La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza civile n. 24367 del 2 settembre 2025, ha analizzato la diversa estensione dei poteri del giudice di rinvio a seconda della tipologia di annullamento (cassazione) pronunciata dalla Suprema Corte.
La sentenza distingue tre ipotesi principali:
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Violazione o falsa applicazione di norme di diritto: In questo caso, il giudice di rinvio ha l’obbligo (ex art. 384, comma 1, c.p.c.) di uniformarsi rigorosamente al principio di diritto enunciato dalla Cassazione. Gli è preclusa ogni possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, che restano fermi.
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Vizi di motivazione su punti decisivi: In questa ipotesi, il giudice di rinvio ha poteri più ampi: non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma è anche autorizzato a indagare su altri fatti, al fine di giungere a un apprezzamento complessivo che sostituisca la statuizione cassata, sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse.
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Annullamento per entrambe le ragioni (diritto e motivazione): Questa è l’ipotesi più ampia. La potestas iudicandi del giudice di rinvio si estende all’applicazione del principio di diritto (come nel primo caso) e, al contempo, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, oltre alla possibilità di valutare altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle specifiche direttive impartite dalla Cassazione e, naturalmente, sempre nel rispetto delle preclusioni già maturate.
Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 settembre 2025| n. 24367.
Giudizio rinvio i poteri variano con il vizio cassato
Massima: I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex articolo 384, comma 1, del Cpc, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità.
Ordinanza|2 settembre 2025| n. 24367. Giudizio rinvio i poteri variano con il vizio cassato
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Tag/parola chiave: IMPUGNAZIONI – Impugnazioni civili – Giudizio di rinvio – Poteri del giudice in relazione alla decisione gravata – Conseguenze. (Cpc, articolo 384)
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. MACCARRONE Tiziana – Consigliere
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. MASSAFRA Annachiara – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14288/2020 R.G. proposto da:
PR.RA. DI Ma.Al. E C Sas, rappresentata e difesa dagli avvocati SA.VA., LA.AN.
– ricorrente –
contro
Ba.Pi., rappresentato e difeso dall’avvocato AM.GI.
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO dell’AQUILA n. 1420/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere ANNACHIARA MASSAFRA.
Giudizio rinvio i poteri variano con il vizio cassato
FATTI DI CAUSA
1. PR.RA. Sas propose opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Pescara su ricorso di Et. Sas, con le quale le veniva intimato di pagare a quest’ultima l’importo di Lire 7.377.928 oltre accessori, quale corrispettivo per la fornitura ed installazione di un apparecchio radiotrasmettitore.
La società opponente dedusse che dopo l’installazione l’apparecchio aveva manifestato gravi malfunzionamenti in seguito ai quali Et. lo aveva ritirato per eliminarli, senza tuttavia riuscirvi, e non le aveva riconsegnato l’apparecchio funzionante, sino a che non era intervenuta la revoca dell’autorizzazione alle trasmissioni da parte della competente autorità governativa. Trascorso quasi un anno, Et. Sas pretese il pagamento non solo del prezzo d’acquisto, ma anche della fornitura di materiali inutilizzati e destinati alla connessione via radio, nonché il compenso per l’installazione ed il collaudo che in realtà non avevano mai avuto luogo.
PR.RA. concluse, dunque, perché fosse accertato l’inadempimento di Et., formulando nell’atto di citazione in opposizione diffida ad adempiere con intimazione ad Et. affinché procedesse ad installare completamente l’apparecchio entro trenta giorni, con contestuale impegno a versarle il corrispettivo; in subordine domandò la risoluzione del contratto, ed in ulteriore subordine la riduzione del corrispettivo a quanto di effettiva spettanza della commissionaria. Il giudice di merito respinse l’opposizione ed avverso la decisione PR.RA. propose appello mentre Et. – nel frattempo trasformatasi in impresa individuale – si costituì chiedendo il rigetto del gravame e proponendo appello incidentale condizionato.
La Corte d’Appello rigettò l’appello rilevando che l’appellante non aveva adeguatamente allegato e provato i vizi ed i malfunzionamenti dell’apparecchio, ma unicamente la mancata consegna dello stesso da parte di Et., questione con riguardo alla quale – tuttavia – l’istruttoria aveva dimostrato la rilevanza del comportamento della commissionaria, più volte sollecitata a ritirare l’apparecchio dopo le dovute riparazioni con inviti rimasti sempre senza esito.
La decisione venne impugnata dinanzi a questa Corte evidenziando, tra le altre cose, che la sentenza impugnata non aveva preso in esame la questione, fatta oggetto di specifico motivo di appello, dell’inadempimento di Et. all’obbligo di installare l’apparecchio, coessenziale al contenuto del contratto perfezionatosi. Il ricorso fu accolto.
