Comodato: dalla nozione al precario

Comodato: dalla nozione al precario 

 

ultimo aggiornamento 14 novembre 2021, non riscontrabile, però all’interno del documento in pdf

l’articolo originale in pdf

www.studiodisa.it

 

IL COMODATO

Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti –  Capo XIV –  1803 – 1812

 

art. 1803 c.c.   nozione

il comodato è il contratto con il quale una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

 

Il comodato è essenzialmente gratuito

 

A –   NATURA del comodato

 

– Struttura:

–  è un contratto
1 –  bilaterale

Per Gazzoni – Obbligazioni unilaterali: cioè con obbligazioni a carico di una sola parte

A)      parte della dottrina (Tamburino – Fragali): ravvisa tale obbligazione nell’obbligo di restituire la cosa, posto a carico del comodatario;

B)     altra parte della dottrina (Carresi): il vero obbligo sembra essere quello del comodante di non pretendere capricciosamente la restituzione anticipata della cosa e di lasciarla quindi godere al comodatario.

 

L’obbligo di restituzione, infatti (Gazzoni) sembra atteggiarsi come effetto naturale che consegue alla cessazione del rapporto.

Per Capozzi – Obbligazioni bilaterali: tesi seguita dalla dottrina moderna (Giampiccolo – Scozzafava) e dalla giurisprudenza delle Cassazione (18.12.1990, n.11980) la quale afferma che nel contratto di comodato sorgono obbligazioni sia a carico del comodante che del comodatario.

Si tratta, però, di un contratto bilaterale sui generis, infatti, le obbligazioni non si trovano fra loro in relazione di sinallagmaticità.

È evidente che l’obbligo di restituzione ha il solo scopo  di ripristinare la situazione di fatto esistente prima del contratto.

 

2 –  essenzialmente gratuito

ex art. 1803 2 co < Il comodato è essenzialmente gratuito >

In quanto il sacrificio economico è soltanto del comodante; sul comodatario gravano esclusivamente gli oneri economici connessi  all’utilizzazione ed alla custodia della cosa.

 

Per la Cassazione, il comodatario, pur dovendo mantenere la cosa, per quanto possibile, nel suo stato originario, non risponde del deterioramento dipendente esclusivamente dall’uso della cosa conforme al contratto, né comunque di quello dipendente da fatto a lui non imputabile, ma è responsabile del deterioramento eccedente l’uso conforme al contratto e, in ogni caso di quello dovuto a sua colpa.

Il comodante, per ottenere il risarcimento del danno, deve soltanto provare il fatto costitutivo del suo diritto, ossia il deterioramento della cosa tra il momento della consegna e quello della restituzione, mentre spetta al comodatario, in via di eccezione, dimostrare quale fatto impeditivo della sua responsabilità, ai sensi dell’art. 2697, secondo comma, cod. civ., che quel deterioramento è avvenuto per effetto dell’uso conforme al contratto o comunque per fatto a lui non imputabile, vale a dire senza sua colpa. (Rigetta, App. Bologna, 01/06/2004)” Cass. civ., Sez. III, 18/02/2010, n. 3900).

Da ultimo la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 16 gennaio 2020, n. 787

ha avuto modo di chiarire anche che affinché il contratto non perda la sua natura essenzialmente gratuita, è necessario che l’interesse del comodante (che può ritenersi sempre immanente al contratto, quanto meno come intento di fare acquisire un’utilità al comodatario) non abbia di per sé contenuto patrimoniale, ovvero, pur avendolo, si tratti della prospettiva di un vantaggio indiretto e mediato, o, comunque, di un interesse secondario del concedente, il cui vantaggio non venga a trovarsi in rapporto di corrispettività con il beneficio concesso al comodatario. In particolare, il carattere di essenziale gratuità del comodato, mentre è compatibile con l’apposizione, a carico del comodatario, di un “modus” di consistenza tale da non poter integrare le caratteristiche di corrispettivo del godimento del bene (come la consegna periodica di una certa quantità di prodotti del fondo o il pagamento di una somma periodica di rimborso spese), viene invece meno se il vantaggio conseguito dal comodante si pone come corrispettivo del godimento della cosa con natura di controprestazione.

 

Il comodato oneroso: è in realtà una locazione, tuttavia è possibile che le parti fissino un compenso, purché modestissimo.

È possibile il comodato modale: perché  l’onere non ha carattere di corrispettività, come nel caso di ospitalità accordata ad un parente che versa una piccola somma mensile oltre alle spese ordinarie. Si è detto che non è titolare di un rapporto di locazione, ma di altro rapporto qualificabile come comodato o uso gratuito o altro atipico, e non può quindi invocare la proroga legale colui che detenga un immobile, pagando al proprietario un compenso tanto esiguo da dover essere considerato simbolico e meramente ricognitivo del diritto dominicale (Cass. 9 luglio 1975, n. 2693).

In tema di locazione, l’attore in restituzione che produca un contratto avente, in quanto gratuito, le caratteristiche proprie del rapporto di comodato, per dimostrare la sussistenza di un contratto di locazione, che è essenzialmente oneroso, ha l’onere di provare la simulazione della clausola relativa alla gratuità, dovendo altrimenti il giudice, nell’esercizio del potere-dovere di qualificare il contratto, negare la sussistenza del rapporto di locazione (Cass. 24 gennaio 2006, n. 1330; Trib. Monza 18 gennaio 2006).

