Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 agosto 2021| n. 23111.
Il comodatario che debba affrontare spese di manutenzione straordinaria.
Il comodatario, che al fine di utilizzare la cosa debba affrontare spese di manutenzione straordinaria, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, salvo che si tratti di spese necessarie e urgenti, pretenderne il rimborso dal comodante, non essendo quest’ultimo tenuto, in ragione dell’essenziale gratuità del contratto, a conservare la qualità del godimento della cosa, né a far sì che la stessa sia idonea all’uso cui il comodatario intende destinarla.
Ordinanza|18 agosto 2021| n. 23111. Il comodatario che debba affrontare spese di manutenzione straordinaria
Data udienza 11 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: SUCCESSIONI E DONAZIONI – TESTAMENTO – TESTAMENTI ORDINARI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25486-2017 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), PROCURATORE REPUBBLICA TRIBUNALE BELLUNO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1530/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 19/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
Il comodatario che debba affrontare spese di manutenzione straordinaria
RITENUTO
che:
La Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado, resa nel contraddittorio fra gli eredi legittimi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che risultava unica erede in base a un testamento olografo del defunto.
Su domanda di uno degli eredi legittimi ( (OMISSIS)) il Tribunale di Belluno ha dichiarato la falsita’ del testamento. La corte d’appello, nel confermare la sentenza sul punto della falsita’, ha in primo luogo negato che ci fossero i presupposti per la sospensione del giudizio civile in attesa della definizione del procedimento penale, per falsita’, pendente in secondo grado nei confronti della (OMISSIS), assolta in primo grado. Essa ha poi negato alla (OMISSIS) il rimborso di spese sostenute in relazione a uno degli immobili ereditari, oggetto di comodato gia’ stipulato con il defunto. La corte d’appello non ha ravvisato la sussistenza dei presupposti richiesti per il rimborso dall’articolo 1808 c.c. La stessa corte di merito, infine, ha integrato la pronuncia di condanna gia’ emessa in primo grado contro la (OMISSIS), riconoscendo sugli importi (saldo di conto corrente e polizza vita) che la convenuta doveva restituire gli interessi dalla data dell’aperta successione.
Per la cassazione della sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato a sei motivi.
(OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Rimangono intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Le parti, ricorrente e controricorrente, hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 295 c.p.c.
La corte d’appello avrebbe dovuto sospendere il giudizio civile in attesa della definizione del giudizio penale promosso contro l’attuale ricorrente per la falsificazione del testamento, giudizio penale pendente in grado d’appello.
Il motivo e’ infondato, anche se per una ragione non perfettamente coincidente con quella indicata dalla corte d’appello, che ha richiamato l’articolo 75 c.p.p., che riguarda il rapporto fra l’azione penale e l’azione civile per le restituzione e il risarcimento del danno. Nel caso in esame, trattandosi di azione civile di impugnativa di un testamento olografo per difetto di autenticita’, la norma di riferimento e’ quella di cui all’articolo 654 c.p.p., che disciplina l’efficacia della sentenza penale, di condanna o di assoluzione, in altri giudizi civili.
In relazione a tale norma questa Corte ha chiarito che “la sospensione necessaria del processo civile ai sensi dell’articolo 295 c.p.c., articolo 654 c.p.p. e articolo 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, puo’ essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile ed a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perche’ si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che e’ oggetto dell’imputazione penale” (Cass. n. 18918/2019; n. 2522/2021).
Tale condizione, nella specie, non ricorreva.
Si osserva, per completezza di esame, che il controricorrente, nel richiedere la sollecita trattazione del procedimento, ha fatto presente che il processo penale nei confronti della (OMISSIS) si e’ concluso con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, avendo nondimeno il giudice penale accertato la falsita’ del testamento olografo.
Il comodatario che debba affrontare spese di manutenzione straordinaria
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Si sostiene che la corte d’appello non ha preso in considerazione le critiche di metodo rivolte dall’attuale ricorrente contro l’operato dal consulente tecnico. In particolare, fu censurata la scelta del consulente tecnico per avere assunto a fini di comparazione non scritture, ma firme. Inoltre, era stato rimproverato al consulente tecnico di avere eseguito la comparazione lettera per lettera, laddove tale metodo e’ stato bocciato dalla giurisprudenza di legittimita’.
