Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 26 aprile 2016, n. 17170

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. il (OMISSIS);
avverso il provvedimento n. 2440/2015 della CORTE di APPELLO di GENOVA, del 21/01/2016;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DE AMICIS;
sentite le conclusioni del P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso per la inammissibilita’ della richiesta;
sentito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento dei motivi della richiesta.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), imputato dinanzi alla Corte d’appello di Genova per il delitto di cui all’articolo 372 cod. pen., ha formulato, ex articolo 46 cod. proc. pen., istanza di rimessione del processo penale n. 2440/2015 C.A., pendente in sede di rinvio dinanzi alla Seconda Sezione penale della Corte d’appello di Genova a seguito dell’annullamento disposto dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1668 del 6 novembre 2014, chiedendo di valutare se ricorrano i presupposti di imparzialita’ dell’organo giudicante, al fine di scegliere se rinunziare o meno alla gia’ intervenuta causa di estinzione del reato per prescrizione.
2. Al riguardo egli ha dedotto, in particolare, le seguenti ragioni giustificative:
a) la violazione del diritto al contradditorio, lamentata sia in occasione del primo che del secondo giudizio di merito, quando, rispettivamente, furono ammessi tutti i testi del P.M. e solo quelli della difesa comuni al P.M., e con due ordinanze successive alla discussione finale furono acquisiti, nonostante l’opposizione della difesa, elementi di prova formati senza contraddittorio nelle indagini preliminari del procedimento presupposto (cd. “(OMISSIS)”), ritenuti poi rilevanti ai fini del giudizio sulla responsabilita’;
b) il parallelismo fra i passi della sentenza di appello annullata – che insinuavano, in palese contrasto con gli atti processuali, il coinvolgimento dei difensori nei fatti di causa – ed i gravissimi fatti denunziati da uno di quei difensori il 18 dicembre 2006 in un esposto disciplinare (il difensore del (OMISSIS), inziale coimputato, rinunzio’, nel giugno 2007, per protesta al mandato conferitogli nel processo “(OMISSIS)”, ma di tanto la sentenza d’appello del 16 dicembre 2013 non ha tenuto conto, giungendo ad insinuare arbitrariamente un suo coinvolgimento nei fatti di causa, addirittura dopo che la Corte di Cassazione aveva escluso, perche’ il fatto non sussiste, qualsiasi concorso del (OMISSIS), ossia dell’imputato assistito da quel difensore);
c) l’estensore della sentenza d’appello cassata redasse, in altro processo, la motivazione della sentenza della Corte d’appello di Genova del 9 gennaio 2014, che aveva escluso la parte civile – un ente pubblico – rappresentata proprio da quel difensore (decisione, questa, anch’essa poi cassata con rinvio alla sede civile dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 12608 del 18 febbraio 2015, poiche’ l’ipotizzata tardivita’ della costituzione di parte civile non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio dalla Corte d’appello, ma avrebbe dovuto eccepirsi solo in primo grado e da parte dell’imputato);
d) il Presidente della prima Sezione della Corte d’appello che emise la su citata sentenza del 9 gennaio 2014 aveva redatto, inoltre, la motivazione di altra sentenza della medesima Corte d’appello (Sezione 2), che il 18 maggio 2010, ribaltando la pronuncia di primo grado, aveva condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) per concorso nella falsa testimonianza contestata all’istante nel presente procedimento (decisione poi annullata senza rinvio dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20656 del 22 novembre 2011).
Errori, quelli ora indicati, che si ritengono tutti accomunati da grossolanita’ e da un uso improprio del potere d’ufficio, e che sembrano sintomatici della non imparzialita’ dell’organo giudicante, ascrivibile alla grave situazione locale determinatasi ex articolo 45 cod. proc. pen., anche a seguito della propalazione a mezzo stampa – nel giugno 2006, durante il processo cd. “(OMISSIS)” tenutosi dinanzi al Tribunale di Genova – della notizia della pendenza dell’odierno procedimento, a carico dell’istante, del (OMISSIS) e del (OMISSIS). Peraltro, a seguito della lettura della pronunzia assolutoria dei vertici della Polizia nel processo presupposto, il 13 novembre 2008, il Tribunale fu oltraggiato con l’urlo reiterato “vergogna”, senza che alcuno sia intervenuto, tanto che i Giudici del Tribunale dovettero giustificarsi pubblicamente e finirono sotto vigilanza.
