Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|1 febbraio 2022| n. 2984.
Gli adempimenti posti a carico degli amministratori
In tema di società a responsabilità limitata, gli adempimenti posti a carico degli amministratori ex art. 2482-ter cod. civ. nel caso di riduzione del capitale sociale per perdite al di sotto della soglia legale si pongono in termini di condizione risolutiva di uno scioglimento immediatamente verificatosi al momento della riduzione del capitale sociale medesimo. Ne consegue che, ricorrendo tale ipotesi, la società deve ritenersi sciolta – e dunque proiettata nella fase liquidatoria – al momento stesso della riduzione del capitale al di sotto del minimo di legge, salva la possibilità dell’assemblea, convocata dall’amministratore ai sensi del citato 2482-ter cod. civ., di reintegrare il capitale e di rimuovere, in tal modo, la causa di scioglimento. A tal fine, non sussiste un termine decadenziale oltre il quale all’assemblea, a ciò convocata, sia precluso di deliberare ai sensi della richiamata disposizione: in altri termini, il mancato rispetto della sollecitudine che la norma “de qua” impone agli amministratori per la convocazione dell’assemblea potrà essere causa di loro responsabilità, ma non preclude all’assemblea stessa di adottare, con effetto “ex tunc”, le delibere di ripianamento delle perdite in modo da ricostituire il capitale quanto meno al limite legale
Ordinanza|1 febbraio 2022| n. 2984. Gli adempimenti posti a carico degli amministratori
Data udienza 10 dicembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Capitale sociale – Riduzione per perdite al di sotto del minimo legale – Scioglimento automatico della società – Operatività – Limiti – Solleciti adempimenti dell’amministratore – Reintegrazione del capitale eroso dalle perdite da parte dell’assemblea – Termine decadenziale – Sussistenza – Esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI MARZIO Paolo – Presidente
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13543-2020 proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), con cui elettivamente domiciliano in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.R.L., con sede in (OMISSIS), e (OMISSIS), anche quale legale rappresentante pro tempore della prima, entrambi rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. (OMISSIS), con domicilio eletto presso l’indirizzo di posta elettronica certificata di quest’ultimo ( (OMISSIS)).
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. cronol. 27/2020 della CORTE di APPELLO di GENOVA, depositata in data 13/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del giorno 10/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.
Gli adempimenti posti a carico degli amministratori
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione, affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria ex articolo 380-bis c.p.c., avverso la sentenza della Corte di appello di Genova del 13 gennaio 2020, n. 27, reiettiva del gravame principale da loro promosso contro la decisione del Tribunale di Savona che, a sua volta, aveva respinto l’impugnativa dagli stessi proposta contro la Delib. del 19 dicembre 2012 con cui l’assemblea della (OMISSIS) s.r.l. (di cui, all’epoca della instaurazione del giudizio di primo grado, erano ancora soci minoritari), convocata per l’adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2482-bis e 2482-ter c.c., aveva stabilito, tra l’altro: 1) di approvare la situazione patrimoniale al 30 novembre 2012; 2) di ripianare in parte le perdite mediante l’utilizzo delle riserve “Fondo di copertura perdite”, iscritte nella predetta situazione patrimoniale per Euro 989,82, residuando, cosi’, perdite per Euro 147.047,29; 3) di azzerare il capitale sociale a parziale copertura delle perdite risultanti da tale situazione patrimoniale, residuando cosi’ perdite per Euro 121.547,29; 4) di ricostruire a pagamento il capitale, in forma inscindibile, nella somma di Euro 150.000,00, aumento da offrirsi in sottoscrizione ai soci in proporzione alla quota da ciascuno di essi posseduta; 5) che l’aumento doveva essere sottoscritto dai soci entro il termine di 30 giorni dal momento in cui sarebbe stato loro comunicato, a cura dell’organo amministrativo, il corrispondente avviso a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento; 6) di stabilire che la parte dell’aumento di capitale non sottoscritta da uno o piu’ soci poteva essere sottoscritta dagli altri entro ulteriori 30 giorni. A tal fine, i soci che avrebbero esercitato il diritto di sottoscrizione, purche’ ne avessero fatto contestuale richiesta, avrebbero avuto diritto di prelazione nella sottoscrizione delle quote che fossero rimaste non optate; 7) di ridurre il capitale sociale ad Euro 28.000,00 per il ripianamento delle residue perdite di Euro 121.547,29 e di accantonare il residuo di Euro 452,71 al “Fondo copertura perdite”; 8) di dare atto che, ai sensi dell’articolo 2481-bis c.c., u. c., nei trenta giorni dall’avvenuta sottoscrizione, l’organo amministrativo avrebbe provveduto al deposito per l’iscrizione nel Registro Imprese dell’attestazione di avvenuta esecuzione dell’aumento di capitale; 9) di conferire mandato all’amministratore unico per l’attuazione della presente delibera, con i piu’ ampi poteri.
