ll giudicato interno non si determina sul fatto

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 17 aprile 2019, n. 1076o.

La massima estrapolata:

Il giudicato interno non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva affermato l’inopponibilità all’erede di un testamento olografo fatto valere da un legatario in ragione della tardività dell’istanza di verificazione avanzata da quest’ultimo a seguito del disconoscimento operato dal primo, sul rilievo che il motivo di appello con cui il legatario aveva contestato la tempestività del disconoscimento medesimo aveva riaperto la cognizione pure sulla questione relativa alla procedura da seguire per accertare l’autenticità del testamento).

Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10760

Data udienza 27 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15649/2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 245/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 09/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/02/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;
Lette le memorie depositate dalla ricorrente.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo che, in data (OMISSIS), era deceduta in (OMISSIS) (OMISSIS), che con testamento olografo aveva attribuito all’attrice a titolo di legato un immobile per civile abitazione in (OMISSIS), del quale chiedeva la consegna ai convenuti nella qualita’ di eredi.
Con atto notificato all’attrice, (OMISSIS) contestava la fondatezza della domanda e dichiarava il decesso dell’altro convenuto, venendo pertanto disposta l’interruzione del processo.
Riassunto a cura dell’attrice, gli eredi di (OMISSIS) restavano contumaci cosi’ come pure non si costituiva l’altra convenuta.
All’udienza del 20/11/2007 fissata per la precisazione delle conclusioni compariva (OMISSIS), la quale dichiarava di disconoscere il testamento invocato dall’attrice, chiedendo in ogni caso di essere rimessa in termini.
Con sentenza n. 7215 dell’11 novembre 2008 il Tribunale adito rigettava la domanda, ravvisando la tempestivita’ del disconoscimento del testamento e tardiva l’istanza di verificazione avanzata dall’attrice essendo gia’ maturati i termini per le deduzioni istruttorie.
Avverso tale sentenza proponeva appello (OMISSIS), convenendo in giudizio (OMISSIS), anche quale erede del fratello (OMISSIS).
Intervenuto il decesso dell’appellata e riassunta la causa nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi della prima, la Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 245 del 9 febbraio 2015 rigettava l’appello, condannando l’appellante anche al rimborso delle spese del grado.
Disatteso il primo motivo di gravame, che investiva la possibilita’ di ritenere che con la notifica dell’atto con il quale in primo grado la convenuta (OMISSIS) comunicava l’evento interruttivo che aveva colpito l’altro convenuto, la stessa si fosse costituita in giudizio, veniva disatteso anche il secondo motivo che investiva l’ammissibilita’ del disconoscimento del testamento operato dalla convenuta.
In primo luogo riteneva che, poiche’ con l’appello l’appellante si era limitata appunto a contestare la tempestivita’ del disconoscimento, era passata in cosa giudicata l’impostazione secondo cui la contestazione dell’autenticita’ del testamento dovesse passare per il meccanismo del disconoscimento e del successivo giudizio di verificazione, essendo quindi inammissibile la contestazione sollevata solo in comparsa conclusionale circa la necessita’ della querela di falso.
In ogni caso, secondo i giudici di appello, dopo aver ricostruito il dibattito accesosi anche presso i giudici di legittimita’ circa la necessita’ di dover dare prevalenza alla querela di falso ovvero al giudizio di verificazione, era preferibile la seconda opzione, dovendosi ritenere prevalente la natura di scrittura privata per l’olografo.
Quanto alla contestazione circa la tempestivita’ del disconoscimento, reputava la Corte distrettuale che era erronea la conclusione del Tribunale secondo cui anche l’istanza di verificazione non era stata tempestivamente avanzata, atteso che dalla lettura degli atti di causa emergeva che nella stessa udienza in cui era avvenuto il disconoscimento, l’attrice aveva ribadito l’autografia del testamento, confermando la volonta’ di chiederne la verificazione in sede di conclusioni alla successiva udienza dell’11 novembre 2008.
Tuttavia, ancorche’ tale istanza, per la quale non e’ imposto un particolare rigore di forma quanto alla sua estrinsecazione, fosse tempestiva, era pero’ priva dei requisiti di legge per esser presa in esame, risultando carente dell’indicazione dei mezzi di prova posti a supporto della verificazione, ne’ potendo tale omissione essere suscettibile di sanatoria con una successiva integrazione.