Si deduce, inoltre, che a seguito della sentenza di annullamento con rinvio della Cassazione del 6 novembre 2014, la stampa locale ha pubblicato:
a) una pubblica intervista sul “G8”, in data 8 giugno 2015, rilasciata dal rappresentante del P.M. nei giudizi di merito e nell’attuale processo, nell’ambito di un simposio organizzato a Genova dal giornale “Repubblica”, con aspre critiche alla Polizia di Stato, cui hanno fatto seguito repliche del capo della Polizia, del Ministro della Giustizia e del C.S.M., in un contesto in cui la seconda Sezione della Corte d’appello di Genova – la stessa che oggi, sia pure in diversa composizione, e’ Giudice del rinvio nel processo contro l’istante – ha il compito di valutare l’operato dei suoi colleghi d’ufficio, nonostante l’intervenuta assoluzione del (OMISSIS) per l’insussistenza della falsa testimonianza, e non solo del concorso in tale ipotesi di reato;
b) un’intervista al giornalista (OMISSIS) sulle edizioni, nazionale e genovese, di “(OMISSIS)” del 14 gennaio 2016, intitolata “Allarme fascismo a Genova”, in cui si fa riferimento ad una dimostrazione fascista che potrebbe tenersi a Genova, con potenziali disordini pubblici, dopo che il Governo ha presentato una proposta di conciliazione amichevole a 31 vittime della caserma di Genova-Bolzaneto, con un appello al Primo Ministro italiano affinche’ adotti misure di prevenzione di tali pericoli.
Si lamenta, in definitiva, una situazione locale condizionata da un’attenzione mediatica che ha determinato la mancanza di imparzialita’ dell’organo giudicante, e che, data la negazione del contraddittorio, gia’ verificatasi in appello e rilevata nella sentenza di annullamento, appare piu’ grave rispetto a quella che ha costituito l’oggetto della prima istanza di rimessione avanzata il 24 novembre 2008.
Si pone in evidenza, infine, il contrasto fra una eventuale interpretazione riduttiva dell’articolo 45 cod. proc. pen. ed i principi sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, quali disposizioni corrispondenti, ai sensi dell’articolo 52, par. 3, della Carta, a quelle previste dall’articolo 6 CEDU, con la conseguente istanza alla Corte di cassazione di voler formulare, in caso di dubbio interpretativo riguardo alle su citate disposizioni, il rinvio pregiudiziale della relativa questione alla Corte di giustizia U.E. ex articolo 267, par. 3, T.F.U.E..
3. Ad integrazione della richiesta di rimessione i difensori del (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), hanno prodotto, con memoria depositata il 23 febbraio 2016, ulteriore documentazione a sostegno dell’istanza, insistendo, in particolare, sulla richiesta di rinvio pregiudiziale circa l’interpretazione dell’articolo 47, parr. 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in merito ai requisiti di effettivita’ del ricorso e di imparzialita’ del giudizio, sul duplice rilievo: a) che la sentenza della Corte di cassazione n. 1668/2014 ha annullato con rinvio la su citata sentenza del 16 dicembre 2013 della Corte d’appello di Genova per violazione del diritto di difesa ed al contraddittorio; b) che ai fini della fase rescissoria il rinvio e’ stato disposto davanti ad una Sezione della Corte d’appello (la 2) diversa da quella (la 1) che aveva violato, nel giudizio di secondo grado, il diritto garantito dall’articolo 47, par. 2, della Carta di Nizza, ma che e’ la stessa, benche’ in diversa composizione, ad avere gia’ ritenuto sussistente, nel processo a carico del (OMISSIS) e del (OMISSIS), il profilo piu’ grave (la cd. “vicenda Sgalla”) del reato di falsa testimonianza ascritto anche all’istante (sentenza del 18 maggio – 17 giugno 2010, poi annullata senza rinvio dalla Corte di cassazione, perche’ il fatto non sussiste, con la sentenza n. 20656 del 22 novembre 2011).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La richiesta di rimessione del processo e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
2. L’istituto della rimessione, come e’ noto, ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge e, come tale, comporta la necessita’ di un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che lo regolano, in esse comprese quelle che stabiliscono i presupposti per la “translatio iudicii”, con la conseguenza che, da un lato, per “grave situazione locale” deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormita’ e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialita’ del giudice (inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito) o di un pregiudizio alla liberta’ di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo, dall’altro lato, i “motivi di legittimo sospetto” possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e quale diretta conseguenza di essa (Sez. 3, n. 23962 del 12/05/2015, Bacci ed altri, Rv. 263952; Sez. 6, n. 11499 del 21/10/2013, dep. 10/03/2014, Guerra e altro, Rv. 260888).
