Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 dicembre 2022| n. 36595.

Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002

Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002 sono stati introdotti in attuazione della direttiva 2000/35/CE, al fine di svolgere una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti dei debitori inadempienti al pagamento del corrispettivo nelle transazioni commerciali, definite dall’art. 2 d.lgs. cit. Anche se il “solvens” è un imprenditore commerciale, non possono, pertanto, essere conteggiati quando è proposta l’azione di ripetizione dell’indebito, per mezzo della quale è semplicemente chiesto in restituzione quanto sia stato pagato in assenza di una causa giustificativa.

Ordinanza|14 dicembre 2022| n. 36595. Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002

Data udienza 3 novembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Banca – Illegittimità degli addebiti per interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto – Contratti swap – Nullità ex art. 1418 cod. civ. per indeterminabilità dell’oggetto – Mancata specificazione del premio dell’opzione e dell’importo della commissione (c.d. costi occulti) – Interessi ex d.lgs. n. 231/2002 – Natura moratoria – Finalità – Transazione commerciali – Nozione – Automaticità dei termini legali di pagamento – Azione di ripetizione dell’indebito – Inapplicabilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11512/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS));
– controricorrente –
nonche’ contro
(OMISSIS) SPA;
– intimato –
sul controricorso incidentale proposto da:
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente incidentale –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 300/2018 depositata il 15/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/11/2022 dal Consigliere FIDANZIA ANDREA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Mantova, sulla domanda proposta da (OMISSIS) s.p.a nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., finalizzata a far accertare l’illegittimita’ degli addebiti per interessi anatocistici e commissioni di massimo scoperto operati sul conto corrente bancario n. (OMISSIS) acceso dalla societa’ attrice presso la filiale di (OMISSIS) della (allora) (OMISSIS), nonche’ la nullita’ dei contratti in prodotti derivati stipulati inter partes nelle date del 18.1.2001, 1.2.2002, 7.5.2003, 24.1.2005 e 23.1.2006, ha condannato il predetto istituto al pagamento a favore di (OMISSIS) s.p.a della somma di Euro 525.285, oltre accessori di legge e spese.
La Corte d’Appello di Brescia, con sentenza parziale n. 797/2016 del 30.8.2016, in parziale accoglimento dell’appello principale di (OMISSIS) s.p.a. (subentrata al precedente istituto di credito) e dell’appello incidentale di (OMISSIS) s.p.a., e in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Mantova, ha respinto le questioni di invalidita’ dei contratti derivati di data 1 febbraio 2002, 7 maggio 2003, 24 gennaio 2005 e 23 gennaio 2006 ed ha dichiarato dovuti da (OMISSIS) s.p.a. sull’importo determinando a credito di (OMISSIS) s.p.a., nella prosecuzione del giudizio di appello, gli interessi ex Decreto Legislativo n. 231 del 2002.
Il giudice di secondo grado non ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado, che aveva ritenuto che i singoli contratti swap richiedessero la forma scritta ad substantiam, osservando che un tale requisito di forma, richiesto per il contratto quadro, non fosse estendibili ai singoli ordini, per i quali era ammessa anche la chiamata telefonica.
La Corte d’Appello ha disatteso la tesi della societa’ correntista secondo cui la nullita’ del contratto swap del 18 gennaio 2001 (l’unico stipulato in difetto di contratto quadro) avrebbe dato luogo alla nullita’ dei contratti derivati successivi, ritenendo insussistente il dedotto collegamento negoziale tra i distinti negozi.
Il giudice d’appello ha ritenuto, altresi’, insussistente la contestazione mossa alla banca di aver violato l’obbligo di agire con buona fede e correttezza, motivata dall’asserita mancanza di illustrazione del significato delle singole operazioni di investimento, osservando che tale assunto si poneva in contrasto con la qualita’ di operatore qualificato attribuita alla (OMISSIS) s.p.a..
Infine, la Corte d’Appello ha concluso, rilevando che la qualita’ di operatore qualificato della correntista “rende palese anche l’inconsistenza delle doglianze riguardanti la pretesa inidoneita’ degli strumenti finanziari de quibus agli scopi per i quali erano stati decisi gli investimenti, la prospettata vendita di aliud pro alio, la mancanza dell’accordo e l’indeterminatezza dell’oggetto.