Le spese di ordinaria amministrazione: non vanno considerate nel contesto della corrispettività, quelle che il comodatario può affrontare per l’uso e per la conservazione della cosa.

Inoltre non è un contratto di cortesia poiché basta soltanto osservare che, essendo il comodato un contratto, esso costituisce, per sua natura, un rapporto giuridico patrimoniale, escluso così aprioristicamente dai rapporti di cortesia.

 

3 – ad  intuitu personae

Per il fatto che la parte comodante ripone nella persona del comodatario una piena fiducia ed anche perchè con questa è pattuito un determinato uso del bene oggetto del contratto.

4 –  non solenne
È a forma libera – le parti, quindi, possono concluderlo anche oralmente, manifestando la volontà in modo espresso o tacito.

5 – reale
L’art. 1803 adopera l’espressione < una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) >  che presuppone per l’appunto la consegna della cosa nella fase costitutiva del rapporto.

È discusso se, accanto al contratto tipico di comodato (reale) possa ammettersi un contratto atipico di comodato consensuale consistente in un accordo con il quale una parte (comodante)  s’impegna a consegnare all’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

Secondo la dottrina preferibile e prevalente la risposta è positiva, poiché a tale contratto, contenendo i requisiti previsti dalla legge ed essendo meritevole di tutela, deve accordarsi piena efficacia giuridica.

Quindi, il comodato consensuale sarà un contratto pienamente valido ma atipico.

Mentre, per Gazzoni,  il comodato è solo un contratto reale, come si evince dalla stessa definizione del codice civile, là dove si parla di consegna e non di obbligo di consegnare.

6 – di durata
In particolare ad esecuzione continuata, poiché si tratta di un unico atto protratto fino ad un  tempo determinato

B –   I REQUISITI DEL CONTRATTO

 

1 – L’accordo delle parti

Il comodato è un tipico contratto reale e si perfeziona, perciò, non solo con il semplice accordo delle parti secondo la normativa stabilita dagli artt. 1326 e seg., ma anche con la consegna della cosa oggetto del contratto.

La dottrina prevalente ha affermato che la legittimazione a concedere una cosa a titolo di comodato spetta a chiunque, titolare di un diritto reale o di un diritto personale, abbia facoltà di usarla e di goderla (quindi non potranno effettuare un comodato coloro che hanno la semplice detenzione: depositario – appaltatore – sequestratario – spedizioniere – mandatario – commissionario – creditore cessionario – creditore pignoratizio – mero detentore – possessore).

È discusso, invece, se la legittimazione spetti al creditore anticretico
A)   parte della dottrina (Carresi) ha sostenuto la tesi negativa per il fatto che se il creditore concedesse la cosa in godimento ad un terzo, il debitore potrebbe vedere deteriorata la propria situazione; egli, infatti, ai sensi dell’art. 1964, può in ogni tempo estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell’immobile; tale diritto sarebbe per lui più arduo da esercitare qualora l’immobile sia stato dato in comodato.

B)    In contrario è stato osservato (Tamburino – Giampiccolo – Teti) preferibilmente (Capozzi) che al creditore anticretico deve essere riconosciuta la legittimazione a stipulare un comodato avente oggetto il bene oggetto della garanzia, in quanto anche egli ha il godimento della cosa.

La dottrina prevalente ha affermato, nonostante il contratto sia ad intuitu personae, la legittimazione a concedere una cosa a titolo di comodato spetta anche al comodatario (c.d. sub – comodato), qualora, quest’ultimo sa stato autorizzato, anche tacitamente, dal comodante.

2 –  La causa

appartenendo il comodato alla più ampia categoria dei contratti di prestito, esso assolve la funzione di consentire ai privati di attribuirà a terzi, senza alcun corrispettivo, il godimento dei propri beni a termine.

3 – L’oggetto

Riguardo all’oggetto immediato (rectius prestazione)

A   –  relativamente al comodatario – obbligo di restituire la stessa cosa

B – relativamente al comodante – CONSEGNA DEL BENE

Riguardo all’oggetto mediato (rectius oggetto della prestazione)    < la cosa >

Possibile – lecito – determinato o  determinabile –

Per Gazzoni: solo beni inconsumabili ed infungibili dovendo essere restituita la stessa cosa consegnata.

Sempre per Gazzoni: tuttavia è ammissibile il comodato ad pompam vel obstentationem: comodato di una cosa consumabile, che peraltro il comodatario si obbliga a non consumare, come nel caso di prestito di bottiglie di champagne d’annata destinate solo a far bella mostra di sé in una cantina che il comodatario vuol far visitare.
Discussa è l’idoneità dei beni immateriali (il marchio, gli altri segni distintivi dell’azienda, il diritto d’autore e le privative industriali) a divenire oggetto del contratto di comodato.

La dottrina prevalente risolve positivamente la questione argomentando, in particolare, dalla constatazione che è pacificamente ammessa la possibilità che una privativa possa formare oggetto di un diritto reale d’uso.

La dottrina prevalente ammette anche il c.d. comodato di servizi, attraverso cui un soggetto consente ad un proprio dipendente di prestare gratuitamente le proprie opere ad un terzo.

