Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|14 giugno 2021| n. 23241.

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

In tema di favoreggiamento personale, è configurabile l’aggravante dell’agevolazione mafiosa nella condotta di chi consapevolmente aiuti a sottrarsi alle ricerche dell’autorità un capoclan operante in un ambito territoriale in cui è diffusa la sua notorietà, atteso che la stessa, sotto il profilo oggettivo, si concretizza in un ausilio al sodalizio, la cui operatività sarebbe compromessa dall’arresto del vertice associativo, determinando un rafforzamento del suo potere oltre che di quello del soggetto favoreggiato e, sotto quello soggettivo, in quanto consapevolmente prestata in favore del capo riconosciuto, risulta sorretta dall’intenzione di favorire anche l’associazione.

Sentenza|14 giugno 2021| n. 23241. Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Data udienza 11 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola: Associazione per delinquere di stampo mafioso – Estorsione – Circostanze aggravanti – Omicidio – Delitto tentato – Concorso di persone – Detenzione e porto di armi – Favoreggiamento – Condanna – Presupposti – Elementi probatori – Valutazione del giudice di merito – Articolo 577 cpp – Determinazione della pena – Continuazione – Criteri – Difetto di motivazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/05/2019 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Consigliere, Gaetano De Amicis;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LORI Perla, che ha chiesto: per (OMISSIS) l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al secondo e al quarto motivo di ricorso, con il rigetto nel resto; il rigetto dei ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS);
udite le conclusioni del difensore delle parti civili, Avv. (OMISSIS), in qualita’ di sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS) per l’Associazione (OMISSIS), nonche’ in qualita’ di sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che si riporta alle conclusioni scritte e alle note spese depositate;
udite le conclusioni dei difensori dei ricorrenti: Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi e l’annullamento della sentenza impugnata.

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6 maggio 2019 la Corte d’appello di Napoli ha parzialmente riformato la decisione di condanna emessa all’esito del giudizio di primo grado dal Tribunale di Nola, pronunciando le statuizioni di seguito indicate: a) rideterminato in anni diciassette e mesi sei di reclusione, con esclusione della recidiva specifica, la pena irrogata a (OMISSIS) per il reato di partecipazione all’associazione di stampo camorristico denominata “clan (OMISSIS)” (capo A1) nel periodo ricompreso fra il 2004 e l’inizio del 2006 e per quello di tentato omicidio ai danni di (OMISSIS) (capo A8), commesso in Cicciano il 26 novembre 2004 in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS); b) rideterminato in anni dieci di reclusione ed Euro 2.500,00 di multa la pena irrogata ad (OMISSIS) per i reati di partecipazione ad associazione di stampo camorristico (capo A1) e di tentata estorsione aggravata (capo A5) in danno dell’imprenditore edile (OMISSIS), previa esclusione dell’aggravante ex articolo 628 c.p., comma 3, n. 1, dal capo A5); c) confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di anni sedici di reclusione per i reati di tentato omicidio ai danni di (OMISSIS) (capo A9), commesso in Cicciano il 2 settembre 2005 in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), e di illecita detenzione e porto in luogo pubblico di armi da sparo (capo A10) utilizzate per commettere il reato che precede; d) confermato la pena di anni otto di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa irrogata a (OMISSIS) per il reato di estorsione aggravata dalla L. n. 203 del 1991, articolo 7, di cui al capo A13), commesso in danno di (OMISSIS), titolare dell’omonima impresa edile, in (OMISSIS); e) rideterminato in anni tredici e mesi otto di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa la pena irrogata a (OMISSIS) per i reati di partecipazione ad associazione di stampo camorristico ed estorsione aggravata di cui ai rispettivi capi A1), A5) – in danno dell’imprenditore (OMISSIS) – e A15) – in danno dell’imprenditore (OMISSIS) – previa esclusione delle aggravanti ex articolo 628 c.p., comma 3, n. 1, dalle estorsioni di cui ai capi A5) e A15); f) confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di anni otto di reclusione per il reato di partecipazione all’associazione di stampo camorristico di cui al capo A1) e quella di (OMISSIS) ad anni tre di reclusione per il delitto di favoreggiamento aggravato di cui al capo A16) per avere agevolato le attivita’ del sodalizio criminale capeggiato da (OMISSIS) nel periodo ricompreso fra l’aprile ed il giugno del 2009.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

1.1. Sulla base delle fonti di prova rappresentate dalle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia intranei all’associazione camorristica in esame, dai contenuti delle conversazioni oggetto d’intercettazione e dagli elementi di riscontro acquisiti nel corso delle indagini, i Giudici di merito hanno ritenuto la responsabilita’ dei predetti imputati per i reati di estorsione aggravata, tentato omicidio aggravato e favoreggiamento personale aggravato ad essi rispettivamente ascritti in relazione alle attivita’ svolte lungo un arco temporale ricompreso fra gli anni 20092011 da un sodalizio di stampo camorristico capeggiato da (OMISSIS), formatosi nel 2004 per distacco da un’altra organizzazione camorristica (cd. “clan (OMISSIS)”) ed autonomamente operante nel territorio nolano e nelle zone limitrofe in forza della protezione da quest’ultima accordatagli.
2. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo i motivi qui di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Con un primo motivo si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione alla ritenuta partecipazione dell’imputato all’associazione camorristica denominata “clan (OMISSIS)” per il brevissimo arco temporale di un anno e mezzo, la’ dove e’ stata apoditticamente affermata l’attendibilita’ intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese da quattro collaboratori di giustizia ( (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) senza valutare adeguatamente le doglianze difensive al riguardo mosse in sede di gravame, anche con riferimento al tema della perdurante intraneita’ del (OMISSIS) a un diverso sodalizio criminale (il cd. “clan (OMISSIS)”) dal quale non ebbe mai a distaccarsi e del quale aveva fatto parte, a decorrere dal 1998 e fino al 12 luglio 2004, assieme allo stesso (OMISSIS).
La sentenza impugnata, infatti, ha omesso di esaminare, in particolare, sia i motivi di astio e rancore nutriti verso il (OMISSIS), per diverse ragioni, dai predetti collaboratori, sia la valenza liberatoria delle dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS) – la’ dove ha fatto riferimento alla circostanza che il ruolo di “referente” per le estorsioni era svolto non dal (OMISSIS), ma da un’altra persona ( (OMISSIS)) – e (OMISSIS), per avere egli affermato di aver visto l’imputato in compagnia del fratello (OMISSIS) “una o due volte”: elemento, questo, in contrasto con il ruolo di uomo di fiducia che ha giustificato la pronuncia di condanna emessa nei suoi confronti. Ne’ alcun elemento di prova circa la sua intraneita’ al sodalizio e’ ricavabile dall’esame delle intercettazioni telefoniche o ambientali e dalle dichiarazioni delle vittime dei vari episodi estorsivi.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

2.1.1. Le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) sul passaggio del (OMISSIS) al nuovo gruppo capeggiato dal (OMISSIS) a far data dall’estate del 2004 sono il frutto di mere deduzioni e non di una conoscenza diretta da parte del collaboratore, tanto che egli ha riferito di non aver mai visto il (OMISSIS) con il (OMISSIS), ne’ di aver mai visto fisicamente quest’ultimo. Le sue dichiarazioni accusatorie sul conto del (OMISSIS) risentono altresi’ di un difetto originario, ossia della sua estraneita’ ad ambienti camorristici, e dunque della sua inidoneita’ a riferire fatti ad essi propriamente riconducibili, mentre prive di elementi di riscontro risultano le affermazioni con le quali si e’ fatto riferimento alla circostanza che i due attentati commessi ai danni del (OMISSIS) avrebbero dovuto inquadrarsi all’interno di un rapporto conflittuale fra i soggetti del “clan (OMISSIS)” e lo stesso (OMISSIS): conflittualita’, questa, cui il (OMISSIS) sarebbe rimasto del tutto estraneo.
Si pone quindi in rilievo il fatto che la decisione impugnata ha valorizzato la presenza di un clima di inimicizia o antagonismo fra i due “clan” senza fondare la ritenuta intraneita’ del (OMISSIS) al neonato gruppo del (OMISSIS) su elementi di prova certi, al di la’ di un solo episodio delittuoso – quello relativo al tentativo di omicidio del 26 novembre 2004 – che di per se’ non poteva dar conto di una sua perdurante partecipazione alla predetta associazione dall’agosto del 2004 al gennaio del 2006.
2.1.2. Analoghe considerazioni devono, ad avviso del ricorrente, svolgersi in merito all’attendibilita’ del contributo offerto dal collaboratore (OMISSIS), le cui dichiarazioni sono il frutto di una scelta collaborativa avvenuta unicamente per ragioni di necessita’, a loro volta legate alla circostanza che anche il coimputato (OMISSIS) aveva deciso di collaborare con la giustizia: gia’ in precedenza, del resto, egli aveva incolpato il (OMISSIS) di due delitti di omicidio per i quali era stato assolto con sentenze passate in giudicato, mentre devono ritenersi del tutto generiche le affermazioni con le quali si e’ inteso replicare alle doglianze difensive incentrate sia sul fatto che il collaboratore non era stato in grado di indicare i nomi delle vittime presso cui l’imputato avrebbe accompagnato gli estorsori, ovvero i luoghi presso i quali si sarebbe recato, sia sul prospettato contrasto con le dichiarazioni di altro collaboratore, (OMISSIS), circa la costante presenza del (OMISSIS) a fianco del capo dell’organizzazione, ossia del (OMISSIS), non avendo egli mai indicato l’imputato fra i soggetti presenti in occasione degli incontri avvenuti con il (OMISSIS) durante il periodo della sua latitanza.
2.1.3. Parimenti erronea deve ritenersi la valutazione di attendibilita’ delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS), avuto riguardo al fatto che tutti i motivi indicati a sostegno della sua ritrattazione – intervenuta nel novembre del 2011 a fronte di una iniziale scelta collaborativa operata nel giugno dello stesso anno – erano privi di sostegno logico ovvero smentiti da altri elementi di prova presenti in atti e dalla difesa parimenti prospettati in sede di gravame (con riferimento all’assenza di elementi dimostrativi delle asserite minacce subite dal “clan (OMISSIS)”, ovvero del preteso collegamento fra la ritrattazione e la paura per la incolumita’ dei suoi familiari, come pure delle offerte di danaro che da quel “clan” gli sarebbero pervenute per indurlo, solo successivamente, ad una ritrattazione che in realta’ era gia’ in precedenza avvenuta). Ulteriori elementi inficianti l’attendibilita’ del predetto collaboratore – e dalla Corte di merito non adeguatamente vagliati – sono stati individuati, in particolare, nella risalente intenzione di uccidere il (OMISSIS), nella generica descrizione del suo ruolo di fiduciario e nelle false dichiarazioni dal (OMISSIS) rese nell’ambito di altri processi.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

