Il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 gennaio 2024| n. 1619.

Il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci

In tema di esecuzione forzata, il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci, purché presupposti nei primi o richiamati in modo idoneo, a condizione che l’integrazione abbia ad oggetto il risultato di un’attività di giudizio su questioni comunque esaminate e risolte, seppur non adeguatamente estrinsecate al momento della formazione del documento, e che il titolo non sia intrinsecamente contraddittorio, potendo essere completato in maniera sufficientemente univoca, senza richiedere attività cognitive suppletive da espletarsi ex novo. (Nella fattispecie, relativa a un’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa avverso un’ordinanza ex art. 612 c.p.c. per obblighi di fare conseguenti all’accertata violazione di distanze legali tra costruzioni, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva operato un’inammissibile ricostruzione tecnico-urbanistica ex post e alternativa a quella del titolo esecutivo azionato).

Ordinanza|16 gennaio 2024| n. 1619. Il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci

Data udienza 6 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Esecuzione forzata – Obblighi di fare e di non fare – In genere esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Sentenza – Integrazione del titolo giudiziale con elementi extratestuali – Ammissibilità – Limiti – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Paqualina A.P. – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso N. 7241/2020 R.G. proposto da:

Al.Al., difeso da sé stesso ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in R, Via (…), presso lo studio dell’avv. Tu.Ra., che lo rappresenta e pure lo difende come da procura in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

(…) Srl, Ca.Ca. ed altri Omessi,

– intimati –

avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano n. 1164/2019 dep. l’11.11.2019;

udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 6.11.2023 dal Consigliere relatore dr. Salvatore Saija.

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FATTI DI CAUSA

Per l’esecuzione di sentenza di condanna della (…) Srl alla riduzione alla distanza di legge tra due immobili confinanti, emessa dal Tribunale di Bolzano (n. 74/2016), Al.Al. propose dinanzi allo stesso Tribunale ricorso ex art. 612 c.p.c. con atto dell’11.4.2016, evocando anche Ca.Ca. La.Ma., La.Al., Wi.Al. e Kn.Th. che frattanto avevano acquistato dalla stessa società costruttrice (…) Srl alcune unità immobiliari che componevano l’edificio; il giudice dell’esecuzione, disposta la comparizione delle parti, con ordinanza riservata del 27.6.2018 stabilì che il titolo esecutivo andasse attuato mediante utilizzo del c.d. “indice di visuale libera”, e ciò anche condividendo le considerazioni frattanto esposte dal TAR di Bolzano nella sentenza n. 20/2018, con cui era stato annullato il permesso di costruire rilasciato dal Comune alla stessa (…) Srl per l’esecuzione di alcuni lavori in rettifica rispetto a quelli originariamente assentiti. Avverso detta ordinanza, Al.Al., propose opposizione agli atti esecutivi, che il Tribunale ordinario di Bolzano – previa introduzione del giudizio di merito e nel contraddittorio con tutti gli obbligati, ossia con la (…) Srl e i suoi aventi causa – rigettò con sentenza dell’11.12.2019. Osservò il Tribunale che, ferma l’irritualità della produzione documentale operata dalla (…) Srl (per avere, nelle more dello scioglimento della riserva, l’obbligata depositato, nel fascicolo dell’esecuzione, la sentenza del TAR Bolzano n. 20/2018), la sentenza azionata andava interpretata nel senso che essa non escludesse l’applicabilità del c.d. “indice di visuale libera”, e ciò per molteplici motivi: a) nel giudizio a quo, non s’era specificamente dibattuto sull’esatto significato da attribuire al parametro urbanistico “H/2”; b) la (…) Srl, nel costituirsi, aveva attribuito a detto parametro un significato diverso da quello invece rivendicato dall’esecutante, su cui aveva poi basato la richiesta del nuovo permesso di costruire (n. 2015/7/03 del 9.2.2015); c) il Tribunale ordinario di Bolzano, esclusa la percorribilità di una contemporanea condanna alla demolizione della parte di edificio, in altezza, in violazione della distanza legale, ovvero all’arretramento della fabbrica fino al confine di legge, aveva infine optato per la prima soluzione, evidentemente ritenuta meno invasiva; d) gli argomenti utilizzati dalla sentenza n. 20/2018 del TAR di Bolzano erano condivisibili e non si ponevano in conflitto con il titolo esecutivo.

Avverso detta sentenza Al.Al. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi; gli intimati non hanno svolto difese. Ai sensi dell’art. 380-bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 612, comma 2, e 101 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver prima il giudice dell’esecuzione e poi il Tribunale ritenuto irrilevante che l’esecutata avesse versato in atti, nelle more dello scioglimento della riserva dell’ordinanza opposta (assunta all’udienza del 5.10.2017), copia della sentenza n. 20/2018 del TAR Bolzano, senza alcuna autorizzazione ed in violazione del contraddittorio.

