Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 aprile 2021| n. 9545.
Il Consiglio nazionale forense, allorché pronuncia in materia disciplinare, «è un giudice speciale istituito con Dlgs 23 novembre 1944, n. 382, e tuttora legittimamente operante giusta la previsione della sesta disposizione transitoria della Costituzione». Inoltre, le norme che lo concernono, nel disciplinare, rispettivamente, la nomina dei componenti del Consiglio e il procedimento che davanti al medesimo si svolge, assicurano – per il metodo elettivo della prima e per la prescrizione, quanto al secondo, dell’osservanza delle comuni regole processuali e dell’intervento del Pm – «il corretto esercizio della funzione giurisdizionale, con riguardo alla garanzia del diritto di difesa, all’indipendenza del giudice ed all’imparzialità dei giudizi».
Sentenza|12 aprile 2021| n. 9545
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Professioni – Avvocato – Incompatibilità – Cancellazione dall’Albo – Consiglio Nazionale Forense – CNF – Funzioni giurisdizionali – Giudice speciale – Art. 111 Cost. – Fondamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASSANO Margherita – Presidente Aggiunto
Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez.
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.
Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15902/2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TORINO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 195/2019 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 19/12/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;
lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale Dott. FRANCESCO SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vogliano rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. L’avvocato (OMISSIS), pubblico dipendente in regime di part-time non superiore al 50%, era stato iscritto all’Albo degli Avvocati di Torino in virtu’ della L. 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 1, comma 56.
2. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino, con la Delib. 22 gennaio 2007, aveva ordinato la sua cancellazione dall’albo degli Avvocati in ragione della accertata sussistenza della causa di incompatibilita’ tra l’iscrizione all’Albo e il rapporto di impiego pubblico part-time.
3. La Delib. era stata confermata dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 258 del 31.12.2009 e il ricorso proposto dall’Avvocato (OMISSIS) avverso la predetta sentenza e’ stato rigettato da queste Sezioni Unite con la sentenza 16 gennaio 2014 n. 777.
4. Successivamente, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino con la Delib. 11 febbraio 2014, ha accolto la domanda dell’Avvocato (OMISSIS) di sospensione volontaria dall’esercizio dell’attivita’ forense, domanda formulata sull’assunto che il giudicato costituito dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite n. 777 del 2014 avesse ad oggetto l’incompatibilita’ tra il solo esercizio della professione forense e la qualita’ di pubblico dipendente part-time e sulla esplicitata intenzione di volere rimuovere il presupposto di fatto e di diritto sul quale era fondata la sentenza di queste Sezioni Unite innanzi n. 777 del 2014 (ricorso pg. 2, 4 cpv.).
5. Con Delib. 8 aprile 2015, lo stesso COA ha, poi, comunicato all’odierno ricorrente il preavviso di cancellazione dall’Albo per la mancanza del requisito previsto dalla L. n. 247 del 2012, articolo 17, comma 1 e, con provvedimento del 12 ottobre 2016, ha ordinato la cancellazione del ricorrente dall’Albo.
6. Il ricorso proposto dall’Avvocato (OMISSIS) nei confronti del predetto provvedimento e’ stato rigettato dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 195 depositata il 19 dicembre 2019 e notificata il 27 maggio 2020.
7. Il Consiglio, per quanto oggi rileva, richiamando i principi affermati da queste Sezioni Unite nella sentenza 29 maggio 2014 n. 12066 e nella sentenza 16 gennaio 2014 n. 777, ha disatteso l’eccezione, formulata dal ricorrente, di illegittimita’ costituzionale delle disposizioni in materia di funzioni giurisdizionali del C.N.F. per contrasto con l’articolo 111 Cost., sotto i profili dell’indipendenza, terzieta’ ed imparzialita’ del giudice e con l’articolo 24 Cost..