1.1. Resistono, con unico controricorso, parimenti illustrato da memoria ex articolo 380-bis c.p.c., la (OMISSIS) s.r.l., in persona del suo legale rappresentante (OMISSIS), nonche’ quest’ultimo in proprio.
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1.2. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte, disattendendo la corrispondente censura dei suddetti appellanti principali, ha ritenuto, richiamando i principi desunti da Cass. n. 9619 del 2009, che “quand’anche la riduzione, per perdite, del capitale al di sotto del minimo legale (articolo 2482-ter c.c.) si fosse gia’ verificata negli esercizi precedenti, va in ogni caso considerato che la Delib. 19 dicembre 2012, con cui sono state ripianate le stesse perdite, ha avuto efficacia sanante ex tunc”. A suo dire, inoltre, il fatto “che poi possa sussistere la responsabilita’ personale degli amministratori, nel caso in ari gli stessi abbiano scelto di proseguire l’attivita’ di impresa anziche’ convocare senza indugio l’assemblea per l’adozione dei provvedimenti di azzeramento e ripristino del capitale sociale o di trasformazione della societa’ in altro tipo, e’ circostanza che non assume rilievo in causa, in quanto nessuna domanda in tal senso e’ stata proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS). (âEuro¦) A nulla rileva, quindi, che nella narrativa dell’atto di appello (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano precisato che intendano promuovere azione di responsabilita’ nei confronti dell’amministratore appellato”.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I primi due motivi di ricorso – rubricati, rispettivamente, “Nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione di legge in relazione agli articoli 2447, 2463, 2482-ter c.c., e all’articolo 2484 c.c., n. 4” e “Nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per error in procedendo in relazione alla omessa, incoerente, insussistente e, comunque, apparente motivazione in quanto non rende percepibile il fondamento della decisione ne’ fa conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento e cio’ in relazione agli articoli 2447 2463, 2482-ter c.c., e all’articolo 2484 c.c., n. 4” – ascrivono alla corte territoriale di non aver tenuto conto che il ripianamento delle perdite della (OMISSIS) s.r.l. sarebbe avvenuto solo negli anni 2007 e 2008, mentre, per gli anni successivi, l’amministratore si era limitato ad affermarne l’esistenza senza che, pero’, fossero state assunte le delibere di legge, con conseguente automatico scioglimento della societa’, per cui nemmeno avrebbe piu’ potuto adottarsi, solo il 19 dicembre 2012, la delibera oggi ancora in discussione, con tutto quanto ivi stabilito. In altri termini, secondo i ricorrenti, non avendo l’organo amministrativo della societa’ adottato, in tempi brevi, e comunque entro l’esercizio di riferimento (non potendo giustificare, a loro dire, la locuzione “senza indugio”, contenuta nell’articolo 2482-ter c.c., un tempo di circa quattro anni), i provvedimenti di cui alla norma da ultimo citata, doveva considerarsi verificato, alla data del 19 dicembre 2012, l’ormai insanabile scioglimento della societa’ stessa. La medesima corte, inoltre, avrebbe impropriamente richiamato la ivi menzionata giurisprudenza di legittimita’, rivelandosi, cosi’, la sua pronuncia assolutamente astratta ed avulsa dal concreto caso prospettato, con conseguenza mera apparenza della sua motivazione, il cui iter logico nemmeno era percepibile.
1.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perche’ connesse, si rivelano infondate.