Il motivo e’ infondato.
Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non e’ tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiche’ l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimita’, ben potendo il richiamo, anche per relationem dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa e’ l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5, e’ tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione (Cass. n. 15147/2019).
La ricorrente, nel censurare la decisione, solleva questioni metodologiche in via di principio, laddove, in questa sede di legittimita’, l’adesione del giudice di merito a una consulenza tecnica e’ sindacabile solo nella misura in cui siano state disattese critiche puntuali e circostanziate, nel senso sopra indicato.
Ad ogni modo la censura ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ipotesi appropriata, incorre nella specie nella preclusione della c.d. doppia conforme, ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c., u.c., applicabile nella specie ratione temporis, trattandosi di giudizio d’appello introdotto dopo l’11 settembre 2012, Decreto Legge n. 83 del 2012, ex articolo 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012.
Si deve aggiungere che la corte d’appello ha preso in esame le critiche mosse dalla (OMISSIS), ritenendole infondate.
3. Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e mancata motivazione sul motivo d’appello riguardante le contestazioni mosse contro la consulenza tecnica.
Il comodatario che debba affrontare spese di manutenzione straordinaria
Il motivo e’ infondato.
La corte di merito richiama l’esito della consulenza tecnica e presta adesione ad esso; aggiunge di non ritenere fondate le critiche mosse dall’attuale ricorrente.
La motivazione della sentenza esiste non solo come parte grafica del documento, ma rende perfettamente percepibili le ragioni del decisum (Cass., S.U., n. 8053/2014).
In quanto al resto, il motivo si esaurisce nella espressione di un puro dissenso rispetto alla valutazione del giudice d’appello. Si dimentica, pero’, che la corte di cassazione non e’ mai giudice del fatto in senso sostanziale, ma esercita un controllo sulla legalita’ e logicita’ della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. “Ne consegue che la parte non puo’ limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti” (Cass. n. 6519/2019; n. 25332/2014). Si richiama ancora quanto sopra detto, in relazione al precedente motivo, sulla preclusione derivante dall’articolo 348-ter c.p.c.
4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 116, 132, 276 c.p.c. e degli articoli 2727 e 2729 c.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
La corte d’appello, pur avendo disposto la consulenza tecnica, avrebbe dovuto considerare anche le altre prove, in particolari le prove testimoniali, in ossequio al principio che, neanche in materia grafologica, esiste nel giudizio civile una gerarchia fra i vari mezzi di prova.
Il motivo e’ infondato.
La censura, infatti, e’ del tutto avulsa dal reale contenuto della sentenza. La corte di merito ha considerato quanto riferito dal testimone circa il legame d’affetto fra il testatore e l’attuale ricorrente; tuttavia ha ritenuto tale circostanza non decisiva al cospetto della valutazione di falsita’ della scheda espressa dal consulente tecnico d’ufficio. Non c’e’ stata quindi alcuna violazione del principio che, anche in questa materia, preclude al giudice di sancire a priori la prevalenza di una prova rispetto a un’altra. La decisione consegue piuttosto a un vaglio delle prove in applicazione del principio del libero convincimento (Cass. n. 23940/2017).
5. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1808 c.c. e articolo 106 c.p.c.; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. La sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha negato al comodatario il rimborso delle spese sostenute per la cosa, in assenza del requisito della necessita’ e dell’urgenza. Tali requisiti, invece, nella specie sussistevano.
Il motivo e’ infondato.
Il comodatario, che al fine di utilizzare la cosa debba affrontare spese di manutenzione straordinaria, puo’ liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non puo’, salvo che si tratti di spese necessarie ed urgenti, pretenderne il rimborso dal comodante, non essendo quest’ultimo tenuto, in ragione dell’essenziale gratuita’ del contratto, a conservare la qualita’ del godimento della cosa, ne’ a far si’ che la stessa sia idonea all’uso cui il comodatario intende destinarla (Cass. n. 15699/2018; n. 1216/2012).