4 – La forma

LIBERTA’ DI FORME  –

Ne deriva che il comodato seppure ha ad oggetto il godimento di beni immobili per una durata superiore ai 9 anni, non necessita, per la sua validità, della forma scritta.Per quel concerne il comodato d’azienda commerciale, invece, questo esige la forma scritta ad probationem in base alla generale previsione di cui all’art. 2556.5 – gli elementi accidentali

Discussa è l’apposizione di elementi accidentali nel comodato.

La dottrina prevalente propende per la tesi negativa; la struttura del comodato, quale contratto reale non tollera, infatti, l’apposizione di una condizione sospensive o di un termine iniziale.

Al verificarsi della condizione e allo scadere del termine, infatti, il contratto di comodato non potrebbe produrre automaticamente i suoi effetti, mancando ancora uno degli elementi perfezionativi della fattispecie: la consegna.
Riguardo al modus  è ormai opinione pacifica, in dottrina che tale elemento accidentale, è in linea di principio, opponibile al comodato in quanto negozio gratuito.

Secondo una  sentenza di merito (Trib. Milano, 18/02/2010) in ordine alla corretta qualificazione di un contratto come comodato o come locazione di immobili, il carattere di essenziale gratuità del comodato non viene meno se si inserisce un “modus”, posto a carico del comodatario, purché esso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa e assumendo quindi la natura di una controprestazione. Il carattere essenzialmente gratuito del comodato, pertanto, non viene meno neppure nel caso in cui venga stabilito, in relazione al godimento di un immobile, il versamento di una somma periodica, a carico del beneficiario, a titolo di rimborso spese, la cui entità lasci ragionevolmente escludere la dissimulazione di un sottostante contratto di locazione.

 

6 – La durata

 

art. 1810  c.c. comodato senza determinazione di durata se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall`uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.

 

 

In tema di durata del comodato, l’esclusione della stipulazione con clausola di restituzione “ad nutum” può desumersi, oltre che dall’espressa determinazione della durata, anche indirettamente, cioè sulla base dell’uso cui la cosa è destinata ed in particolare di elementi obiettivi ad essa correlati, quali la sua natura, l’attività professionale del comodatario e gli interessi e le utilità perseguite dai contraenti.

(Cassa con rinvio, Trib. Savona, 31 Gennaio 2002) Cass. civ., Sez. III, 16/01/2006, n. 704.

Per altra Cassazione (Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 novembre 2014, n. 24468)

la circostanza che nell’immobile dato in comodato sia svolta una attività commerciale non basta per ritenere quel comodato soggetto ad un termine implicito, ai sensi dell’art. 1810 c.c., e di conseguenza che il comodante non possa chiedere la restituzione dell’immobile sino a che non cessi l’attività in esso svolta. Nella sentenza in commento si afferma che in tema di comodato, l’art. 1810 c.c.. stabilisce una regola, e due eccezioni ad essa. La regola è che l’immobile concesso in comodato debba essere restituito non appena il comodante lo richieda.Le due eccezioni sono:(a) che sia stato pattuito espressamente un termine di durata;(b) che il termine di durata del comodato “risulti dall’uso cui la cosa è destinata”.

La norma prevede dunque tre ipotesi: quella in cui al comodato non sa fissato alcun termine; quella in cui sia fissato un termine esplicito, e quella in cui sia fissato un termine implicito.
Il termine di durata risultante “dall’uso cui la cosa è destinata”, cui fa riferimento l’art. 1810 c.c., è un termine implicito.
In quanto implicito può non essere previsto espressamente, ma in quanto termine deve essere inequivoco.
Tale ipotesi ricorre, ad esempio, nel caso di comodato di un immobile destinato ad ammassare prodotti agricoli all’epoca del raccolto: in una simile ipotesi è innegabile che, terminata l’epoca del raccolto, il comodato cessa; ovvero nel caso di comodato di un immobile per consentire al comodatario di soggiornarvi durante gli studi universitari. L’apposizione al comodato d’un termine derivante “dall’uso cui la cosa è destinata” non può invece ravvisarsi nel solo fatto che nell’immobile si svolga una determinata attività, commerciale o di altro tipo: per la semplice ragione che tale attività potrebbe non avere alcun termine prevedibile, nel qual caso il comodato sarebbe di fatto sine die.
Conclusione, quest’ultima, che snaturerebbe la causa del contratto (il “prestito ad uso” degli antichi) ed esproprierebbe di fatto il comodante. Esistono attività il cui svolgimento è necessariamente espressione d’un termine implicito di durata del comodato (esigenze temporanee, occupazioni stagionali, necessità transeunti); ed attività che non sono soggette ad alcun termine di durata.
Solo il primo tipo di attività, se svolte nell’immobile dato in comodato, consentono di ritenere che quest’ultimo sia soggetto ad un termine implicito.
Nel caso di specie, secondo la S.C., la Corte d’appello ha confuso il termine del comodato col termine dell’attività che si svolge nell’immobile dato in comodato, ritenendo che il fatto stesso che nell’immobile si svolga una attività commerciale ancori la durata del comodato alla cessazione di quell’attività.
Tale conclusione è tuttavia non solo contraria alla lettera dell’art. 1810 c.c., per quanto già detto, ma anche insostenibile sul piano logico, perché condurrebbe a conclusioni aberranti, ed in particolare:
(a) il comodato di immobili destinato ad attività che vi si svolgono sine die, sarebbe pur esso sine die;
(b) poiché la destinazione d’uso dipende dalla volontà del comodatario, e poiché non può concepirsi che un immobile non abbia una destinazione d’uso (sia pure solo di svago), a seguire il ragionamento della Corte d’appello la durata di ogni comodato finirebbe per essere rimessa alla volontà mera del comodatario.
Le conclusioni che precedono sono state già più volte affermate dalla medesima Corte: pacifico, in particolare, è il principio secondo cui il termine del comodato può risultare dall’uso cui la cosa deve essere destinata solo “se tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo”. In mancanza, invece, di particolari prescrizioni di durata, ovvero di elementi certi ed oggettivi che consentano ab origine di prestabilirla, l’uso corrispondente alla generica destinazione dell’immobile configura un comodato a tempo indeterminato e, perciò, a titolo precario, e, dunque, revocabile ad nutum da parte del comodante, a norma dell’art. 1810 c.c. (Cass. civ., sez. III, 25-06-2013, n. 15877, nonché, in precedenza, Cass. civ., sez. un., 09-02-2011, n. 3168).

