nell’ipotesi di responsabilita’ precontrattuale… al contrario, trattandosi nella specie di inadempimento contrattuale, ai fini del risarcimento del danno spettante al promittente locatore, deve tenersi conto, quale utile parametro di riferimento, dell’utilita’ venuta a mancare al medesimo in seguito alla mancata conclusione del contratto definitivo, e quindi ben puo’ farsi riferimento, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, all’ammontare del canone di locazione, stabilito nella specie – con il contratto preliminare – nella misura annua di Euro 39.000,00… peraltro, potendo valutarsi ragionevolmente in sei mesi il periodo di tempo entro il quale la soc. (OMISSIS), se si fosse immediatamente attivata rimettendo l’immobile sul mercato non appena ricevuta dal (OMISSIS) la comunicazione del suo rifiuto di sottoscrivere il contratto definitivo, avrebbe potuto reperire un nuovo conduttore, nella specie il mancato utile (e quindi il danno relativo) direttamente derivato all’attuale appellata dalla mancata conclusione, imputabile ad inadempimento del promissario conduttore, del contratto definitivo, puo’ essere equitativamente liquidato nella misura di Euro 19.500,00 (corrispondente a sei mensilita’ del canone concordato), nulla potendo invece riconoscersi al titolo di (danno per) spese condominiali che (se il contratto di locazione fosse stato regolarmente concluso) avrebbero gravato sul conduttore (anziche’ sul proprietario), attesa la mancanza in atti di elementi idonei a stabilire, neppure approssimativamente, il relativo ammontare… oltre all’importo di cui innanzi (pari, per quanto detto, ad Euro 19.500,00), spetta inoltre alla srl (OMISSIS)…, a titolo di risarcimento del danno direttamente cagionatole dall’inadempimento di controparte, il rimborso della spesa di Euro 3.700,00…, inutilmente sostenuta, a titolo di provvigioni versata al mediatore per la stipula del preliminare di locazione… Non appare, invece, addebitabile all’inadempimento del promittente conduttore il fatto che nel concludere con un nuovo conduttore… la (OMISSIS) sia riuscita a “spuntare” un corrispettivo inferiore (Euro 32.400,00 anziche’ Euro 39.000,00 annui), essendo cio’ verosimilmente dipeso da fattori del tutto estranei all’inadempimento del predetto promissario conduttore, legati all’andamento del mercato delle locazioni immobiliari e all’effettivo valore locativo dell’immobile”.
2.1 Il primo motivo del ricorso principale denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, degli articoli 1226, 2697 c.c., degli articoli 112, 115, 116 c.p.c., degli articoli 2727 e 2729 c.c..
Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello ha ridotto il quantum risarcitorio da Euro 26.000 a Euro 23.200 avvalendosi, come “utile parametro di riferimento” della mancata utilita’ dell’attuale ricorrente, del canone annuo di Euro 39.000 pattuito nel preliminare rimasto inadempiuto, “ma dimezzando l’importo dovuto a tale titolo”. Viene riportato il passo della motivazione della sentenza relativo alla quantificazione in Euro 19.500 del mancato utile subito dall’attuale ricorrente principale per l’inadempimento del (OMISSIS), deducendone anzitutto che sarebbe “evidente” che il giudice d’appello, imputando a (OMISSIS) una mancata immediata attivazione per limitare il danno, avrebbe applicato, “pur senza menzionarla esplicitamente”, la norma di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2: trattandosi pero’ di eccezione in senso stretto che, nel caso in esame, il (OMISSIS) non avrebbe mai sollevato, la corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione dell’articolo 112 c.p.c..
Questa prima parte del motivo, che e’ qualificabile come un vero e proprio submotivo, e’ manifestamente infondata, in quanto, come emerge dalla trascrizione della motivazione della sentenza impugnata che si e’ sopra compiuta, il giudice d’appello non ha attribuito, in effetti, alla promittente locatrice alcuna condotta che abbia qualificato negligente e quindi riconducibile all’articolo 1227 c.c., comma 2, bensi’ ha meramente ricostruito la vicenda dal punto di vista fattuale, per trarne poi elementi di fondamento di una valutazione equitativa come quella alla fine adottata.
2.2 Successivamente, il motivo – rectius, il submotivo seguente – adduce che il giudice d’appello non avrebbe “tenuto nel debito conto le risultanze degli atti e documenti di causa” cosi’ commettendo un “errore di giudizio” ancora in relazione all’articolo 1227 c.c., comma 2. La censura viene quindi illustrata sulla base di una serie di rilievi direttamente fattuali prospettando una vera e propria valutazione alternativa dell’esito di merito ed imputando al giudice d’appello di avere trascurato “completamente le allegazioni delle parti e le prove documentali in atti” -, ed incorre pertanto in una palese inammissibilita’.
