I principi elaborati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di libertà di stabilimento non escludono una disciplina nazionale restrittiva del gioco lecito

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 29 maggio 2019, n. 14697.

La massima estrapolata:

I principi elaborati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di libertà di stabilimento non escludono una disciplina nazionale restrittiva del gioco lecito, fondata sui principi di proporzionalità e su ragioni imperative d’interesse generale o di ordine pubblico. Sono pertanto compatibili con il diritto dell’Unione le restrizioni del legislatore italiano all’attività d’impresa esercente il gioco lecito mediante apparecchi e congegni elettronici, necessariamente connessi alla rete telematica pubblica, di cui è previsto l’affidamento in concessione ai sensi dell’articolo 14 bis, comma 4, del d.P.R. n. 640 del 1972, in quanto tali restrizioni sono giustificate dalla necessità, per un verso, di tutelare l’ordine pubblico, scongiurando, con un sistema di accesso e controllo pubblico capillare, il fiorire del gioco d’azzardo illecito e, per l’altro, di salvaguardare l’interesse generale al contrasto della ludopatia, consentendo all’autorità statuale, per il tramite del rapporto concessorio, di conservare la titolarità e il controllo del denaro riscosso, secondo le regole generali relative al maneggio di denaro pubblico, nel pieno rispetto anche del principio della proporzionalità, trattandosi di controllo periodico, che non intralcia la gestione dell’attività di gioco lecito ed, anzi, è facilitato dalla rete telematica.

Sentenza 29 maggio 2019, n. 14697

Data udienza 4 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez.

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez.

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di Sez.

Dott. TRIA Lucia – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 7637-2015 proposto da:
(OMISSIS) LTD (gia’ (OMISSIS) LTD), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;
– controricorrente –
e contro
PROCURA REGIONALE PRESSO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL LAZIO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1086/2014 della CORTE DEI CONTI – PRIMA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 18/09/2014.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2018 dal Consigliere MARIA ACIERNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO LUCIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Procura regionale presso la Corte dei Conti per il Lazio ha convenuto in giudizio la societa’ ricorrente nella sua qualita’ di concessionaria dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato del servizio pubblico di attivazione e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito con vincite di denaro mediante apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, T.U.L.P.S, per aver constatato l’infruttuosa consumazione del termine di 120 giorni per il deposito dei conti giudiziali, relativi agli esercizi 2004 e 2005 nonche’ i successivi essendo il termine definitivo decorso alla data del 19 maggio 2009. Veniva, pertanto, richiesta la condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie relative ai diversi esercizi ai quali si riferivano le inadempienze e la formazione d’ufficio del conto a spese dell’agente contabile inadempiente.
2. Rigettata l’istanza introduttiva del giudizio, su appello della Procura regionale, resistito con appello incidentale della societa’ ricorrente, la Sezione prima giurisdizionale della corte dei Conti ha affermato che la societa’ ricorrente, quale concessionaria e’ agente contabile e conseguentemente e’ tenuta alla resa del conto giudiziale. La qualificazione giuridica e’ confermata da due pronunce delle S.U. della Corte di Cassazione (n. 13330/2010 e 14891/2010), secondo le quali condizioni sufficienti per la qualificazione di agente contabile, sono il carattere pubblico dell’ente per il quale il soggetto agisce e del denaro o bene oggetto della gestione, mentre e’ irrilevante il titolo in base al quale la gestione e’ svolta.
3. Secondo la Corte dei Conti la societa’ ricorrente, quale concessionaria dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato per l’attivazione e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito, e’ tenuta ad assicurare che la rete telematica affidatale contabilizzi le somme giocate, le vincite e il prelievo erariale unico, nonche’ la trasmissione periodica delle informazioni al sistema centrale. Essa, pertanto, riveste la qualifica di agente per la riscossione tenuto al versamento di quanto riscosso e, sottoposto, al controllo giudiziale degli introiti complessivamente derivanti dalla gestione telematica del gioco lecito compreso il compenso al concessionario. Le attivita’ svolte in virtu’ di una concessione ed in adempimento degli obblighi da essa scaturenti sono in funzione dell’interesse pubblico perseguito, cosicche’ il concessionario e’ organo indiretto dell’Amministrazione medesima.