Con sentenza definitiva n. 300/2018 la Corte d’Appello di Brescia, ferme le statuizioni di cui alla sentenza parziale n. 797/2016, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato (OMISSIS) s.p.a. a pagare a (OMISSIS) s.p.a. la somma di Euro 134.889,75, oltre interessi ex Decreto Legislativo n. 231 del 2002 dalla data della domanda.
Avverso entrambe le sentenze della Corte d’Appello di Brescia (sia la parziale che quella definitiva) ha proposto ricorso per cassazione principale la (OMISSIS) s.p.a., affidandolo a quattro motivi.
La ricorrente ha depositato la memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..
(OMISSIS) s.p.a. ha resistito in giudizio con controricorso, depositando, altresi’, ricorso incidentale con un unico motivo.

Gli interessi moratori disciplinati dal d.lgs. n. 231 del 2002

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale la (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto la violazione del giudicato interno e degli articoli 342 e 112 c.p.c. in relazione alla dichiarata nullita’, da parte della sentenza di primo grado dei contratti di swap conclusi in data 1.2.2002, 7.5.2003, 24.1.2005 e 23.1.2006, nonche’ la nullita’ della sentenza parziale.
Allega, in particolare, la societa’ correntista che ne’ nei primi due motivi d’appello, ne’ in altra parte dell’atto di appello, la banca ha censurato la sentenza di primo grado, per avere la stessa ritenuto nulli i singoli contratti del 1.2.2002, 7.5.2003, 24.1.2005 e 23.1.2006 in quanto non sottoscritti dalla banca. Non essendo stata, pertanto, tale statuizione in alcun modo censurata, la stessa contratti, l’appellante (OMISSIS) s.p.a. si era limitata ad affermare la non necessita’ del contratto quadro senza soffermarsi sulla forma richiesta per i singoli contratti.
2. Il motivo e’ infondato.
Deve essere preliminarmente disattesa l’eccezione sollevata dalla banca con riferimento a tutti i motivi (compreso quindi il primo), con cui tale istituto deduce che, richiamando la sentenza definitiva in piu’ punti le statuizioni della sentenza parziale con riferimento alle tematiche risolte in quest’ultima, (OMISSIS) s.p.a. avrebbe dovuto impugnare entrambe le sentenze, parziale e definitiva.
Ad avviso della banca ricorrente, non e’ neppure possibile mettere in relazione i motivi del ricorso (e quindi anche il primo) con l’assunto con cui (OMISSIS), a pag. 31 del ricorso ha chiesto “..in accoglimento dei sopra esposti motivi di ricorso voglia cassare la sentenza parziale n. 797/2016 e, per l’effetto, la sentenza definitiva n. 300/2018 che della prima e’ mera conseguenza in relazione al “quantum” dovuto dalla banca a titolo restitutorio e/o risa rcitorio…”.
In sostanza, con la predetta espressione (OMISSIS) non avrebbe impugnato la sentenza definitiva, con la conseguenza che tutto cio’ che in essa e’ contenuto deve considerarsi come passato in giudicato.
Tale eccezione non puo’ trovare accoglimento con riferimento ad ogni motivo in cui e’ stata sollevata.
Non vi e’ dubbio che, come emerge dalla lettura delle prime due pagine del ricorso per cassazione, con tale atto la (OMISSIS) s.p.a. ha impugnato entrambe le sentenze. E’ evidente che, avendo la Corte d’Appello risolto tutte le questioni giuridiche con la sentenza parziale, la societa’ correntista ha indirizzato, in primis, le proprie censure nei confronti di tale sentenza. Tuttavia, proprio in virtu’ dello stretto legame esistente tra la sentenza definitiva a quella parziale, essendosi la prima limitata alla mera quantificazione delle somme i cui titoli sono stati riconosciuti con la sentenza non definitiva, la richiesta formulata dalla (OMISSIS) a pag. 31 del ricorso, con cui e’ stata chiesta la cassazione della sentenza definitiva n. 300/2018 “come mera conseguenza in relazione al “quantum” dovuto dalla banca a titolo restitutorio e/o risarcitorio”, e’ assolutamente idonea a far ritenere svolta l’impugnazione anche nei confronti della sentenza definitiva.
