Giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale ma impugnato giudizialmente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 marzo 2023| n. 8220.

Giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale ma impugnato giudizialmente

Nel giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale, ma impugnato giudizialmente, possono essere dedotti esclusivamente fatti e questioni sopravvenuti rispetto alla formazione del titolo, come tali non già deducibili nel giudizio di impugnazione dello stesso, determinandosi, altrimenti, la violazione del principio del “ne bis idem” ed eventualmente anche quello della certezza del diritto attraverso un possibile contrasto di giudicati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della Corte territoriale che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione esattoriale fondata su sanzione amministrativa irrogata dalla Consob, affermando che la questione dell’estensione retroattiva del trattamento sanzionatorio più mite, introdotto con il d.lgs. n. 72 del 2015, era stata già posta all’attenzione del giudice dell’impugnazione del provvedimento sanzionatorio azionato come titolo esecutivo, il quale, nel giudizio ancora pendente, avrebbe rivalutato la sanzione da applicare alla luce dell’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, del citato d.lgs. dichiarata con la sopravvenuta ad opera della sentenza n. 63 del 2019 della Corte cost.).

Ordinanza|22 marzo 2023| n. 8220. Giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale ma impugnato giudizialmente

Data udienza 8 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Sanzione amministrativa irrogata dalla Consob – Opposizione ad esecuzione esattoriale – Opposizione all’esecuzione – Deduzione dei fatti già dedotti nel giudizio di opposizione ex art.187 – septies TUF – Esclusione – Ratio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUBINO Lina – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5914/2021 R.G. proposto da:

(OMISSIS); elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo Studio dell’Avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende, in virtu’ di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Presidente pro tempore; ex lege domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui e’ difesa ope legis;

– controricorrente –

nonche di:

(OMISSIS), in persona del Presidente e Legale Rappresentante pro tempore; elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo Studio degli Avvocati (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)), che la rappresentano e difendono, in virtu’ di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 3165/2020 della CORTE di APPELLO di NAPOLI, depositata il 17 settembre 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2023 dal Consigliere Relatore, Spaziani Paolo.

Giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale ma impugnato giudizialmente

FATTI DI CAUSA

1. Con delibera notificata il 12 febbraio 2018, la CONSOB, Commissione Nazionale per la Societa’ e la Borsa, applico’ a (OMISSIS) la sanzione amministrativa di Euro 130.000, per l’illecito di abuso di informazioni privilegiate di cui al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 187-bis (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), oltre alla sanzione accessoria interdittiva e alla confisca dei beni fino alla concorrenza del valore del prodotto dell’illecito contestato, rispettivamente previste dall’articolo 187-quater e dall’articolo 187-sexies dello stesso Testo unico.

Avverso tale provvedimento, (OMISSIS) propose opposizione con ricorso alla Corte di appello di Napoli, ai sensi dell’articolo 187-septies, comma 4, del citato decreto legislativo.

Con sentenza 6 luglio 2018, n. 3367, la Corte di appello di Napoli ha rigettato il ricorso e avverso tale sentenza il Vestini ha proposto ricorso per cassazione, ancora pendente.

2. Nel frattempo, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, la CONSOB ha posto in esecuzione il provvedimento sanzionatorio e ha proceduto all’esazione delle somme dovute in base alle norme previste per la riscossione, ai sensi dell’articolo 187-octies del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

In data 6 novembre 2018, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha, dunque, notificato al debitore una cartella di pagamento dell’importo di Euro 133.904,72, di cui Euro 130.004,58 per la sanzione inflitta dalla CONSOB, oltre la maggiorazione per ritardato pagamento, e il resto per compensi di riscossione.

All’esecuzione esattoriale si e’ opposto il Vestini ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., convenendo, sempre dinanzi alla Corte di appello di Napoli, oltre all’agente riscossore, anche l’autorita’ che gli aveva irrogato la sanzione e chiedendo l’accertamento della nullita’, illegittimita’ e inefficacia della cartella di pagamento, nonche’ di ogni atto presupposto, consequenziale o connesso, compreso il piano di rateizzazione precedentemente concordato e, al momento, in corso.

Nel contraddittorio con la CONSOB (che aveva invocato la declaratoria di inammissibilita’ o il rigetto, nel merito, dell’opposizione) e dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (che aveva pure eccepito l’incompetenza del giudice adito), la Corte di appello, con sentenza 17 settembre 2020, n. 3165, rigettata quest’ultima eccezione, ha tuttavia dichiarato inammissibile l’opposizione all’esecuzione esattoriale e ha condannato l’opponente a rimborsare alle parti opposte le spese del giudizio.

3. Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi.

Rispondono con distinti controricorsi la CONSOB e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Sia il ricorrente che la controricorrente CONSOB hanno depositato memoria.

Giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo non giudiziale ma impugnato giudizialmente

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

 

1. Il ricorso e’ infondato e va rigettato.

1.1. La Corte di appello ha premesso che il ricorrente aveva invocato la declaratoria di invalidita’ o inefficacia della cartella esattoriale sul presupposto che la sanzione pecuniaria di Euro 130.000 gli era stata inflitta in base alla cornice edittale di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187-bis (minimo: Euro 20.000; massimo: Euro 3.000.000), quintuplicata ai sensi della L. n. 262 del 2005, articolo 39, comma 3 (e, quindi, facendo riferimento ad un minimo edittale di Euro 100.000 e ad un massimo edittale di Euro 15.000.000), senza tener conto che l’applicabilita’ di quest’ultima norma alle sanzioni amministrative previste dal Testo unico in materia di intermediazione finanziaria era stata esclusa da una disposizione successiva (Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 3), la quale aveva reso piu’ mite il trattamento sanzionatorio di tali illeciti, eliminando la c.d. “quintuplicazione” della sanzione edittale; sebbene l’applicazione retroattiva di questo piu’ mite trattamento sanzionatorio sembrasse preclusa dal disposto del comma 2 del medesimo articolo 6 del Decreto Legislativo n. 72 del 2015 (che ne riservava l’applicazione agli illeciti commessi successivamente all’emanazione dei regolamenti attuativi dello stesso provvedimento legislativo), tuttavia questa preclusione era stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 63 del 2019 (successiva alla decisione della Corte di appello che aveva rigettato l’opposizione Decreto Legislativo n. 58 del 1998, ex articolo 187-bis) sicche’, non essendovi dubbio sulla retroattivita’ della lex mitior introdotta nel 2015, la sanzione pecuniaria di 130.000 Euro doveva ritenersi sproporzionata nel quantum e, pertanto, illegittima.

1.2. Tutto cio’ premesso, la Corte partenopea – nel dichiarare inammissibile l’opposizione all’esecuzione esattoriale – ha osservato che la questione dell’estensione retroattiva del trattamento sanzionatorio piu’ mite introdotto con il Decreto Legislativo n. 72 del 2015 (che escludeva la c.d. “quintuplicazione” prevista dall’articolo 39, comma 3, della L. n. 262 del 2005) era stata gia’ posta all’attenzione del giudice dell’opposizione al provvedimento sanzionatorio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187-septies, sul rilievo della natura e della finalita’ punitive della sanzione irrogata, cui avrebbe dovuto applicarsi estensivamente la regola che governa il trattamento sanzionatorio penale, basato sulla retroattivita’ della legge piu’ favorevole. Poiche’ tale specifico motivo di opposizione era stato rigettato con la sentenza n. 3367 del 2018, avverso la quale il Vestini aveva proposto ricorso per cassazione, censurando espressamente la violazione del principio del favor rei in tema di successione di leggi nel tempo, enunciato nell’articolo 7 CEDU, doveva ritenersi che la questione della congruita’ della sanzione, alla luce della cornice edittale prevista per la fattispecie accertata e, soprattutto, quella della legittimita’ o meno della “quintuplicazione”, fossero ancora sub iudice, in quanto oggetto del giudizio di opposizione al provvedimento sanzionatorio, ancora pendente nel grado di legittimita’, e sarebbero state pertanto oggetto di rivalutazione, alla luce della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2, (avente efficacia retroattiva, salva l’avvenuta formazione del giudicato), nell’ambito degli ulteriori sviluppi di quel giudizio, senza potere essere introdotte anche in quello di opposizione all’esecuzione, non venendo in considerazione fatti sopravvenuti al titolo esecutivo ma questioni gia’ deducibili – ed in effetti dedotte – nel giudizio di merito di formazione dello stesso.

2. La decisione della Corte di appello di Napoli, dotata di articolata e coerente motivazione e conforme a diritto, resiste alle censure formulate da (OMISSIS) con i due motivi di ricorso per cassazione.

2.1. Con il primo motivo viene denunciata “nullita’ della sentenza per motivazione manifestamente contraddittoria e illogica: violazione dell’articolo 132 c.p.c. n. 4 con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4 – violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187-bis e dell’articolo 30, comma 3, legge Cost. n. 87 del 1953, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

2.2. Con il secondo motivo viene denunciata “nullita’ della sentenza per motivazione manifestamente contraddittoria e illogica: violazione dell’articolo 132 c.p.c. n. 4 con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4 – violazione/falsa applicazione dell’articolo 615, comma 1, c.p.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

3. Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione – si articolano in due doglianze, la prima diretta a denunciare vizi di motivazione costituzionalmente rilevanti, la seconda volta a censurare vizi di violazione di legge.