7 – la stima

art. 1806 c.c. stima se la cosa è stata stimata al tempo del contratto, il suo perimento è a carico del comodatario, anche se è avvenuto per causa a lui non imputabile.
La norma deroga alla regola generale prevista all’art. 1805.
Nonostante, qualche voce contraria  si ritiene (Cassazione 24.1.’51, n.207) che il comodatario, in tal caso non diventi proprietario del bene, ma che ne sopporti solo il rischio del perimento; egli, pertanto, alla scadenza del contratto, non potrà restituire il valore del bene che ha avuto in godimento, se questo non si aperito.La stima, pertanto, fa presumere che le parti abbiano voluto un’inversione del rischio.
In altri termini, rappresenta senza dubbio un’eccezione al principio res perit domino.
Sul punto è tornata nuovamente la Cassazione
affermando il seguente principio: in tema di comodato, la circostanza che le parti, pur non prevedendo un termine per la restituzione del bene, abbiano vincolato l’efficacia del contratto al venir meno dell’utilizzazione dello stesso in concomitanza con la cessazione dello svolgimento dell’attività del comodatario, non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di comodato senza determinazione di durata (con conseguente potere di recesso “ad nutum” del comodante, ai sensi dell’art. 1810 c.c.), spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile ad un contratto atipico, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolamentazione del potere di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, in modo che il comodante sia autorizzato ad esercitarlo non già “ad nutum”, bensì unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva qualificato come senza determinazione di durata, con conseguente applicabilità dell’art. 1810 c.c. in relazione al recesso “ad nutum” del comodante, un contratto di comodato contenente una clausola che ne ricollegava l’efficacia al persistente espletamento delle attività culturali svolte nell’immobile dall’ente comodatario).

C)  DISCIPLINA GIURIDICA

1)  diritti ed obblighi del comodatario

art. 1804 c.c. obbligazioni del comodatario

il comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia. Egli non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa.

Non può concedere a un terzo il godimento della cosa   senza il consenso del comodante  (l’eventuale consenso dà vita al c.d. sub – comodato).

Se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante può chiedere l`immediata restituzione della cosa, oltre al risarcimento del danno

A )   Conservazione e custodia del bene:

Tale obbligo si estrinseca attraverso l’uso  del bene determinato per un tempo prestabilito.

È necessario, pertanto, che siano ben individuati i limiti di utilizzazione del bene stesso da parte del comodatario.

In mancanza della pattuizione delle parti o, comunque, di circostanze o elementi dai quali si possa dedurre la volontà delle parti, il comodatario potrà utilizzare la cosa conformemente alla natura ed alla destinazione economica di essa.Inoltre, tranne che non sia diversamente stabilito, il comodatario potrà appropriarsi dei frutti della cosa comodata,

1)     sia per destinarli al consumo personale,

2)     sia per farne oggetto di alienazione.

Per recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13 gennaio 2015, n. 296

è stato confermato che al comodatario compete l’obbligo di custodia di cui agli artt. 1804 e 2051 c.c. e che il custode ha l’obbligo di avvertire il proprietario di ogni danno al bene di cui ha la custodia.

Nell’obbligo di conservare rientra espressamente quello di pagare le spese ordinarie necessarie per la conservazione del bene.art. 1808 c.c.  spese per l’uso della cosa e spese straordinarie il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.

Egli, però, ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti (2756).

Nel contratto di comodato trova applicazione l’ art. 1808 cod. civ., che dà diritto al comodatario di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti; da ciò consegue che, ai fini del diritto al rimborso, il comodatario deve provare di avere effettuato le spese per lavori straordinari necessari e urgenti, richiedendo la norma la prova degli esborsi relativi ai lavori straordinari, oltre che la prova della necessarietà e urgenza dei lavori stessi. E al momento del rilascio del bene il comodante può richiedere al comodatario il risarcimento dei danni per il deterioramento della res conseguente a un uso eccedente quello contrattualmente convenuto, anche con riferimento al ritardo nella riconsegna, ma deve provare il fatto costitutivo del suo diritto, e cioè il deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione, essendo onere del comodatario convenuto dimostrare, in via di eccezione e quale fatto impeditivo della sua responsabilità, che quel deterioramento si è verificato per effetto dell’uso conforme al contratto o, comunque, per fatto a lui non imputabile.