Cio’ premesso, il primo motivo non e’ fondato atteso che, come evidenziato dalla Banca nel controricorso (pag. 23, 24 e 25), in cui sono state riportate parti virgolettate dal suo atto di appello, lo stesso istituto di credito aveva censurato la statuizione del giudice di primo sul punto relativo alla forma scritta dei singoli ordini (anche se non specificamente per difetto di firma bilaterale, ma non ha importanza, perche’ la negazione della necessita’ della forma scritta vale a contestare qualsiasi statuizione di difetto di tale forma).
3. Con il secondo motivo e’ stata dedotta la violazione degli articoli 1321, 1322, 1323 e 1362 c.c., in relazione alla negata sussistenza del collegamento negoziale tra tutti i contratti swap oggetto di causa.
Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello, nell’escludere il collegamento negoziale tra i diversi contratti swap sul rilievo che si trattava di “stipulazioni cui si riferiscono autonomi processi volitivi, evidentemente (alla stregua della stessa narrativa dell’atto di citazione) maturati in relazione all’evolversi della situazione del mercato”, ha fatto erronea applicazione dei criteri di ermeneutica posti dall’articolo 1362 c.c., per il quale avrebbe dovuto ricercare la effettiva volonta’ delle parti sulla base di altri elementi.
La Corte avrebbe dovuto valutare le fattispecie negoziali non gia’ separatamente, ma unitariamente, essendosi trattato di un rapporto ancorche’ sviluppatosi in fasi diverse.
4. Il motivo e’ inammissibile.
Va, in primo luogo, osservato che la censura secondo cui sarebbe stato violato l’articolo 1362 c.c. (criterio della ricerca della comune volonta’ delle parti) e’ generica: la ricorrente non ha neppure illustrato le argomentazioni in base alle quali ha dedotto la violazione di tale criterio, limitandosi ad indicare in astratto i presupposti elaborati dalla giurisprudenza per la configurabilita’ di un collegamento negoziale e deducendo che, nel caso di specie, non erano stati applicati. La ricorrente non si e’ neppure soffermata sul contenuto nelle singole clausole dei contratti swap da cui emergerebbe la volonta’ delle parti di un collegamento negoziale, allegando genericamente che l’up front del successivo contratto swap era pari alla perdita maturata da quello precedente risolto. Tuttavia, non vi e’ dubbio cosi’ facendo, pero’, oltretutto introduce in causa elementi di fatto che non risultano dalla sentenza impugnata, senza neppure articolare una censura ex articolo 360 c.p.c., n. 5.
Va, inoltre, osservato che e’ stato anche recentemente affermato da questa Corte (vedi Cass. 22353/2021) che l’esistenza di collegamento negoziale forma oggetto di un apprezzamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimita’ ove sorretto da un’adeguata motivazione ed immune da vizi logici e giuridici.
La societa’ ricorrente, nel caso di specie, non ha neppure dedotto il vizio di motivazione (ammissibile nei ristretti limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
5. Con il terzo motivo e’ stata dedotta la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 per motivazione apparente e violazione dell’articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulle contestazioni relative all’inadempimento degli obblighi di buona fede e correttezza e dello agire nell’interesse del cliente nella vendita degli swap.
Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello ha rigettato le sue contestazioni relative all’inadempimento del dovere di buona fede, correttezza e trasparenza posto dall’articolo 21 T.U.F. sul rilievo che “la dedotta mancanza di illustrazione del significato delle operazioni di investimento de quibus ” sarebbe generica e “in contrasto con la qualita’ di operatore qualificato definitivamente attribuita a (OMISSIS)”.
In realta’, osserva la ricorrente, la dedotta violazione dell’articolo 21 TUF era stata contestata in relazione al diverso fatto che la banca, allorche’ ha richiesto la sottoscrizione del contratto normativo del 19.1.2001 nel quale era contenuta la dichiarazione di “operatore qualificato”, non ha in alcun modo reso edotta la cliente delle gravi conseguenze, anche in termini di minori protezioni, che da tale dichiarazione derivavano.
La Corte d’Appello avrebbe dovuto quindi decidere se l’omessa informativa da parte della banca alla cliente, all’atto della sottoscrizione del contratto contenente la dichiarazione di operatore qualificato, in ordine alle conseguenze derivanti da tale sottoscrizione, integrasse o meno violazione del dovere di buona fede, correttezza e trasparenza.
La motivazione fornita dalla Corte d’Appello, che non ha colto l’oggetto della contestazione della ricorrente integra quindi una motivazione meramente apparente.