Nella sentenza non si leggono affermazioni in contrasto con la norma di cui si assume la violazione: la corte d’appello ha condiviso la valutazione del primo giudice, il quale aveva riconosciuto, in considerazione della natura degli interventi, che si trattava di spese straordinarie affrontate per il migliore utilizzo della cosa, nell’interesse del comodatario. E’ chiaro, pertanto, che, sotto la veste della violazione di legge, si censura l’apprezzamento del giudice di merito, per avere riconosciuto non necessarie e urgenti spese che invece erano tali. In questi termini la censura mira a una diversa considerazione dei fatti rispetto a quella operata dai giudice di merito: valgono, percio’, mutatis mutandis le considerazioni gia’ sopra proposte in relazione ai motivi che investono la decisione sulla falsita’ della scheda.
6. Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1283, 1224 e 2033 c.c.
La sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la corte d’appello ha riconosciuto, sulle somme dovute in restituzione dalla (OMISSIS) all’erede legittimo, gli interessi dalla data dell’apertura della successione, mentre questi competevano dalla domanda, in applicazione della norma sulla presunzione di buona fede.
Il motivo e’ fondato.
Il principio della presunzione di buona fede ha portata generale, non limitata all’istituto del possesso in relazione al quale e’ enunciato (Cass. n. 8258/1997; n. 6648/2000); pertanto, poiche’ l’articolo 535 c.c. stabilisce che le disposizioni in materia di possesso si applichino anche al possessore dei beni ereditari, chi agisce, con l’azione di petizione, per la rivendicazione dei beni ereditari – eventualmente previo annullamento del testamento in base al quale e’ stato chiamato all’eredita’ il possessore di buona fede – non puo’ pretendere da quest’ultimo il risarcimento dei danni, ma soltanto i frutti indebitamente percepiti, nei limiti fissati dall’articolo 1148 c.c. (Cass. n. 5091/2010; conf. n. 14917/2012; n. 21505/2019).
In contrasto con la regola di cui sopra, la corte d’appello ha negato la buona fede del possessore in base al puro dato oggettivo della falsita’ del testamento, senza ulteriori considerazioni. Manca una attribuzione di responsabilita’ della falsificazione alla (OMISSIS), ne’ si assume che questa fosse comunque consapevole della falsita’; nemmeno sono richiamati elementi che possano far pensare che la corte d’appello abbia riconosciuto che l’errore fosse dipeso da colpa grave (articolo 535 c.c., comma 3, ultimo periodo).
Non e’ vero, diversamente da quanto si sostiene con il controricorso, che la corte di merito abbia positivamente riconosciuto la mala fede della (OMISSIS). Invero la decisione sul punto si esaurisce nel seguente rilievo: “considerato che l’appellante e’ entrata nel possesso di beni ereditari sulla base di un testamento apocrifo, per cui non puo’ essere presunta la sua buona fede (…)”. Ma e’ agevole osservare che la falsita’ del testamento, di per se’, non e’ in contraddizione con l’ipotesi dell’errore richiesto dall’articolo 535 c.c. per fondare il possesso di buona fede di beni ereditari. In dottrina si chiarisce che, nel possesso di beni ereditari, la buona fede e’ fondata su un errore, non importa se di fatto o di diritto, per cui il soggetto, all’atto dell’impossessamento, crede di essere erede sulla base di un titolo, ancorche’ invalido o inefficace o addirittura falso o inesistente.
Gli interessi, quindi, andavano liquidati dalla data della domanda giudiziale.
In conclusione, sono rigettati i primi cinque motivi; e’ accolto il sesto. La sentenza e’ cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa puo’ essere decisa nel merito riconoscendo gli interessi sugli importi di cui al punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata dalla domanda e non dalla data dell’aperta successione.
Avuto riguardo alla misura dell’accoglimento del ricorso si ritiene di compensare per 1/4 le spese del giudizio d’appello e del giudizio di cassazione, che per i restanti tre quarti vanno posti a carico della ricorrente.
P.Q.M.
accoglie il sesto motivo; rigetta i primi cinque motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna (OMISSIS) al pagamento degli interessi sulle somme di cui al punto n. 2 del dispositivo della sentenza impugnata dalla data della domanda; condanna (OMISSIS) al pagamento, in favore del controricorrente, dei 3/4 delle spese del giudizio d’appello e del presente giudizio di legittimita’, che liquida per l’intero, quanto al giudizio d’appello, nell’importo di Euro 9.515,00 e, quanto al presente giudizio di legittimita’, nell’importo di Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% su ambedue gli importi, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara compensato il restante quarto delle spese stesse.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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