2.3 Infine, con un terzo submotivo, in evidente sviluppo della censura fattuale precedente, si viene ad attribuire al giudice d’appello violazione e falsa applicazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. “per avere trascurato l’unico fatto noto e provato”, sostituendolo con il tempo occorso per trovare altri conduttori, e per averlo invece sostituito “con una mera ipotesi affatto disancorata dalle risultanze di causa, in totale assenza di indici che valessero a supportarla”, il che condurrebbe anche alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c., dal momento che non vi sarebbe stata “alcuna necessita’ di ricorrere ad una liquidazione equitativa, essendo in atti la prova documentale del piu’ lungo periodo – diciassette mesi – precisamente occorso a (OMISSIS) per reperire altri conduttori… benche’ prontamente attivatasi”; si ripete che “la sentenza ha del tutto ignorato le allegazioni delle parti e le risultanze istruttorie, violando comunque la norma in esame” e assommando all’errore di diritto relativo all’articolo 1226 c.c. pure l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, “ossia il fatto che l’immobile fosse rimasto sfitto per tutto l’anzidetto periodo, e non per sei mesi soltanto, a causa dell’inadempimento”.
E’ piu’ che evidente che quest’ultimo submotivo altro non e’ che una ulteriore prospettazione di valutazione alternativa di merito, che la ricorrente tenta ictu oculi di schermare con l’invocazione degli articoli 2727, 2729, 1226 c.c. e dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
In conclusione, il primo motivo del ricorso principale risulta infondato nel primo dei submotivi e inammissibile nel resto.
3. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 1223 c.c. in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si trascrive un altro passo della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla quantificazione del risarcimento riconosciuto all’attuale ricorrente per affermare che, se e’ vero che, “a distanza di diciassette mesi dal rifiuto ad adempiere del promissario conduttore, per non aggravare il suo pregiudizio (OMISSIS) ha dovuto accettare da altri conduttori” un canone inferiore a quello previsto nel contratto preliminare con il (OMISSIS), “cio’ significa… che a causa dell’inadempimento di quest’ultimo, oltre alla perdita subita per il periodo in cui l’immobile e’ rimasto sfitto, (OMISSIS) ha visto sfumare il vantaggio costituito dal maggior corrispettivo”, per cui, alla luce di un calcolo aritmetico che descriverebbe il contenuto effettivo del lucro cessante, “il danno comunque patito per lucro cessante e’ causalmente riconducibile all’inadempimento del promissario conduttore anche per la frazione che la stessa (OMISSIS) non ha potuto evitare pur essendo riuscita a contenere il pregiudizio”.
Il motivo, ictu oculi, patisce una sostanza direttamente fattuale, desunta dalla estrapolazione artificiosa di un passo della complessiva motivazione che la sentenza offre in ordine alla quantificazione equitativa del risarcimento spettante all’attuale ricorrente. Esige infatti il motivo dal giudice di legittimita’ l’accertamento di un quantum di diverse dimensioni che sarebbe dovuto a (OMISSIS), accertamento da operare sulla base di un calcolo appunto dalla radice puramente fattuale, il che conduce la censura alla evidente inammissibilita’.
4. Il terzo motivo lamenta omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c. “ancora in relazione agli articoli 1218 e 1223 c.c.”, riferendosi all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Si adduce che nel ricorso introduttivo e nelle note conclusive del primo grado, nonche’ nella memoria di costituzione con appello incidentale di secondo grado, l’attuale ricorrente avrebbe chiesto il risarcimento per il pregiudizio derivante dal non avere colto altre occasioni di locazioni a terzi nel periodo tra la firma del preliminare del 17 gennaio 2014 e “l’inatteso rifiuto” di controparte a stipulare il contratto definitivo il 30 giugno 2014 e ancora la domanda di risoluzione del 3 marzo 2015 che avrebbe reso definitivo l’inadempimento, pregiudizio che non richiederebbe specifica dimostrazione e dovrebbe essere liquidato equitativamente. Il giudice d’appello avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda risarcitoria in parte qua.
A prescindere dal fatto che non esiste danno che non richieda al fine risarcitorio una specifica dimostrazione della sua esistenza, non sussistendo il danno in re ipsa, la sentenza impugnata non ha affatto omesso di pronunciare come il motivo prospetta.
Invero, nella pagina 8, sub d), della sentenza la corte territoriale considera proprio la questione degli effetti della mancata volonta’ del (OMISSIS) di stipulare il contratto definitivo, equitativamente determinandone le conseguenze risarcitorie. E il mancato accoglimento integrale di quanto al riguardo richiesto, id est la non condivisione del contenuto della quantificazione, non puo’, ovviamente, essere convertito in una omessa pronuncia.