2.1.4. Anche le dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS) sono state dalla Corte distrettuale erroneamente ritenute attendibili nonostante in sede di gravame ne fossero stati evidenziati i rischi di “allineamento” rispetto a quelle del fratello (OMISSIS), i motivi di astio nei confronti del (OMISSIS) e l’assenza dei necessari requisiti di costanza e specificita’.
2.2. Con un secondo motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione alla esclusione del vincolo della continuazione con la precedente condanna intervenuta per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., non avendo la Corte d’appello considerato i molteplici elementi di fatto addotti in sede di gravame a sostegno della configurabilita’ del medesimo disegno criminoso, ed in particolare sia la circostanza che gia’ nei confronti del (OMISSIS), condannato per la partecipazione alle medesime associazioni criminali (“clan (OMISSIS)” e “clan (OMISSIS)”), siffatto nesso era stato riconosciuto, sia quella relativa alla comprovata contiguita’ spazio-temporale fra i due sodalizi, dei quali sia il (OMISSIS) che il (OMISSIS) avevano fatto parte.
2.3. Il terzo motivo lamenta analoghi vizi in relazione all’affermazione di responsabilita’ per il tentato omicidio di cui al capo A8), per avere la decisione impugnata illogicamente ritenuto: a) che la pacifica esiguita’ dei danni subiti sia dalla vittima che dalla moto a bordo della quale viaggiava non costituiva un dato rilevante per dimostrare il mendacio sia da parte della vittima – la’ dove aveva fatto riferimento a fratture in tutto il corpo – sia da parte del collaboratore (OMISSIS), che a sua volta aveva fatto riferimento ad un impatto con la moto alla velocita’ di 180 chilometri orari e ad un successivo urto della stessa contro il “guard-rail”, seguito da un volo di circa venti metri della vittima; b) che l’affermazione del (OMISSIS) secondo cui dal mese di ottobre 2004 al gennaio 2005 era stato “sempre” all’estero – decisiva nel momento in cui ne dimostrava il mendacio rispetto al momento in cui avrebbe saputo del tentato omicidio del 26 novembre 2004 in danno del (OMISSIS), e dunque la falsita’ del mandato omicidiario – era irrilevante in ragione del possibile omesso ricordo, da parte del predetto collaboratore, di un ulteriore ritorno in Italia, valorizzando in tal modo la Corte un dato di natura meramente congetturale.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Ne’ sono state offerte congrue risposte, ad avviso del ricorrente, alle molteplici doglianze mosse in sede di gravame con riguardo alle modalita’ di realizzazione della condotta e all’assenza di prove certe sia in ordine al concorso morale del (OMISSIS) nella condotta materiale posta in essere dal (OMISSIS), sia in ordine alla presenza del dolo omicidiario. L’assenza di armi e la condotta successiva posta in essere dai due imputati – che anziche’ portare a termine l’ipotizzato proposito omicidiario preferirono andar via senza nemmeno accertarsi che la vittima fosse deceduta o solo svenuta – dimostrerebbero la volonta’ di un banale tamponamento con la vettura, atteso che il (OMISSIS) era a bordo di una moto, piuttosto che un’azione direttamente finalizzata al suo omicidio.
2.4. Con un quarto motivo si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione alle aggravanti contestate nel capo A8) per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto: a) la sussistenza della circostanza del “mezzo insidioso” di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, sebbene la stessa non fosse stata contestata, ne’ risultasse deducibile dal contenuto della relativa imputazione; b) la sussistenza della recidiva e dell’aggravante di cui all’articolo 7 cit., atteso che numerosi elementi di prova inducevano a ritenere la presenza di un movente personale nella condotta del (OMISSIS) e di (OMISSIS), non invece di una finalita’ agevolatrice del “clan (OMISSIS)”.
Si lamenta, infine, la eccessivita’ del quantum della pena base (quattordici anziche’ dodici anni), atteso che le modalita’ stesse di realizzazione del fatto dimostravano una ridotta intensita’ del dolo.
2.5 Con motivi nuovi depositati nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 19 ottobre 2020 il difensore di fiducia ha sviluppato ulteriori argomenti a sostegno delle su esposte ragioni di doglianza, insistendo in particolare sui profili di seguito indicati.
2.5.1. Violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione alla configurabilita’ del tentativo di omicidio di cui al capo A8), per avere la Corte distrettuale omesso di confrontarsi: a) con le emergenze processuali che, da un lato, smentivano la versione dei fatti offerta dai predetti collaboratori di giustizia, dall’altro escludevano i requisiti sia della idoneita’ degli atti posti in essere dall’imputato che del relativo animus necandi, tenuto conto, segnatamente, della esiguita’ dei danni riportati dalla persona offesa e dalla moto sulla quale viaggiava, nonche’ delle modalita’ dell’azione legate al fatto che entrambi gli inseguitori erano disarmati e che nessuno dei due, dopo il tamponamento e la caduta a terra della vittima, porto’ a termine l’intento omicidiario; b) con le doglianze difensive mosse in relazione ai motivi di astio e alla propensione al mendacio rilevabili nel narrato dei collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ in merito alle obiezioni sollevate riguardo alla carenza di elementi di prova a sostegno sia del concorso morale del (OMISSIS) nella condotta delittuosa posta in essere dal solo (OMISSIS), sia del preteso dolo omicidiario in capo al ricorrente.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

2.5.2. Violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione agli argomenti portati a sostegno della tesi difensiva secondo cui il (OMISSIS) non si distacco’ mai dal “clan (OMISSIS)” anche nel periodo ricompreso fra gli anni 2004 – 2013, ne’ mai aderi’ al “clan (OMISSIS)” nel periodo 2004-2006, avuto riguardo, in particolare, sia al rapporto di dipendenza di quest’ultimo gruppo verso quello di maggiore importanza, che continuava ad operare anche nel territorio nolano, sia alla “protezione” della quale il (OMISSIS) beneficiava da parte dei (OMISSIS): protezione che, diversamente da quanto accaduto in altri casi, gli evito’ una “condanna a morte” da parte del (OMISSIS).
2.5.3. Violazioni di legge e vizi della motivazione sia in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 577 c.p., n. 2, – non formalmente contestata, ne’ in fatto ricavabile dall’imputazione – sia in punto di dosimetria della pena e di configurabilita’ delle aggravanti di cui all’articolo 99 c.p., e L. n. 203 del 1991, articolo 7.
3. Nell’interesse di (OMISSIS) hanno proposto separati atti di ricorso per cassazione l’avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS).
3.1. Con il primo ricorso sono stati dedotti i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente esposti.
3.1.1. Il primo motivo e’ incentrato sulla violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 3, per avere la Corte distrettuale confermato la prima decisione esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS), sebbene non assistite dai necessari elementi di riscontro e non confermate da quelle rese da (OMISSIS) – fratello del capo dell’organizzazione e, assieme a lui, reggente della stessa – che ha escluso l’intraneita’ del (OMISSIS) al predetto sodalizio.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Anche altro collaboratore di giustizia, (OMISSIS), ha smentito le dichiarazioni rese da (OMISSIS) – del quale era stato collaboratore negli anni (2004-2005) in cui, uscito dal carcere, si apprestava a ricostruire la propria fazione – sul fatto che il (OMISSIS) fosse partecipe del sodalizio de quo. Elementi di riscontro non emergono neanche dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che nel corso della sua deposizione non ha mai riferito che il (OMISSIS) facesse parte del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS).
3.1.2. Il secondo motivo deduce violazioni di legge in ordine alla ritenuta configurabilita’ del reato associativo, atteso che la stessa non puo’ farsi derivare esclusivamente dalla commissione di uno dei reati-fine, ossia dall’isolata condotta estorsiva posta in essere ai danni dell’imprenditore (OMISSIS) (capo A5), ove si consideri che tutti gli imprenditori operanti nell’area di riferimento dell’organizzazione facente capo al (OMISSIS), escussi nel processo, hanno escluso qualsiasi ruolo dell’imputato nei diversi episodi estorsivi che li hanno visti come persone offese. Ne’, del resto, risulta che il (OMISSIS) abbia mai tratto direttamente o indirettamente degli utili o dei vantaggi dalle attivita’ estorsive dell’associazione, ovvero ne sia uno stipendiato.
3.1.3. Il terzo motivo prospetta violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione all’ipotizzata adesione dell’imputato al sodalizio, che la Corte d’appello fa erroneamente discendere da un iniziale atto di violenza subito su ordine del (OMISSIS), senza spiegare se la successiva permanenza tra le fila del “clan” sia stata frutto di una sua libera manifestazione di volonta’, ed anzi affermando che lo stesso vi abbia aderito mettendosi a disposizione per una “intima paura”.
3.2. Con il secondo ricorso sono stati dedotti i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente esposti.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

3.2.1. Nel primo motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione alla ritenuta configurabilita’ del concorso nel delitto di estorsione aggravata di cui al capo A5), per avere la sentenza impugnata omesso di valutare il quadro indiziario in relazione alla specifica posizione del (OMISSIS) e alle modalita’ della sua partecipazione al reato cosi’ come contestato, avuto riguardo alle contraddittorie dichiarazioni rese nel corso delle indagini e nel dibattimento dalla persona offesa (OMISSIS), alla mancata considerazione delle dichiarazioni di altro teste – (OMISSIS) – che non ha mai fatto riferimento al ruolo di intermediario che il (OMISSIS) avrebbe assunto nella vicenda de qua, nonche’ alla circostanza che i diversi collaboratori di giustizia escussi nell’istruttoria dibattimentale non hanno fatto cenno alla partecipazione dell’imputato alla richiesta estorsiva nei confronti della persona offesa, ne’ ad una sua partecipazione alla divisione dei relativi proventi. Sarebbe da escludere, dunque, il concorso nell’estorsione da parte dell’imputato, non essendo emersa alcuna certezza che il suo ruolo sia andato oltre quello di un semplice mediatore, con la finalita’ di perseguire l’interesse della vittima per motivi di umana solidarieta’.
3.2.2. Il secondo motivo di doglianza prospetta analoghi vizi in relazione alla ritenuta configurabilita’ del delitto di partecipazione all’associazione di cui al capo A1), non avendo la Corte distrettuale considerato che dagli atti processuali non e’ emerso alcun avvicinamento del (OMISSIS) agli imprenditori locali al fine di effettuare estorsioni in nome e per conto del sodalizio, ne’ che egli abbia fatto da intermediario tra loro e il (OMISSIS). Nessuno degli imprenditori escussi, infatti, ha parlato dell’imputato, la cui partecipazione al sodalizio, peraltro, non e’ confermata neppure dai collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre dalle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) si evince che lo stesso ha dato ordine ai suoi collaboratori di picchiare il (OMISSIS) al fine di fargli pagare una richiesta estorsiva e di fargli comprendere che doveva sottostare alle sue richieste senza protestare. Nessun concreto elemento indiziario a sostegno della sua partecipazione all’associazione puo’ trarsi, inoltre, dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche o ambientali vagliate dai Giudici di merito.
3.2.3. Con il terzo ed il quarto motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione sia in relazione alla omessa esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 7 cit. – non essendo stata accertata la finalizzazione della condotta all’agevolazione della consorteria criminosa – sia in ordine alla omessa riduzione al minimo della pena e all’erroneo diniego della concessione delle invocate attenuanti generiche, avuto riguardo all’incensuratezza dell’imputato e alla marginalita’ della sua posizione.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