1.2. Invero, va immediatamente rimarcato che, come ribadito, ancora recentemente, da Cass. n. 11229 del 2021 e Cass. n. 395 del 2021, per effetto della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 13 gennaio 2020), e’ ormai denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le piu’ recenti Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020) o di sua contraddittorieta’ (cfr. Cass., n. 24395 del 2020). In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 11229 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 23684 del 2020; Cass. n. 20042 del 2020; Cass. Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012).
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1.2.1. Un simile vizio, da apprezzare qui non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensi’ unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva, e’, nella specie, palesemente insussistente, avendo la corte distrettuale chiaramente indicato – con motivazione che soddisfa ampiamente il “minimo costituzionale” richiesto da Cass. n. 8053 del 2014 – le ragioni (come precedentemente riprodotte nel § 1.2. dei “Fatti di causa”, da intendersi qui ribadite) per cui ha ritenuto sanato ex tunc il preteso gia’ verificatosi scioglimento della (OMISSIS) s.r.l. al momento dell’adozione della Delibera 19 dicembre 2012, di cui si discute.
1.3. Quanto, poi, allo stabilire in che modo gli adempimenti oggi prescritti dall’articolo 2482-ter c.c. (dettato per le societa’ a responsabilita’ limitata, secondo cui “Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall’articolo 2463, n. 4, gli amministratori devono senta indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo. E fatta salva la possibilita’ di deliberare la tra formazione della societa’”) valgano ad incidere sull’operativita’ della causa di scioglimento data dall’articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4, si rinvengono in dottrina due opinioni: una, che configura gli adempimenti di cui all’articolo suddetto come condizione risolutiva di uno scioglimento immediatamente verificatosi al momento della riduzione del capitale; l’altra, che, viceversa, condiziona sospensivamente alle deliberazioni dell’assemblea convocata ai sensi della medesima disposizione lo scioglimento della societa’ determinato dalla norma di cui all’articolo 2484 c.c., comma 1, n. 4.
1.3.1. Secondo la prima prospettazione, dunque, la societa’ sarebbe da considerarsi sciolta – e dunque proiettata nella fase liquidatoria – al momento stesso della riduzione del capitale al di sotto del minimo, salva la possibilita’ dell’assemblea convocata dall’amministratore ai sensi dell’articolo 2482-ter c.c., di reintegrare il capitale e di rimuovere, cosi’, la causa di scioglimento. In armonia con la seconda, viceversa, si ritiene da taluno che alla causa di scioglimento sia da riconoscere la natura di fattispecie complessa, integrata dalla perdita qualificata e dalla successiva mancata adozione, da parte dell’assemblea, della deliberazione di ricostituzione del capitale o di trasformazione.
1.4. La giurisprudenza di legittimita’ (formatasi anteriormente alla novella del diritto societario di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003, ma le cui conclusioni, su questo specifico punto, possono ribadirsi anche con riguardo alla disciplina, rimasta immutata in parte qua, dettata dal menzionato decreto) si e’ consolidata sulla prima posizione, essendosi affermato (cfr. Cass. n. 9619 del 2009; Cass. n. 4923 del 1995; Cass. n. 8928 del 1994; Cass. n. 4089 del 1980) che, nell’ipotesi di perdita del capitale e sua riduzione al di sotto del minimo di legge, lo scioglimento della societa’ si produce automaticamente ed immediatamente, salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale o della trasformazione della societa’, da deliberarsi, peraltro, con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo, cui detti provvedimenti danno sostanzialmente luogo, e non gia’ all’unanimita’, come necessario per la deliberazione di revoca dello scioglimento, in quanto, con il verificarsi dell’anzidetta condizione risolutiva, vengono meno ex tunc lo scioglimento della societa’ ed il diritto del socio alla liquidazione della quota.