Il motivo, pertanto, e’ privo di consistenza.
Il ricorso principale dunque risulta infondato.
5.1 Il (OMISSIS) con il ricorso incidentale presenta un unico motivo denunciante falsa applicazione degli articoli 1225 e 1453 c.c. per il diniego da parte del giudice d’appello della risoluzione del contratto per eccessiva onerosita’.
Adduce di avere chiesto nell’atto d’appello di applicare la disciplina della risoluzione del contratto per eccessiva onerosita’ sopravvenuta della prestazione sotto il profilo della presupposizione nonche’ la disciplina risarcitoria attenuata prevista per un contratto preliminare e non quella per il contratto definitivo, e pertanto modificare la quantificazione del danno.
La corte territoriale, “seppur (inspiegabilmente) allargando il ragionamento all’impossibilita’ sopravvenuta della prestazione”, avrebbe indicato i motivi del non accoglimento della “teoria dell’eccessiva onerosita’ sopravvenuta/presupposizione” con un’argomentazione basata su elementi di fatto (prevedibilita’ dei costi di ristrutturazione e ripensamento di chi avrebbe dovuto condividere l’immobile con il (OMISSIS)) non censurabili in sede di legittimita’.
Tanto premesso, la censura – allontanandosi in parte dalla rubrica – viene focalizzata su una asserita “contraddittoria pronuncia sui criteri di determinazione del danno da inadempimento del contratto preliminare”. In tal modo, si nota fin d’ora, il motivo si colloca nella stessa tematica trattata – nel senso opposto, naturalmente – dal ricorso principale.
Si adduce che il giudice d’appello sarebbe “in contrasto con un principio affermato nel caso di specie fino alla sentenza di primo grado e mai messo in discussione nel successivo grado di giudizio ne’ nel presente giudizio di legittimita’”, richiamando un passo della sentenza di primo grado per cui il principio di buona fede ex articolo 1375 c.c. obbliga a dare rilievo alla stipulazione di un contratto preliminare, per cui non vi sarebbe stata da parte dei contraenti la volonta’ di stipulare subito un contratto definitivo, circostanza che non potrebbe non aver indebolito l’affidamento di ciascuno dei contraenti con conseguente attenuazione delle reciproche aspettative risarcitorie. Pertanto andrebbero “reiterati gli argomenti difensivi” agitati in primo grado in ordine alla risarcibilita’ del solo interesse negativo.
Seguono considerazioni relative al criterio della prevedibilita’ rispetto all’inadempimento del contratto preliminare e all’asserto che la prevedibilita’ del danno sarebbe autonomo requisito di determinazione del danno risarcibile che deve essere provato dal creditore, prova che qui non sarebbe stata fornita. Si conclude pertanto affermando che questa Suprema Corte “potra’ accertare e dichiarare” che controparte “non ha dimostrato di aver subito i danni reclamati” per cui andranno “accolte le domande formulate nei giudizi di merito” dal (OMISSIS), e in ogni caso “la tutela eventualmente da accordare” a controparte “non potra’ coincidere” con quella spettante in caso di inadempimento di un contratto definitivo, per cui la caparra dovrebbe ritenersi satisfattiva per integrare tale tutela risarcitoria “attenuata”.
5.2 Come gia’ anticipato, il motivo, nella sua prima parte, censura – in senso antipodale rispetto alla censura gia’ esaminata come presente nel ricorso principale – quella parte della sentenza d’appello in cui viene quantificato il risarcimento spettante alla parte che ha dovuto subire l’inadempimento della controparte.
Si e’ sopra riportata la motivazione che nella sentenza e’ presente riguardo appunto a tale risarcimento, la quale correttamente giunge ad escludere che questo debba essere confinato all’interesse negativo. E’ del tutto evidente, infatti, che un contratto preliminare ha superato lo stadio precontrattuale, anche se e’ proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo; pertanto, costituendo un accordo perfettamente compiuto non gli e’ applicabile il paradigma dell’articolo 1337 c.c., come infatti ha ritenuto la corte territoriale. La censura e’ pertanto manifestamente infondata.
Il resto del motivo confluisce, in effetti, in una diretta fattualita’ che lo rende palesemente inammissibile, perseguendosi con esso una sorta di terzo grado di merito come, d’altronde, conferma la parte finale della doglianza laddove richiede espressamente accertamenti in ordine alla asserita carenza di prova dei danni da parte di (OMISSIS) e alla sufficienza dell’importo della caparra ai fini del risarcimento.
Anche il ricorso incidentale, quindi, risulta infondato.
6. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, dalla soccombenza reciproca derivando la compensazione delle spese del grado.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta entrambi i ricorsi compensando le spese processuali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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