3.3. Con motivi nuovi depositati nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 30 ottobre 2020 i predetti difensori di fiducia hanno sviluppato ulteriori argomenti a sostegno dei motivi gia’ dedotti in ordine: a) alla prospettata esclusione degli elementi costitutivi della ritenuta partecipazione associativa, per avere la sentenza impugnata descritto le caratteristiche della condotta del (OMISSIS) secondo un’impostazione che, in diversi passaggi argomentativi (ad es., la’ dove ha fatto riferimento alle “prestazioni diffuse” che egli avrebbe fornito al sodalizio de quo, ovvero ai vantaggi che ne avrebbe tratto in conseguenza del suo ruolo di intermediario nell’attivita’ estorsiva), risulterebbe maggiormente coerente rispetto alla diversa fattispecie di concorso esterno di cui agli articoli 110 – 416 bis c.p.; b) alla conseguente non ipotizzabilita’ della circostanza aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, in relazione alla contestazione della condotta estorsiva di cui al capo A5), in quanto avvenuta sul presupposto che la stessa fosse stata commessa da un soggetto intraneo all’associazione.
4. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo vizi della motivazione in relazione alla configurabilita’ del tentato omicidio di (OMISSIS) sotto il profilo della idoneita’ degli atti posti in essere assieme a (OMISSIS), in ragione delle discrasie emerse nelle dichiarazioni dai predetti rese circa: a) la direzione dei colpi di arma da fuoco esplosi all’indirizzo della persona offesa (avendo il (OMISSIS) affermato di aver sparato al petto, laddove il (OMISSIS) riferiva di essere stato colpito alle spalle); b) la mancanza di chiarezza in ordine alla distanza tra la persona offesa e coloro (il (OMISSIS) e il predetto (OMISSIS)) che l’avrebbero attinta con colpi di arma da fuoco; c) l’intervento armato del (OMISSIS) dopo che la pistola del (OMISSIS) ebbe ad incepparsi; d) la direzione e il numero dei colpi effettivamente esplosi all’indirizzo della persona offesa.
4.1. Con un secondo motivo, inoltre, si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la chiamata in correita’ da parte del (OMISSIS) e quella in reita’ del (OMISSIS) si riscontrassero reciprocamente nella parte in cui hanno riferito dell’agguato posto in essere ai danni del (OMISSIS) e della partecipazione ad esso del (OMISSIS) nonostante le numerose divergenze emerse nella ricostruzione del fatto storico, per quel che attiene alla dinamica dell’azione delittuosa, al comportamento tenuto in quel frangente dal (OMISSIS) (il quale, secondo il (OMISSIS), sarebbe scappato alla guida dell’auto lasciando a piedi il (OMISSIS), dopo che costui aveva esploso un colpo di arma da fuoco all’indirizzo del primo), alla descrizione dei luoghi oggetto dell’agguato, ai connotati somatici del (OMISSIS) ed alle precauzioni adottate dagli attentatori per non farsi riconoscere al momento del fatto.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

4.2. Con un terzo motivo, infine, si lamenta la violazione dell’articolo 81 cpv. c.p., per avere la Corte distrettuale erroneamente escluso la sussistenza del medesimo disegno criminoso tra il reato de quo e quello di partecipazione all’associazione di tipo mafioso organizzata e diretta dai (OMISSIS), essendo, quest’ultima, un’organizzazione operante sul territorio in contrapposizione armata con altri gruppi criminali.
5. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione all’articolo 500 c.p.p., commi 4 e 5, per l’illegittima acquisizione al fascicolo del dibattimento dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini dal teste (OMISSIS) (imprenditore ascoltato con riferimento all’episodio estorsivo sub A13), del quale era rimasto vittima in data 18 ottobre 2011), in considerazione dell’assenza di concreti elementi a sostegno della minaccia che egli avrebbe subito e della insufficienza degli accertamenti volti a verificare la sussistenza di tale ipotetica coartazione, avuto riguardo sia all’arresto e all’inizio della collaborazione da parte di (OMISSIS), capo del sodalizio de quo, che alla conseguente mancanza di possibili ritorsioni dovute alla prosecuzione della sua attivita’ criminale nel momento in cui il teste ha reso, dopo molti anni dalla collaborazione del (OMISSIS), la propria deposizione in sede dibattimentale.
5.1. Con un secondo motivo si censurano analoghi vizi in merito all’erronea applicazione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, non potendosi ritenere che la conoscenza, da parte della vittima, del rapporto parentale tra l’imputato e il capo dell’omonimo sodalizio criminale costituisca un elemento di per se’ sufficiente ad acclarare il “metodo mafioso” che dovrebbe connotare il comportamento del soggetto attivo.
5.2. Con memoria pervenuta nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 25 gennaio 2021, il difensore ha svolto ulteriori argomentazioni a sostegno dei motivi di ricorso ed ha insistito sul loro accoglimento, rimarcando in particolare il fatto che non sono stati individuati precisi e concreti elementi sintomatici dell’intimidazione che il dichiarante avrebbe subito, con la conseguente erronea applicazione del meccanismo di acquisizione del verbale ai sensi dell’articolo 500 c.p.p., comma 4, tenuto altresi’ conto della circostanza che alcuna domanda e’ stata rivolta al teste affinche’ spiegasse le ragioni dell’avvenuta, parziale, ritrattazione.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

6. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo plurimi vizi della motivazione in relazione alla ritenuta intraneita’ all’associazione di stampo camorristico riconducibile al (OMISSIS) (capo A1), per non avere i Giudici di merito adeguatamente valorizzato le dichiarazioni rese dai collaboratori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui contenuto – affatto convergente, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale – poneva in rilievo una serie di elementi dimostrativi sia dell’omessa considerazione del ruolo svolto dal (OMISSIS) nell’associazione, sia della sua estraneita’ alle condotte estorsive che costituivano la principale attivita’ del sodalizio, sicche’ il suo contributo avrebbe dovuto correttamente riqualificarsi come concorso esterno ne(reato di cui all’articolo 416 bis c.p..
6.1. Con un secondo motivo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione all’erroneo diniego delle invocate attenuanti generiche, nonostante l’eta’ avanzata dell’imputato, la sua sostanziale incensuratezza e il fatto di non essersi mai reso responsabile della realizzazione di azioni violente.
7. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con un primo motivo violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione al mancato proscioglimento ex articolo 649 c.p.p., che la Corte distrettuale avrebbe dovuto pronunciare a fronte di una sentenza di condanna della medesima Corte d’appello in data 21 novembre 2013, divenuta irrevocabile il 21 novembre 2014, per il delitto di favoreggiamento personale aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 7, commesso dall’imputato in epoca ricompresa fra il 2004 e il 2008. Con la sentenza impugnata, di converso, la Corte ha erroneamente ritenuto provata la partecipazione all’associazione per gli anni dal 2004 al 2011 – ricomprendendovi, pertanto, anche il periodo relativo agli anni 2008-2011 successivi al suo ritorno in Italia dalla Francia – pur in assenza di elementi estrinseci idonei a confermare le dichiarazioni al riguardo rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS). Anche altre vicende delittuose richiamate dalla sentenza impugnata – come quella relativa ad una tentata estorsione aggravata ex articolo 7 legge cit. commessa ai danni di tale Policastro e la predisposizione di un’ulteriore attivita’ di supporto in favore di una latitanza del (OMISSIS) nel 2011 – avrebbero dovuto essere oggetto della invocata sentenza di proscioglimento perche’ ricomprese nell’unicita’ del disegno criminoso ovvero in quanto assorbite dal reato di favoreggiamento per il quale si era formato il giudicato.

 

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7.1. Con un secondo motivo si lamentano violazioni di legge in relazione all’articolo 192 c.p.p., per avere la sentenza impugnata erroneamente valutato le censure difensive mosse in sede di gravame con riferimento alla attendibilita’ e alla genericita’ delle dichiarazioni rese dal chiamante in correita’ (OMISSIS) e dall’altro collaboratore (OMISSIS), pur in assenza di riscontri estrinseci concretamente utilizzabili.
8. Nell’interesse di (OMISSIS) hanno proposto separati atti di ricorso per cassazione l’avv. (OMISSIS) e l’avv. (OMISSIS).
8.1. Con il primo ricorso sono stati dedotti i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente esposti.
8.1.1. Nel primo motivo si censurano violazioni di legge per l’erronea interpretazione dell’aggravante di cui all’articolo 7 legge cit. (oggi prevista nell’articolo 416 bis 1 c.p.), in quanto ritenuta dalla Corte d’appello sussistente per il solo fatto che la condotta di favoreggiamento sia stata posta in essere a vantaggio di un esponente apicale del sodalizio, senza accertare se tale finalita’ abbia costituito l’obiettivo diretto della condotta per agevolare nel suo insieme l’attivita’ dell’associazione oggetto di contestazione.
Il reato associativo, peraltro, e’ contestato in relazione ad un arco temporale delimitato fra il 19 novembre 2009 ed il 21 giugno 2011, laddove la condotta di favoreggiamento sarebbe stata consumata nel periodo ricompreso fra l’aprile ed il giugno del 2009, dunque ben cinque mesi prima dell’inizio della contestazione del reato associativo di cui al capo A1) nei confronti del (OMISSIS), quale capo di un’organizzazione di stampo camorristico da lui stesso promossa, diretta ed organizzata.