6. Il motivo e’ inammissibile.
Va osservato che se, da un lato, la ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, ha riportato nel ricorso (pag. 26) l’estratto del proprio atto di citazione in primo grado (a pag. 14) nel quale aveva effettivamente dedotto la violazione dell’articolo 21 TUF nei termini sopra illustrati (ovvero che la banca non avrebbe spiegato alla correntista il significato e le conseguenze della sottoscrizione della dichiarazione di “operatore qualificato”), dall’altro, la stessa (OMISSIS) non ha dimostrato di aver riproposto le stesse contestazioni nella comparsa di costituzione in appello. In particolare, viene richiamata la pag. 32 di quest’ultimo atto processuale (vedi pag. 22 e la prima meta’ di pag. 23 del ricorso per cassazione in cui vengono riportati gli estratti virgolettati della comparsa in appello) nel quale la ricorrente non lamentava la violazione dell’articolo 21 T.U.F. per non essere stato edotta del significato e delle conseguenze della sottoscrizione della dichiarazione di operatore qualificato. La ricorrente si lamentava invece del fatto che, a suo avviso, qualora l’intermediario finanziario offriva al cliente uno strumento a struttura complessa per far fronte a specifiche esigenze (copertura del rischio di oscillazione delle valute) avrebbe dovuto curare l’interesse dello stesso cliente ad ottenere un prodotto effettivamente adatto alle sue esigenze e che non procurasse effetti negativi e dannosi. Dunque, la contestazione svolta dalla (OMISSIS) in secondo grado era di diverso tenore rispetto a quella svolta in primo grado, nei termini sopra illustrati, avendo ad oggetto la non idoneita’ dei prodotti finanziari (swap) che la banca aveva concretamente procurato alla correntista. Al cospetto di tale contestazione, la risposta della Corte d’Appello secondo cui “la dedotta mancanza di illustrazione del significato delle operazioni di investimento de quibus” – ovvero i contratti swap di cui e’ causa – era generica e “in contrasto con la qualita’ di operatore qualificato definitivamente attribuita a (OMISSIS)”, indipendentemente dalla correttezza o meno, non e’ affatto meramente apparente, ma pertinente.
7. Con il quarto motivo del ricorso principale e’ stata dedotta la falsa applicazione dell’articolo 31 reg. consob n. 11522/98 con riferimento alle contestazioni relative alla violazione dei doveri di correttezza, buona fede e trasparenza, alla inidoneita’ degli swap allo scopo che avrebbero dovuto assolvere, alla mancanza dell’accordo e all’indeterminatezza dell’oggetto.
Deduce la ricorrente che la Corte d’Appello, affermando che la qualita’ di operatore qualificato della (OMISSIS) “rende palese anche l’inconsistenza delle doglianze riguardanti la pretesa inidoneita’ degli strumenti finanziari de quibus agli scopi per i quali erano stati decisi gli investimenti, la prospettata vendita alioud pro alio, la mancanza dell’accordo e l’indeterminatezza dell’oggetto” e’ incorso nella violazione dell’articolo 31 norma cit. atteso che l’intermediario e’ tenuto ad osservare gli obblighi fondamentali e le prescrizioni normative indipendentemente dal fatto che l’investitore sia o meno “operatore qualificato”.
8. Il motivo e’ fondato.
Va osservato che la societa’ correntista, in ossequio al principio di autosufficienza, ha documentato che sia nell’atto di citazione in primo grado, sia nella comparsa di costituzione in appello (vedi pagg. 28-30 ricorso) aveva lamentato che i prodotti finanziari derivati acquistati erano delle mere scommesse speculative ed erano inidonei e non avevano nulla a che fare con il fine di garantire l’azienda dai maggiori costi in derivanti dal rialzo dei tassi bancari, con la conseguenza che il loro acquisto integrava una vendita “aliud pro alio”. Inoltre, i contratti swap conclusi si palesavano nulli ex articolo 1418 c.c. per indeterminabilita’ dell’oggetto, non essendo stato specificato ne’ il premio dell’opzione ne’ l’importo della commissione (c.d. costi occulti).