1.2 – Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 612, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver il

Tribunale ritenuto di poter attingere al contenuto della sentenza del G.A. per interpretare il titolo esecutivo, costituito dal giudicato del Tribunale ordinario di Bolzano n. 74/2016, così dando seguito all’erronea determinazione del giudice dell’esecuzione, che aveva in particolare affermato, nell’ordinanza opposta, che il titolo esecutivo “deve essere attuato sulla base della sentenza del TAR Bolzano dd. 10.01.2018” e pure dichiarando “che i ragionamenti del TAR vengono condivisi”.

1.3 – Con il terzo motivo si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per aver il Tribunale ritenuto che sul significato del parametro urbanistico “H/2” non si sarebbe svolto alcun contraddittorio tra le parti, senza valutare se fosse possibile optare – ai fini dell’esecuzione del titolo azionato – tra l’arretramento della costruzione sul confine di legge, oppure tra l’abbassamento del nuovo corpo di fabbrica, ma scegliendo la terza via, ossia il ricorso all’indice di visuale libera, addirittura premiale per la (…) Srl (e i suoi aventi causa).

2.1 – Preliminarmente, reputa la Corte necessario negare il differimento dell’adunanza, richiesto dal ricorrente con istanza del 23.10.2023, a cagione della imminente pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato sull’appello avverso la già citata decisione del TAR di Bolzano n. 20/2018, giacché la relativa vicenda amministrativa si pone sullo sfondo della controversia che qui occupa, che non resta in alcun modo pregiudicata o anche solo attinta dall’esito di quel giudizio.

3.1 – Ciò posto, ritiene la Corte di poter delibare il ricorso dell’avv. Al.Al. sulla base del criterio della “ragione più liquida”, senz’altro applicabile anche al

giudizio di legittimità, in ossequio al principio della ragionevole durata del processo (si vedano, tra le altre, Cass. n. 14039/2021; Cass. n. 10839/2019). Può dunque affrontarsi prioritariamente il secondo motivo, appunto logicamente preliminare, che risulta con ogni evidenza fondato.

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Con la più volte citata sentenza n. 74/2016 (integrante il titolo esecutivo giudiziale azionato), il Tribunale altoatesino, definendo la controversia introdotta dall’Al.Al. ex art. 872, comma 2, c.c., stabilì in modo inequivoco che: 1) il nuovo corpo di fabbrica edificato dalla (…) Srl, per la lunghezza di m. 9,54, era stato realizzato in violazione della distanza legale secondo il parametro “H/2” (ossia, superava la distanza della metà dal confine della proprietà dell’attore Al.Al.); 2) la (…) era tenuta alla demolizione, per tutta la lunghezza di m. 9,54, di tutte quelle parti superiori del nuovo fabbricato che violavano detto parametro “H/2”, “in modo che l’immobile … ven(isse) abbassato fino a un’altezza di 5,70 metri (nel punto dove la distanza dal confine è di 2,85 metri) in linea decrescente fino a un’altezza di 4,50 metri (nel punto dove la distanza è di 2,25 metri)”.

3.2 – Ciò posto, decidendo il merito della proposta opposizione agli atti – fondata, lo si rammenta, sulla pretesa violazione del disposto dell’art. 612 c.p.c. da parte del giudice dell’esecuzione, specie per aver questi affermato che il titolo esecutivo andasse attuato sulla base di quanto riportato nella citata sentenza del G.A. – lo stesso Tribunale di Bolzano, dopo una minuziosa ricostruzione dello svolgimento del processo, esordisce in parte motiva (par. “2. Considerazioni in diritto”) evidenziando che né il giudice dell’esecuzione, né il giudice dell’opposizione esecutiva sono vincolati all’interpretazione resa, sulla questione in parola, dal G.A., con la più volte citata sentenza TAR Bolzano n. 20/2018;

subito dopo si avverte, tuttavia, che ciò “non esclude che le deduzioni in diritto formulate dal Tribunale amministrativo vengano ritenute corrette, come è qui il caso” (così la sentenza impugnata, p. 21).

3.3 – Ritiene la Corte che proprio in tale premessa si annidi l’evidente errore prospettico in cui è incorso il Tribunale altoatesino.