 

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8.1.2. Con un secondo motivo si eccepisce la violazione degli articoli 157 e 161 c.p., atteso che il venir meno della richiamata aggravante di cui all’articolo 7 legge cit. rende inapplicabile il comma 6, di cui all’articolo 157 c.p., con la conseguente permanenza del termine ordinario di prescrizione pari a sei anni, che nel caso di specie e’ interamente decorso tenuto conto del fatto che la data di consumazione del reato e’ stata individuata nel giugno 2009 ed il primo atto interruttivo della prescrizione e’ rappresentato dalla emissione del decreto che dispone il giudizio in primo grado in data 8 aprile 2016.
8.1.3. Con un terzo motivo si lamenta l’erroneo diniego della concessione delle attenuanti generiche.
8.2. Con il secondo ricorso sono stati dedotti i motivi di doglianza qui di seguito sinteticamente esposti.
8.2.1. Il primo motivo lamenta violazioni di legge e plurimi vizi della motivazione in punto di affermazione della responsabilita’, atteso che, al di la’ di un risalente rapporto di amicizia fra l’imputata e la moglie del (OMISSIS), (OMISSIS), l’unico elemento di riscontro delle dichiarazioni rese dal predetto collaboratore sarebbe costituito dalle intercettazioni telefoniche, il cui contenuto, pero’, fa emergere solo un rapporto di frequentazione tra le due donne, non anche la realizzazione delle attivita’ materiali attraverso le quali si sarebbe concretizzato il delitto di favoreggiamento, irrilevante dovendosi ritenere, sotto altro profilo, la circostanza relativa alla lunga frequentazione del (OMISSIS) con il marito della (OMISSIS). Del tutto apodittiche e congetturali, in assenza di specifici riscontri, devono ritenersi, al riguardo, le affermazioni secondo cui l’imputata avrebbe accompagnato la moglie del (OMISSIS) presso l’abitazione ove egli dimorava durante la sua latitanza.
8.2.2. Con un secondo motivo si lamentano analoghi vizi in merito alla configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 7 legge cit. – non avendo l’imputata favorito l’associazione capeggiata dal (OMISSIS), ma, semmai, il suo rapporto con la moglie – e con un terzo motivo si lamentano, infine, l’immotivato diniego delle invocate attenuanti generiche e l’eccessivita’ del trattamento sanzionatorio nella determinazione della pena base.
8.3. Con motivi aggiunti depositati nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 30 ottobre 2020 l’avv. (OMISSIS) ha sviluppato ulteriori argomenti a sostegno dell’erronea applicazione della richiamata aggravante sul duplice assunto che la finalita’ agevolatrice dell’associazione mafiosa avrebbe dovuto costituire l’oggetto di una rigorosa verifica processuale e che nessun elemento di prova e’ stato acquisito in ordine all’esistenza di un effettivo ruolo apicale del (OMISSIS) nell’arco temporale rispettivamente preso in considerazione sulla base del necessario raffronto fra le due contestazioni enucleate sub A1) – mossa al (OMISSIS) quale presunto favorito – e A16 – rivolta alla (OMISSIS) sulla base della presunta posizione apicale del (OMISSIS) -, non avendo la sentenza impugnata specificato se si faccia riferimento al “clan (OMISSIS)” – al quale il (OMISSIS) era stato affiliato – ovvero all’omonimo “clan”, che si trovava in rapporto di vassallaggio con il primo.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Fondato deve ritenersi, entro i limiti e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
1.1. In ordine al primo motivo di doglianza devono anzitutto ribadirsi i principi stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. Un., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670; v., inoltre, Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, dep. 2008, Addante, Rv. 238839), secondo cui la condotta di partecipazione ad una associazione di tipo mafioso e’ riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Entro tale prospettiva, la Corte ha precisato che la partecipazione puo’ essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita’ di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche’ si tratti di indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura, della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero’ significativi facta concludentia -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione.
Va dunque sottolineata l’esigenza di individuare, “piu’ che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale”, alla stregua di elementi paradigmatici di riferimento, non tassativamente catalogabili, ma in grado di offrire, al di fuori di qualsiasi “automatismo probatorio”, una “sicura dimostrazione” della costante intraneita’ al sodalizio, con specifico riferimento alla delimitazione temporale del tema d’accusa.

 

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1.2. Ora, dei profili inerenti alla ritenuta credibilita’ soggettiva e all’attendibilita’ intrinseca dei su indicati collaboratori di giustizia ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) la Corte territoriale ha offerto congrue ragioni giustificative sia nell’esaminare partitamente le posizioni soggettive di ciascuno dei dichiaranti in relazione alla genesi ed ai contenuti delle rispettive scelte collaborative (per il (OMISSIS) spiegandone al contempo le ragioni della temporanea ritrattazione in conseguenza dell’iniziale ripensamento determinato dal timore per l’incolumita’ dei proprio familiari), sia nell’affrontare e disattendere ciascuna delle obiezioni difensive al riguardo formulate sulla base di sequenze argomentative coerentemente illustrate ed immuni da vizi logico-giuridici deducibili in questa Sede.
Del su esposto quadro di principî affermati da questa Suprema Corte, tuttavia, la sentenza impugnata non ha fatto buon governo la’ dove ha esaminato, senza approfondirne adeguatamente le specifiche implicazioni sul piano del giudizio di responsabilita’, la sostanza delle richiamate censure difensive in ordine ai vizi motivazionali involgenti le modalita’ di apprezzamento del contenuto delle prove dichiarative riguardo alla prospettata assenza delle necessarie connotazioni di specificita’ e convergenza che avrebbero dovuto caratterizzare l’insieme degli elementi di riscontro individuati a sostegno della ritenuta partecipazione del ricorrente e della portata del contributo causalmente rilevante che egli avrebbe, in tesi, effettivamente fornito al sodalizio in contestazione.
1.3. Muovendo dalla ritenuta partecipazione al sodalizio nel ristretto arco temporale ricompreso fra la seconda meta’ del 2004 e l’inizio del 2006, la sentenza impugnata ha attribuito al ricorrente un ruolo di referente per le attivita’ estorsive poste in essere sul territorio, senza individuarne alcuna a lui concretamente attribuibile per conto della predetta organizzazione lungo l’intero periodo preso in considerazione.
Nel richiamare, infatti, il contributo dichiarativo reso dal (OMISSIS) in merito alle estorsioni dal ricorrente commesse per conto del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS) alcun elemento di riscontro specifico e’ stato preso in esame e valorizzato sotto tale profilo, ne’ sono state congruamente affrontate le connesse deduzioni puntualmente formulate in sede di gravame riguardo alla – pregressa e successiva – affiliazione del ricorrente ad altro sodalizio criminale, tenuto conto delle circostanze di fatto desumibili dalle sentenze di condanna irrevocabili pronunciate per la partecipazione del ricorrente al “clan (OMISSIS)” dal 1998 sino al novembre 2004 e per le plurime condotte estorsive da lui successivamente commesse nel 2013 al fine di agevolare tale sodalizio, ove si consideri, al contempo, la ridotta incidenza dei prospettati intervalli temporali in cui il ricorrente si sarebbe trovato in stato di liberta’ (ossia dal 2004 al 2007 e dal 2012 al marzo 2014).

 

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Entro tale prospettiva, dunque, avrebbero dovuto essere vagliati gli argomenti difensivi incentrati sulla persistente continuita’ di affiliazione del (OMISSIS) al sodalizio dei (OMISSIS) e sulla prospettata assenza di eventi interruttivi della relativa condotta di partecipazione lungo l’intero arco temporale ricompreso fra il 1998 e il 2013, tenuto conto, fra l’altro: a) del fatto che ne’ la moglie dell’esponente apicale del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS), ne’ il suo compagno di latitanza ( (OMISSIS)) hanno dichiarato di conoscere il (OMISSIS); b) della genericita’ delle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) in merito alle modalita’ di realizzazione e all’indicazione delle vittime delle condotte estorsive nelle quali il (OMISSIS) sarebbe rimasto coinvolto; c) della genericita’ del riferimento – privo di un elemento di riscontro esterno a carattere individualizzante – operato ad una persona di fiducia di (OMISSIS) (tale “Totore”) in una conversazione oggetto di intercettazione telefonica del 26 ottobre 2004, svoltasi fra lo stesso (OMISSIS) ed un ignoto interlocutore, che veniva sollecitato dal primo al fine di contattare il suo uomo di fiducia, si’ da poterlo raggiungere con urgenza in Francia, durante la sua latitanza, per portargli beni di prima necessita’ e documenti; d) della peculiarita’ della posizione del ricorrente, in ragione dei molteplici fattori costituiti dal limitato contributo partecipativo che egli avrebbe offerto quale referente nel settore delle estorsioni per il solo periodo di circa un anno e mezzo, dal pregresso rapporto di conoscenza e frequentazione con (OMISSIS), dall’accertamento della pregressa intraneita’ di entrambi al medesimo “clan (OMISSIS)” sino al luglio del 2004 – essendo stati ambedue condannati con sentenza del Tribunale di Napoli divenuta irrevocabile il 24 aprile 2006 – e dalla stretta contiguita’ spazio-temporale dei due sodalizi.
Nella stessa motivazione della sentenza impugnata, peraltro, si fa espressamente riferimento ad un rapporto di stretta dipendenza, o meglio ad una sorta di “vassallaggio”, dell’intero “clan” (OMISSIS) rispetto a quello di maggiore importanza dei (OMISSIS), parimenti operante nel territorio nolano, e pur individuandosi nella persona del ricorrente un uomo di fiducia “subalterno” al (OMISSIS) si pone in rilievo – senza vagliarne adeguatamente le implicazioni ai fini della configurabilita’ della contestata fattispecie associativa – la circostanza di fatto che egli avrebbe goduto di una “protezione” da parte del “clan (OMISSIS)” che gli avrebbe evitato il rischio di una “condanna a morte”, di converso subita da un’altra persona intranea al sodalizio del (OMISSIS) ( (OMISSIS)) per aver posto in essere le medesime condotte (ossia attivita’ estorsive per conto proprio) contestate al (OMISSIS).
Non adeguatamente vagliate risultano, inoltre, le obiezioni mosse in sede di gravame riguardo al contenuto delle ivi richiamate dichiarazioni del (OMISSIS) – sul fatto che il (OMISSIS) era da considerare un affiliato dei (OMISSIS) -nonche’ di quelle rese dal (OMISSIS) sul fatto che il ricorrente era considerato uno dei personaggi di primo piano del “clan (OMISSIS)” nel 2005, allorquando il predetto dichiarante ebbe modo di conoscerlo all’atto della sua scarcerazione.