3.1. Il vizio di motivazione costituzionalmente rilevante denunciato con il primo motivo e’ formulato sul presupposto che la Corte di appello, sebbene avesse espressamente riconosciuto la sussistenza del diritto vantato dal ricorrente, nonche’ l’illegittimita’ e l’ingiustizia della sanzione irrogatagli (evidenziando che la sentenza n. 63/2019 della Corte costituzionale avrebbe imposto nel giudizio di opposizione pendente una “diversa valutazione” sulla sanzione da applicare), avrebbe poi contraddittoriamente dichiarato l’inammissibilita’ dell’opposizione all’esecuzione.

3.2. I vizi di motivazione costituzionalmente rilevanti denunciati con il secondo motivo consisterebbero, invece, anzitutto, nell’avere reputato che il ricorrente avesse posto a fondamento, tanto dell’opposizione al provvedimento sanzionatorio quanto dell’opposizione alla cartella esattoriale, l’incostituzionalita’ della norma che escludeva l’applicazione retroattiva del trattamento piu’ favorevole, cosi’ erroneamente ritenendo che egli, con l’introduzione del secondo giudizio, avesse indebitamente realizzato una “duplicazione” del primo, senza considerare che il giudizio di opposizione Decreto Legislativo n. 58 del 1998, ex articolo 187-quater era stato definito, nel grado di merito, in epoca antecedente all’emissione della sentenza n. 63 del 2019 della Corte costituzionale, sicche’ non sarebbe stato possibile invocare, in esso, la disapplicazione di una vigente norma di legge, prima della sua declaratoria di incostituzionalita’ ad opera del giudice delle leggi; la Corte di appello, inoltre, sarebbe incorsa in un ulteriore vizio di coerenza motivazionale nella parte in cui, in funzione della declaratoria di inammissibilita’ dell’opposizione, ha escluso che la dedotta illegittimita’ del provvedimento sanzionatorio, a causa della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalita’, fosse imputabile ad un fatto sopravvenuto alla formazione del titolo esecutivo, cosi’ ponendosi in contraddizione con quanto appena prima affermato in funzione della statuizione sull’eccezione di incompetenza sollevata dall’Agenzia delle Entrate, che era stata rigettata sull’opposto rilievo che l’opponente avesse, invece, proprio prospettato fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo.

4. I ricordati passaggi motivazionali della sentenza impugnata, oltre che a vizi di motivazione costituzionalmente rilevanti, darebbero luogo anche a violazioni di legge.

4.1. In particolare, l’insanabile contrasto tra la premessa motivazionale volta a dare atto della fondatezza della pretesa dell’opponente e il dispositivo di inammissibilita’ dell’opposizione, concreterebbe la violazione sia dell’articolo 187-bis del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (nella misura in cui il trattamento sanzionatorio previsto da tale disposizione continuerebbe a trovare attuazione nella formulazione dichiarata incostituzionale, invece che essere rideterminato alla luce della nuova cornice edittale), sia dell’articolo 30, comma 3, della legge Cost. n. 87 del 1953, attuativo dell’articolo 136 Cost., comma 1, per il quale le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

4.2. Invece, l’individuazione della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2, come fatto inerente alla formazione del titolo, anziche’ come fatto (almeno parzialmente) estintivo, sopravvenuto al titolo stesso, si sarebbe tradotto nella violazione dell’articolo 615 c.p.c., comma 1.

5. Come si e’ accennato, le censure non sono fondate.

5.1. In primo luogo, manifestamente infondato e’ l’argomento basato sul presunto errore in cui la Corte di appello sarebbe incorsa nel ritenere che l’incostituzionalita’ del Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2, fosse stata gia’ dedotta a fondamento del giudizio di opposizione al provvedimento sanzionatorio, sebbene non fosse stata ancora emessa, a quel tempo, la sentenza n. 63/2019 della Corte costituzionale.

La Corte di appello, infatti, non ha affatto affermato che in quel giudizio il ricorrente aveva chiesto la disapplicazione della predetta norma, in quanto incostituzionale, ma che tra i motivi di opposizione aveva posto la questione dell’applicabilita’ retroattiva del trattamento piu’ favorevole, sul presupposto della natura punitiva della sanzione irrogatagli, e che, in seguito al rigetto di tale motivo di opposizione, aveva riproposto la questione in cassazione, deducendo la violazione del principio del favor rei in tema di successione di leggi nel tempo, di cui all’articolo 7 CEDU.

5.2. Parimenti manifestamente infondato e’ l’argomento basato sul dedotto contrasto irriducibile tra il presunto riconoscimento del diritto vantato dal ricorrente, nonche’ dell’ingiustizia ed illegittimita’ della sanzione irrogatagli, e la decisione di inammissibilita’ dell’opposizione.