Per il Sommo Collegio, con altra pronuncia,

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 27 gennaio 2012, n. 1216

il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante.

Da ultimo la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 agosto 2021| n. 23294.

ha avuto modo di affermare “in copia ed incolla” che il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante.

Precedentemente sul punto la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 giugno 2015, n. 13339

affermando che la disposizione dell’art. 1808 c.c. esclude il diritto del comodatario al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa (primo comma), prevedendo un’unica eccezione per le spese straordinarie occorse per la conservazione della cosa, sempreché le stesse siano state necessarie ed urgenti (secondo comma). A fronte del chiaro tenore della norma, risulta implicitamente – ma chiaramente – esclusa la possibilità che possa spettare un qualche rimborso (neppure nella forma dell’indennità o dell’indennizzo) per esborsi che, ancorché abbiano determinato un miglioramento, non siano risultati necessari per far fronte ad improcrastinabili esigenze di conservazione della cosa. Il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante.

Ne consegue che, se un genitore concede un immobile in comodato per l’abitazione della costituenda famiglia, egli non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da uno dei coniugi comodatari durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell’abitazione coniugale.

Il comodatario che, avendo sostenuto delle spese ordinarie, si sia vista rigettata l’azione di rimborso avanzata ai sensi dell’art. 1808 cod. civ., non può esperire quella di illecito arricchimento, atteso che il requisito di sussidiarietà evocato dall’art. 2041 cod. civ. non consente che la relativa azione possa essere utilizzata in alternativa subordinata a quella contrattuale per eluderne gli esiti sfavorevoli, ove quest’ultima, sebbene astrattamente configurabile, non consenta in concreto il recupero dell’utilità trasferita all’altra parte.
Il contratto di comodato di un bene stipulato dall’alienante di esso in epoca anteriore al suo trasferimento non è opponibile all’acquirente del bene stesso, atteso che le disposizioni dell’art. 1599 c.c. non sono estensibili, per il loro carattere eccezionale, a rapporti diversi dalla locazione.
L’acquirente a titolo particolare della cosa data in precedenza dal venditore in comodato non può, quindi, risentire alcun pregiudizio dall’esistenza di tale comodato e ha, pertanto, il diritto di far cessare, in qualsiasi momento, a suo libito, il godimento del bene da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa.

Ancora, per altra recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 10 luglio 2018, n. 18063.

in tema di comodato, il comodatario che, avendo sostenuto delle spese ordinarie, si sia vista rigettata l’azione di rimborso avanzata ai sensi dell’art. 1808 cod. civ., non può esperire quella di illecito arricchimento, atteso che il requisito di sussidiarietà evocato dall’art. 2041 cod. civ. non consente che la relativa azione possa essere utilizzata in alternativa subordinata a quella contrattuale per eluderne gli esiti sfavorevoli, ove quest’ultima, sebbene astrattamente configurabile, non consenta in concreto il recupero dell’utilità trasferita all’altra parte, essendo piuttosto essa finalizzata ad impedire che gli spostamenti patrimoniali privi di giusta causa tra soggetti terzi, per l’inesistenza o la nullità di un rapporto contrattuale, debbano essere retrattati nei limiti del minor valore tra arricchimento e danno.

Al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie e urgenti, anche se comportano miglioramenti, né sotto il profilo dell’articolo 1150 del codice civile, perché egli non è possessore, né sotto quello dell’articolo 936,perché non è terzo anche quando agisce oltre i limiti del contratto, né infine sotto quello dell’articolo 1595 del codice civile, in via di richiamo analogico, perché un’indennità per i miglioramenti è negata anche al locatario la cui posizione è molto simile a quella del comodatario. Deve riconoscersi al comodatario soltanto lo ius tollendi per le addizioni.

 

D) SCIOGLIMENTO

1)  normale estinzione

–       mutuo consenso

–      integrale realizzazione ddell’oggetto del negozio

–       impossibilità sopravvenuta

–      per inadempimento

 

2)   scadenza del termine

 

art. 1809 c.c.  restituzione

il comodatario è obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne è servito in conformità del contratto.

 

 

3)   per l’avvenuta utilizzazione del bene per la finalità contrattualmente determinata o per l’impossibilità di realizzare l’uso per il quale il bene è stato concesso in godimento

4)   per il perimento del bene

 

si determina automaticamente l’estinzione del rapporto anche in tale ipotesi e a seconda dei casi può conseguire o non l’obbligo del comodatario di risarcire il danno al comodante.

 

5)   per il recesso di uno dei contraenti

Il recesso del comodatario è, in linea di principio ammissibile, in quanto per lo più il comodato si struttura come un contratto stipulato nell’esclusivo interesse del concessionario.

Quanto al recesso del comodante, a parte le ipotesi di recesso convenzionale (art. 1373), questo può ammettersi solo nei casi previsti dal codice.

Nelle norme che si andranno ad elencare si fa riferimento alla facoltà del comodante di < richiedere la restituzione immediata >, ma tale facoltà di richiedere la restituzione è necessariamente conseguente all’esercizio di un potere di recesso che, ponendo fine al rapporto, rende possibile la restituzione immediata.

I singoli casi sono:
A)   ipotesi di giusta causa prevista al 3 co dell’art. 1804– che è la conseguenza dell’inadempimento degli obblighi, di custodia e di conservazione ovvero di un uso determinato, carico del comodatario nascenti dal contratto.

