Il frazionamento del credito

Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 6 giugno 2019, n. 15398.

La massima estrapolata:

Il frazionamento del credito si pone in contrasto tanto con il principio di correttezza e buona fede, quanto con il principio costituzionale del giusto processo sicché, ove si contesti l’avvenuta parcellizzazione della domanda, la sentenza pronunziata in prime cure del giudice di pace secondo equità, ex art. 113 c.p.c., è appellabile ai sensi dell’art. 339, comma 3, c.p.c., disposizione che per l’appunto include, tra i casi in cui è esperibile detto mezzo di impugnazione, anche la violazione delle norme costituzionali.

Ordinanza 6 giugno 2019, n. 15398

Data udienza 21 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 11814-2018 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2001/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 26/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2019 dal Consigliere Dott. ORILIA LORENZO.

RITENUTO IN FATTO

1 Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli, decidendo in grado di appello, in riforma di sentenza del locale Giudice di Pace, ha ritenuto improponibile la domanda proposta dal perito assicurativo (OMISSIS) nei confronti della compagnia (OMISSIS) spa, per ottenere il pagamento del compenso relativo a tutte le attivita’ connesse alla definizione di un sinistro stradale.
Per giungere a tale soluzione, il Tribunale richiamati i principi generali affermati dalle sezioni unite sui limiti del frazionamento giudiziale del credito, ha osservato che le centinaia di iniziative giudiziarie promosse dal (OMISSIS), tutte con identico petitum e causa petendi, integravano pretese creditorie facenti capo ad un medesimo rapporto, erano inscrivibili anche in proiezione nell’ambito di un possibile giudicato e non erano giustificate da un interesse meritevole di tutela processuale frazionata.
Il (OMISSIS) ricorre per cassazione con cinque censure.
Resiste con controricorso la (OMISSIS) spa.
Il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza e il ricorrente ha depositato una memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1 Prima di esaminare i singoli motivi di ricorso, va sgombrato il campo dalla eccezione di inammissibilita’ dell’appello ai sensi dell’articolo 339 c.p.c., che il ricorrente ha introdotto per la prima volta con la memoria, ritenendo trattarsi di questione rilevabile anche di ufficio in sede di legittimita’.
L’eccezione, indubbiamente ammissibile, e’ pero’ destituita di fondamento perche’, se e’ vero che l’inammissibilita’ dell’appello attiene ai presupposti dell’impugnazione e, come tale, e’ rilevabile anche di ufficio in sede di legittimita’ (Sez. 1 -, Sentenza n. 22256 del 25/09/2017 Rv. 645418; Sez. 3, Sentenza n. 21110 del 31/10/2005 Rv. 585266), e’ altrettanto vero che nel caso in esame la societa’ assicuratrice aveva riproposto il tema dell’abusivo frazionamento del credito gia’ sollevato in primo grado sotto il profilo della violazione dei principi costituzionali del giusto processo e dell’articolo 88 c.p.c. (ne da’ atto lo stesso ricorrente a pag. 2 del ricorso e a pag. 3 ove da’ atto della riproposizione da parte dell’appellante societa’ di tutte le eccezioni gia’ sollevate in primo grado).
Ora, poiche’, come e’ noto, la parcellizzazione della domanda diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede sia con il principio costituzionale del giusto processo e si traduce in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale (v. Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007 Rv. 599316 richiamata in Sez. U -, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111; v. altresi’ Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19898 del 27/07/2018 Rv. 650068), nel caso in esame la sentenza del giudice di pace, anche se pronunciata secondo equita’, era appellabile in virtu’ dell’espressa previsione contenuta nell’articolo 339 c.p.c., comma 3 (che include, appunto, tra i casi di appellabilita’, anche la violazione di norme costituzionali).
1.2 Passando adesso all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi, si denunzia l’inesistenza di un unitario rapporto obbligatorio e l’insussistenza di una prestazione originariamente unica; si invoca la applicazione dell’articolo 1181 c.c. quale espressione del principio generale del favor creditoris e si richiama il revirement dell’orientamento della Suprema Corte in subiecta materia rimproverandosi al giudice di appello di avere erroneamente valutato i punti sopra esposti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva il ricorrente che l’interesse concreto a proporre separati giudizi sta nella necessita’ di ottenere un rapido soddisfacimento delle sue pretese e richiama una serie di massime giurisprudenziali.