 

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Analoghe considerazioni devono svolgersi in ordine alle rilevanti implicazioni sottese alle ulteriori argomentazioni critiche mosse in sede di gravame riguardo: a) al contenuto delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in ordine alla sua volonta’ di eliminare il (OMISSIS) e al veto opposto dal fratello (OMISSIS) per la necessita’ di metterne preventivamente al corrente il “clan (OMISSIS)” ed ottenerne, sul punto, un’autorizzazione logicamente spiegabile solo in forza dell’affiliazione del ricorrente a tale sodalizio; b) alle dichiarazioni rese dallo stesso (OMISSIS) in merito ai rischi di un conflitto che sarebbe insorto con l’altro sodalizio qualora si fosse dato corso all’intenzione, prospettatagli dal fratello, di eliminare il (OMISSIS) perche’ non si fidava di lui.
1.4. A non dissimili conclusioni deve giungersi, inoltre, con riguardo alla ritenuta esclusione del nesso della continuazione rispetto alla precedente condanna irrevocabile pronunziata nei confronti del (OMISSIS) per il medesimo reato associativo (v., in narrativa, il par. 2.2.), non avendo la sentenza impugnata congruamente esaminato gli argomenti difensivi specificamente dedotti sia in ordine alla omissione del necessario accertamento preliminare inerente alla intervenuta rescissione ovvero al mantenimento del legame del (OMISSIS) con il sodalizio di riferimento (“clan (OMISSIS)”), sia in relazione all’omessa considerazione della prospettata circostanza che, a fronte della medesima evenienza storico-fattuale (ossia del pacifico dato della partecipazione di (OMISSIS) ad entrambe le su indicate associazioni), la stessa Corte d’appello aveva gia’ riconosciuto, con altra decisione, la configurabilita’ dei presupposti della unicita’ del medesimo disegno criminoso; cio’, a maggior ragione, ove si considerino gli elementi relativi alla accertata continuita’ temporale del distacco del gruppo capeggiato dal (OMISSIS) da quello originario dei (OMISSIS), alla contestuale operativita’ delle due associazioni sul medesimo territorio, alla parziale coincidenza delle compagini associative ed alle medesime finalita’ che ne hanno connotato il modus operandi.
1.5. Fondate devono altresi’ ritenersi le doglianze oggetto del terzo motivo di ricorso e del primo dei motivi aggiunti, ove si consideri, in relazione al reato di tentato omicidio commesso in danno di (OMISSIS) in Cicciano il 26 novembre 2004 (capo A8), che la sentenza impugnata mostra un andamento motivazionale incerto e contraddittorio in ordine alla disamina delle numerose obiezioni e dei rilievi critici sul punto formulati dalla difesa alla luce delle richiamate emergenze processali di fonte sia orale che documentale, e segnatamente: a) del fatto che dalla riferita diagnosi di accettazione del pronto soccorso ospedaliero emergeva la presenza di mere escoriazioni in danno del (OMISSIS), con una prognosi di soli dieci giorni; b) della esiguita’ dei danni (escoriazioni al volto e alle mani) cui faceva riferimento anche la relazione medico-legale del consulente della compagnia di assicurazioni “Fondiaria SAI”; c) della entita’ dei danni riportati dalla persona (Euro 2.000,00) e dalla motocicletta del (OMISSIS) (Euro 300,00) secondo l’esito della correlativa perizia estimativa; d) del fatto che, nel ricostruire la dinamica dell’evento, l’autista ( (OMISSIS)) della vettura sulla quale viaggiava anche il (OMISSIS) e la vittima (il (OMISSIS)) hanno fatto riferimento, di contro, alla presenza di fratture su tutto il corpo, ad una velocita’ dell’auto pari a circa 180 chilometri orari, ad un inseguimento prolungato per circa settecento-ottocento metri, ad un violento impatto del mezzo guidato dal (OMISSIS) contro il “guard-rail” e ad un successivo volo di venti metri della vittima; e) delle modalita’ con cui la persona offesa si reco’ presso il locale presidio ospedaliero (se a piedi, o trasportato da terzi ovvero da un’ambulanza o altro mezzo di soccorso); f) del fatto che la persona offesa fu dimessa dall’ospedale il giorno stesso dell’incidente; g) della forma e delle caratteristiche del contributo dal ricorrente offerto a titolo concorsuale nella realizzazione dell’azione delittuosa de qua; h) della circostanza (cui ha fatto riferimento il (OMISSIS)) che entrambi gli attentatori erano disarmati; i) della condotta susseguente all’investimento del (OMISSIS), allorquando i due attentatori, pur trovandosi nella condizione di reiterare l’azione lesiva, omisero di portarla a compimento.
Non risulta sorretto da un coerente e preciso vaglio argomentativo, inoltre, il passaggio motivazionale ove si fa genericamente riferimento ad un giudizio di compatibilita’ delle lesioni subite e dell’entita’ dei danni riportati dal mezzo guidato dalla persona offesa con il contenuto delle dichiarazioni sul punto rese dai predetti collaboratori.

 

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Analoghe incoerenze logico-argomentative sono registrabili in ordine ai tempi e alle modalita’ del conferimento del mandato omicidiario da parte di (OMISSIS), al quale i due attentatori avrebbero immediatamente riferito dell’azione posta in essere, informandolo di quanto avvenuto e ricevendone “anche un rimprovero per non averlo finito con il crick dell’auto”, avuto riguardo ai numerosi elementi di prova dedotti dalla difesa in ordine alla impossibilita’, per il (OMISSIS), di ricevere personalmente notizia di quanto accaduto dai due attentatori in considerazione della sua presenza in Francia (dall’ottobre del 2004 sino al gennaio del 2005) e non in Italia al momento del fatto, avvenuto, come si e’ visto, il 26 novembre 2004: profilo, questo, oggetto di puntuali rilievi critici in sede di gravame, che la sentenza impugnata ha illogicamente ritenuto di superare sulla base di affermazioni congetturali legate alla prospettazione della mera possibilita’ che il (OMISSIS), avendo in piu’ occasioni fatto avanti e indietro dalla Francia, abbia omesso di ricordare un suo ulteriore rientro in Italia proprio in prossimita’ di quell’evento delittuoso.
1.6. In ordine al quarto motivo di ricorso e al terzo dei motivi aggiunti deve rilevarsi, infine, come la circostanza aggravante di cui all’articolo 577 c.p., pur riconosciuta dalla sentenza impugnata, non sia stata puntualmente contestata nel tema d’accusa enucleato sub A8), ne’ possa ricavarsi dalla formulazione letterale della relativa imputazione, poiche’ non vi si precisa in alcun modo quale sarebbe stato in concreto il mezzo insidioso di cui la condotta delittuosa si sarebbe avvalsa nel caso di specie (al di la’ dell’insufficiente riferimento alla circostanza di fatto relativa ad un incrocio, sulla pubblica via, fra la motocicletta guidata dalla persona offesa e l’auto sulla quale viaggiavano gli imputati).
Sotto tale profilo, peraltro, nessun elemento sintomatico di un inganno nascostamente preparato ovvero di un mezzo idoneo a sorprendere l’attenzione della vittima risulta specificamente addotto, nella motivazione della sentenza impugnata, a sostegno dei presupposti giustificativi della ricorrenza della predetta aggravante, la cui configurabilita’ nel caso di specie deve conseguentemente escludersi.
1.7. Sulla base delle su esposte considerazioni, esclusa quanto al capo A8) l’aggravante di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, s’impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per un nuovo giudizio che, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, dovra’ eliminare i vizi rilevati, uniformandosi al quadro dei principi in questa Sede stabiliti, logicamente assorbite dovendosi ritenere, allo stato, le residue doglianze dal ricorrente formulate in ordine alla determinazione della pena ed alle ulteriori aggravanti della recidiva e dell’articolo 416 bis.1 c.p. (oggetto del quarto motivo di ricorso e del terzo motivo aggiunto).

 