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1.5. Quanto, infine, all’interrogativo se l’assemblea possa disporre in ogni tempo la reintegrazione del capitale eroso dalle perdite, oppure se la relativa deliberazione sia legittima solo se legata da un rapporto di immediatezza temporale con la percezione delle perdite (o, in ogni caso, come oggi preteso dai ricorrenti, non oltre l’esercizio di riferimento), ritiene il Collegio, in armonia con quanto sancito da Cass. n. 8928 del 1994 (che ebbe a riformare una decisione di merito che aveva giudicato tardiva la deliberazione adottata dai soci ad oltre un anno di distanza dal momento in cui la perdita si era definitivamente evidenziata) – i cui principi possono qui utilizzarsi posto che, come si e’ gia’ anticipato, la novella di cui al Decreto Legislativo n. 6 del 2003, ha lasciato sostanzialmente immutata la precedente disciplina codicistica sul punto – che quest’ultima opinione, fondata sul tenore letterale dell’odierno articolo 2482-ter c.c., che impone all’amministratore di convocare “senta indugio” l’assemblea, non sia condivisibile.
1.5.1. Manca, invero, nell’ordinamento, un termine oltre il quale e’ precluso all’assemblea di deliberare a norma dell’articolo 2482-ter c.c. (nemmeno ricorre, peraltro, nella fattispecie in esame, l’ipotesi di cui all’articolo 2490 c.c., u. c.). La locuzione “senta indugio”, infatti, vale solo a connotare in termini di urgenza il dovere di informazione gravante sull’amministratore (urgenza peraltro gia’ implicita nell’esistenza di una perdita eccedente il terzo del capitale sociale) e, quindi, a fissare un preciso aspetto di responsabilita’ nei confronti della societa’ che potrebbe essere seriamente pregiudicata dal ritardo nella convocazione dell’assemblea.
1.5.2. In altri termini, non sussiste un termine decadenziale oltre il quale all’assemblea, a cio’ convocata, sia precluso di deliberare ai sensi dell’articolo 2482-ter c.c.. Il mancato rispetto della sollecitudine che detta norma impone agli amministratori per la convocazione dell’assemblea potra’ essere causa di loro responsabilita’, ma non preclude all’assemblea stessa di adottare, con effetto ex tunc, – come avvenuto nella specie – le delibere di ripianamento delle perdite in modo da ricostituire il capitale quanto meno al limite legale.
2. Il terzo motivo di ricorso, rubricato “Nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti e cio’ in relazione agli articoli 2417, 2463, 2482-ter c.c., e all’articolo 2484 c.c., n. 4” ed argomentato con il mero richiamo a quanto dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) affermato in relazione al secondo motivo, si rivela inammissibile, atteso che quello di cui al novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riguarda un vizio specifico (denunciabile per cassazione nel rispetto degli oneri di allegazione sanciti da Cass., SU, n. 8053 del 2014, qui rimasti pure inosservati) relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (cfr. Cass. n. 395 del 2021; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicche’ sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 4477 del 2021, in motivazione; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).
3. Parimenti inammissibile, infine, e’ il quarto motivo di ricorso, recante “Nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione di legge in relazione agli articoli 91 e 92 c.p.c.”. Viene ascritto alla corte distrettuale di aver condannato il (OMISSIS) e la (OMISSIS) alla refusione delle spese processuali malgrado la prima avesse accolto i primi due motivi del loro gravame principale (rigettandone il terzo) e respinto quello incidentale della controparte (riguardante la mancata statuizione, in primo grado, sulla loro domanda ex articolo 96 c.p.c.).
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3.1. In proposito, infatti, basta ricordare che la denuncia di violazione della norma di cui all’articolo 91 c.p.c., comma 1, trova ingresso, in questa sede di legittimita’, solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (cfr., ex aliis, Cass. Cass. n. 26912 del 2020; Cass. n. 18128 del 2020), e tanto non e’ dato cogliere dal motivo all’esame. Esso, inoltre, omette di considerare, da un lato, che e’ la statuizione di compensazione delle spese giudiziali che deve formare oggetto di adeguata motivazione, non la decisione del giudice di non procedere a compensazione, totale o anche soltanto parziale (cfr., ex multis, Cass. n. 26912 del 2020; Cass. n. 11744 del 2004; Cass. n. 6756 del 2004; Cass. n. 10009 del 2003); dall’altro, che “la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente” Cass. n. 13849 del 2019; Cass. n. 30592 del 2017 e Cass. n. 2149 del 2014).
4. In definitiva, il ricorso del (OMISSIS) e della (OMISSIS) deve essere respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimita’ a carico degli stessi, in solido tra loro, altresi’ dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalita’ al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spettera’ all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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