La sottoposizione al prelievo erariale unico non incide sulla natura di agente contabile perche’ si tratta soltanto di una modalita’ con la quale l’Amministrazione ottiene il versamento da parte del concessionario di somme da calcolarsi pero’ su conti da rendersi da chi rivesta la qualifica di agente contabile per avere maneggio delle somme di denaro su cui deve calcolarsi il prelievo.
Al riguardo e’ univoco l’orientamento della Corte dei Conti. In particolare, in fattispecie analoghe e’ stato affermato che la apprensione di denaro di pertinenza pubblica, quale quello in questione, reso tale dal titolo di legittimazione alla giocata derivante da una prescrizione di legge, (L. n. 236 del 2003 di conversione del Decreto Legge n. 269 del 2003), determina l’obbligo di rendere il conto.
Alla medesima conclusione la Corte dei Conti e’ pervenuta anche in sede di parere reso dalle Sezioni riunite il 31/10/2012, nel quale e’ espressamente affermato che i concessionari della rete telematica rivestono la qualifica di agenti contabili e sono tenuti alla resa del conto giudiziale. In conclusione, non puo’ escludersi la colpa grave per la ritardata ovvero omessa presentazione del conto a fronte di un preciso ordine del giudice e della disponibilita’ dei dati. Nel quantum le sanzioni richieste sono state ridotte in modo significativo in considerazione delle difficolta’ interpretative emerse e delle concorrenti responsabilita’ delle Amministrazioni concedenti che non hanno precisato in sede convenzionale gli obblighi in questione, della mancanza di un modello e dell’inesistenza di casistica.
4. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso la s.r.l. (OMISSIS). Ha resistito con controricorso la Procura generale della Corte dei Conti. La societa’ ricorrente ha depositato memoria. All’udienza del 21/11/2017, e’ stato richiesto all’Ufficio del Massimario un approfondimento tematico focalizzato sulla qualificazione giuridica dell’agente contabile, il regime fiscale applicabile al concessionario del gioco lecito di cui e’ giudizio e la sua compatibilita’ con la configurabilita’ della funzione di agente contabile oltre che una panoramica della Corte di Giustizia sui temi introdotti dalle parti.
Acquisita la relazione richiesta, e’ stata nuovamente fissata udienza pubblica per la discussione della causa. La s.r.l. (OMISSIS) ha depositato nuova memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo viene dedotto il difetto assoluto di giurisdizione per violazione del principio generale di legalita’ per avere ritenuto la sentenza impugnata che la societa’ ricorrente rivestisse la qualifica di agente contabile senza considerare che il prelievo unico erariale e’ un obbligo diretto e proprio del concessionario, quale soggetto passivo d’imposta e non un versamento di denaro altrui, riscosso dal concessionario. Peraltro la societa’ ricorrente e’ tenuta al versamento anche del non riscosso non potendo, pertanto, qualificarsi agente di riscossione. In conclusione alla luce della normativa relativa agli agenti di riscossione deve escludersi che la societa’ ricorrente abbia ricevuto in concessione il maneggio di denaro pubblico o il compito di esigere somme che abbiano tale natura.
Nelle ordinanze delle sezioni unite della Corte di cassazione che hanno affrontato il tema della giurisdizione del giudice contabile, per altre fattispecie di gioco lecito, e’ stato erroneamente ritenuto che le somme riscosse dalle concessionarie dei giochi pubblichi da intrattenimento siano pagate in nome e per conto dello Stato, cosi’ confondendosi la categoria dei giochi in esame con quelli “centralizzati” come il lotto o gli altri a totalizzatore nazionale. L’obbligo della resa del conto vige solo per quest’ultima categoria di giochi ma non invece per quelli, fondati sull’autonomia del concessionario che non percepisce alcun compenso dall’Amministrazione concedente ma realizza un proprio utile d’impresa.