Nel ritenere esente da dubbi di costituzionalita’ l’istituto della rimessione del processo, la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 50 del 27 aprile 1963, ha chiarito che la deroga alla competenza del precostituito giudice del locus commissi delicti trova giustificazione unicamente nel raffronto con i principii, di pari rilevanza costituzionale, dell’indipendenza e imparzialita’ dell’organo giudicante (articoli 101 e 104 Cost.) e della tutela del diritto di difesa (articolo 24, secondo comma, Cost.). Concetti, questi, che il Giudice delle leggi ha ribadito e approfondito nelle successive pronunce (ad es., n. 109 del 1963; n. 56 del 1967; n. 117 del 1972; n. 460 del 1995; n. 353 de11996), sottolineando che e’ giudice imparziale proprio il giudice precostituito per legge, senza che sia necessario introdurre alcuna deroga per conciliare i profili della imparzialita’ e della precostituzione, dovendo l’imparzialita’ essere perseguita (come e’ comprovato dalla riforma dell’articolo 111 Cost. con la previsione del giudice “terzo e imparziale”) proprio attraverso la precostituzione.
La Corte costituzionale, inoltre, con l’ordinanza n. 168 del 5 aprile 2006, successiva alla modifica dell’articolo 111 Cost., ha posto in luce il carattere “eccezionale” dell’istituto rimessorio, quale presidio di garanzia della serenita’ e imparzialita’ del giudizio e, in ultima analisi, dello stesso valore del “giusto processo”, sottolineando che i “turbamenti” nel luogo in cui esso si celebra, sia che attengano all’ordine pubblico processuale che alla serenita’ del giudice, possono essere ricondotti unicamente ad “elementi esterni” al processo.
Elementi che, secondo la su citata giurisprudenza di legittimita’, piu’ che incidere direttamente sui valori di imparzialita’ e terzieta’ del giudice investito della cognizione della regiudicanda, debbono radicare un “sospetto di condizionamento riguardante non il singolo giudice, ma l’intero ufficio giudiziario”.
Posto che il connotato di “gravita’” attiene alla “situazione”, questa deve risolversi, inoltre, in un fatto eccezionale, anomalo e di consistenza talmente rilevante da minare, in relazione al “carattere locale” della stessa situazione ambientale, l’imparzialita’ dell’ufficio giudiziario per effetto di contesti extra-giudiziari, ossia esterni alle realta’ processuali in corso di svolgimento.
La rimessione del processo, a seguito della L. 7 novembre 2002, n. 248, prevede che tali situazioni locali si manifestino lungo una triplice, alternativa o concorrente, linea pregiudicante: pregiudizio per la libera determinazione delle persone partecipanti al processo; pregiudizio per la sicurezza o la pubblica incolumita’; ragioni di legittimo sospetto di parzialita’ del giudice. Sotto quest’ultimo profilo, grave deve essere non il legittimo sospetto, ma la situazione locale che ne e’ causa prossima, e, a loro volta, le ragioni di sospetto sono configurabili soltanto in presenza di tale grave situazione locale e quali sue conseguenze in rapporto di diretta incidenza causale (Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003, Berlusconi e altri, Rv. 223639; in motivazione, v. Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Berlusconi e altri, Rv. 255375).