8. Ha poi ritenuto che: era inconferente il richiamo effettuato dal ricorrente al Decreto Ministeriale n. 178 del 2016, articolo 8, lettera d), perche’ esso si riferisce alla cancellazione dagli elenchi annessi all’Albo, quale adempimento consequenziale rispetto alla cancellazione dall’Albo medesimo o all’accertamento dell’insussistenza originaria dei requisiti di iscrizione nell’elenco e che, pertanto restavano impregiudicate le disposizioni di cui alla L. n. 247 del 2012, articolo 17, comma 9, in materia di cancellazione, disposizioni fatte salve del Decreto Ministeriale n. 178, stesso articolo 8; era infondata la tesi del ricorrente secondo cui l’istituto della sospensione obbligatoria dall’esercizio dell’attivita’ professionale, prevista dalla L. n. 247 del 2012, articolo 20, comma 1, che il ricorrente assumeva essere applicabile in via analogica alla ipotesi della sospensione facoltativa, consentiva di ovviare alle conseguenze pratiche dell’incompatibilita’; cio’ perche’ la cancellazione del ricorrente dall’Albo conseguiva al giudicato costituito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 16 gennaio 2014 n. 777 e non poteva essere messa in discussione dalla successiva richiesta di sospensione, accolta in un primo momento dal COA di Torino, non essendosi verificato alcun mutamento delle ragioni soggettive; anche a non ritenere applicabile il principio di cui all’articolo 2909 c.c., secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, la sentenza n. 777 costituiva, nondimeno, una affermazione obiettiva sul non diritto del ricorrente a conservare l’iscrizione nell’albo degli avvocati in assenza della rimozione della causa di incompatibilita’, affermazione che spiegava efficacia riflessa anche nel giudizio promosso avverso la Delib. COA di Torino 12 ottobre 2016; in virtu’ dei principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 777 doveva escludersi che della L. n. 339 del 2003, articolo 1, non trovasse applicazione alle iscrizioni avvenute prima della sua entrata in vigore e ha efficacia solo per il futuro.
9. Avverso questa sentenza l’Avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria.
10. Il COA di Torino, pur ritualmente evocato, non si e’ costituito in giudizio.
11. Il P.M. ha depositato memoria ed ha concluso per il rigetto del ricorso, sul rilievo della correttezza delle affermazioni contenute nella sentenza impugnata in ordine alla inapplicabilita’ dell’istituto della sospensione volontaria a coloro che siano privi dei requisiti per l’iscrizione all’Albo e al fatto che la sospensione volontaria, disposta in primo tempo dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino, non escludeva la possibilita’ dello stesso Consiglio, in presenza di situazioni di incompatibilita’, di adottare provvedimenti di segno contrario.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Esame dei motivi.
12. Il ricorrente denuncia violazione di legge e/o eccesso e/o sviamento di potere: falsa o errata applicazione della L. n. 247 del 2012, articolo 18, al caso particolare di iscrizione all’Albo senza esercizio della professione forense per sospensione temporanea volontaria L. n. 247 del 2012, ex articolo 20, comma 2 (primo motivo) e violazione di legge (articolo 3 Cost.) per mancata applicazione, in via di interpretazione analogica costituzionalmente orientata, della L. n. 247 del 2012, articolo 20, comma 1, ai dipendenti pubblici part-time attualmente iscritti nell’albo avvocati (secondo motivo)
13. Il ricorrente imputa al C.N.F. di non avere considerato che la disposizione contenuta nella L. n. 247 del 2012, articolo 18, si riferisce ad una ipotesi di incompatibilita’ con l’esercizio della professione forense e non con la mera iscrizione all’Albo e asserisce che l’istituto della sospensione dall’esercizio della professione di cui alla L. n. 247 del 2012, articolo 20, consentirebbe “di ovviare, sul piano pratico, alle conseguenze dell’incompatibilita’”.
14. In altri termini, nella prospettiva del ricorrente, la sospensione volontaria dall’esercizio dell’attivita’ professionale eliminerebbe in radice gli effetti, sul piano concreto, dell’iscrizione all’Albo e, in conseguenza, non avrebbe alcun senso procedere alla cancellazione se la stessa non ha alcun effetto aggiuntivo rispetto alla sospensione.