6. Con il secondo motivo viene dedotto il difetto di giurisdizione per violazione del diritto dell’Unione Europea e conseguente eccesso di potere giurisdizionale.
Contrasta con il diritto dell’Unione, l’affermazione, secondo cui la riserva statale in materia di giochi (altrimenti illeciti) e la conseguente affidabilita’ degli stessi a terzi puo’ avvenire solo tramite concessione traslativa di pubblici poteri e funzioni pubbliche cosi’ da rendere automaticamente pubbliche ed appartenenti allo Stato tutte le somme raccolte nell’attivita’ concessoria. La sottoposizione del concessionario al ruolo e alle funzioni di agente contabile ne aggrava i compiti in un modo che non si riscontra in nessun altro paese Europeo ponendosi in contrasto con l’articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (d’ora in avanti TFUE) che vieta le restrizioni ingiustificate alla liberta’ di stabilimento. Secondo la Corte di Giustizia la gestione dei giochi di sorte o d’azzardo e’ un’attivita’ economica, la riserva di Stato si giustifica solo in funzione di ragioni di ordine pubblico e di contrasto alla criminalita’ organizzata. Al riguardo la parte ricorrente richiama la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 6/11/2003 (caso C-243), meglio conosciuta come sentenza Gambelli, nella quale si chiarisce che non e’ possibile addurre finalita’ fiscali o l’esigenza di finanziare attivita’ sociali per giustificare l’adozione di politiche restrittive della liberta’ d’impresa (punto n. 67). Del resto, lo Stato italiano da un lato favorisce il gioco dall’altro vuole limitarne la propensione. Questa contraddizione e’ incompatibile con i motivi di ordine pubblico. Le norme restrittive hanno solo finalita’ fiscali e per questa ragione sono in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia. Risulta, pertanto, evidente, come l’adozione del sistema concessorio per l’attribuzione dello svolgimento dell’attivita’ di operatore di gioco, laddove impone necessariamente l’assunzione del ruolo di “agente contabile” con le relative sanzioni, disincentiva fortemente la liberta’ di stabilimento e si pone in contrasto con i principi del Trattato. Non si puo’ ritenere che il ruolo di agente contabile imposto ai concessionari di gioco dal Regio Decreto n. 827 del 1924, articoli 178 e 610 sia legato a finalita’ di ordine pubblico dal momento che tali norme tutelano soltanto ragioni erariali. Ne consegue la disapplicazione di esse per contrasto con gli articoli 43, 49 e 50 del TFUE.
7. Con il terzo motivo viene dedotta la violazione del principio di personalita’ e diritto di difesa in relazione all’articolo 6 CEDU e agli articoli 47 e 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea per non essere stato dichiarato il difetto di legittimazione della LTD B Plus Gioco Legale (attualmente denominata (OMISSIS)), la quale nel periodo oggetto di contestazione non era titolare del rapporto concessorio. Viene inoltre rilevato che il predetto principio della personalita’ proprio della responsabilita’ erariale non puo’ essere esteso alle persone giuridiche che subentrano in un rapporto concessorio, precedentemente garantito da terzi soggetti. Sotto quest’ultimo profilo risulta violato l’articolo 1 del Protocollo Cedu. La cd. successione a titolo universale non e’ idonea a trasferire la responsabilita’ erariale ove si rilevi che tale responsabilita’ e’ al pari di quella penale indisponibile ed intrasferibile.
