ll concorso colposo dell’imputato ….

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 17 aprile 2020, n. 12361

Massima estrapolata:

Non si può negare il risarcimento perché senza ulteriori argomentazioni il giudice rileva il concorso colposo dell’imputato sottoposto a misura cautelare nella circostanza del silenzio che ha tenuto l’interrogato in sede di garanzia.

Sentenza 17 aprile 2020, n. 12361

Data udienza 15 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Equa riparazione – Concorso colposo dell’imputato sottoposto a misura cautelare – Circostanza del silenzio che ha tenuto l’interrogato in sede di garanzia – Risarcimento – Ammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – Presidente

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 04/03/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MAURA NARDIN;
lette le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 gennaio 2020 la Corte di Appello di Roma ha rigettato la domanda formulata da (OMISSIS) per la liquidazione dell’equa riparazione dovuta ad ingiusta detenzione, dapprima in regime di custodia cautelare in carcere ed indi agli arresti domiciliari nel periodo dal 3 ottobre 2016 al 28 giugno 2017, in quanto gravemente indiziato del delitto di rapina in concorso, e di tentata rapina aggravata, ai danni di due supermercati, da cui veniva definitivamente assolto per non avere commesso il fatto.
2. L’ordinanza ha ritenuto sussistente la colpa grave dell’interessato di cui all’articolo 314 c.p.p., comma 1, essendo l’emissione ed il mantenimento della misura cautelare stato giustificato da un cospicuo quadro indiziario, ritenuto non sufficiente dal giudice del merito a giustificare la condanna solo a causa della decisione della madre dell’interessato di astenersi dalla testimonianza, dopo avere fornito, in sede di indagini, elementi che lo collegavano ai reati. Il provvedimento ravvisa il comportamento ostativo tenuto da (OMISSIS) nel non avere l’allora indagato offerto alcuno spunto investigativo idoneo a scagionarlo, mantenendo il silenzio nel corso dell’interrogatorio di garanzia, senza fornire elementi a sua discolpa.
3. Avverso l’ordinanza propone ricorso (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, affidandolo ad un unico motivo, con cui fa valere l’erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione. Rimprovera alla Corte territoriale di avere fondato il diniego all’equa riparazione omettendo di tenere in considerazione le circostanze sottoposte alla sua attenzione dal ricorrente. Osserva che il provvedimento non spiega per quale ragione sia irrilevante il rifiuto del pubblico ministero di provvedere all’interrogatorio dell’indagato, il quale, dopo avere mantenuto il silenzio nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva chiesto di essere sentito. L’avere formulato l’istanza – il cui rigetto e’ stato motivato dal P.M. sulla scorta della mancata indicazione dei fatti su cui l’interrogatorio avrebbe dovuto vertere e sulla considerazione dell’intervenuta richiesta di giudizio immediato – esime (OMISSIS) da qualsiasi responsabilita’ in ordine al mantenimento della misura. Deduce, altresi’, che le gravi lacune dell’ordinanza si manifestano anche nella parte in cui non tiene conto della ricostruzione del giudice di merito (di cui allega la decisione), che fonda l’assoluzione sull’incongruenza fra i dati acquisiti da VIASAT – relativi alla posizione dell’autovettura utilizzata per le rapine – e le celle riferibili all’uso del telefono, in uso a (OMISSIS), nonche’ sul fatto che nessun testimone forni una descrizione fisica dei partecipanti al delitto, riferibile al medesimo. Sottolinea, infine, che la Corte territoriale omette di spiegare per quale ragione sarebbe irrilevante ai fini del riconoscimento del diritto, l’avere il giudice del merito dato conto della mancanza di approfondimenti di indagine sugli spostamenti di (OMISSIS) e sui suoi rapporti con (OMISSIS), condannato per le rapine, essendosi, invece, accontentati delle dichiarazioni della madre dell’imputato. Peraltro, queste ultime, contrariamente a quanto ritenuto dal Collegio della riparazione, non consentono affatto di affermare che ella riferi’ di un incontro fra (OMISSIS) ed il figlio, avendo la madre di (OMISSIS) dichiarato di non sapere chi avesse utilizzato l’auto, sottrattale il giorno della rapina, ne’ con chi si fosse accompagnato il figlio in quei giorni. Conclude rilevando che nessuna condotta ostativa puo’ essere ascritta ad (OMISSIS) e chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
4. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
5. Con memoria depositata in cancelleria si e’ costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso, o in subordine provvedersi alla reiezione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Premesso che la cognizione del giudice di legittimita’ nei procedimenti per il riconoscimento dell’equa riparazione, a seguito di ingiusta detenzione, e’ limitata alla sola legittimita’ del provvedimento impugnato, anche sotto l’aspetto della congruita’ e logicita’ della motivazione, va ribadito che elemento connotante il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione e’ la totale autonomia rispetto al giudizio penale, perche’ lo scopo e’ quello di valutare l’idoneita’ del compendio probatorio a trarre in inganno il giudice in relazione alla sussistenza dei presupposti dell’adozione di una misura cautelare, unitamente ed in forza di una condotta gravemente negligente od imprudente dell’imputato, che abbia cosi’ colposamente indotto quello che l’esito assolutorio nel merito, dimostrera’ essere stato un errore.