15. Asserisce che la disposizione contenuta dell’articolo 20, comma 1, deve essere applicata analogicamente alle ipotesi di sospensione facoltativa, pena il suo contrasto con l’articolo 3 Cost..
16. Assume, inoltre, che l’intervenuta sospensione volontaria dall’esercizio professionale ha mutato le condizioni soggettive in relazione alle quali la gia’ disposta cancellazione era stata confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 777 del 2014, perche’ fa venire meno il presupposto sul quale si fonda detta sentenza, con la conseguenza che questa e’ ormai inapplicabile ad esso (OMISSIS).
Esame dei motivi.
17. Il primo ed il secondo motivo devono essere esaminati congiuntamente avuto riguardo alla loro stretta connessione.
18. Essi sono, entrambi, infondati.
19. La L. 31 dicembre 2012, n. 247, recante “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” ha regolamentato e disciplinato compiutamente la professione di avvocato (articolo 1, comma 1) vale a dire “la organizzazione e l’esercizio della professione” (articolo 1, comma 2, lettera a)).
20. Tra i requisiti richiesti per l’iscrizione all’Albo, della L. n. 247 del 2012, articolo 17, comma 1, lettera e), indica l’insussistenza “di una delle condizioni di incompatibilita’ di cui all’articolo 18”, disposizione, questa, che al comma 1, lettera d), prevede in modo espresso ed inequivoco che la professione di avvocato e’ incompatibile “con qualsiasi attivita’ di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.
21. L’articolo 20, comma 2, della medesima legge pre’vede che “l’avvocato iscritto all’albo puo’ sempre chiedere la sospensione dall’esercizio professionale”.
22. E’ evidente che la predetta disposizione incide sulla attivita’ del professionista iscritto all’Albo, il quale, si priva volontariamente della possibilita’ di esercitare la professione forense.
23. E’ altrettanto innegabile che la disposizione non contiene alcun elemento letterale che consenta di ritenere che al professionista, che abbia deciso volontariamente di sospendere l’esercizio professionale, non si applichino le disposizioni che disciplinano la sua iscrizione all’Albo professionale e che la sospensione volontaria eviti la cancellazione dall’Albo ove i requisiti previsti dalla medesima legge piu’ non sussistano ovvero siano in origine mancanti.
24. Di contro, il dato letterale contenuto nell’articolo 20, comma 2, che fa riferimento all’Avvocato, la sua ratio, che e’ quella di consentire al professionista iscritto all’Albo di scegliere di sospendere temporaneamente l’esercizio dell’attivita’ professionale, e la lettura sistematica della norma con le disposizioni, contenute negli articoli 17 e 18 della stessa Legge, che regolano l’iscrizione all’Albo professionale, attestano in modo chiaro ed inequivoco che l’istituto della sospensione opera soltanto sul piano dell’esercizio dell’attivita’ professionale, che puo’, come detto, a scelta dell’interessato, essere sospesa temporaneamente, e, ad un tempo escludono che la sospensione volontaria possa incidere sulle cause di incompatibilita’ previste dall’articolo 17, comma 1, lettera e) e dall’articolo 18, comma 1, lettera d).
25. Sono manifestamente infondate le argomentazioni difensive del ricorrente che prospettano il contrasto della L. n. 247 del 2012, articolo 20, comma 2, con il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 Cost., facendo leva sulla supposta irragionevole diversita’ di trattamento tra l’avvocato che, chiamato a svolgere una delle funzioni previste dell’articolo 20, comma 1, e’ sospeso di diritto dall’esercizio professionale durante il periodo della carica (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato della Repubblica, Presidente della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro, Viceministro o Sottosegretario di Stato, presidente di giunta regionale e presidente delle province autonome di Trento e di Bolzano, membro della Corte costituzionale o del Consiglio superiore della magistratura, presidente di provincia con piu’ di un milione di abitanti e sindaco di comune con piu’ di 500.000 abitanti) e l’Avvocato che, come il ricorrente, non ricopra nessuna di dette cariche ma scelga volontariamente di sospendere l’esercizio dell’attivita’ professionale.