8. Deve procedersi in primo luogo all’esame del terzo motivo, ponendosi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva in posizione di priorita’ logica rispetto all’assoggettabilita’ della (OMISSIS) al giudizio di conto. La censura e’ inammissibile, trattandosi, per uniforme orientamento delle Sezioni Unite, di un profilo da collocarsi comunque all’interno della giurisdizione adita, rientrante tra gli errores in procedendo (S.U. 20413 del 2015), ove si contesti la legitimatio ad processum, o di un profilo attinente al merito, ove si contesti la legitimatio ad causam ovvero la titolarita’ attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio. Nella specie viene prospettata una interpretazione della disciplina processuale e sostanziale che regola la successione a titolo universale o particolare nelle societa’, ovvero una contestazione strettamente inerente il merito della causa anche in relazione alla natura personale ed intrasferibile della responsabilita’ erariale, comunque riconducibile all’imputabilita’ soggettiva degli addebiti contestati alla societa’ ricorrente. L’inammissibilita’ della medesima censura, ugualmente prospettata dalla s.r.l. (OMISSIS), e’ stata gia’ affermata con la sentenza delle S.U. n. 10774 del 2018, in un giudizio riguardante la configurabilita’ della responsabilita’ per danno erariale (e la conseguente giurisdizione della Corte dei Conti) derivante dall’omessa attivazione della rete telematica richiesta dalla legge per la gestione del gioco lecito.
9. L’esame del primo motivo richiede una sintetica ricostruzione del quadro legislativo inerente la fattispecie dedotta in giudizio, in relazione all’attivita’ di gestione mediante rete telematica del gioco lecito realizzato con apparecchi e video terminali collocati presso esercizi commerciali. La L. n. 289 del 2002, articolo 22recante il titolo “Misure di contrasto dell’uso illegale di apparecchi e congegni di divertimento e intrattenimento” attribuisce all’esclusiva potesta’ statale la delimitazione dell’ambito del gioco lecito mediante “apparecchi e congegni d’intrattenimento e divertimento” stabilendo regole imperative in relazione alla “produzione, l’importazione e la gestione”. Con riferimento a tale ultima attivita’ e’ imposto un regime di rigido assoggettamento all’autorizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, sulla base di regole tecniche adottate d’intesa con il Ministero degli Interni. L’autorizzazione puo’ essere rilasciata soltanto previa verifica della conformita’ degli apparecchi e dei congegni all’idoneita’ al gioco lecito e con l’obbligo di realizzare nei tempi previsti dalla legge un collegamento in rete che consenta la gestione telematica degli apparecchi ed un controllo continuativo ed in tempo reale della liceita’ dell’attivita’ svolta. La ratio della scelta di una potesta’ statuale esclusiva ed accentrata del gioco lecito consiste infatti, come indicato nell’incipit della norma, nel contrasto dell’attivita’ criminale legata a tale tipologia di gioco d’azzardo e nel tenere sotto controllo e limitare e sconfiggere la ludopatia.
9.1. E’ di particolare rilievo la cornice legislativa all’interno della quale si colloca il rapporto concessorio dedotto nel presente giudizio. La societa’ ricorrente e’ concessionaria di un’attivita’ che non ha ne’ natura di servizio pubblico ne’ assolve una funzione neanche latu sensu pubblicistica che ne rimane attratta proprio al fine di scongiurarne la diffusione illegale, di modo che non puo’ essere esercitata al di fuori del rigido perimetro della disciplina legislativa statale. La liceita’ di questa tipologia di gioco d’azzardo e’ in conclusione subordinata alla gestione mediante la rete telematica di verifica e controllo continuativo dell’esercizio da parte dell’autorita’ statuale. Tale configurazione reticolare esclude ogni autonomia nella gestione del denaro proveniente dalle giocate perche’ si fonda sulla necessita’ della trasparenza di ogni passaggio della gestione che determini entrata (giocate) od uscita (vincite) del denaro, cosi’ come degli altri oneri (canoni, etc.). Queste premesse trovano piena conferma nella disciplina legislativa degli apparecchi per gioco lecito regolata dall’articolo 110, comma 6, lettera b) e comma 7 T.U.L.P.S.: ” si considerano apparecchi o congegni per gioco lecito: quelli, facenti parte della rete telematica di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, articolo 14-bis, comma 4, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, da adottare ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, articolo 17, comma 3, sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato: 1) il costo e le modalita’ di pagamento di ciascuna partita;2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;3) l’importo massimo e le modalita’ di riscossione delle vincite; 4) le specifiche di immodificabi’lita’ e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi; 5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi; 6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera” (articolo 110, comma 6, lettera b).