Per l’effetto doveva confermarsi l’impossibilita’ di poter regolamentare la successione sulla base delle disposizioni testamentarie.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di tre motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 214 c.p.c. e segg. e articolo 221 c.p.c. e segg., nonche’ degli articoli 345 e 112 c.p.c., nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto che, avendo l’appellante proposto appello solo in relazione alla tempestivita’ del disconoscimento, era passata in cosa giudicata la necessita’ che la contestazione circa l’autenticita’ del testamento dovesse passare per il meccanismo del disconoscimento.
Sostiene la ricorrente che la questione concernente il procedimento da seguire in relazione alla modalita’ di accertamento della falsita’ dell’olografo costituisce un mero argomento difensivo, o al piu’ un’eccezione in senso lato, sicche’ anche d’ufficio il giudice avrebbe potuto rilevare che viceversa lo strumento processuale da seguire fosse quello della querela di falso.
Il secondo motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 214 c.p.c. e segg. e articolo 221 c.p.c. e segg., nonche’ degli articoli 345 e 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha statuito, pur avendo affermato che sul punto fosse intervenuto un giudicato, che fosse preferibile seguire la soluzione del giudizio di verificazione a seguito di tempestivo disconoscimento, essendo per converso corretta la diversa tesi che opina per la necessita’ della querela di falso.
3. I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono fondati.
Rileva in via del tutto preliminare il Collegio che il contrasto giurisprudenziale, al quale fa cenno il ricorrente nel secondo motivo di ricorso, al fine di contestare la correttezza delle affermazioni svolte dal giudice di appello (sebbene a livello di obiter, avendo ritenuto che sulla questione relativa all’impostazione da seguire per la contestazione della autenticita’ del testamento fosse intervenuto il giudicato), e’ stato risolto da Cass. Sez. U, 15/06/2015, n. 12307 (il cui principio il Collegio ritiene di condividere ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 3), affermandosi che la parte che contesti l’autenticita’ di un testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo. Le Sezioni Unite di questa Corte, del cui intervento e’ peraltro consapevole la difesa di parte controricorrente che ne fa menzione nel proprio scritto difensivo, in particolare, hanno ritenuto inadeguato, al fine di superare l’efficacia probatoria di un testamento olografo, sia il ricorso al disconoscimento che la proposizione di querela di falso, prescegliendo, all’uopo, la terza via secondo cui occorre proporre un’azione di accertamento negativo della falsita’ della scheda testamentaria. La sentenza delle Sezioni Unite, ha concluso in tal senso in quanto la necessita’ di una siffatta azione per quaestio nullitatis consente di rispondere:
– da un canto, all’esigenza di mantener il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private;
– dall’altro, di evitare la necessita’ di individuare un (assai problematico) criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private la cui valenza probatoria risulterebbe “di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso”, non potendosi esse “relegare nel novero delle prove atipiche”;
– dall’altro, di non equiparare l’olografo, con inaccettabile semplificazione, ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa;
– dall’altro ancora, di evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da tale peculiarita’ ed efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede, riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, non va dimenticato, e’ innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa;
– infine, di evitare che la soluzione della controversia si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all’oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita “risorsa non illimitata” (conformi, di seguito, Cass. Sez. 2, 02/02/2016, n. 1995; Cass. Sez. 2, 04/01/2017, n. 109; Cass. Sez. 6-2, 12/07/2018, n. 18363).
Sempre secondo le Sezioni Unite “le inevitabili aporie destinate a vulnerare l’una e l’altra ipotesi di soluzione (ovvero: sufficienza del disconoscimento o necessita’ della querela di falso)… possano essere non del tutto insoddisfacentemente superate” adottando la strada indicata da Cass. 15 novembre 1951, n. 1545. Come venne osservato in dottrina a proposito di questa risalente pronuncia, e’ stata in tal modo elaborata in giurisprudenza una sorta di impugnazione di autenticita’ del testamento, legittimato a sperimentare la quale e’ l’erede legittimo. Chiunque, pertanto, voglia contestare l’autenticita’ di un olografo, vuoi in via di azione che di eccezione, deve sopportarne l’onere probatorio, proponendo necessariamente domanda di accertamento negativo circa la provenienza della scheda dal de cuius, ovvero circa l’altrui vocazione testamentaria, evidentemente intese non come fatti impeditivi della domanda avversa, ma come fatti costitutivi della propria pretesa di erede legittimo.