26. La disposizione contenuta del citato articolo 20, comma 1, mira, infatti, a rafforzare, attraverso obbligatoria imposizione della sospensione dall’esercizio dell’attivita’ professionale, l’autonomia, l’indipendenza, la terzieta’ e la lealta’ dell’Avvocato iscritto all’Albo nell’assolvimento delle funzioni correlate ai ruoli propri delle figure istituzionali indicate. Essa regola, quindi, fattispecie del tutto incomparabili con quella disciplinata nel comma 2, relativa all’Avvocato che, avendo i requisiti per l’iscrizione all’Albo, decida volontariamente di sospendere l’esercizio della sua attivita’ professionale
27. Sono, del pari, manifestamente infondate le argomentazioni difensive esposte nella memoria depositata dal ricorrente, il quale pone la questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 23 novembre 1944, n. 382, articolo 21, per violazione degli articoli 3 e 111 Cost., nella parte in cui “al fine di garantire, quanto meno nelle specifiche materie dell’accesso e dell’espulsione dall’esercizio della professione, l’imparzialita’ del giudice, non prevede che la composizione del C.N.F., in funzione di giudicante, sia integrata da membri non appartenenti alla categoria dell’Avvocatura.
28. Le prospettazioni difensive illustrate nella memoria richiamano i principi affermati dalla CGUE in materia di cd. giurisdizione domestica, e, in particolare quelli affermati nella causa C-506/04 e nella causa C-308/07 nonche’ il dibattito svoltosi all’interno dell’Avvocatura in ordine a possibili modifiche della struttura del C.N.F. (previsione di due sezioni una per l’attivita’ giurisdizionale e l’altra con funzioni rappresentative) ed evocano i “mutamenti subiti dalla cultura giuridica italiana nell’ultimo decennio indotti principalmente dall’introduzione nel nostro ordinamento di principi propri di sistemi giuridici Europei con radici parzialmente diverse dalle nostre”.
29. Tali argomenti, diversamente da quanto opina il ricorrente, non apportano elementi di novita’ rispetto alle analoghe questioni gia’ affrontate da queste Sezioni Unite nelle sentenze n. 9097 del 2005 e nelle successive conformi sentenze del 16 maggio 2013 n. 11833, del 5 dicembre 2013 n. 27269, ribaditi nella gia’ citata sentenza n. 777 del 2014 (pronunciata tra le stesse parti) e nelle sentenze del 24 gennaio 2019 n. 2084 e del 27 ottobre 2020 n. 23593, e non giustificano il ripensamento, auspicato nella memoria, degli orientamenti gia’ espressi nelle decisioni innanzi citate.
30. Va, pertanto, ribadito che: il Consiglio Nazionale Forense, allorche’ pronuncia in materia disciplinare, e’ un giudice speciale istituito con Decreto Legislativo 23 novembre 1944, n. 382 e tuttora legittimamente operante giusta la previsione della sesta disposizione transitoria della Costituzione; le norme che lo concernono, nel disciplinare, rispettivamente, la nomina dei componenti del Consiglio Nazionale ed il procedimento che davanti al medesimo si svolge, assicurano – per il metodo elettivo della prima e per la prescrizione, quanto al secondo, dell’osservanza delle comuni regole processuali e dell’intervento del P.M. – il corretto esercizio della funzione giurisdizionale affidata al suddetto organo in tale materia, con riguardo alla garanzia del diritto di difesa, all’indipendenza del giudice ed all’imparzialita’ dei giudizi; infatti l’indipendenza del giudice consiste nella autonoma potesta’ decisionale, non condizionata da interferenze dirette ovvero indirette di qualsiasi provenienza; e’ manifestamente infondata, in riferimento all’articolo 111 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale delle disposizioni sul procedimento giurisdizionale innanzi al Consiglio Nazionale Forense, non potendo incidere sulla legittimita’ di detta normativa neanche la circostanza che al Consiglio spettino anche funzioni amministrative in quanto, come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale, non e’ la mera coesistenza delle due funzioni a menomare l’indipendenza del giudice, bensi’ il fatto che le funzioni amministrative siano affidate all’organo giurisdizionale in una posizione gerarchicamente sottordinata, essendo in tale ipotesi immanente il rischio che il potere dell’organo superiore indirettamente si estenda anche alle funzioni giurisdizionali (Corte Cost. sent. n. 284 del 1986); l’indipendenza del giudice consiste nella autonoma potesta’ decisionale, non condizionata da interferenze dirette ovvero indirette di qualsiasi provenienza.