La grave situazione locale che determina la rimessione per un motivo di legittimo sospetto e’, dunque, necessariamente rappresentata da fenomeni esterni alla dialettica processuale con caratteri idonei a porre in concreto, e non virtuale, pericolo la liberta’ di giudizio dell’organo decidente, i cui contegni e provvedimenti in tanto possono rilevare ai fini della rimessione, in quanto dipendano direttamente dalla gravita’ della predetta situazione locale e finiscano per assumere valore significativo di una mancanza di imparzialita’ dell’intero ufficio giudiziario (v., in motivazione, Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, cit.).
Se, come piu’ volte affermato da questa Corte, la richiesta di rimessione deve fondarsi su evenienze gravi e tali da indurre il timore che, a causa di una peculiare situazione ambientale, l’imparzialita’ dei giudici possa essere incisa e menomata, esponendo a rischio il corretto esplicarsi della funzione giurisdizionale, e’ evidente che l’eventuale rimessione non puo’ essere giustificata da “mere congetture, supposizioni o illazioni ovvero da vaghi timori soggettivi dell’imputato” (Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003, dep. 26/03/2003 Berlusconi e altri, Rv. 223638; Sez. 5, n. 22275 del 27/04/2011, Lavarra, Rv. 250575; Sez. 5, n. 41694 del 15/07/2011, Holzeisen, Rv. 251110), ne’ possono costituire turbativa influente sul processo le campagne di stampa, locali o nazionali, ovvero libere manifestazioni di piazza (Sez. 3, n. 45310 del 07/10/2009, Picardi ed altri, Rv. 245215; Sez. 6, n. 11499 del 21/10/2013, dep. 10/03/2014, Guerra e altro, Rv. 260889).
3. Cio’ posto, e’ agevole rilevare come gli episodi indicati nella richiesta siano per lo piu’ di diretta emanazione processuale e siano illogicamente raffigurati, nel loro complesso, quali aspetti sintomatici di una grave situazione locale condizionata da un’attenzione mediatica che ha determinato la mancanza di imparzialita’ dell’organo giudicante, quando invece sarebbe stato necessario dimostrare il contrario, ossia che i su indicati episodi o comportamenti fossero il prodotto causalmente ricollegabile alla riconoscibile presenza di una grave e ineliminabile situazione locale.
Di tale situazione e dell’attualita’ della sua presenza, tuttavia, non e’ offerto alcun reale indice, ne’ e’ dato rinvenirne traccia alcuna nella documentazione allegata alla richiesta di rimessione.
La sottrazione del processo al iudex suspectus non nasce da un mero dubbio di parzialita’, perche’ questo non e’ una condizione produttiva di un contesto ambientale pregiudicante, con le sue necessarie caratteristiche di gravita’ ed attualita’, ma e’ e deve esserne solo un effetto tangibile, con la duplice conseguenza: a) che non e’ consentito capovolgere la fattispecie tipizzata dal legislatore, trasfigurando le ragioni di sospetto del richiedente la rimessione, in se’ considerate, come cause esponenziali della grave situazione ambientale; b) che, diversamente da quanto prospettato nella richiesta, la grave situazione territoriale perturbatrice – la cui incidenza, come si e’ visto, deve necessariamente assumere connotazioni esterne al processo – non puo’ identificarsi con un vago contesto ambientale massmediatico involgente l’ufficio giudiziario interessato dalla eventuale transiatio iudicii, poiche’ il sospetto di parzialita’, ovvero di mancanza di serenita’ da parte del giudice, diviene “legittimo”, cioe’ giustificato, soltanto se discende da una dimostrata situazione di fatto suscettibile di determinare un reale rischio per l’indipendenza di giudizio e la terzieta’ dell’organo giudicante, non certo da errori procedurali o di giudizio del tipo di quelli indicati nella richiesta, che nel nostro ordinamento trovano la loro naturale soluzione dinanzi alla competente sede processuale, individuata con l’attivazione degli ordinari meccanismi di impugnazione degli atti che si ritengono inficiati da tali vizi.