Orbene, alla luce dell’intervento delle Sezioni Unite di cui si e’ dato sinora conto, risulterebbe evidente la fondatezza del terzo motivo, la cui disamina pero’ presuppone necessariamente l’accoglimento del secondo motivo con il quale la ricorrente mira a contestare l’affermazione secondo cui sarebbe caduto il giudicato sull’affermazione delle necessita’ di far ricorso al procedimento di verificazione, potendo la parte interessata all’operativita’ della successione legittima limitarsi al solo disconoscimento dell’olografia del testamento invocato dalla controparte.
In tal senso, effettivamente la sentenza gravata ha ritenuto che l’impostazione della controversia, inquadrata dal giudice di prime cure nell’ambito di applicazione degli articoli 214 c.p.c. e segg., fosse ormai coperta dal giudicato, in quanto con il motivo di appello la ricorrente si era limitata a contestare la tempestivita’ del disconoscimento operato dalla convenuta, confermando in tal modo la correttezza dell’iter procedimentale seguito dal Tribunale.
Ad avviso del Collegio tale conclusione non puo’ essere condivisa.
Deve escludersi, infatti, seppur in presenza di un motivo di appello che, ponendo in discussione la tempestivita’ del disconoscimento, mirava nel suo esito finale a privare di efficacia la contestazione della validita’ dell’olografo invocato dall’attrice, che possa reputarsi passata in cosa giudicata la necessita’ di dover regolare la fattispecie in base alle previsioni di cui agli articoli 214 c.p.c. e segg..
A tal fine deve richiamarsi la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui (cfr. ex multis Cass. n. 16583/2012) la nozione di “parte della sentenza”, alla quale fa riferimento l’articolo 329 c.p.c., comma 2, dettato in tema di acquiescenza implicita e cui si ricollega la formazione del giudicato interno, identifica soltanto le “statuizioni minime”, costituite dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. Ne consegue che l’appello, motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica, ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame. (conf., tra le piu’ recenti, Cass. n. 21566/2017; Cass. n. 2217/2016; Cass. n. 12202/2017; Cass. n. 16853/2018; Cass. n. 24783/2018).
Nella vicenda, il fatto dedotto in giudizio era costituito dall’asserita nullita’ dell’olografo per difetto di autografia, contestazione operata da parte dell’erede convenuta con il ricorso al meccanismo del disconoscimento, avendo il Tribunale affermato che la norma applicabile era appunto quella relativa al complesso delle previsioni di cui agli articoli 214 c.p.c. e segg., pervenendo pertanto alla conclusione (effetto) dell’inopponibilita’ del testamento nei confronti della convenuta stessa.
Il motivo di appello, ancorche’ confezionato nell’ottica del giudice di primo grado, che aveva reputato di applicare alla vicenda le previsioni in tema di disconoscimento e successiva verificazione, nel contestare la tempestivita’ del primo, ha inteso in ogni caso rimettere in discussione l’effetto al quale era invece pervenuto il giudice di prime cure, e cioe’ quello dell’impossibilita’ di dare applicazione alle previsioni testamentarie, mirando quindi nel suo esito finale a farne valere l’efficacia.
Appare quindi evidente al Collegio che non e’ possibile individuare nell’affermazione circa la procedura da seguire per la contestazione della validita’ dell’olografo per difetto di autografia una parte di sentenza suscettibile di passare autonomamente in cosa giudicata, essendo invece la nozione di parte riferibile alla diversa e piu’ ampia statuizione concernente la validita’ ed opponibilita’ del testamento nei confronti dell’erede, la quale, per quanto detto era stata validamente posta in discussione con il secondo motivo di appello che appunto puntava, all’esito del suo accoglimento, a vanificare l’effetto che il Tribunale aveva fatto scaturire dalla condotta della convenuta.
A favore di tale conclusione appaiono deporre anche le considerazioni svolte dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 21691/2016, che, ancorche’ chiamata a valutare l’applicabilita’ dello ius superveniens quale motivo di ricorso in cassazione, ha chiaramente affermato che non puo’ reputarsi formato il giudicato ove la parte esprima la volonta’ di non acquietarsi all’intera decisione di cui mira a scardinare la parte principale con i suoi corollari.