Non vi e’ dubbio che la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare la validita’ o meno dei contratti derivati stipulati dalle parti e/o comunque la fondatezza delle contestazioni di inadempimento mosse alla banca, atteso che la qualita’ di “operatore qualificato” dell’investitore esonera l’intermediario solo dagli specifici obblighi informativi prescritti dagli articoli da 27 a 30 del regolamento consob vigente ratione temporis, ma non lo esonera certo dall’obbligo di adempiere le proprie obbligazioni (cio’ con riferimento alla contestazione di vendita “aliud pro alio”) o di proporre all’investitore la stipula di contratti swap validi.
9. Con un unico articolato motivo del ricorso incidentale (OMISSIS) s.p.a. ha dedotto la violazione dell’articolo 1284 c.c., degli articolo 10, 11, 12 disp. att. c.c., del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, articolo 17 comma 1; del Decreto Legislativo n. 231 del 2002, dell’articolo 342 c.p.c..
Lamenta la banca che la (OMISSIS), dopo aver richiesto in atto di citazione la condanna della banca al pagamento degli interessi Decreto Legislativo n. 231 del 2002, solo con la comparsa conclusionale di primo grado ha illustrato tale domanda, con conseguente inammissibilita’ di tale domanda.
Quanto al merito, deduce la banca che l’ipotesi di restituzione dell’indebito non rientra nella tutela del Decreto Legislativo n. 231 del 2002 anche adottando una nozione piu’ allargata di prestazione di servizi dietro il pagamento in un prezzo.
10. Il motivo e’ fondato.
Va preliminarmente osservato che l’eccezione di inammissibilita’ della domanda di interessi ex Decreto Legislativo n. 231 del 2002 non e’ meritevole di accoglimento, atteso che la stessa banca ha dedotto che la stessa domanda e’ stata proposta con l’atto di citazione di primo grado, con conseguente evidente tempestivita’ della medesima. La circostanza che tale domanda sia stata compiutamente illustrata solo con la comparsa conclusionale di primo grado e’ assolutamente irrilevante, atteso che tale profilo non influisce in alcun modo con quello della tempestivita’ della domanda.
Quanto al merito, come sopra anticipato, il motivo e’ da accogliere.
Va preliminarmente osservato che gli interessi ex Decreto Legislativo n. 231 del 2002 appartengono ad una particolare categoria di interessi moratori introdotta dal nostro legislatore in attuazione della Direttiva 2000/35/Ce del 29 giugno 2000. La nuova disciplina ha un campo di applicazione che non ricopre tutte le obbligazioni pecuniarie, ma solo i pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale, dove per “transazioni commerciali” si intendono i contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo (Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2, lettera a).
Una tra le maggiori novita’ introdotte dal decreto in esame riguarda l’automaticita’ dei termini legali di pagamento (Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 4), che sono fissati in giorni trenta e decorrono, come detto, automaticamente, senza necessita’ di alcuna intimazione scritta, dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente a quello di una fattura o, in mancanza, dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi.
Gli interessi moratori ex Decreto Legislativo n. 231 del 2002 svolgono, come tutti gli interessi che appartengono a tale categoria, una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti del debitore inadempiente in relazione ad una predeterminata transazione commerciale caratterizzata dal mancato pagamento del corrispettivo pattuito. La loro finalita’ e la loro stessa peculiare disciplina (automaticita’, termine di decorrenza legato tendenzialmente alla scadenza dell’obbligazione, etc.) sono, con evidenza, estranei all’azione di ripetizione dell’indebito, fattispecie diversa che ricorre allorquando un soggetto, sia esso o meno un imprenditore commerciale, esegua un pagamento in difetto di una causa giustificativa e chiami in giudizio l’accipiens per la restituzione di quanto da questi indebitamente percepito (come nel caso di specie, in cui la (OMISSIS) ha chiesto la ripetizione di quanto indebitamente pagato a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, somme versate per l’acquisto di strumenti finanziari derivati affetti da nullita’).
Ne’ la circostanza che entrambe le parti dell’azione di ripetizione dell’indebito possano eventualmente appartenere alla categoria degli imprenditori commerciali (uno dei requisiti previsti dal Decreto Legislativo n. 231 del 2002, articolo 2) costituisce un elemento sufficiente, in difetto degli altri, per ritenere comunque applicabile la normativa di cui al presente motivo.
La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimita’.
6. Il terzo motivo e’ assorbito alla luce di quanto sopra gia’ evidenziato.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso principale, infondato il primo ed inammissibili i primi tre.
Accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimita’.

 

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