L’eccezionalita’ dell’istituto della rimessione, come si e’ gia’ rilevato, non consente di ritenere sufficiente l’accenno alla eventuale probabilita’ di un turbamento della liberta’ valutativa e decisoria del giudice, fondata sul reiterato riferimento al fatto che il giudizio di rinvio si celebra dinanzi alla stessa Sezione della Corte d’appello che ha gia’ ritenuto sussistente, nel diverso processo celebrato a carico del (OMISSIS) e del (OMISSIS), il profilo piu’ grave (la cd. “vicenda Sgalla”) del reato di falsa testimonianza ascritto anche all’istante.
Siffatta asserzione, per vero, non si colloca al di la’ della generica prospettazione, causalmente irrilevante, di timori o sospetti personali del richiedente, non sostenuti dall’indicazione di fatti oggettivi e muniti di intrinseca capacita’ dimostrativa, laddove nella stessa richiesta di rimessione si riconosce che la su indicata Sezione giudica in una diversa composizione, ponendosi altresi’ in evidenza, nella motivazione del provvedimento di sospensione del processo assunto dalla Corte d’appello di Genova in data 21 gennaio 2016, il fatto che i Magistrati che la compongono “neppure hanno conosciuto dei precedenti procedimenti in qualche modo facenti capo al cosiddetto “G8″”.
L’articolo 45 cod. proc. pen., infatti, richiede la presenza di uno stretto e diretto collegamento causale tra le su indicate situazioni territoriali, estranee alla dinamica del procedimento, e il pregiudizio lamentato quale fonte di inquinamento processuale, la cui oggettiva riconoscibilita’, in quanto tale, si colloca nella fattispecie rimessoria come un necessario post factum rispetto all’emergere di una “grave” situazione locale.
Seguendo lo schema normativo, dunque, e’ solo la presenza – nel caso in esame non dimostrata – di una grave situazione inquinante, radicata nel territorio al di fuori del quadro processuale, a proiettare gli effetti della propria influenza perturbatrice all’interno del processo.
Deve inoltre ribadirsi, alla luce di una costante linea interpretativa tracciata da questa Corte, che gli atti e i comportamenti tenuti dal P.M. possono assumere rilevanza ai sensi dell’articolo 45 cod. proc. pen. solo quando abbiano pregiudicato la libera determinazione delle persone che vi partecipano, ovvero quando abbiano dato origine a motivi di legittimo sospetto sulla imparzialita’ dell’ufficio giudicante presso il quale si svolge il processo oggetto della richiesta di rimessione (Sez. 6, n. 22113 del 06/05/2013, Berlusconi e altri, Rv. 255376; Sez. 6, n. 35779 del 05/06/2007, Rienzi e altri, Rv. 238154).
Evenienze, queste ultime, della cui riconoscibile percezione esterna – anche alla stregua della documentazione allegata alla richiesta in merito alle conseguenze del pubblico dibattito provocato da un’intervista sul “G8” rilasciata da un Magistrato del P.M. in data 8 giugno 2015 – non e’ dato ravvisare alcun elemento dimostrativo, ne’ alcun concreto indice sintomatico.
Analoghe considerazioni devono svolgersi riguardo al contenuto dell’altra intervista al su citato giornalista straniero, apparsa sulle edizioni, nazionale e genovese, del quotidiano “(OMISSIS)” del 14 gennaio 2016, intitolata “Allarme fascismo a Genova”, in cui si fa riferimento a situazioni future e a fatti non ancora accaduti, il cui specifico rilievo nel caso in esame non puo’ sotto alcun profilo essere attualmente dimostrato.
