Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16135.
La massima estrapolata:
I buoni pasto non sono un elemento della retribuzione “normale”, ma un’agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, pertanto non rientranti nel trattamento retributivo in senso stretto; sicché, il regime della loro erogazione può essere variato anche per unilaterale deliberazione datoriale, in quanto previsione di un atto interno, non prodotto da un accordo sindacale
Ordinanza 28 luglio 2020, n. 16135
Data udienza 4 dicembre 2019
Tag/parola chiave: Ricorso in cassazione – Difensore – Procura speciale – Conferimento a margine del ricorso introduttivo – Inammissibilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 483-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., (gia’ (OMISSIS) (OMISSIS)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 76/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 30/06/2015, R.G.N. 178/2012;
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza 30 giugno 2016, la Corte d’appello di Campobasso rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) avverso la sentenza di 1 grado, di reiezione della sua domanda di accertamento di illegittimita’ dell’unilaterale deliberazione della datrice (OMISSIS) ( (OMISSIS)) s.p.a. dell’erogazione dei buoni pasto dal (OMISSIS) e di condanna al pagamento delle relative differenze retributive;
2. avverso la predetta sentenza il lavoratore ricorreva per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’articolo 380bis 1 c.p.c., cui la societa’ resisteva con controricorso;
3. il P.G. rassegnava le conclusioni ai sensi dell’articolo 380bis 1 c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2099, in combinato disposto con l’articolo 36 Cost., articoli 1373, 1374 c.c., per la ritenuta erronea unilaterale revocabilita’ dei c.d. buoni pasto, per la loro funzionalita’ ad un rapporto contrattuale integrativo, componente della retribuzione (anche per la “legittima aspettativa” dei lavoratori a seguito di una reiterata e generalizzata prassi aziendale dal (OMISSIS)) e pertanto soggetti al principio di irriducibilita’ della stessa (primo motivo);
2. esso e’ infondato;
2.1. la Corte territoriale ha correttamente interpretato la natura dei buoni pasto alla stregua, non gia’ di elemento della retribuzione “normale”, ma di agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale (Cass. 21 luglio 2008, n. 20087; Cass. 8 agosto 2012, n. 14290; Cass. 14 luglio 2016, n. 14388), pertanto non rientranti nel trattamento retributivo in senso stretto (Cass. 19 maggio 2016, n. 10354; Cass. 18 settembre 2019, n. 23303);
sicche’, il regime della loro erogazione puo’ essere variato anche per unilaterale deliberazione datoriale, in quanto previsione di un atto interno, non prodotto da un accordo sindacale;
3.2. l’interpretazione contrapposta dal lavoratore, di erogazione dei buoni pasto “in funzione di un rapporto contrattuale”, anche sulla base di una reiterazione nel tempo tale da integrare una prassi aziendale (pure viziata da una connotazione di novita’, non parlandone la sentenza impugnata, ne’ avendone il ricorrente offerto indicazione di una sua prospettazione negli atti dei precedenti gradi), non inficia il presupposto della natura non retributiva dell’erogazione;
3. il lavoratore deduce poi violazione e falsa applicazione dell’articolo 21/B del CCNL autoferrotramvieri del 23 luglio 1976, per la non corretta distinzione tra buoni pasto, erogati a tutti i lavoratori, e indennita’ di “concorso pasti”, riservata unicamente ai dipendenti fuori del comune di residenza nelle ore dei pasti (secondo motivo);
3.1. esso e’ inammissibile;
3.2. la censura e’ viziata da un’evidente carenza di interesse, per inidoneita’ a scalfire la ratio decidendi (ai due ultimi capoversi di pg. 4 della sentenza), oggetto del primo motivo, in quanto riguardante un profilo argomentativo avente sostanziale natura di obiter dictum, ininfluente sul dispositivo della decisione (Cass. 18 dicembre 2017, n. 30354; Cass. 25 settembre 2018, n. 22782);
4. le superiori argomentazioni comportano il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione in favore dei difensori antistatari secondo la loro richiesta e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori anticipatari.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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