Invero, è noto che il giudice dell’esecuzione adito ex art. 612 c.p.c., chiamato “ad accertare la portata e l’idoneità esecutiva del titolo, può tenere conto, al fine di superare eventuali lacune del titolo medesimo, della situazione di fatto esistente al momento in cui ne viene richiesta la coattiva osservanza, restando fermo che, nel giudizio instaurato per la violazione delle distanze legali tra edifici, la determinazione della misura concreta della distanza da rispettare fra le costruzioni deve essere compiuta dal giudice investito della cognizione della relativa domanda e non può essere rimessa al predetto giudice dell’esecuzione, il quale deve risolvere solo i problemi e le difficoltà che possono insorgere in sede di attuazione dell’obbligo di fare, così come imposto dal titolo, e non può in alcun modo provvedere ad integrare il titolo stesso” (così, assai di recente, Cass. n. 4449/2023, a conferma di un orientamento consolidato, sul quale v. già Cass. n. 7124/1991).

Ora, nulla esclude che il giudice dell’esecuzione ut supra adito, nel ponderare il significato del titolo di cui si chiede l’esecuzione, e dunque nel determinarne l’esatta portata (in modo, cioè, da concretizzare gli specifici lavori da eseguire coattivamente, onde realizzarne il dictum), possa attingere anche ad argomenti tecnico-giuridici offerti, come nel caso, da una sentenza del G.A., resa su vicenda parallela e in qualche modo connessa; tanto non consente allo stesso giudice,

però, di stravolgere il significato del titolo stesso, mediante una sua “rilettura” al lume di argomenti estranei a quelli ad esso sottesi ed espressamente considerati, sovvertendo dunque il corretto approccio ermeneutico.

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Infatti – per tornare alla specifica vicenda che occupa -, nel momento in cui il giudice dell’opposizione formale (seppur con maggior “prudenza” rispetto a quanto fatto in prima battuta dal giudice dell’esecuzione) attinge al costrutto tecnico-urbanistico offerto dal TAR bolzanino per la soluzione della vicenda parallela, deve in primo luogo interrogarsi sulla effettiva compatibilità di un simile percorso motivazionale rispetto al titolo esecutivo azionato, che è l’unico ed esclusivo fondamento dei suoi poteri. Pertanto, posto che la sentenza del G.A. definisce “erronea e sproporzionata” la soluzione al quod exequatur sit propugnata dall’Al.Al. (v. ricorso, p. 8), offrendone una a questa alternativa, occorre anzitutto verificare se quest’ultima sia pur sempre sussumibile nell’ambito del dictum di Trib. Bolzano n. 74/2016; se, invece, l’interpretazione delle norme edilizie ed urbanistiche propugnate dallo stesso G.A. dovesse risultare non compatibile con (o estranea a) quella cristallizzata nel titolo esecutivo, costituito da sentenza passata in giudicato e quindi non ulteriormente suscettibile di discussione, tanto non sarebbe consentito.

3.4 – Ora, la sentenza qui impugnata, nel richiamare e condividere la soluzione tecnica propugnata dal G.A. (ossia, il ricorso al c.d. “indice di visuale libera”), da un lato riconosce che “nella sentenza da eseguire … non si approfondisce se la soluzione della visuale libera o l’abbattimento dell’intero edificio oltre l’altezza indicata dello stesso fossero necessari” ai fini dell’esecuzione; dall’altro evidenzia che il titolo esecutivo azionato (sentenza Trib. Bolzano n. 74/2016) non è in contraddizione con la sentenza del TAR Bolzano n. 20/2018, che invece propugna il criterio dell’indice di visuale libera.

Nel far ciò, tuttavia, il giudice del merito si profonde in una disamina di elementi esterni al titolo esecutivo (quali, tra l’altro, lo strumento urbanistico, ossia il Piano di Recupero e le sue norme di attuazione) che, per quanto in esso richiamati, risulta a ben vedere del tutto fuorviante: per stabilire se, ai fini della completa e corretta attuazione del titolo esecutivo, occorra demolire tutte le porzioni dell’edificio a partire dal limite di altezza consentita (comprese quelle più distanti dal confine del fondo, ossia per l’intera profondità orizzontale edificata), o sia invece sufficiente la demolizione di quelle sole porzioni fino al confine di legge (col mantenimento di quelle porzioni da esso più distanti), non si deve rinnovare il giudizio di cognizione (come, nella sostanza, appare essere avvenuto nella specie), ma è necessario semplicemente attenersi a quanto statuito dal giudice a quo, tenendo conto sia del dispositivo, che della motivazione, tuttavia astenendosi anche dalla sola mera integrazione del comando giudiziale con argomenti ad esso estrinseci ed estranei pure a quanto è stato in concreto oggetto del giudizio concluso col titolo esecutivo giudiziale (v. la giurisprudenza supra citata). Occorre, quindi, pur sempre che gli elementi di eterointegrazione del titolo giudiziale ormai definitivo siano stati oggetto del giudizio di cognizione con quello concluso (v. Cass. n. 1027/2013 e successive, a specificazione del fondamentale approdo di Cass., Sez. Un., n. 11066/2012).