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2. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ parzialmente fondato e deve pertanto accogliersi entro i limiti e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.
2.1. In ordine ai primi due motivi di doglianza le conformi decisioni di merito hanno specificamente e globalmente vagliato le medesime obiezioni difensive gia’ mosse in sede di gravame, e dall’odierno ricorrente qui reiterate, in ordine alla ricostruzione della dinamica delle vicende storico-fattuali enucleate nei capi A9) e A10), esaminando le divergenze al riguardo emerse dalle dichiarazioni rese sia dal collaboratore, e persona offesa, (OMISSIS), sia dall’altro collaboratore, e coimputato del (OMISSIS), (OMISSIS), ma coerentemente ritenendole, al contempo, di marginale e non decisiva rilevanza ai fini della configurabilita’ dei reati in contestazione, in quanto non incidenti sul nucleo essenziale del fatto criminoso.
Di tale epilogo decisorio, invero, la Corte distrettuale ha offerto una ragionevole giustificazione, la’ dove ha individuato le ragioni delle rilevate discrasie nella particolare concitazione del pericoloso frangente in cui l’azione delittuosa ebbe a dispiegarsi, nella diversa angolazione visuale delle prospettive di osservazione dei protagonisti della sparatoria e nella oggettiva difficolta’ di memorizzarne taluni, peraltro non decisivi, particolari, trattandosi di una condotta estrinsecatasi con repentine modalita’ di svolgimento ed entro un brevissimo lasso temporale, si’ da condizionarne la possibilita’ stessa di una dettagliata analisi ricostruttiva a distanza dal fatto.
Delineato il contesto in cui ebbe a maturare l’azione delittuosa in contestazione, si’ come deliberata contro un avversario “dichiarato” del sodalizio in esame – il (OMISSIS) – nei cui confronti il suo stesso esponente apicale (OMISSIS) – aveva formulato un mandato omicidiario dal quale scaturirono poi due attentati (oltre quello oggetto dei richiamati capi d’imputazione, un altro tentativo di omicidio commesso il 26 novembre 2004 e contestato sub A8) al (OMISSIS), a (OMISSIS) e al (OMISSIS)), la sentenza impugnata vi ha logicamente inquadrato le risultanze probatorie offerte dal contributo dichiarativo dei predetti collaboratori ( (OMISSIS) e (OMISSIS), anch’egli esponente di vertice dell’organizzazione criminale), ritenendo del tutto coerente, entro tale impostazione ricostruttiva, il coinvolgimento del (OMISSIS) – la cui presenza nel corso dell’azione criminosa e’ stata riferita da entrambi i dichiaranti – in quanto gia’ condannato, con sentenza irrevocabile del 18 marzo 2011, quale partecipe del “clan” (OMISSIS).
Al riguardo, in particolare, la Corte d’appello ha posto in evidenza la inequivoca convergenza delle rispettive dichiarazioni sul nucleo essenziale del fatto, escludendo, sulla base di argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici in questa Sede rilevabili, qualsiasi possibilita’ di dubbio in ordine alla partecipazione dei due imputati all’attentato in danno del (OMISSIS) e alla loro intenzione di ucciderlo, aspettandolo in un’autovettura parcheggiata sotto la sua abitazione, mentre rincasava a bordo di una moto, quindi esplodendo all’indirizzo della vittima, gia’ oggetto di pregressi atti ostili, una serie di colpi di arma da fuoco, senza riuscire, tuttavia, nel deliberato intento criminoso per cause indipendenti dalla loro volonta’.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Uno specifico elemento di riscontro e’ stato dalla Corte d’appello individuato nell’esito del sopralluogo svolto dagli organi investigativi dinanzi alla casa del (OMISSIS) due giorni dopo il fatto, ove furono effettivamente rinvenuti i proiettili (di diverso calibro) utilizzati nella sparatoria, in tal guisa ritenendosi oggettivamente confermata la complessiva attendibilita’ della ricostruzione offerta dai predetti dichiaranti anche in ordine all’illecita detenzione e porto in luogo pubblico delle armi dai correi utilizzate per attentare alla vita del (OMISSIS).
Sotto altro, ma connesso profilo, deve rilevarsi come la sentenza impugnata abbia offerto una congrua ed esaustiva disamina dei punti di divergenza narrativa in sede di gravame prospettati dall’odierno ricorrente, analizzandone partitamente le implicazioni in ordine alla complessiva dinamica del fatto e ragionevolmente escludendone, al contempo, la fondatezza ovvero qualsiasi connotazione di decisiva rilevanza con particolare riferimento, fra l’altro: a) al riconoscimento dei due attentatori da parte della persona offesa, nonostante le precalzioni da essi utilizzate al momento del fatto (una parrucca per il (OMISSIS), un cappellino per il (OMISSIS)), atteso che il (OMISSIS), vicino di casa e conoscente di lunga data del (OMISSIS), ebbe a riconoscerlo da subito, cosi’ come riconobbe anche l’altro attentatore grazie alle foto segnaletiche della Polizia giudiziaria; b) alle condizioni di buona visibilita’ assicurate in loco dalla presenza di alcuni lampioni pubblici riscontrata dagli organi investigativi all’atto del sopralluogo; c) alla circostanza che i colpi di arma da fuoco (cui fa riferimento il (OMISSIS), ma non il (OMISSIS)) esplosi anche dal (OMISSIS) all’indirizzo del (OMISSIS) possono non esser stati visti da quest’ultimo, perche’ esplosi dopo che lo stesso (OMISSIS) aveva sentito i primi colpi di pistola, oltrepassando con la sua motocicletta l’autovettura dei due attentatori e volgendo loro le spalle; d) al marginale rilievo da attribuirsi alla esatta indicazione del punto di impatto dei colpi da entrambi gli attentatori esplosi con le armi da fuoco da essi utilizzate per uccidere il (OMISSIS), come pure alla rilevata circostanza di fatto del diverso calibro di alcuni dei quattro proiettili rinvenuti sul luogo del delitto, a fronte di due pistole del medesimo calibro che, secondo quanto riferito dal (OMISSIS), erano da entrambi i correi pacificamente detenute al momento dell’attentato.
2.2. Fondato, di contro, deve ritenersi l’ultimo motivo di ricorso, non avendo la sentenza impugnata spiegato, con congrue argomentazioni, le ragioni addotte a sostegno del denegato riconoscimento del vincolo della continuazione rispetto al richiamato giudicato esterno di condanna avente ad oggetto il reato di partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio diretto dal (OMISSIS), tenuto conto del fatto: a) che la stessa Corte d’appello ha espressamente indicato nella persona della vittima “un bersaglio per cosi’ dire “dichiarato” del clan”, che a sua volta si trovava in contrapposizione armata con omologhe organizzazioni criminali operanti sul territorio; b) che proprio all’interno di tale contesto associativo e’ stata pacificamente ricondotta la maturazione della decisione di uccidere il (OMISSIS) in esecuzione di un mandato a tal fine formulato dal suo esponente di vertice; c) che proprio in ragione del contributo partecipativo prestato dal (OMISSIS) in favore del predetto sodalizio criminale e’ stato ritenuto logicamente coerente con il ruolo da lui assuntovi (si’ come accertato per effetto della sentenza irrevocabile della Corte di appello di Napoli del 7 ottobre 2010) il diretto coinvolgimento nell’esecuzione del mandato omicidiario in quel medesimo contesto conferitogli.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