9.2. Gli apparecchi ed i congegni per il gioco lecito si attivano, come afferma la norma, solo in presenza di un collegamento con la rete telematica. L’esercizio della gestione e’ conformata alle regole contrassegnate dai numeri da 1 a 6. Il n. 4 prescrive che la normativa regolamentare deve indicare le specifiche d’immodificabilita’ e sicurezza in relazione al sistema di rete telematica alla quale gli apparecchi sono connessi. L’assunzione del modulo concessorio costituisce, di conseguenza, in questo peculiare rapporto giuridico, lo strumento mediante il quale si attua l’esercizio di una funzione che, nei rigidi limiti della liceita’, l’autorita’ statuale ha assunto sotto il suo diretto controllo mediante la rete telematica, senza la quale, come stabilito nell’articolo 110 T.U.L.P.S., citato comma 6 l’attivita’ non si puo’ esercitare in quanto illecita. La previsione di una remunerazione variamente modulata ma rigidamente predeterminata costituisce la conseguenza della prefigurazione di un rapporto concessorio ed impone la individuazione di un sistema di prelievo fiscale.
Come puo’ rilevarsi dall’esame dell’articolo 110, comma 6, il sistema fiscale di prelievo originariamente non era esattamente corrispondente al prelievo erariale unico trattandosi di un’imposta sul trattenimento la cui base imponibile era stabilita forfetariamente con decreto del Ministro delle Finanze in relazione alle caratteristiche tecniche degli apparecchi. A partire dal 1/1/2003 e’ stato introdotto il P.R.E.U. (prelievo erariale unico) determinato sulla base dell’imponibile medio forfetario indicato nel comma 2 e modificabile periodicamente con Decreto Ministeriale Finanze e dell’Economia (articolo 14 bis sopracitato, u.c.).
Di centrale rilievo e’ la previsione anche nella norma relativa all’imposizione fiscale dell’obbligo imperativo di procedere all’attivazione della rete telematica, al fine di porre l’Amministrazione statale concedente in condizione di gestire telematicamente, mediante i concessionari, selezionati con procedure ad evidenza pubblica l’attivita’ del gioco lecito.
9.3. Alla luce della disciplina legislativa sopraillustrata che pone in luce la diretta ed esclusiva attribuzione statuale del gioco lecito realizzato con apparecchi e congegni collegati all’autorita’ statuale concedente con rete telematica, puo’ escludersi, come gia’ affermato dalle S.U., in fattispecie del tutto analoga, con le pronunce n. 13330 del 2010 e 14891 del 2010, che nella specie i concessionari non maneggino denaro pubblico. In particolare, e’ stato affermato che le societa’ concessionarie in qualita’ di titolari nei nulla osta all’esercizio degli apparecchi e congegni per il gioco lecito devono assicurare la contabilizzazione delle somme giocate, delle vincite e del prelievo unico erariale nonche’ la trasmissione periodica e senza soluzione di continuita’ delle informazioni al sistema centrale (S.U. 13330 del 2010). Questo sistema di collegamento diretto, rivolto in particolare al flusso di denaro, riscosso in conseguenza del gioco lecito, ed alle sue destinazioni (vincite, canone di concessione, deposito cauzionale, obbligazioni tributarie, compenso del concessionario) cosi’ come previste dalla legge, ne evidenzia la diretta appartenenza pubblica. Come meglio precisato dalle S.U. nell’ordinanza n. 14891 del 2010 questa conclusione non e’ contraddetta dall’adozione del regime fiscale previsto dal legislatore perche’ questo peculiare profilo non incide sull’obbligo del concessionario di assicurare mediante la conduzione operativa della rete telematica la contabilizzazione delle somme giocate, delle vincite e del P.R.E.U. La natura tributaria dell’imposta (Corte Cost. 334 del 2006) e la qualificazione del concessionario come soggetto passivo d’imposta (L. n. 296 del 2006, ex articolo 1, comma 81) operano limitatamente al rapporto di natura tributaria, senza incidere sulla funzione di agente della riscossione di denaro pubblico derivante dalla configurazione complessiva dell’attivita’ di gioco lecito mediante apparecchi o congegni elettronici, caratterizzata dalla predeterminazione dettagliata delle modalita’ di svolgimento dell’attivita’ e della funzione del concessionario rispetto agli esercenti, in particolare sotto il profilo del controllo periodico della destinazione delle somme riscosse. Solo all’interno di queste rigide maglie si puo’ esercitare un’attivita’ che ove non fosse diretta emanazione dell’autorita’ statuale e non fosse soggetta al suo diretto e continuativo controllo sarebbe illecita.