31. Quanto ai principi affermati dalla sentenza CGUE causa C-506/04,
deve ribadirsi che la questione decisa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea riguarda soltanto la legittimita’ della composizione degli organi professionali sotto il profilo della nazionalita’ di appartenenza degli avvocati che ne fanno parte (nel senso che non possono essere composti soltanto da avvocati che esercitino con il titolo professionale dello Stato membro ospitante allorche’ debbano decidere su impugnazioni al diniego dell’iscrizione all’albo degli avvocati di quello Stato da parte di un avvocato di nazionalita’ diversa), e non gia’ la questione della legittimita’ della composizione del CNF sotto i diversi profili della terzieta’ dell’organo giudicante.
32. Con riguardo, poi, alla sentenza della stessa Corte emessa nel procedimento C – 308/07, nella quale risulta ribadita l’esigenza che il diritto ad un equo processo comporta necessariamente l’accesso da parte di chiunque ad un giudice indipendente ed imparziale, ed e’ specificato che il dovere di imparzialita’ deve essere inteso sia sotto il profilo soggettivo (nel senso cioe’ che nessuno dei membri dell’organo giudicante manifesti opinioni preconcette o pregiudizi personali) sia sotto quello oggettivo (essendo il giudice tenuto ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio), va osservato nuovamente che il richiamo a tali indiscutibili principi “non offre di per se’ argomenti ulteriori a sostegno della tesi del ricorrente in ordine alla pretesa illegittimita’ dei criteri di composizione del CNF.
33. Infine, e’ privo di pregio l’argomento secondo il quale “l’influenza derivante dallo scambio con le altre giuridiche Europee” imporrebbe il superamento dei principi gia’ affermati da questa Corte con riguardo alla attivita’ giurisdizionale del CNF.
34. Come gia’ osservato da queste Sezioni Unite nelle sentenze del 24 gennaio 2019 n. 2084 e del 27 ottobre 2020 n. 23593, la giurisdizione professionale e’ conosciuta anche dagli ordinamenti di altri Stati e la Corte Europea dei diritti dell’uomo, chiamata ad esaminare il medesimo problema (rispetto all’articolo 6, par. 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, ratificata in Italia con L. 4 agosto 1955, n. 848), ha riconosciuto, con riguardo ad alcune decisioni del Consiglio nazionale dei medici belgi, la sussistenza del requisito dell’indipendenza degli organi della giurisdizione professionale (sent. 23 giugno 1981, nel caso Le Compte, Van Leuven, De Meyere e sent. 10 febbraio 1983, nel caso Albert e Le Compte), sottolineando che i membri dei collegi professionali partecipano al giudizio non gia’ come rappresentanti dell’ordine professionale, e quindi in una posizione incompatibile con l’esercizio della funzione giurisdizionale, bensi’ a titolo personale e percio’ in una posizione di “terzieta’”, analogamente a tutte le magistrature.
35. Il ricorso va rigettato.
36. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’ in quanto il COA di Torino non ha svolto alcuna attivita’ difensiva (e’ rimasto intimato).
37. Ai sensi del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 52, va disposta l’anonimizzazione dei dati.
38. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 4315 del 2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte;
Rigetta il ricorso;
Dispone l’anonimizzazione dei dati.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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