2.3. Limitatamente alla prospettata configurabilita’ dei presupposti giustificativi del vincolo della continuazione s’impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello in dispositivo indicata, affinche’, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, provveda a colmare i su indicati vizi della motivazione, procedendo, se del caso, alla rideterminazione della pena finale.
Integralmente richiamate le su esposte considerazioni, il ricorso del (OMISSIS) deve invece essere dichiarato inammissibile riguardo alle ulteriori ragioni di doglianza ivi prospettate, con la conseguente declaratoria di irrevocabilita’, ex articolo 624 c.p.p., comma 2, dell’accertamento di responsabilita’ in relazione ai reati contestati.
3. Parimenti fondato deve ritenersi il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS), non avendo la sentenza impugnata fatto buon governo dei principi stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. 1, n. 9646 del 19/10/2016, dep. 2017, Marzano, Rv. 269272), secondo cui, ai fini dell’utilizzo, ai sensi dell’articolo 500 c.p.p., comma 4, delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli “elementi concreti” sulla base dei quali puo’ ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinche’ non deponga ovvero deponga il falso devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasivita’, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purche’ connotati da precisione, obiettivita’ e significativita’, e quindi idonei ad escludere che la condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma dalla sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dovere di testimonianza davanti l’Autorita’ giudiziaria.
Se e’ vero, inoltre, che il procedimento incidentale diretto ad accertare se il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro al fine di non deporre o di deporre il falso non richiede una prova certa oltre ogni ragionevole dubbio, e’ pur vero che lo stesso deve comunque fondarsi su elementi sintomatici e rivelatori dell’intimidazione subita dal teste, connotati da precisione e persuasivita’, non potendo ritenersi sufficienti i meri sospetti o soltanto il timore soggettivo di poter essere minacciato (Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Aloia, Rv. 257978).
Nel caso in esame, invero, non risultano provate, ma solo ipotizzate, le condizioni previste dall’articolo 500 c.p.p., comma 4, per procedere alla rituale acquisizione dei verbali delle dichiarazioni predibattimentali del teste (OMISSIS), che in udienza ha reso dichiarazioni difformi rispetto alla ricostruzione fattuale oggetto del suo precedente contributo dichiarativo in merito alle modalita’ della richiesta estorsiva in contestazione e al tipo di comportamento che l’imputato avrebbe tenuto: dalla rilevata, patente, discrasia fra le precedenti e le nuove dichiarazioni rese dal teste la sentenza impugnata, senza addurre al riguardo alcun elemento specifico e concreto di coartazione della volonta’ del testimone, ha apoditticamente inferito l’esistenza di pressioni che, “originate dal contesto delinquenziale locale”, l’avrebbero costretto ad una totale inversione rispetto al precedente contributo narrativo.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, s’impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinche’ la Corte d’appello in dispositivo indicata, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, provveda ad eliminare i vizi sopra rilevati, uniformandosi al quadro dei principii in questa Sede stabiliti.
4. Inammissibile deve ritenersi il ricorso proposto da (OMISSIS), poiche’ l’adeguatezza e logicita’ della motivazione della sentenza impugnata non sono state poste in crisi dalle su indicate doglianze, limitandosi il ricorrente a prospettare critiche involgenti la valutazione dalla Corte d’appello resa in ordine alle implicazioni del materiale probatorio sottoposto al suo esame, cosi’ delineandone, per giunta, una contrapposta rivisitazione sulla base di ipotizzati vizi motivazionali di cui l’analisi dell’impugnata decisione non offre traccia.
4.1. Entro tale prospettiva, invero, e’ agevole rilevare come il tessuto motivazionale della sentenza impugnata offra una esaustiva e lineare valutazione dei diversi tasselli del quadro probatorio, la cui specifica rilevanza e’ stata dai Giudici di merito puntualmente apprezzata al fine di inquadrare la condotta di partecipazione al sodalizio diretto dal (OMISSIS), ove il ricorrente, imprenditore operante nel settore idraulico, svolgeva un ruolo non limitato solo all’attivita’ di intermediazione fra l’organizzazione criminale e gli imprenditori avvicinati a fini estorsivi, ma estesa anche a quella di consulente del suo stesso esponente di vertice nei periodi in cui si rese necessaria la riorganizzazione del gruppo.
Sono state al riguardo valorizzate, in particolare, le convergenti dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia, avendo la sentenza impugnata illustrato, in primo luogo, il complesso degli elementi ricavati dal contributo narrativo offerto da (OMISSIS), la’ dove egli ha chiaramente delineato il ruolo di intermediario assunto dal ricorrente nel settore delle estorsioni, soggiungendo come, proprio su consiglio del (OMISSIS), che intratteneva rapporti con un ispettore della Polizia di Stato poi arrestato per i suoi rapporti con organizzazioni di stampo camorristico, fosse stato organizzato un incontro fra lo stesso (OMISSIS) e il predetto pubblico ufficiale.
Richiamati gli elementi acquisiti in sede investigativa per quel che attiene al riscontrato rapporto di frequentazione con il soggetto di vertice del sodalizio controllato all’interno di un’autovettura in compagnia del (OMISSIS) e di un altro sodale – la sentenza impugnata ha puntualmente esaminato e disatteso le obiezioni difensive sul punto formulate, spiegando come l’adesione del ricorrente all’associazione, pur caratterizzata da un iniziale atto di forza ad opera del (OMISSIS), fu poi seguita da una volontaria partecipazione alle sue attivita’ ed ai suoi obiettivi, attraverso l’espletamento in piena liberta’ del ruolo di mediatore in favore dell’organizzazione, irrilevante dovendosi ritenere, ai fini della configurabilita’ della fattispecie associativa di cui all’articolo 416-bis c.p., l’intima sfera delle motivazioni che possono averne determinato la messa a disposizione del proprio contributo operativo nel settore delle estorsioni commesse ai danni di altri imprenditori operanti nella medesima realta’ territoriale.
Sotto tale profilo, in particolare, la Corte territoriale ha dato conto delle inequivoche dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore (OMISSIS), il cui contenuto in merito alla tipologia del ruolo concretamente assunto dal (OMISSIS) e’ stato confermato sia dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che da quelle di altri collaboratori ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), laddove quelle rese dal (OMISSIS) – che non ha fatto riferimento al (OMISSIS) allorquando si e’ espresso in merito ai soggetti partecipi del “clan” – sono state motivatamente ritenute ininfluenti al fine qui considerato, di per se’ non escludendo, il dato relativo alla mancata conoscenza dell’imputato da parte del dichiarante, il fatto che il predetto imputato vi abbia aderito.
4.2. Analoghe considerazioni devono svolgersi in ordine al coinvolgimento del ricorrente nell’estorsione commessa ai danni dell’imprenditore (OMISSIS) (capo A5), avendo la sentenza impugnata puntualmente illustrato le ragioni giustificative del correlativo epilogo decisorio, la’ dove ha ricostruito l’intera vicenda storico-fattuale e specificamente vagliato il contenuto della deposizione resa in dibattimento dalla persona offesa, ponendo segnatamente in evidenza quanto segue: a) che dopo una settimana dall’intervento di (OMISSIS) a seguito dell’inizio dei lavori nel relativo cantiere (circostanza nella quale il (OMISSIS) gli chiese se si era “messo a posto”), il (OMISSIS) chiese al (OMISSIS) conferma del fatto che doveva “mettersi a posto”, ricevendone una risposta affermativa, con la precisazione che doveva pagare la somma di ventimila Euro; b) che la persona offesa era a conoscenza del fatto che il destinatario finale del pagamento era (OMISSIS); c) che dopo la precisazione da parte del (OMISSIS) in ordine alla necessita’ del pagamento e all’ammontare di quanto dovuto, il (OMISSIS) gli chiese un intervento per ottenere uno sconto sulla entita’ della somma indicatagli, ottenendone poco dopo una risposta negativa dal chiaro tenore (“devi pagare ventimila Euro e basta”); d) che in seguito all’intervento del (OMISSIS) entro’ in scena il coimputato (OMISSIS), cui la persona offesa materialmente verso’, in due parti, la somma richiesta.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Al riguardo, inoltre, la sentenza impugnata ha preso in esame e coerentemente disatteso le su esposte obiezioni difensive osservando: a) che la precisa indicazione della somma necessaria venne data alla persona offesa proprio dal ricorrente, sia in occasione del primo incontro fra le parti che in risposta alla richiesta di sconto nell’occasione avanzata allo stesso (OMISSIS); b) che l’aspetto rilevante della vicenda non sta nell’individuazione di chi, fra i due, abbia preso l’iniziativa per avere conferma della necessita’ di “mettersi a posto”, quanto nel fatto che e’ proprio l’imputato, a fronte della richiesta proveniente dalla persona offesa, ad affermare la necessita’ di provvedere all’indebito pagamento di una somma la cui cifra e’ da lui perfettamente conosciuta; c) che la successiva attivita’ di interlocuzione dal ricorrente posta in essere prima della comunicazione della risposta negativa era chiaramente accordata per conoscere l’esito della richiesta avanzata al capo dell’organizzazione criminale operante sul territorio, ossia al (OMISSIS); d) che il (OMISSIS), pertanto, ha fatto da latore della richiesta di sconto proveniente dalla vittima, comunicandole in seguito il rigetto deciso dal destinatario del pagamento estorsivo; e) che la possibilita’, per il (OMISSIS), di interagire con l’esponente apicale dell’associazione dominante sul territorio e di presentargli tale richiesta in nome e per conto della vittima costituiva un ulteriore elemento di conferma della sua piena intraneita’ al sodalizio, in linea con quanto univocamente dichiarato dai predetti collaboratori circa il ruolo che il ricorrente effettivamente ebbe a ricoprirvi.
4.3. All’interno di tale precisa impostazione ricostruttiva della vicenda oggetto del tema d’accusa descritto nel capo A5), risultano del tutto assenti, nell’attivita’ di intermediazione in concreto svolta dall’imputato, gli elementi sintomatici di un comportamento dettato da motivi di solidarieta’ umana, ovvero di qualsiasi finalita’ di perseguire gli interessi della vittima (ex multis cfr. Sez. 2, n. 37896 del 20/07/2017, Benestare, Rv. 270723), laddove il suo comportamento e’ stato orientato all’esclusivo fine di favorire le attivita’ e gli interessi del sodalizio operante sul territorio, sfruttando il patrimonio di conoscenze e la sua posizione nella realta’ locale per individuare i cantieri edili e gli imprenditori da avvicinare per sottoporli alle richieste estorsive provenienti dall’organizzazione.
Congruamente disattese, dunque, devono ritenersi le censure formulate in ordine alla ritenuta configurabilita’ dell’aggravante di cui all’articolo 7 cit. (sostituita dall’attuale previsione dell’articolo 416 bis 1 c.p.), cosi’ come quelle incentrate sulla dosimetria della pena e sulla denegata concessione delle evocate attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale puntualmente giustificato l’esercizio del correlativo potere discrezionale di merito valorizzando i profili – immuni da qualsiasi rilievo in questa Sede deducibile – attinenti alla rilevante gravita’ dei fatti posti in essere e all’efficacia del contributo dal ricorrente prestato quale intermediario attivo in favore della predetta organizzazione.
4.4. In definitiva, la congiunta lettura che le conformi sentenze di merito registrano delle emergenze processuali, sia analiticamente che globalmente valutate, accredita, sulla base di un ragionevole percorso logico-espositivo, il giudizio di penale responsabilita’ dell’imputato, giustificando il relativo apprezzamento di merito non attraverso il mero assemblaggio di elementi indiziari, ma in forza di un’attenta opera di selezione dei dati conoscitivi raccolti ed attentamente vagliati al fine di ricomporre il quadro probatorio delineato a carico dell’imputato.
Ne’, peraltro, il Giudice di legittimita’ potrebbe sostituire una propria valutazione a quella compiuta nei gradi di merito, dovendosi in questa Sede saggiare la complessiva tenuta logica della sentenza sottoposta alla sua cognizione, senza oltrepassare i limiti riconnessi all’accertamento della coerenza strutturale del discorso giustificativo, ne’, tanto meno, sovrapporre un’attivita’ di verifica, rispetto alle correlative acquisizioni processuali, della rispondenza dell’apparato argomentativo di cui il giudice di merito si e’ servito, dovendo il prospettato vizio motivazionale risultare, per cio’ stesso, palese e di immediata riconoscibilita’, ossia di spessore tale da emergere ictu oculi.
5. Parimenti inammissibile, inoltre, deve ritenersi il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) per manifesta infondatezza ed aspecificita’ delle doglianze ivi enunciate, avendo la sentenza impugnata congruamente ed esaustivamente illustrato le ragioni giustificative del percorso decisorio sulla cui. base ha preso in esame e disatteso le obiezioni mosse in appello, finanche in questa Sede riproposte senza sviluppare un confronto criticamente orientato a confutare in maniera puntuale e specifica il complesso delle argomentazioni esposte nella motivazione delle conformi decisioni di merito.
In ordine ai richiamati profili di doglianza, invero, la Corte distrettuale ha ampiamente analizzato il contenuto ed il complessivo tenore della conversazione oggetto d’intercettazione ambientale in carcere fra l’imputato ed il cognato (OMISSIS) (esponente apicale del sodalizio che dirigeva nei periodi di assenza del fratello (OMISSIS)), motivatamente inferendone la piena intraneita’ del ricorrente al sodalizio, nel ragguagliare il (OMISSIS) sulla situazione relativa allo status libertatis di varie persone affiliate o comunque di interesse per la consorteria e nel riferirgli, altresi’, di fatti e situazioni rilevanti in merito alle condotte estorsive e alle persone che non soddisfacevano le richieste di pagamento, ricevendone conseguentemente un mandato a conferire con esse e a sua volta dando consiglio al cognato sulla strategia criminale da intraprendere quando egli sarebbe stato scarcerato.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Pienamente convergenti in relazione alle funzioni di esattore dei ratei estorsivi svolte dal (OMISSIS) per conto del sodalizio sono state altresi’ ritenute le dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori (OMISSIS) (anch’egli cognato del (OMISSIS)) – che lo ha indicato come uno dei principali estorsori del gruppo, tanto da esser stato condannato per la condotta estorsiva commessa ai danni di (OMISSIS) di cui al capo A15) – e (OMISSIS), che ha riferito circa il ruolo esecutivo svolto dall’imputato in occasione del ritiro e della consegna dei proventi delle attivita’ di estorsione decise dal “clan” e commesse in danno di imprenditori locali.
Ulteriori elementi di riscontro sono stati offerti, al riguardo, sia dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) – al quale una delle persone offese, tale Santaniello, titolare di un’impresa di pompe funebri, ha riferito in merito alla consegna mensile di una tangente nelle mani del (OMISSIS), che poi ne curava la consegna a (OMISSIS) – sia da quelle rese dallo stesso Santaniello e dalla teste (OMISSIS) (moglie del (OMISSIS), secondo cui il (OMISSIS) portava a casa del marito del danaro proveniente da Nola).
Sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (OMISSIS) coerentemente ritenute attendibili sul piano intrinseco ed estrinseco dalle conformi decisioni di merito – il (OMISSIS) e’ stato ritenuto responsabile anche del reato fine di estorsione ai danni del predetto imprenditore (capo A5), rimasto vittima di una richiesta proveniente dal sodalizio criminale in esame, che egli ebbe a soddisfare versando i pagamenti delle tranches direttamente nelle mani dell’imputato: ampiamente ricostruita la vicenda storico-fattuale oggetto del correlativo tema d’accusa, la Corte distrettuale ha puntualmente esaminato e disatteso le obiezioni difensive al riguardo mosse, per un verso spiegando, con argomenti logicamente esposti ed immuni da vizi in questa Sede deducibili, le ragioni per le quali le dichiarazioni della persona offesa dovevano ritenersi attendibili ed affatto contraddette dai rilievi difensivi, per altro verso indicandone gli elementi di riscontro offerti dalle dichiarazioni del teste (OMISSIS) – circa il luogo del pagamento, specificamente individuato nella sua barberia, ove il (OMISSIS) era “quasi ogni giorno” presente – e da quelle di (OMISSIS), alle cui ulteriori richieste estorsive la persona offesa, gia’ contattata dal sodalizio in esame tramite il (OMISSIS), oppose un rifiuto dicendogli che gia’ provvedeva al pagamento in favore della predetta organizzazione versando il dovuto nelle mani del (OMISSIS).
Adeguatamente motivata, infine, deve ritenersi, in ragione della obiettiva gravita’ dei fatti di reato e delle modalita’ di realizzazione delle relative condotte, la denegata concessione delle invocate attenuanti generiche.
6. Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione al ricorso proposto da (OMISSIS), avendo la sentenza impugnata puntualmente evidenziato e congruamente vagliato, sulla base di un globale ed analitico apprezzamento immune da vizi in questa Sede rilevabili, i numerosi elementi ritenuti sintomatici della stabile, ed assai risalente, partecipazione al sodalizio facente capo al (OMISSIS), richiamando, sotto tale profilo, le univoche emergenze probatorie costituite sia dalle dichiarazioni di quest’ultimo – la’ dove ha riferito che il (OMISSIS) gia’ appartenente al “clan” di (OMISSIS), riparo’, dopo l’uccisione di quest’ultimo, in Francia, ove diede avvio ad un’attivita’ di ristorazione dando rifugio al (OMISSIS) durante la sua latitanza negli anni 2004-2005 – sia dai riscontri al riguardo acquisiti sulla base delle intercettazioni svolte sull’utenza francese intestata al predetto imputato, ma in uso al (OMISSIS), i cui esiti davano conto del supporto prestato dal (OMISSIS) durante la latitanza francese del dichiarante, la’ dove, a seguito della fuga per un controllo cui era stato sottoposto, chiedeva all’interlocutore di mettersi in contatto con il (OMISSIS) perche’ venisse ad aiutarlo cercandolo presso il ristorante aperto in Francia.
Ulteriori elementi di prova sono stati a tal fine vagliati dalla Corte distrettuale alla luce delle dichiarazioni dal (OMISSIS) rese in ordine sia alle estorsioni dal (OMISSIS) commesse per conto del sodalizio in seguito al suo rientro dalla Francia, sia all’aiuto offertogli in occasione di un ulteriore periodo di latitanza (con la messa a disposizione, dopo la scarcerazione del febbraio 2011 e sino al giugno dello stesso anno, di una villetta in Pescopagano e di un’autovettura rinvenuta all’atto dell’arresto), al contempo richiamando il riscontro probatorio derivante da un giudicato di condanna per una tentata estorsione commessa in concorso con lo stesso dichiarante ai danni di una concessionaria di autovetture, per avere il ricorrente agito, nell’occasione, quale mandatario ed esecutore degli ordini dell’esponente apicale dell’organizzazione criminale de qua.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Un complesso di elementi, quelli dianzi illustrati, che hanno ricevuto ulteriori, specifiche conferme, secondo quanto puntualmente evidenziato dalla Corte, in virtu’ delle convergenti dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), che al riguardo ha fatto riferimento non solo alla cura prestata (anche in suo favore) nel periodo di latitanza francese, ma anche alla partecipazione del (OMISSIS) alle riunioni organizzative del sodalizio in seguito agli arresti dei sodali.
Correttamente esclusi dalla Corte distrettuale devono infine ritenersi i presupposti dell’evocato bis in idem rispetto ad una condanna irrevocabile per favoreggiamento in relazione alla seconda fase di supporto alla latitanza del (OMISSIS) (quella cioe’ prestata nel 2011), avuto riguardo alla diversa e piu’ estesa dimensione temporale della condotta di partecipazione in favore del sodalizio, che dall’ausilio offerto sin dal 2004 per la latitanza dei fratelli (OMISSIS) si protrae nel successivo periodo, estrinsecandosi in uno stabile contributo materiale alle attivita’ dell’organizzazione, attraverso la partecipazione ad attivita’ estorsive, a riunioni operative e ad attivita’ di agevolazione e sostegno di un’ulteriore fase di latitanza del suo esponente apicale.
7. Inammissibile per manifesta infondatezza deve altresi’ ritenersi il ricorso di (OMISSIS), reiterativo di doglianze che la sentenza impugnata ha gia’ esaminato e congruamente disatteso, ponendo in rilievo la dirimente circostanza di fatto che proprio l’esponente apicale del sodalizio ha puntualmente riferito della condotta in suo favore prestata dalla ricorrente nel periodo della sua latitanza, allorquando egli venne ospitato nella casa di (OMISSIS), marito della (OMISSIS), in tal guisa consentendo di ricostruirne l’aiuto concretamente offerto con l’attivita’ di accompagnamento e trasporto dei prossimi congiunti e la cura per le esigenze personali del latitante.
Le dichiarazioni rese dal predetto collaboratore hanno ricevuto il sostegno di ulteriori, specifici, elementi di riscontro provenienti dal contenuto delle intercettazioni ambientali e di quelle telefoniche relative alle conversazioni svoltesi fra la predetta imputata e la moglie del (OMISSIS), oltre che dai rapporti di risalente frequentazione ed affiliazione allo stesso “clan” dei rispettivi mariti (che, fra l’altro, da un’intercettazione del 5 giugno 2009, ossia due giorni prima dell’arresto del (OMISSIS), risultavano presenti entrambi sulla medesima imbarcazione).