3. Secondo il fondamentale principio elaborato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con alcune pronunce che, seppure risalenti, costituiscono ancora la sintesi dei presupposti applicativi del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, la condotta dell’imputato “deve essere valutata ex ante per verificare se essa abbia costituito nel rapporto di causa – effetto, pur in presenza di un errore dell’autorita’ procedente, il presupposto della falsa apparenza dell’illecito penale (cfr. (Sez. Unite, n. 32383 del 27.5.2010, D’Ambrosio, rv. 247664; Sez. Un. 26.6.2002, Di Benedictis). Sicche’ “in tanto la privazione della liberta’ personale potra’ considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacche’, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la “ratio” solidaristica che e’ alla base dell’istituto” (cosi’ Sez. Unite, n. 51779 del 28.11.2013, Nicosia, rv. 257606).
4. Ora, la Corte territoriale, nell’affrontare il nodo centrale del giudizio relativo alla sussistenza di un comportamento dell’interessato colposamente rivolto ad ostacolare il tempestivo accertamento della sua estraneita’ ai fatti, cosi’ contribuendo all’adozione ed al mantenimento della misura cautelare, compie una valutazione che si sofferma sul quadro indiziario emerso nel corso delle indagini e posto a fondamento della provvedimento. Ripercorre, invero, le circostanze emerse, relative al modus operandi dei rapinatori (identico in entrambi gli episodi addebitati a (OMISSIS)), alla presenza dell’autovettura della madre di (OMISSIS), in prossimita’ dei supermercati colpiti, al sicuro utilizzo del veicolo da parte del medesimo, che rimprovero’ la madre per avere allertato l’allarme satellitare, all’essere (OMISSIS) tossicodipendente, gravato da numerosi precedenti per rapina, in concorso con il coimputato (OMISSIS). A cio’ aggiunge, come sia risultato provato, in dibattimento, che l’auto della madre di (OMISSIS) si trovava in prossimita’ del luogo delle rapine, pur non avendo il giudice del merito potuto utilizzare le dichiarazioni della medesima, che in giudizio si e’ avvalsa della facolta’ di astenersi dalla testimonianza. Dalle informazioni rese in sede di S.I.T. dalla madre di (OMISSIS), infatti, era emerso che la sua auto era stata presa dal figlio e che egli era dovuto tornare a piedi, non avendo trovato la vettura laddove l’aveva parcheggiata e dove era stata localizzata dal sistema satellitare, cioe’ proprio in prossimita’ dei luoghi delle rapine.
Esaminando siffatti elementi il giudice della riparazione individua nella mancata risposta all’interrogatorio di garanzia la condotta gravemente colposa ascrivibile all’interessato il quale non ha fornito, in quell’occasione, una versione idonea a rappresentare una spiegazione alternativa alla sua effettiva partecipazione ai delitti contestati. L’ordinanza impugnata chiarisce che “i gravi elementi indiziari sui quali sono fondati i titoli cautelari per cui e’ causa non possono considerarsi neutralizzati nella loro valenza a seguito del giudizio di assoluzione.”.
D’altro canto, secondo il provvedimento, la circostanza che l’indagato avesse richiesto, dopo avere scelto di non rispondere davanti al G.I.P., di essere interrogato dal pubblico ministero, va ritenuta inifluente in ordine al vaglio del comportamento del ricorrente ai fini riparatori, posto che egli, rivolgendo la richiesta al P.M. non specifico’ quali elementi intendeva mettere a disposizione degli inquirenti.
5. Per dare soluzione ai quesiti proporti con il ricorso, occorre certamente muovere dalla considerazione generale secondo la quale la scelta difensiva del silenzio, se costituisce l’incomprimbile esercizio di un diritto della persona sottoposta ad indagini, puo’ tuttavia essere valutata quale condotta causalmente collegata con il mantenimento del provvedimento cautelare restrittivo adottato, proprio perche’ oggettivamente inidonea a scalfire un quadro indiziario fondante la misura. In particolare, la condotta del “difendersi tacendo”, al fine del riconoscimento dell’equa riparazione, va certamente valutata caso per caso e si dimostra tanto piu’ grave quanto piu’ essa costituisca l’unica possibilita’ di “ribaltare” un’apparenza investigativa, altrimenti non scalfibile in quella fase del procedimento e cio’ proprio perche’, valutata ex ante, contribuisce al mantenimento di una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell’autorita’ giudiziaria.
