La giurisdizione sulle domande relative all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15728.

La massima estrapolata:

La giurisdizione sulle domande relative all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente a norma dell’art.8 del Reg. CE n. 2201/2003.

Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15728

Data udienza 16 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3316/2018 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) come da procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia in data 8 novembre 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16-5-2019 dal cons. FRANCESCO TERRUSI.

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Brescia, dopo aver pronunciato sentenza non definitiva di scioglimento del matrimonio tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dal quale matrimonio era nata la figlia Gloria (classe 2006), ritenuta la giurisdizione del giudice italiano disponeva, con sentenza definitiva del 312-2016, l’affido esclusivo della figlia al padre; disponeva inoltre che la frequentazione tra la minore e la madre avvenisse solo con incontri protetti e poneva a carico della madre un assegno di mantenimento per la figlia.
La decisione, impugnata dalla (OMISSIS), veniva confermata dalla corte d’appello di Brescia con sentenza resa pubblica l’8-11-2017, avverso la quale la medesima (OMISSIS) propone adesso ricorso per cassazione in sei motivi.
(OMISSIS) replica con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Coi primi tre mezzi, tutti relativi alla statuizione in punto di giurisdizione e per questo connessi e suscettibili di unitario esame, la ricorrente si duole dell’omesso esame di fatti decisivi a proposito (i) della residenza abituale della minore nel principato di Monaco a far data dal 2013, (ii) della ritenuta illiceita’ del mancato rientro di essa in Italia a seguito di provvedimento del giudice istruttore della causa di divorzio, nonche’ (iii) della violazione o falsa applicazione delle convenzioni dell’Aja del 1996 e del 1961 a proposito della competenza ad adottare misure urgenti per la protezione del minore e dei suoi beni.
I motivi – incentrati sull’affermazione che la residenza abituale della minore era da intendere quella fissata nel principato di Monaco a partire dal mese di settembre 2013, quando la madre era stata autorizzata dal giudice istruttore della causa di divorzio a trasferirsi con la figlia – sono inammissibili e per alcuni tratti manifestamente infondati.
II. – Va in parte corretta, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., la motivazione con la quale la corte d’appello ha disatteso la questione.
La corte d’appello ha insistito sul fatto che il trasferimento era stato autorizzato provvisoriamente e in via sperimentale e che con provvedimento di pochi mesi successivo (del 9-6-2014) l’autorizzazione era stata revocata assieme alla revoca di ogni anteriore provvedimento in tema di affido, giacche’ la minore era stata affidata al padre ed era stato ordinato alla madre di consegnarla al genitore affidatario. Su tale base ha ritenuto che la minore, per effetto dell’autorizzazione a un trasferimento solo provvisorio e sperimentale, non avesse mai assunto una residenza abituale nel principato di Monaco; donde si sarebbe dovuto far riferimento, ai fini della giurisdizione, alla residenza in Brescia, avuta al momento della domanda introduttiva del giudizio di divorzio. Ha aggiunto che, a seguito dell’inottemperanza al citato provvedimento del giugno 2014, il mancato rientro della minore era da considerare illecito, e dunque non suscettibile di esser posto a fondamento della pretesa dimora abituale nello stato monegasco.
III. – Questa serie di considerazioni non possiedono una grande rilevanza. Quel che unicamente interessa osservare e’ che – come d’altronde la sentenza riferisce – la causa di scioglimento del matrimonio, nell’ambito della quale erano da assumere le statuizioni accessorie concernenti l’affidamento e la collocazione della minore, era gia’ pendente al momento del trasferimento (della madre e) della minore all’estero.
L’articolo 5 c.p.c., pone la regola secondo la quale “la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”. Poiche’ la domanda relativa all’affidamento e alla collocazione della figlia minore era stata proposta nel contesto del giudizio di divorzio instaurato in data 8-10-2012, lo stato di fatto rilevante onde determinare la giurisdizione non poteva che essere quello anteriore alla ripetuta ordinanza del giudice istruttore, che (seppur provvisoriamente) aveva autorizzato la (OMISSIS) a trasferire la residenza propria e della minore nel principato di Monaco.