In conclusione il primo motivo non e’ fondato.
10. Infondato e’ anche il secondo motivo. Dalla stessa prospettazione della parte ricorrente emerge che il diritto dell’Unione Europea ed in particolare i principi, direttamente applicabili negli ordinamenti degli Stati membri, elaborati dalla Corte di giustizia proprio in relazione alla liberta’ di stabilimento (articolo 49 T.F.U.E.) comparata alle legislazioni nazionale in tema di gioco lecito, non esclude una regolamentazione restrittiva ove fondata su principi di proporzionalita’, su ragioni imperative d’interesse generali o di ordine pubblico. Al riguardo si richiamano i principi non soltanto della sentenza Gambe//i (CGCE 6/11/2003 C-243/01) ma anche quelli analoghi contenuti nelle sentenze Placanica (6/3/2007 C-338/04; C-359-360/04) e Costa Cifone (16/2/2012 C-72/2010; C-77/2010).
Le sentenze riguardanti attivita’ di gioco mediante congegni od apparecchi elettronici analoghi a quelli dedotti nel presente giudizio hanno affrontato la compatibilita’ con i principi del diritto dell’Unione Europea in tema di liberta’ di stabilimento e di concorrenza in relazione a norme penali restrittive dell’attivita’ in questione ed in relazione a limitazioni all’accesso ai procedimenti ad evidenza pubblica per l’ottenimento delle concessioni a societa’ straniere che verosimilmente operavano sul mercato italiano prima della regolazione legislativa. Non si trattava d’imprese che erano incardinate, in virtu’ del rapporto concessorio nel complesso sistema di funzionamento e controllo del gioco lecito. Tuttavia, a parte la diversita’ delle fattispecie, i principi affermati dalla Corte di Giustizia trovano puntuale applicazione nella legislazione italiana sopraesaminata, dal momento che le cd. restrizioni all’attivita’ d’impresa consistente nella gestione del gioco lecito mediante apparecchiature e congegni elettronici sono giustificate proprio dalla necessita’ di tutelare l’ordine pubblico per un verso, scongiurando, mediante un sistema di accesso e controllo pubblico capillare, il fiorire del gioco d’azzardo illecito e, per l’altro, di garantire l’interesse generale di primario rilievo di contrastare la ludopatia. Queste sono le finalita’ espresse della previsione del sistema, fondato sul rapporto concessorio, di esercizio di un’attivita’ di cui l’autorita’ statuale vuole conservare la diretta titolarita’ e controllo del maneggio del danaro riscosso, mediante la rete telematica, e in virtu’ delle regole generali riguardanti il denaro di appartenenza pubblico l’obbligo di rendiconto. Tale obbligo corrisponde pienamente al canone della proporzionalita’, trattandosi di un controllo periodico che non intralcia la gestione dell’attivita’ di gioco lecito e che dovrebbe essere facilitato dalla rete telematica.
11. In conclusione il ricorso proposto deve essere rigettato. non si deve provvedere alla regolazione delle spese di lite atteso che il controricorrente e’ la Procura generale della Corte dei Conti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Sussistono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

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