I reati di percosse e di lesioni personali volontarie

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 23 maggio 2019, n. 22534.

La massima estrapolata:

I reati di percosse e di lesioni personali volontarie hanno in comune l’elemento soggettivo, che consiste nella volontà di colpire taluno con violenza fisica, mentre differiscono nelle conseguenze della condotta, atteso che le lesioni superano la mera ed eventuale sensazione dolorosa tipica delle percosse, determinando un’alterazione delle normali funzioni fisiologiche dell’organismo, che richiede un processo terapeutico e specifiche cure mediche.

Sentenza 23 maggio 2019, n. 22534

Data udienza 21 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere

Dott. BELTRANI Sergio – rel. Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 868/2018 CORTE APPELLO di MILANO, del 24/04/2018;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/02/2019 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. COCOMELLO Assunta che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano ha confermato integralmente la sentenza con la quale, in data 23.11.2017, il GUP del Tribunale di Milano aveva dichiarato (OMISSIS), in atti generalizzato, colpevole di tentata rapina aggravata ed altro, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni accessorie, anche in favore della p.c. (OMISSIS), in atti generalizzato.
Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto tempestivamente ricorso, denunziando i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
I/II – violazione dell’articolo 393 c.p. e vizio di motivazione (quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato: l’imputato avrebbe agito per riprendere il telefono cellulare indebitamente sottrattogli);
III – violazione di legge penale (quanto alla mancata riqualificazione come mere percosse dei due delitti di lesioni ascrittigli).
All’odierna udienza pubblica, e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ integralmente inammissibile perche’ le doglianze dell’imputato, riguardanti la qualificazione giuridica dei fatti accertati, sono del tutto prive della specificita’ necessaria ex articolo 581 c.p.p. (reiterando le proprie doglianze in difetto del compiuto riferimento alle contrarie argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato), sollecitano una non consentita rivalutazione di risultanze fattuali gia’ conformemente valorizzate dai due giudici del merito, in difetto di documentati travisamenti, e comunque risultano manifestamente infondate.
La Corte di appello ha, infatti, evidenziato:
– (f. 10 s. della sentenza impugnata) che la circostanza della sottrazione del telefono cellulare all’ (OMISSIS) non e’ dimostrata: le dichiarazioni della p.o. (OMISSIS) evidenziano, piuttosto, che l’imputato aveva chiara consapevolezza del fatto che il telefono cellulare del quale si era impossessato non fosse il suo, avendo insistito con un amico della p.o., tal LEONARDO, perche’ il telefono fosse sbloccato attraverso il contatto con l’impronta digitale del proprietario (cosa che avrebbe dovuto tare in prima persona, se il telefono fosse stato il suo);
– (f. 12 s. della sentenza impugnata) che le accertate condotte violente avevano cagionato lesioni alle pp.oo. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avendo tutte patito “aggressioni all’integrita’ fisica della (propria) persona che richiedono un percorso di guarigione non certo immediato, con una conseguente malattia intesa come alterazione fisica”.
In tal modo, la Corte d’appello si e’ correttamente conformata al tradizionale orientamento di questa Corte (Sez. 1, sentenza n. 7388 del 11/06/1985, Rv. 170189), per il quale i reati di percosse e di lesioni personali volontarie hanno in comune l’elemento soggettivo, che consiste nella volonta’ di colpire taluno con violenza fisica, e differiscono quanto alla materialita’, ovvero in riferimento alle conseguenze che la violenza produce:
– il primo e’ caratterizzato dalla condizione negativa che la violenza non abbia cagionato, al di fuori di una eventuale sensazione dolorosa, effetti patologici costituenti malattia e cioe’ non abbia prodotto alterazioni anatomiche, organiche o funzionali, pur se di modesta entita’;
– diversamente, nel caso in cui, a seguito delle percosse subite, la vittima riporti un trauma contusivo, che determini un’alterazione delle normali funzioni fisiologiche dell’organismo della parte lesa, da richiedere un processo terapeutico con specifici mezzi di cura e appropriate prescrizioni mediche, si configura il delitto di lesioni volontarie.
La declaratoria d’inammissibilita’ totale del ricorso comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha proposto il ricorso determinando la causa d’inammissibilita’ per colpa (Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entita’ della predetta colpa, desumibile dal tenore delle rilevate cause d’inammissibilita’ della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Sentenza con motivazione semplificata.

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