Il comodatario, può comunque, provare che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivata da causa a lui non imputabile.

B)   Ipotesi prevista all’art. 1811 – salvo diverso accordo se il comodatario muore o fallisce:  art. 1811 c.c. morte del comodatario: in caso di morte del comodatario, il comodante, benché sia stato convenuto un termine, può esigere dagli eredi l`immediata restituzione della cosa.

Deve escludersi, invece, che la morte del comodante e la sopravvenuta incapacità del comodatario determinano lo scioglimento del contratto.

Sul punto la Cassazione (Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 settembre 2014, n. 20001) ha avuto modo di affermare che a norma dell’articolo 1811 c.c., difatti, in caso di morte del comodatario, il comodante, pur in costanza di pattuizione di un termine negoziale finale, puo’ esigere dagli eredi l’immediata restituzione della res – di tal che e’ la stessa lettera della legge ad escludere tout court, nella specie, la legittima predicabilita’ di un effetto restitutorio automatico post mortem, come condivisibilmente affermato da una (pur risalente) giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1772/1976).

Il principio conosce eccezione nell’ipotesi di una espressa, contraria pattuizione espressamente convenuta tra le parti, ma tale pattuizione, nella specie, non risulta mai allegata nelle precedenti fasi di merito da parte del ricorrente (che per altro verso evoca pronunce di questa stessa Corte afferenti a fattispecie diverse da quella oggetto del presente giudizio, e ad essa non equiparabili).

C) Ipotesi prevista al 2 co dell’art. 1809 – se sopravviene un urgente ed impreveduto bisogno, il comodante a diritto all’immediata restituzione della cosa stessa.

Come confermato anche con  provvedimento della Cassazione (Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 17 ottobre 2016, n. 20892) secondo il quale, nel caso di specie affrontato, al venir meno dell’interesse della società a consentire all’ex socio un’agevole frequentazione della sede sociale si accompagna la sopravvenuta esigenza di destinare l’abitazione concessa in comodato ad attività della società, organizzandovi una sede per le riunioni. Sussiste, dunque, un apprezzabile interesse in capo alla società a destinare il bene immobile all’esercizio dell’attività di impresa, che giustifica la richiesta di rilascio ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.

Ancora su questo punto la Cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 settembre 2021| n. 25893

ha precisato che la nozione di “urgente ed impreveduto bisogno” di cui all’art. 1809, comma 2, fa riferimento alla necessità del comodante, su cui gravano oneri probatori, di appagare esigenze personali e non a quella di procurarsi un utile tramite un diverso utilizzo del bene. Mentre l’intenzione di procurarsi un utile non costituisce una ragione per ottenere la restituzione di un bene, lo è invece il bisogno attuale ed imprevisto che può consistere anche nel deterioramento delle possibilità economiche del comodante che chiede la restituzione del bene.

D) Nel caso in cui il comodante ne abbia “la necessità” espressamente prevista e dimostrabile, incompatibile con il protrarsi del comodato;
difatti secondo un sentenza della Suprema Corte, si connota come figura atipica, siccome non riconducibile nè al modello legale del comodato a termine (art. 1809 cod. civ.), nè a quello del comodato senza limitazione di tempo (art. 1810 cod. civ.), il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel “caso che il comodante ne abbia necessità.

In tale ipotesi, infatti, il comodato è da intendere convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che “ex lege” può discendere dall’applicazione dell’art. 1811 cod. civ. e che un termine derivi in relazione all’uso pattuito), ma, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell’immobile – nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo – che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata. (Nella fattispecie, poichè le parti avevano convenuto che il terreno con annesso locale scantinato rimanesse nella disponibilità del comodatario finchè il comodante ne avesse avuto necessità, senza, però, che di tale necessità fosse stata allegata idonea prova, la S.C., in accoglimento del ricorso e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di rilascio). (Cassa e decide nel merito, App. Roma, 22 Marzo 2006)” Cass. civ., Sez. III, 12/03/2008, n. 6678.

E –   FIGURE AFFINI

Il precario gratuito/oneroso

a differenza del precario gratuito che è espressamente previsto dal legislatore all’art. 1810, il c.d. precario oneroso, non è preso in considerazione dallo stesso legislatore.

Il precario è, secondo la dottrina maggioritaria, la concessione in godimento di un bene con patto di restituzione o, comunque, di cessazione del uso ad arbitrio del concedente.

art. 1810  c.c.  comodato senza determinazione di durata

se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall`uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.

La sua differenza dalla locazione si ravvisa nella causa stessa del negozio: non il godimento del bene verso un corrispettivo, ma la necessità di soddisfare particolari esigenze del concedente, normalmente quella di provvedere alla custodia temporanea.

Per recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22309.

il termine del comodato nell’ipotesi di un comodato di scopo, può risultare dall’uso cui la cosa è destinata solo se tale uso abbia in sé una durata predeterminata nel tempo. In mancanza di prescrizioni di durata oppure di elementi oggettivi che consentono di prestabilirla, l’uso che corrisponde alla generica destinazione dell’immobile dà luogo ad un comodato a tempo indeterminato, revocabile ad nutum dal comodante, secondo quanto disposto dall’art. 1810 c.c. La circostanza che un immobile concesso in comodato sia destinato ad una specifica attività non è sufficiente per ritenere il contratto soggetto ad un termine implicito, cosicché il comodante può richiedere la restituzione del bene prima della cessazione dell’attività.