4. Esaminando ora la questione attinente alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia U.E., e’ agevole rilevare come, all’interno della stessa prospettiva ermeneutica tracciata da questa Suprema Corte, ben si collochi il portato dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che in tema di garanzie di imparzialita’ del giudice ha enunciato, in termini del tutto analoghi, il principio secondo cui “i timori sulla mancanza di indipendenza e di imparzialita’ dei giudici nazionali che si basano unicamente sul contenuto delle decisioni giudiziarie pronunciate contro un ricorrente o sulle semplici circostanze che un giudice interno abbia commesso errori di fatto o di diritto e che la sua decisione sia stata annullata da una istanza superiore non possono essere considerati obiettivamente giustificati” (Corte EDU, 08/12/2009, Previti c. Italia, 258).
Ai sensi dell’articolo 6, par. 1, CEDU, infatti, l’equo processo deve svolgersi dinanzi ad un “tribunale costituito per legge”, espressione che riflette un principio basilare dello Stato di diritto, la cui concreta applicazione riguarda non solo la base legale dell’esistenza stessa del tribunale, ma anche il profilo della sua composizione in ogni singola causa (Corte EDU, 08/12/2009, cit., 213). Il tribunale, dunque, proprio per garantire l’obiettivita’ e la trasparenza delle sue decisioni, deve essere conforme alle specifiche regole ad esso applicabili ed alle disposizioni in materia di costituzione delle sue formazioni giudiziarie (Corte EDU, 05/10/2010, Dmd Group a.s. c. Repubblica Slovacca, 58-59), come e’ avvenuto nel caso in esame con riferimento alle su indicate modalita’ di composizione dell’organo giudiziario precostituito per la decisione del processo.
L’articolo 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, inoltre, garantisce l’esistenza nel diritto interno di un ricorso che permetta all’interessato di far valere le garanzie convenzionali, stabilendo che lo stesso deve essere “effettivo”, ossia connotato dai requisiti di accessibilita’ e adeguatezza che lo rendano praticamente efficace: rilevano, a tal fine, le garanzie procedurali minime del contraddittorio, della trasparenza e pubblicita’ degli atti, della certezza dei termini e durata ragionevole, della rappresentanza legale ed assistenza tecnica, nonche’ dell’adeguato accertamento dei fatti contestati, ossia di profili all’evidenza tutelati attraverso i fisiologici meccanismi processuali nel caso in esame impiegati, e che l’istante, per vero, nemmeno contesta ponendone in relazione le possibili implicazioni con lo specifico oggetto della sua richiesta.
L’effettivita’ di un ricorso ai sensi dell’articolo 13 non dipende, ovviamente, dalla certezza o dalla probabilita’ di un esito favorevole per il ricorrente (Corte EDU, GC, 16/02/2000, Amann c. Svizzera, 88-89; Corte EDU, 25/03/1993, Costello- Roberts c. Regno Unito, 40), poiche’ “l’istanza nazionale” evocata dalla disposizione convenzionale deve offrire garanzie di indipendenza e di decisione imparziale di “doglianze sostenibili” nei termini sopra enunciati, disponendo pertanto di un potere di esame obiettivo del ricorso alla luce del sistema convenzionale o delle corrispondenti norme di diritto interno.
Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione alle pertinenti previsioni del diritto Euro-unitario, e in particolare al principio di effettivita’ della tutela giurisdizionale quale principio generale del diritto dell’Unione, che e’ attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, per come richiamata nell’articolo 6, par. 1, TUE con “lo stesso valore giuridico dei trattati” (Corte giustizia, 22/12/2010, DEB, 30-31; Corte giustizia, 01/03/2011, Chartry, 25; Corte giustizia, 28/07/2011, Samba Diouf, 49).
L’articolo 47, che sancisce il diritto a un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale, prevede, nel suo primo paragrafo, che “ogni individuo i cui diritti e le cui liberta’ garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo”.
Nel secondo paragrafo, inoltre, la su citata disposizione afferma che “ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facolta’ di farsi consigliare, difendere e rappresentare”.