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Al riguardo, invero, la sentenza impugnata ha preso in esame il tenore e il contenuto dei dialoghi oggetto di intercettazione, offrendone una motivata e coerente interpretazione di cui ha dato conto sulla base di argomentazioni ragionevolmente esposte e sotto alcun profilo sindacabili in questa Sede, la’ dove ha specificamente disatteso i rilievi difensivi spiegando: a) che il fatto – emerso durante una telefonata della (OMISSIS) ove si ascoltava in ambientale la voce del predetto collaboratore – che nello stesso luogo (ossia l’abitazione ove il latitante aveva trovato rifugio) risultassero entrambi presenti al momento dell’intercettazione, non significava certo che gli stessi vi fossero presenti da soli, ben potendo, assieme all’imputata e al (OMISSIS), esservi anche altre persone, come il marito della (OMISSIS) ovvero altri soggetti che ne agevolarono la latitanza in quel periodo; b) che la circostanza che, in altra conversazione telefonica intercorsa poche ore dopo l’arresto del latitante fra l’imputata e la moglie del (OMISSIS), la prima avesse affermato di non conoscere il numero di telefono della persona – tale “(OMISSIS)” – che aveva in custodia le chiavi del luogo di rifugio del latitante non significava affatto che ella non lo conoscesse, ma che, semplicemente, ne ignorava il numero di telefono, tanto che, come puntualmente osservato dai Giudici di merito, dopo quella conversazione la moglie del (OMISSIS) giunse in caserma con gli indumenti del marito, sicche’ il compito di prelevarli dall’abitazione ove il predetto si era rifugiato era stato comunque assolto e la conversazione telefonica svoltasi tra le due donne aveva pienamente sortito il suo effetto.
L’attivita’ di ausilio e supporto, dunque, e’ stata dalla predetta ricorrente svolta direttamente in favore del capo dell’organizzazione camorristica in esame, del cui ruolo e della cui operativita’ sul territorio ella, anche per ragioni familiari, era ben consapevole, avuto riguardo non solo alla conoscenza di lunga data e all’assidua frequentazione del marito, anch’egli affiliato, ma anche alla conoscenza che la stessa imputata aveva della moglie del latitante.
L’esistenza e l’operativita’ dell’organizzazione criminale capeggiata dal (OMISSIS), peraltro, erano attestate, per come accertato dalle numerose sentenze irrevocabili di condanna dai Giudici di merito puntualmente menzionate, sin dall’anno 2004, essendosi egli imposto quale capo di un autonomo gruppo camorristico affermatosi sul territorio del nolano grazie alla protezione accordatagli dal cd. “clan (OMISSIS)”, del quale egli stesso era stato un elemento di spicco; la capacita’ operativa del sodalizio diretto dal (OMISSIS), inoltre, persisteva nonostante i diversi periodi di detenzione o latitanza che ne avevano caratterizzato il modus operandi: irrilevante, dunque, deve ritenersi la prospettata non coincidenza dell’arco temporale della condotta di favoreggiamento (aprile – giugno 2009) rispetto a quello della contestazione associativa per il (OMISSIS) (novembre 2009 – giugno 2011), tenuto conto sia della risalente datazione della pacifica operativita’ del gruppo in quella determinata realta’ territoriale, sia del fatto che nella stessa imputazione si fa riferimento ad una ordinanza di ripristino della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 21 febbraio 2009 in ordine al reato di cui all’articolo 416 bis c.p..
La Corte territoriale, in definitiva, ha fatto buon governo del principio stabilito da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 32386 del 28/03/2019, Salvato, Rv. 276475), secondo cui, in tema di favoreggiamento personale, e’ configurabile l’aggravante dell’agevolazione mafiosa nella condotta di chi consapevolmente aiuti a sottrarsi alle ricerche dell’autorita’ un capoclan operante in un ambito territoriale in cui e’ diffusa la sua notorieta’, atteso che la stessa, sotto il profilo oggettivo, si concretizza in un ausilio al sodalizio, la cui operativita’ sarebbe compromessa dall’arresto del vertice associativo, determinando un rafforzamento del suo potere oltre che di quello del soggetto favoreggiato e, sotto quello soggettivo, in quanto consapevolmente prestata in favore del capo riconosciuto, risulta sorretta dall’intenzione di favorire anche l’associazione.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

Congruamente determinata deve ritenersi la dosimetria del trattamento sanzionatorio, che la sentenza impugnata ha motivatamente adeguato alla rilevante gravita’ del fatto, in ragione del prolungato arco temporale dell’attivita’ di ausilio direttamente prestata in favore del capo del sodalizio criminale, denegando al contempo la concessione delle invocate attenuanti generiche nella rilevata assenza di elementi positivamente apprezzabili al fine qui considerato.
8. In ragione delle considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro tremila, nonche’ alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalle parti civili, secondo le correlative statuizioni in dispositivo meglio precisate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), esclusa l’aggravante di cui all’articolo 577 c.p., comma 1, n. 2, ritenuta quanto al capo A8); nei confronti di (OMISSIS); nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all’applicazione dell’articolo 81 c.p., con precedenti condanne. Rinvia per nuovo giudizio sui capi e punti ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS) e definitivo l’accertamento di responsabilita’. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonche’ in solido tra loro alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che si liquidano per ciascuna parte civile in Euro 3.510,00 complessivi, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.

 

Favoreggiamento personale e l’aggravante dell’agevolazione mafiosa

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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