Per quanto riguarda, invece, il comodato gratuito in favore dei coniugi nel corso degli anni si sonno avvicendate varie tesi della Giurisprudenza di Legittimità e di merito fino ad un ‘ultimissima sentenza di merito del Tribunale di Lecco già analizzata secondo cui il proprietario o l’usufruttuario di un appartamento che lo concede in godimento gratuito ad un soggetto, in vista del suo matrimonio, affinché lo utilizzi per se e il coniuge, e quindi per le necessità della propria futura famiglia, non può pretenderne la restituzione, se non adducendo un urgente ed impreveduto bisogno

E’ questo il principio espresso dal Tribunale di Lecco in una recente sentenza che ha visto contrapposto padre (comodante) e figlio (comodatario).

Tale  massima avalla un orientamento dei giudici e di quelli di legittimità, a seguito anche dell’autorevole intervento delle Sezioni Unite (Cass. 16603/2004) ma che invece, sembrava essere smontato da una contraria pronuncia resa dalla III Sezione della Cassazione n. 15986/2010
In tale ultima sentenza infatti si era affermato che “il comodato precario é caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti é rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla “ad nutum” con la semplice richiesta di restituzione del bene senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito a casa familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra i coniugi, all’affidatario dei figli. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva rigettato la domanda di restituzione di un immobile concesso in comodato dai genitori al figlio e rimasto nella disponibilità della nuora dopo la separazione, ritenendo che la legittimità di tale pretesa fosse subordinata alla sopravvenienza di un urgente e impreveduto bisogno ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.)”.
In precedenza un’ultima pronuncia in merito al precario in favore dei coniugi stabiliva che “Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, e di successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione, il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno.” Cass. civ., Sez. III, 06/06/2006, n. 13260.

Sul punto sono tornate nuovamente le sezioni unite (Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 29 settembre 2014, n. 20448) le quali hanno stabilito, dopo ampia dissertazioni sulle problematiche già affrontate dalle precedenti sezioni unite del 2004 richiamate, che il comodante può richiedere la restituzione dell’immobile della “casa familiare” quando c’è un bisogno ex art. 1809 c.c. La portata di questo bisogno non deve essere grave, dovendo essere solo imprevisto, quindi sopravvenuto rispetto al momento della stipula, e urgente. L’urgenza è qui da intendersi come imminenza, restando quindi esclusa la rilevanza di un bisogno non attuale, non concreto, ma soltanto astrattamente ipotizzabile. Ovviamente il bisogno deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto.

Pertanto, non solo la necessità di uso diretto, ma anche il sopravvenire imprevisto del deterioramento della condizione economica, che obbiettivamente giustifichi la restituzione del bene anche ai fini della vendita o di una redditizia locazione del bene immobile, consente di porre fine al comodato anche se la destinazione sia quella di casa familiare. È da notare soltanto che, essendo in gioco valori della persona, ed in particolare le esigenze di tutela della prole, questa destinazione, con più intensità di ogni altra, giustifica massima attenzione in quel controllo di proporzionalità e adeguatezza, sempre dovuto in materia contrattuale, che il giudice deve compiere quando valuta il bisogno fatto valere con la domanda di restituzione e lo compara al contrapposto interesse del comodatario.

E’ stato affermato  che il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, puo’ opporre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (…) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, riconducibile al tipo regolato dagli arti. 1803 e 1809 c.c., sorge per un uso determinato ed ha – in assenza di una espressa indicazione della scadenza – una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale, ed e’ destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessita’ familiari (…) che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile”.

Ancora sul punto, le sezioni semplici

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 21 novembre 2014, n. 24838

hanno riaffermato che il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per cui si protraggano le esigenze familiari si riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una tale destinazione: ma nessuna prova del genere è stata menzionata dalla sentenza di appello.

Con il contratto di comodato, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto di uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di un’effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d’uso particolarmente gravosi – qual è quello di cui qui si tratta – non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata. Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l’ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni. Deve essere invece interpretata ed applicata con larghezza la norma che autorizza il comodante a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, quando si tratti di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali: per di più facenti capo ad una persona anziana, sola e bisognosa di cure; per di più a fronte di un’utilizzazione gratuita già protrattasi per anni.

Nuovamente, in tema la Cassazione

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 dicembre 2015, n. 25356

ha affermato che ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi) già formato o in via di formazione, si versa nell’ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare.

Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all’uso – cui la cosa deve essere destinata – il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante. Salva la facoltà di quest’ultimo di chiedere la restituzione nell’ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c., segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione.

Ancora, la S.C.

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 febbraio 2016, n. 2506

facendo proprio l’insegnamento delle S.U. del 2014, ha riaffermato che il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante ed almeno uno dei coniugi il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare.

Infine, la Corte di Piazza Cavour

Corte di Cassazione, sezione III civile, ordinanza 31 maggio 2017, n. 13716

ha consolidato l’orientamento andando nuovamente a sancire che il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicche’ il comodante e’ tenuto a consentire la continuazione del godimento, anche oltre l’eventuale crisi coniugale, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell’articolo 1809 c.c., comma 2, ferma, in tal caso, la necessita’ che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalita’ e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante

Il deposito

una differenza tra comodato e deposito si può porre soltanto quando al depositario è consentito di usare della cosa (art. 1770) e per tale uso non  sia previsto alcun corrispettivo e in tal caso discernere se ci si trovi di fronte ad un deposito o ad un comodato sarà mera questione interpretativa.La differenza va ravvisata nella funzione economica perseguita in concreto; il deposito adempie ad una funzione di custodia, almeno di regola, nell’interesse del depositante, il comodato, assolve la funzione di soddisfare l’interesse dell’accipiens alla detenzione ed al godimento del bene.