La Corte territoriale, infatti, nell’evidenziare che “gli effetti della pronuncia della Corte costituzionale del 21 marzo 2019, n. 63… impongono nel giudizio di opposizione pendente una diversa valutazione in ordine alla sanzione da applicare” (e nel citare, a supporto di tale affermazione, la pronuncia di questa Corte n. 8782 del 2020), non ha preso posizione sul merito della domanda proposta nel giudizio di opposizione al provvedimento sanzionatorio, ma ha soltanto evidenziato che essa domanda dovra’ necessariamente essere sottoposta ad una nuova valutazione alla luce della declaratoria di incostituzionalita’ del Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2, stante l’efficacia di tale pronuncia anche nei giudizi in corso, salva l’avvenuta formazione del giudicato.

Questa affermazione, lungi dal porsi in contrasto con la statuizione di inammissibilita’ dell’opposizione all’esecuzione, ne costituisce il coerente presupposto logico, giacche’ la questione dell’applicazione retroattiva della lex mitior (con conseguenze sulla rideterminazione, in bonam partem, della sanzione irrogata) e’ stata ritenuta inammissibile, quale ragione posta a fondamento dell’opposizione esecutiva, proprio in ragione della circostanza che costituiva questione deducibile – ed in effetti dedotta – nel giudizio di cognizione.

Pertanto, non sussiste ne’ il denunciato vizio di coerenza motivazionale ne’ la censurata violazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 187-bis e la Legge Cost. n. 87 del 1953, articolo 30.

5.3. Eguale manifesta infondatezza mostra, infine, l’argomento volto ad individuare un vizio di coerenza di motivazione nel presunto contrasto tra la statuizione di rigetto dell’eccezione pregiudiziale di competenza e quella di inammissibilita’ dell’opposizione.

Invero, mentre la statuizione pregiudiziale sulla competenza ha tenuto conto della prospettazione della parte istante, quella definitiva di inammissibilita’ dell’opposizione e’ stata fondata sul rilievo che la dedotta incongruita’ della sanzione, alla luce della cornice edittale prevista per la fattispecie accertata (ed in ragione dell’asserita necessita’ di escludere la c.d. “quintuplicazione”), aveva gia’ formato oggetto del giudizio di impugnazione del provvedimento sanzionatorio, ancora pendente nel grado di legittimita’, e sarebbe stata pertanto nuovamente apprezzata, alla luce della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 2, (avente efficacia retroattiva, salva l’avvenuta formazione del giudicato), nell’ambito degli ulteriori sviluppi di quel giudizio, senza poter essere introdotta anche in quello di opposizione all’esecuzione esattoriale, non venendo in considerazione fatti sopravvenuti al titolo esecutivo ma questioni gia’ deducibili – ed in effetti dedotte – nel giudizio di cognizione diretto alla formazione dello stesso.

Alla luce di tale statuizione, non solo appare manifestamente insussistente anche il terzo ed ultimo vizio di motivazione infondatamente denunciato ma deve escludersi, con evidenza, anche la dedotta violazione dell’articolo 615 c.p.c., atteso che, al contrario, la pronuncia impugnata appare perfettamente conforme, in iure, al principio – reiteratamente affermato da questa Corte con orientamento consolidato – secondo il quale, con il giudizio di opposizione esecutiva, possono essere fatti valere esclusivamente fatti estintivi sopravvenuti alla formazione giudiziale del titolo esecutivo, come tali non gia’ deducibili nel giudizio di merito di formazione dello stesso (tra le altre, Cass. 17/11/2009, n. 24215; Cass. 17/04/2015, n. 7829; Cass. 02/08/2016, n. 16024).

Questo principio deve valere a maggior ragione nell’ipotesi in cui, stante il possibile scollamento tra esecutivita’ del titolo e sua definitivita’ (ad es., nel caso di sentenza esecutiva ma non passata in giudicato o, come nella fattispecie, di titolo non giudiziale impugnato giudizialmente), i fatti e le questioni eventualmente posti a fondamento dell’opposizione all’esecuzione, oltre che deducibili, siano stati effettivamente dedotti nel giudizio di cognizione non ancora definito.

In una simile ipotesi, infatti, consentire la deduzione dei fatti e delle relative questioni (anche) in sede di opposizione esecutiva, non solo aprirebbe in tale sede una inammissibile “finestra” sulla cognizione del diritto posto in esecuzione, ma determinerebbe certamente la violazione del principio di ne bis idem ed eventualmente anche quello della certezza del diritto attraverso un possibile contrasto di giudicati.

6. In definitiva, il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere rigettato.

7. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

8. A norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida per la CONSOB, in Euro 7.600,00, e per la Agenzia delle Entrate-Riscossione in Euro 5,800,00, oltre, per ciascuna parte controricorrente, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.

 

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