Questa Corte ha gia’ puntualizzato, anche a sezioni unite (e tale e’ la ragione per la quale, ex articolo 374 c.p.c., la questione puo’ essere decisa dalla sezione semplice), il senso del principio di irrilevanza delle sopravvenienze in tema di giurisdizione: tale principio, tratto dall’articolo 5 c.p.c., e’ diretto a favorire la perpetuatio iurisdictionis, non a impedirla; sicche’ proprio esso trova applicazione nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, a fronte invece del mutamento dello stato di diritto o di fatto comportante l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda (cfr. Cass. Sez. U n. 18125-05, cui adde Cass. n. 21221-14 e molte altre).
IV. – E’ appena il caso di aggiungere che, nella memoria, la ricorrente ha richiamato la sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 32359-18, sopravvenuta tra le medesime parti.
Questa sentenza e’ di sicuro rilievo (come si dira’), ma non per stabilire la giurisdizione.
Testualmente emerge dalla motivazione che essa e’ stata pronunciata nell’ambito del giudizio de potestate introdotto da (OMISSIS) contro la moglie, nell’anno 2017, ai sensi dell’articolo 330 c.c..
In quella sede, e in quel contesto, le sezioni unite hanno affermato il principio secondo il quale, in materia giustappunto di decadenza dalla potesta’ genitoriale, qualora i genitori risiedano in Stati diversi, la competenza giurisdizionale deve essere individuata con riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, il cui accertamento si risolve in una quaestio facti, con valutazione da svolgersi anche in chiave prognostica, che puo’ essere effettuata direttamente dalla Suprema Corte sulla base dei dati emergenti dagli atti processuali.
Hanno anche affermato che occorre cosi’ valorizzare circostanze quali la frequenza della scuola e il conseguimento di un ottimo rendimento scolastico in un determinato Stato, l’apprendimento della lingua, l’inserimento nel contesto sociale e anche la entusiasta volonta’ del minore di rimanere in un certo luogo, accertata mediante l’ascolto del minore medesimo.
Ora la ricorrente assume che i principi costi’ espressi debbano essere applicati anche al caso di specie, “ai fini del’accoglimento dei primi tre motivi di gravame”. Non si avvede, pero’, che la fattispecie e’ del tutto diversa, essendo la questione di giurisdizione qui incentrata sulle domande di responsabilita’ genitoriale accessorie a quella di scioglimento del matrimonio, tutte formulate nel 2012.
Proprio seguendo l’assunto della dianzi citata sentenza, il trasferimento e le propensioni manifestate nell’anno 2013 erano da considerate irrilevanti per modificare la giurisdizione gia’ esistente, con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto al momento della precitata domanda. La specifica rilevanza della domanda ai fini indicati e’ invero confermata dalla sentenza n. 32359-18, ed e’ certo che la (OMISSIS) non ha mai dedotto, e non lo ha fatto neppure in questa sede, di non avere avuto essa come la figlia – la residenza in Italia al momento della proposizione del giudizio di divorzio (L. n. 218 del 1995, articolo 3).
V. – In base all’articolo 8 del Regolamento (CE) n. 2201 del 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilita’ genitoriale, che ha abrogato il regolamento (CE) n. 1347/2000, “le autorita’ giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilita’ genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi”.
Sempre le sezioni unite, con specifico riferimento alle domande proposte nel contesto del giudizio di separazione, hanno avuto modo di considerare che la giurisdizione sulle domande relative all’affidamento dei figli e al loro mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell’articolo 8 del Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003 (Cass. Sez. U n. 30646-11).
Il principio va esteso anche all’ipotesi di divorzio. Ma nello specifico senso che, ove nel giudizio di divorzio introdotto innanzi al giudice italiano siano avanzate domande inerenti alla responsabilita’ genitoriale (relative all’affidamento o al diritto di visita) e al mantenimento di figli minori, solo se i detti figli non siano al momento residenti abitualmente in Italia soccorre il criterio della residenza abituale dei minori, col fine di salvaguardare l’interesse superiore e preminente dei medesimi a che i provvedimenti che li riguardano siano adottati dal giudice piu’ vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi, nonche’ di realizzare, cosi’, la tendenziale concentrazione di tutte le azioni li riguardano.
Poiche’ tanto non risulta esser stato mai neppure prospettato, e anzi poiche’ le allegazioni di parte ricorrente sono sempre state nel senso opposto – che cioe’ la residenza del minore all’estero era sopravvenuta rispetto alla formulazione della domanda – ne segue che i primi tre motivi vanno dichiarati inammissibili.