Pertanto, nel momento in cui il giudice della cognizione, nel predisporre il titolo esecutivo giudiziale poi posto in esecuzione, ha fatto ricorso ad indici urbanistici ben determinati e non ad altri (id est, con riferimento generico al parametro H/2″ e non anche al c.d. “indice di visuale libera”) e – nell’ordinare la demolizione per la reconductio ad legitimitatem della nuova fabbrica – ha specificamente stabilito la portata della demolizione, occorre primariamente muovere da tali determinazioni (e dai loro presupposti fattuali o documentali, di cui egli ha tenuto conto) per tradurre in concreto la risposta coattiva dell’ordinamento rispetto all’accertata violazione; ricostruire il dictum del giudice della cognizione al lume della disciplina edilizia-urbanistica di riferimento (come nella sostanza mostra di aver fatto il giudice del merito, specie laddove evidenzia – a p. 24 della sentenza – che la soluzione prescelta è l’unica coerente con l’interpretazione sistematica del Piano di Recupero, assunta quale indefettibile parametro di raffronto) reca con sé un’insuperabile aporia: quella di non tener conto che la (…) Srl, ove avesse ritenuto errata o anche solo equivoca la statuizione di Trib. Bolzano n. 74/2016, avrebbe dovuto conseguentemente impugnarla, il che non è avvenuto; in altre parole, non può esservi spazio, in ambito esecutivo, per una lettura “correttiva” del titolo di formazione giudiziale che si spinga a stravolgerne il contenuto e a pretermetterne i presupposti di diritto.

Né, del resto, il giudice del merito avrebbe potuto trarre argomenti, a sostegno della soluzione ritenuta corretta, dal fatto che il Tribunale ordinario di Bolzano, nell’ordinare la demolizione ut supra, aveva optato per quella meno invasiva (v. sentenza impugnata, p. 22): anche ammesso che questo sia vero (tanto essendo avvenuto nell’egida della giurisprudenza di questa Corte – v. Cass. n. 11907/2013), non ne discende tuttavia l’indefettibile conseguenza che il giudice del merito ha ritenuto di poterne trarre, giacché nulla esclude che, nell’ambito

della soluzione tecnica meno invasiva (ossia, abbassamento dell’edificio, anziché arretramento rispetto alla linea di confine), la condanna alla demolizione delle porzioni di piano più elevate possa assumere connotazioni e significati diversi, come è reso evidente dalla stessa vicenda che occupa.

4.1 – Il primo e il terzo motivo risultano conseguentemente assorbiti: dei quali, del resto, si riferisce l’uno ad un preteso error in procedendo, superato dalla disamina nel merito della decisione comunque autonomamente adottata dalla qui gravata sentenza, l’altro ad un vizio motivazionale formalmente inammissibile in sé, ma riferibile piuttosto al contenuto del precedente (ed accolto) motivo.

5.1 – In definitiva, è accolto il secondo motivo, mentre restano assorbiti il primo e il terzo. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Bolzano, in persona di diverso magistrato, che si atterrà ai superiori principi, procedendo ad un nuovo esame dell’opposizione agli atti esecutivi proposta da Al.Al., onde verificare se l’ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione in data 27.6.2018 sia conforme o meno alla portata del titolo esecutivo, costituito dalla sentenza del Tribunale ordinario di Bolzano n. 74/2016, e ciò per quanto sia dalla stessa evincibile (e ferma la possibilità di ricorrere alla “interpretazione extratestuale del provvedimento, sulla base degli elementi ritualmente acquisiti nel processo in cui esso si è formato” – così la già citata Cass., Sez. Un., n. 11066/2012; ma pur sempre a condizione che tali elementi siano stati oggetto del giudizio di cognizione concluso col titolo giudiziale ormai definitivo: Cass. n. 1027/2013, anch’essa già citata).

Tanto non esclude a priori, naturalmente, la stessa possibilità che il dictum giudiziale in parola assuma una connotazione in concreto meno invasiva di quanto anelato dall’odierno ricorrente; ciò, però, non già in forza di ricostruzioni tecnico-urbanistiche elaborate ex post o ab extrinseco (e quale che ne sia la fonte), ma proprio all’esito della traduzione, in concreto, della portata effettiva del titolo esecutivo in parola. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Il comando contenuto nel titolo esecutivo giudiziale può essere integrato con gli atti del processo o anche ad esso estrinseci

La Corte accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti il primo e il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio al Tribunale di Bolzano, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno 6 novembre 2023.

Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2024.

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