6. Richiamato questo principio generale – e ricordato che solo allorquando il silenzio, in sede di interrogatorio di garanzia, contribuisca alla cristallizzazione del quadro indiziario, altrimenti scalfibile dalla collaborazione dell’indagato, il giudice della riparazione puo’, motivando, affermare la sussistenza di una condotta gravemente colposa causalmente connessa con il mantenimento della misura cautelare – serve chiarire quale sia il contenuto dell’onere motivazionale del giudice della riparazione, in relazione comportamento tenuto dall’interessato nel corso del procedimento, laddove l’offerta della sua collaborazione giunga in un momento successivo alla scelta di tacere davanti al G.I.P..
7. L’onere di motivare, in sede riparativa, in ordine all’incidenza del comportamento tenuto dall’interessato sul mantenimento della misura applicata, non si esaurisce, invero, nella valutazione del significato del silenzio serbato nel corso primo contatto con l’autorita’ giudiziaria che ha disposto la cautela, ma si estende, allorquando detto atteggiamento difensivo muti ed evolva in un’offerta di collaborazione, all’incidenza di quest’ultima sulla prosecuzione dell’applicazione della misura, avuto riguardo alla scansione temporale del procedimento ed al momento nel quale l’offerta collaborativa si colloca.
E’ chiaro, infatti, che non ogni contributo successivo alla scelta iniziale del silenzio assume di per se’ valore sintomatico di utile concorso al disvelamento di un quadro indiziario denotante la falsa apparenza dell’illecito penale. Ed e’ altrettanto chiaro che la sua significativita’ puo’ mutare a seconda del momento in cui esso viene offerto ed interviene, nonche’, soprattutto, in relazione alla decisivita’ del suo contenuto ai fini della lettura del compendio probatorio gia’ sotteso all’ordinanza custodiale, od in relazione alla possibilita’ di sviluppo dell’indagine, in una prospettiva mutata dalla significativita’ delle dichiarazioni dell’interessato.
8. Si tratta, dunque, di un onere motivazionale complesso, scevro da ogni forma di automatismo, non solo con riferimento all’opzione di serbare il silenzio formulata all’interrogatorio di garanzia, ma, laddove il silenzio in quell’occasione abbia assunto la connotazione di condotta gravemente colposa, incidente sul mantenimento della misura, anche con riferimento alla condotta assunta dall’interessato successivamente, qualora questi richieda di essere sentito, mutando la scelta iniziale.
In questo caso il giudice della riparazione dovra’ vagliare il comportamento dell’istante, per verificare se il contenuto dell’offerta collaborativa si riveli decisiva al fine di superare l’originaria mancanza di un’alternativa di lettura degli elementi a disposizione, nonche’ l’omessa esecuzione di indagini che avrebbero potuto essere intraprese, in caso di tempestivo contributo fornito in sede di interrogatorio di garanzia.
Se, infatti, la valorizzazione del comportamento processuale quale elemento sinergico all’emissione della misura e’ del tutto coerente con la mancata valutazione di un’ipotesi alternativa di indagine da parte degli inquirenti, che a fronte di una smentita resa dall’indagato, circa gli elementi probatori emergenti in quel momento, avrebbe potuto essere intrapresa, per affermare la sussistenza della colpa grave, nel caso di successiva condotta propositiva del medesimo, dovra’, altresi’, darsi conto dell’eventuale inutilita’ delle dichiarazioni sopraggiunte, qualora l’interrogatorio richiesto sia effettuato.
Ma, parimenti, laddove l’interessato chieda di essere successivamente sentito e l’istanza non sia accolta – essendo questo elemento neutro rispetto alla valutazione della condotta dell’interessato – occorrera’ esaminare il comportamento processuale dell’istante, al fine di verificare in che modo egli abbia messo a disposizione il suo contributo, essendo, comunque, previsti dal rito strumenti (quali le memorie di cui all’articolo 121 c.p.p.) che consentono, se non altro, di indicare in quale direzione si muovera’ il suo contributo, qualora la sua istanza fosse accolta.
9. L’ordinanza impugnata non compie adeguatamente il percorso motivazionale sin qui delineato, anche esaminando la scansione temporale e procedimentale nella quale l’istanza di essere sottoposto ad interrogatorio, formulata da (OMISSIS), si e’ inserita. Cosi’ omette di distinguere fra la fase precedente alla richiesta dell’indagato di essere sottoposto ad interrogatorio, rispetto alla quale la valutazione – sotto il profilo riparativo – della condotta serbata e’ esaurita e non viene condizionata dalla posteriore offerta collaborativa, e quella successiva a quella richiesta, rispetto alla quale, invece, deve essere articolata adeguata motivazione che dia conto delle ragioni – ove esse vi siano- per le quali deve ritenersi la non decisivita’ del contributo proposto rispetto al mantenimento della misura.
10. Il provvedimento va, dunque, annullato con rinvio alla Corte di appello di Roma, per nuovo giudizio, demandando al medesimo giudice anche la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legitimita’.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Roma, cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio di legitimita’.
Si da’ atto che il presente provvedimento e’ sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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