Dalle Spiegazioni relative all’articolo 47 si evince che il comma 1 di tale disposizione si basa sull’articolo 13 CEDU e che il secondo comma corrisponde all’articolo 6, par. 1, CEDU, cosi’ garantendo, anche nell’ordinamento dell’Unione, il medesimo contenuto della tutela prevista a livello convenzionale, con il logico corollario che unicamente a tali disposizioni normative occorre fare riferimento (Corte giustizia, 08/12/2011, Chalkor/Commissione, 51), alla luce dei su indicati criteri interpretativi delineati nella giurisprudenza della Corte EDU.
In tal senso, infatti, si e’ orientata la Corte di giustizia (Grande Sezione, 06/11/ 2012, Europese Gemeenschap c. Otis NV ed altri), la quale ha non solo precisato (48) che “il principio della tutela giurisdizionale effettiva enunciato nel suddetto articolo 47 e’ costituito da diversi elementi, ovvero dai diritti della difesa, dal principio della parita’ delle armi, dal diritto di ricorso ad un giudice nonche’ dalla facolta’ di farsi consigliare, difendere e rappresentare”, ma ha altresi’ aggiunto (49), per quanto attiene, in particolare, al diritto di ricorso ad un giudice, che “occorre precisare che, per poter decidere di una contestazione vertente su diritti e obblighi tratti dall’ordinamento dell’Unione in conformita’ con l’articolo 47 della Carta, il “giudice” deve essere competente ad esaminare tutte le questioni di fatto e di diritto pertinenti alla controversia di cui e’ investito”.
Nella medesima linea interpretativa tracciata sia da questa Suprema Corte che dalle Corti Europee deve pertanto inquadrarsi la precisazione dell’elemento normativo della “precostituzione del giudice”, cosi’ come chiaramente individuato nel testo dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, il cui contenuto di garanzia esige che l’organo chiamato a giudicare sia istituito dalla legge preventivamente alla controversia, sulla base di criteri generali ed uniformi, anticipatamente fissati: strettamente connessa a tale principio, del resto, e’ la fondamentale garanzia del “giudice naturale”, che impone, in quanto tale, la predeterminazione del giudice cui e’ demandata la trattazione della causa.
Ne discende che il principio affermato dalla nostra Costituzione presenta connotati identici rispetto a quelli presi in considerazione sia nella dimensione convenzionale che in quella Euro-unitaria, implicando il requisito della costituzione per legge che l’individuazione dell’organo giudicante non sia lasciata al potere esecutivo, ne’ alla stessa attivita’ di auto-organizzazione del potere giudiziario, ma sia oggettivamente predeterminata dalla legge.
Proprio in attuazione di tale principio si pone la regola processuale fisiologicamente applicata nel caso di specie, dettata nel nostro ordinamento dalla disposizione di cui all’articolo 623 c.p.p., comma 1, lettera c), che si fa carico di individuare, con criteri predeterminati, il giudice competente per il nuovo giudizio una volta che la Corte di cassazione abbia disposto l’annullamento con rinvio, stabilendo, in particolare, che il giudice di rinvio sia un giudice diverso da quello che ha emesso il provvedimento impugnato e che, se l’organo e’ collegiale, il rinvio deve essere operato nei confronti di un’altra sezione della stessa Corte o dello stesso Tribunale, o, in mancanza, nei confronti della Corte o del Tribunale piu’ vicini.
V’e’, dunque, nella su richiamata elaborazione giurisprudenziale delle Corti, sia Europee che nazionali, piena coincidenza di valutazioni con specifico riguardo sia ai profili attinenti alle modalita’ di costituzione del giudice – individuati, come si e’ visto, attraverso l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente e indipendente, l’obbligatorieta’ della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del modello procedimentale e l’applicazione in esso di regole giuridiche – sia per quel che attiene alla tipologia e al contenuto delle garanzie contro eventuali pressioni esterne, si’ da poter escludere ogni legittimo dubbio sulla sua imparzialita’.
Alla luce delle su esposte considerazioni, pertanto, deve escludersi la sussistenza dei presupposti per la proposizione del rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia ex articolo 267, par. 1, T.F.U.E..
5. Conclusivamente, la su indicata richiesta deve essere dichiarata inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro duemila.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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