Si affermò in particolare che “la sentenza d’appello, infatti, ha correttamente rilevato che la diffida ad adempiere non elimina la necessità dell’accertamento giudiziale di un inadempimento di non scarsa importanza (in tal senso, cfr. Cass. 4.9.2014, n. 18696), richiamando coerentemente l’indagine compiuta dal primo giudice in relazione ai vizi dell’apparecchio, non sufficientemente indicati; un analogo accertamento la sentenza non ha tuttavia svolto in relazione all’obbligo di Et. di installare l’apparecchio, che costituiva una prestazione di tacere caratteristica del rapporto contrattuale in esame (nel quale convivevano elementi della vendita e della prestazione d’opera) ed in relazione al quale la ricorrente aveva svolto specifiche doglianze con i motivi d’appello, il cui esame risulta in effetti pretermesso”.
La Corte d’Appello, in sede di giudizio di rinvio, ha revocato il decreto ingiuntivo.
Nel dettaglio il giudice di merito ha osservato che: 1) era passato in giudicato l’accertamento svolto dal giudice di primo grado in ordine alla insussistenza dei vizi degli apparecchi riconsegnati ad Et. e da questa modificati; 2) era passato altresì in giudicato l’accertamento svolto dal giudice di primo grado in ordine alla circostanza che Et. invitò più volte PR.RA. a riprendere in consegna le predette apparecchiature, offrendosi anche di reinstallarle. Sicché “Et. non era inadempiente al momento nel quale PR.RA. le inviò la diffida ad adempiere, con conseguente inefficacia di tale diffida, ai sensi dell’art. 1454 c.c., avendo l’acquirente rifiutato la consegna dei macchinari ed avendo ribadito anche nell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo di non avere più interesse ai macchinari commissionati, stante il mancato rinnovo della licenza alla trasmissione radio”.
Secondo il giudice di merito, trattandosi di contratto misto a vendita, era ben possibile recedere dal contratto tenendo indenne Et. delle spese, lavoro eseguito e del mancato guadagno.
Essendo receduta dal contratto, era congruo restituire a Et. il corrispettivo delle apparecchiature realizzate, così come quello dovuto per la installazione dei macchinari “che non venne effettuata da Et. dopo la riparazione a causa del rifiuto dell’odierna attrice di riprendere in consegna le predette apparecchiature.”
PR.RA. ricorre avverso la prefata decisione con tre motivi. Le parti in prossimità dell’udienza hanno depositato memorie illustrative.
Giudizio rinvio i poteri variano con il vizio cassato
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 384 c.p.c. Il Giudice di merito non avrebbe valutato la non scarsa importanza dell’inadempimento contrariamente al decisum della Corte nonché, in quest’ottica, la persistenza dell’obbligo alla installazione anche dopo la diffida ad adempiere.
2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. per aver ritenuto applicabili nella specie le norme sul recesso contrattuale pur in assenza del giudicato formatosi in punto di persistenza e validità delle pattuizioni contrattuali.
3. Con il terzo strumento impugnatorio si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito nella mancata installazione dell’impianto e quindi della non scarsa gravità dell’inadempimento, asserendo l’avvenuto recesso dal contratto.
La notifica della diffida era legittima non essendo ancora stato effettuato né offerto l’integrale adempimento della prestazione gravante su ET..
4. I motivi del ricorso, strettamente collegati, possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.
I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua “potestas iudicandi”, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (Cass. n. 448 del 2020).
Nella specie, la sentenza è stata cassata per un vizio di motivazione quindi il giudice del rinvio aveva il potere di rivalutare l’impianto probatorio, fermo il passaggio in giudicato della sentenza sui punti non controversi che tuttavia, diversamente da quanto preteso dal ricorrente, non comprendono la persistente efficacia del contratto.
Giudizio rinvio i poteri variano con il vizio cassato
Sicché nessuna violazione dell’art. 384 c.p.c. vi è stata.
Nella specie ricorre PR.RA. Sas, l’opponente che ha visto revocare il decreto ingiuntivo posto a fondamento del presente giudizio ed è stata condannata, stante il suo recesso, a restituire ad Et. il corrispettivo delle apparecchiature realizzate, così come quello per dovuto per la installazione dei macchinari “che non venne effettuata da Et. dopo la riparazione a causa del rifiuto di Pr.Ra. di riprendere in consegna”.
Il giudice del rinvio ha ritenuto che non vi sia stato alcun grave inadempimento da parte di Et., anzi ha esplicitamente affermato che non vi sia stato inadempimento alcuno, essendo receduta dal contratto Pr.Ra. (non essendo più interessata al bene richiesto, essendole stata revocata l’autorizzazione) e, per l’effetto, ha applicato l’art. 2227 c.c.
La rivalutazione dell’intera vicenda era consustanziale al quesito da risolversi in concreto: per valutare l’inadempimento il giudice ha preliminarmente dovuto valutare la sussistenza dell’obbligo.
In conclusione il ricorso è respinto. Le spese sono liquidate come da dispositivo.
Deve darsi atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Dà atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile del 2 luglio 2025.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2025.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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