Nel caso in esame, l’eventuale accoglimento dell’appello contro la tempestivita’ del disconoscimento avrebbe comportato l’automatico venir meno anche della parte sull’impossibilita’ di valersi dell’olografo.
Nella prospettiva di chi propone l’impugnazione questo collegamento logico, conferma che l’appello proposto esprimeva la volonta’ di chiedere al giudice anche la caducazione dell’effetto conseguenziale della sentenza di primo grado, e cioe’ una chiara manifestazione di volonta’ contraria ad ogni acquiescenza alla conclusione raggiunta e comportava anche l’effetto di mantenere fluida la questione, sino a che la decisione sull’impugnazione fosse rimasta sub iudice, impedendo che si formi il giudicato sulla sentenza, tanto con riferimento alla premessa circa l’iter procedimentale da seguire che quanto all’effetto derivante dalla contestazione della convenuta.
Cio’ consente di affermare che essendo ancora sub iudice la stessa validita’ del testamento, il giudice di appello, ancorche’ investito di un motivo che concerneva la sola tempestivita’ del disconoscimento, era autorizzato, in applicazione del principio iura novit curia, ad autonomamente individuare quali fossero le norme da applicare al fine di privare di efficacia il testamento, in ragione della affermata carenza dei requisiti di olografia.
Cio’ comporta altresi’ che la successiva proposizione del ricorso avverso la sentenza d’appello ha mantenuto viva la questione relativa alla validita’ del testamento ed alle modalita’ attraverso le quali farla rilevare, dovendosi appunto fare riferimento proprio alla diversa soluzione, rispetto a quelle pur prospettate dallo stesso giudice di appello, che si limitava all’alternativa tra querela di falso e giudizio di verificazione, alla quale sono poi pervenute le Sezioni Unite con la sentenza n. 12307/2015.
La conseguente impossibilita’ di ravvisare un giudicato formatosi sulla sola individuazione dell’iter procedurale da percorrere per addivenire alla declaratoria di invalidita’ dell’olografo, rende quindi evidente l’errore nel quale e’ incorsa la Corte distrettuale, che avrebbe dovuto legittimamente porsi il dubbio circa la necessita’ o meno di avvalersi del meccanismo di cui agli articoli 214 c.p.c. e segg., ovvero della diversa soluzione, poi prospettata dalla Sezioni Unite dell’azione di accertamento negativo.
La sentenza gravata deve quindi essere cassata in accoglimento dei motivi in esame, sulla base del seguente principio di diritto: “Ove nel giudizio di appello, ancorche’ la controversia sia stata decisa in primo grado sul presupposto dell’applicabilita’ del procedimento di verificazione al fine di contestare l’autenticita’ del testamento olografo, i motivi di gravame mirino a far verificare l’autenticita’ della grafia del testamento, il giudice di appello, senza essere vincolato alla soluzione processuale adottata in primo grado, deve attenersi alla regola secondo cui e’ la parte che contesti l’autenticita’ del testamento olografo a dover proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura (ovvero ad eccepire l’invalidita’ del testamento), e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo”.
Per effetto della cassazione della sentenza gravata la causa va rinviata per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, la quale dovra’ valutare se, come dedotto da parte controricorrente (cfr. pag. 10), era stata effettivamente avanzata anche siffatta domanda di accertamento negativo, ovvero, ove si ritenga che la stessa sia stata tardivamente proposta, se possa essere presa in esame come eccezione di nullita’ del testamento, liberamente proponibile anche in grado di appello, stante anche il dovere del giudice di rilievo di ufficio della nullita’ ex articolo 1421 c.c. (cfr. Cass. S.U. nn. 26242/2014 e 26243/2014).
4. Il terzo motivo con il quale si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 216 e 217 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che l’istanza di verificazione proposta dalla ricorrente fosse inammissibile in quanto generica e senza l’indicazione delle necessarie prove risulta evidentemente assorbito per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi.
5. Al giudice del rinvio che si designa in una diversa Sezione della Corte d’Appello di Firenze e’ demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi di ricorso, ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

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