Locazione e affitto

per una migliore consultazione del contratto di locazione, aprire il seguente collegamento

La locazione

La distinzione teorica fra le due figure è evidente e si basa:

1)     sia sulla struttura;

A)   il comodato è un contratto reale;

B)    la locazione è un contratto consensuale;

2)     sia sugli obblighi di chi riceve il ben in godimento;

A)   il comodato è un contratto tipicamente gratuito;

B)    la locazione è tipicamente onerosa;

Qualche difficoltà presenta il comodato modale che si ha quando al comodatario venga imposta una prestazione (accessoria) nell’interesse del comodante.
Si può, comunque, affermare che ricorre questa figura, e non la locazione, nel caso in cui la prestazione accessoria resti estranea al sinallagma contrattuale e rappresenti unicamente un’attenuazione del beneficio che s’intende attribuire al comodatario.

La differenza ha notevole importanza sia per il formalismo, in quanto il comodato ultranovennale non richiede la forma scritta né la trascrizione.

Per la Corte di cassazione L’inserimento di un modus “in ordine alla corretta qualificazione di un contratto come comodato o come locazione di immobili, il carattere di essenziale gratuità del comodato non viene meno se si inserisce un modus, posto a carico del comodatario, purché esso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione. (In applicazione del suindicato principio la S.C. ha cassato la sentenza della Corte di merito che aveva qualificato il rapporto come di comodato precario, omettendo peraltro di considerare l’entità dell’onere economico posto a carico della beneficiaria, consistente nel pagamento del canone, degli oneri accessori e delle utenze).”

Cass. civ., Sez. III, 28/06/2005, n. 13920

Mentre, per quanto riguarda l’affitto di un terreno agricolo “al fine di qualificare come comodato o locazione o affitto il contratto avente ad oggetto un fondo rustico, rilevano la gratuità o onerosità del contratto, che devono valutarsi avuto riguardo alla causa del contratto stesso, intesa come funzione economico sociale che il contratto medesimo è destinato obiettivamente ad adempiere; in particolare, causa tipica del contratto agrario è quella di costituire un’impresa agraria su fondo altrui, e tale causa resta estranea al contratto di comodato avente ad oggetto un fondo rustico, anche nel caso in cui si tratti di comodato modale avente ad oggetto una cosa produttiva all’interno del quale il comodatario non si limiti ad una semplice attività di custodia, ma svolga anche un attività di gestione.” Cass. civ., Sez. III, 20/08/2003, n. 12216
Oltre alla differenze già illustrate un’ulteriore distinzione tra le due figure riguarda il regime della responsabilità: è estranea al sistema delle locazioni la fattispecie disciplinata dall’art. 1805, 2 co, ove è previsto che il comodatario non può impiegare la cosa comodata per un uso diverso o per un tempo  più lungo di quello consentito. Altra diversità si può individuare nel diritto del comodante di far cessare anticipatamente il contratto (art. 1809) che è un diritto non riconosciuto al locatore.
Inoltre in una pronuncia della Corte nomofilattica è stato previsto che “in tema di locazione, l’attore in restituzione che produca un contratto avente, in quanto gratuito, le caratteristiche proprie del rapporto di comodato, per dimostrare la sussistenza di un contratto di locazione, che è essenzialmente oneroso, ha l’onere di provare la simulazione della clausola relativa alla gratuità, dovendo altrimenti il giudice, nell’esercizio del potere-dovere di qualificare il contratto, negare la sussistenza del rapporto di locazione.”

Cass. civ., Sez. III, 24/01/2006, n. 1330

Donazione

la differenza tra donazione e comodato sta nel fatto che la donazione s caratterizza, tra l’altro, per la presenza dell’animus donandi, cioè della volontà per il donante di procurare ad altri un arricchimento patrimoniale; il comodato, invece, è caratterizzato da uno spirito di mera compiacenza.”In tema di divisione ereditaria, non è qualificabile come donazione soggetta a collazione il godimento, a titolo gratuito di un immobile concesso durante la propria vita dal “de cuius” a uno degli eredi, atteso che l’arricchimento procurato dalla donazione non può essere identificato con il vantaggio che il comodatario trae dall’uso personale e gratuito della cosa comodata, in quanto detta utilità non costituisce il risultato finale dell’atto posto in essere dalle parti, come avviene nella donazione, bensì il contenuto tipico del comodato stesso. A tal fine non solo si deve escludere che venga integrata la causa della donazione (in luogo di quella del comodato) nell’ipotesi in cui il comodato sia pattuito per un periodo alquanto lungo o in relazione a beni di notevole valore, ma rileva la insussistenza dell'”animus donandi”, desumibile dalla temporaneità del godimento concesso al comodatario. (Cassa con rinvio, App. Torino, 23 Ottobre 2002)” Cass. civ., Sez. II, 23/11/2006, n. 24866.

Avv. Renato D’Isa

Comments are closed.