VI. – Anche il quarto e il quinto motivo possono essere esaminati unitariamente.
Col quarto motivo la ricorrente denunzia l’omesso esame di fatto decisivo a proposito del formulato giudizio di carente capacita’ genitoriale di essa madre, ai fini del regime di affidamento della figlia e delle conseguenze economiche.
Col quinto motivo la ricorrente ulteriormente denunzia l’omesso esame di fatto decisivo e la violazione o falsa applicazione dell’articolo 12 della convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dell’articolo 6 della omologa convenzione di Strasburgo, non avendo la corte d’appello tenuto conto della espressa volonta’ della figlia di rimanere con la madre nel principato di Monaco, nonche’ della capacita’ di discernimento della minore, ne’ avendo ritenuto di ascoltarla.
Il quinto motivo e’ fondato, e tanto determina l’assorbimento del quarto.
VII. – Come noto (v. per tutte Cass. Sez. U n. 22238-09), l’audizione dei minori, gia’ prevista nell’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e’ divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardano e, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003; ne segue che l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di eta’ minore ove capace di discernimento, costituisce una modalita’ di riconoscimento del suo diritto fondamentale a essere informato e a esprimere le proprie opinioni nei procedimenti suddetti, nonche’ un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (ex aliis Cass. n. 6129-15).
Nel caso specifico, risulta dalla sentenza che (OMISSIS) (oggi ultradodicenne) era stata sentita solo dall’autorita’ giudiziaria del principato di Monaco, nel contesto – peraltro – del procedimento de potestate.
La corte d’appello ne ha criticamente valutato le dichiarazioni, osservando che in quel momento la bimba aveva appena dieci anni e che le dichiarazioni erano state fatte in un ambito peculiare di esclusione del padre: segnatamente ne ha disconosciuto l’affidabilita’ per essere l’ascolto avvenuto “in un contesto di massima ingerenza della madre (..) e di esclusione del padre”.
Tuttavia non ha provveduto a riascoltarla, onde avere conferme o smentite di quanto a suo tempo dichiarato, anche al fine di poter stabilire fino a che punto la volonta’ manifestata fosse decisa e costante sulla base di una visione non alterata della realta’.
Codesta omissione non e’ giustificabile, poiche’ l’ascolto non e’ alfine mai avvenuto dinanzi al giudice del divorzio, con riferimento alla questione dell’affidamento intraneo alla controversia. Giova rammentare che rispetto alla controversia sul divorzio la posizione del minore (v. ancora Cass. Sez. U n. 22238-09) e’ quella di soggetto portatore di interessi diversi (se non in qualche caso contrapposti) a quelli dei genitori.
Ed e’ importante sottolineare che risulta dalla gia’ citata sentenza n. 32359-18 delle sezioni unite di questa Corte, in forza di un accertamento direttamente svolto in quella sede tra le medesime parti, la cui rilevanza si impone anche nel presente giudizio quanto alla effettivita’ e storicita’ dei fatti, che la minore si era radicata a Monaco assieme alla madre almeno dal 2016 e che la stessa aveva affermato, dinanzi al giudice monegasco, non solo di esser felice di vivere li’ (con la madre), ma anche (e soprattutto) di volervi rimanere. Con chiara manifestazione, cioe’, di una volonta’ avversa alla convivenza col padre.
Di tanto la corte d’appello non avrebbe potuto non tener conto.
La sua decisione e’ intervenuta a novembre del 2017, e l’ascolto rappresenta una modalita’ di riconoscimento del diritto di ogni minore di esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano. Ne consegue che l’impugnata sentenza va in questa specifica prospettiva cassata, dovendo il giudice del rinvio – che si designa nella medesima corte d’appello di Brescia, seppure in diversa composizione provvedere ad ascoltare la bambina proprio allo scopo di appurarne la libera volonta’. A tal fine dovra’ essere svolta un’attivita’ informativa pertinente e appropriata, con riferimento all’eta’ e al grado di sviluppo della bambina stessa, onde verificare se sia ancora attuale la gia’ resa opzione per il suo collocamento.
VIII. – Resta assorbito il sesto motivo, in ordine alla sorte delle spese processuali.
Difatti le spese del giudizio di merito dovranno essere oggetto di nuova regolazione da parte del giudice del rinvio, il quale peraltro provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quinto motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Brescia.
Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi.

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