Strettamente collegato a tale motivo e’ il quinto motivo, con cui si denunzia l’erronea applicazione dei principi affermati dalle sezioni unite con le sentenze 23726/2007 e 4090/2017 con riferimento alla assenza di unicita’ del rapporto.
Le due censure sono manifestamente infondate.
Secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimita’ le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benche’ relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – si’ da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (principio affermato dalle sezioni unite con la sentenza n. 4090 del 16/02/2017 Rv. 643111 e poi richiamato in una serie di ordinanze emesse in una analoga vicenda di pretese avanzate da perito assicurativo: solo per citarne alcune, Sez. 2 -, Ordinanza n. 31012 del 28/12/2017 Rv. 647129; Sez. 2, Ordinanza n. 31013 del 2017; Sez. 2, Ordinanza n. 31014 del 2017; Sez. 2, Ordinanza n. 1356 del 2018; Sez. 2, Ordinanza n. 1355 del 2018; Sez. 2, Ordinanza n. 22449 del 2018).
Nel caso in esame il Tribunale, del tutto in linea con tali principi, riscontrata l’identita’ del rapporto, ha pero’ escluso, con apprezzamento in fatto, l’interesse concreto, osservando che l’attore-appellato non aveva allegato alcun concreto elemento a sostegno della sua tesi ne’ aveva dedotto l’esistenza di elementi di fatto idonei a diversificare le prestazioni di volta in volta eseguite e tali da giustificare una trattazione separata.
Le dedotte violazioni di legge pertanto non sussistono, mentre il ricorrente si limita a contrapporre una alternativa ricostruzione del fatto (sotto il profilo del concreto interesse al frazionamento del credito) omettendo, perfino nella memoria difensiva, di confrontarsi con la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte intervenuta proprio in fattispecie analoga e correttamente richiamata dal giudice di appello.
1.2 Col secondo motivo il ricorrente deduce l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, criticando il Tribunale per avere ritenuto genericamente contestata la copia della documentazione prodotta dalla societa’ convenuta. Sostiene di avere prontamente e ritualmente disconosciuto la documentazione determinando cosi’ l’impossibilita’ di attribuire efficacia alla copia non autentica e rileva la mancata proposizione, da parte della Compagnia convenuta, dell’istanza di verificazione di scrittura privata.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’.
Come ripetutamente affermato da questa Corte – ed il principio va ancora una volta ribadito – la contestazione della conformita’ all’originale di un documento prodotto in copia non puo’ avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018 Rv. 651376; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017 Rv. 646981; Sez. 3, Sentenza n. 10326 del 13/05/2014 Rv. 630907 in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014 Rv. 629905; v. altresi’ Cass. n. 28096/09, nonche’ Cass. n. 14416/13).
Nel caso di specie il ricorrente non si premura di indicare quali fossero aspetti di differimento della copia dall’originale (v. pag. 21 del ricorso, mentre prive di rilievo sono le osservazioni a pag. 2 in fine pagina che attengono solo al contenuto intrinseco del documento, ne’ contengono – si badi bene – contestazioni sulla esistenza della firma da parte del (OMISSIS)).
1.3 Col terzo motivo il ricorrente denunzia l’errore del Tribunale nel ritenere valido il doc. del 18.9.2006 e osserva che quello del 18.10.2010 e’ postumo rispetto alla data in cui sono state effettuate le attivita’ per cui si chiede il compenso e quindi e’ irrilevante. Lamenta inoltre l’omessa e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso, nonche’ la violazione dell’articolo 112 c.p.c., della L. n. 166 del 1992 e della L. n. 287 del 1990, articoli 2 e 3. Evidenzia l’abuso della posizione dominante rilevando che non vi e’ mai stata una accettazione concordata e osserva che un eventuale accordo sarebbe stato nullo per violazione della L. n. 287 del 1990, articoli 2 e 3.
1.4 Col quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 172 del 2017, articolo 19 quaterdecies, in materia di equo compenso per prestazioni di avvocati, applicabile anche agli altri professionisti.
Questi due motivi restano logicamente assorbiti dal rigetto delle censure sul ritenuto frazionamento del credito.
In conclusione il ricorso va respinto con inevitabile addebito di spese al soccombente.
Rilevato infine che il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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