Favoreggiamento e l’illecita detenzione di sostanze stupefacenti

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|8 luglio 2021| n. 25983.

Favoreggiamento e l’illecita detenzione di sostanze stupefacenti.

Il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento alla illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che non sia diversamente previsto – in un concorso nel reato.

Sentenza|8 luglio 2021| n. 25983. Favoreggiamento e l’illecita detenzione di sostanze stupefacenti

Data udienza 27 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola: Reati in materia di stupefacenti – Spaccio – Terzo al quale viene rinvenuta la droga addosso – Concorso nel reato – Integrazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. ANDRONIO A.M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/06/2020 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SECCIA Domenico A. R., ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Favoreggiamento e l’illecita detenzione di sostanze stupefacenti

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 giugno 2020, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Frosinone del 28 giugno 2019, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, per avere detenuto illegalmente, a fini di spaccio, sostanza stupefacente del tipo cocaina.
2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si deduce il vizio di omessa motivazione della sentenza, in ordine al mancato riconoscimento della fattispecie di favoreggiamento, in luogo del reato contestato, sul rilievo che la Corte, pur avendo indicato gli elementi di diritto fondanti una siffatta conclusione, non avrebbe correttamente valutato e motivato circa gli elementi di fatto, da cui ricavare una corretta configurazione giuridica della condotta dell’agente.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, sul rilievo che un corretto accertamento degli elementi di fatto, avrebbe consentito la configurazione del delitto di favoreggiamento, ex articolo 378 c.p., in considerazione sia del bene protetto dalla norma – che, per la detenzione finalizzata allo spaccio, e’ la salute pubblica, mentre per il favoreggiamento e’ la correttezza dell’amministrazione della giustizia – sia dell’aspetto soggettivo, non essendoci nell’imputato alcuna volonta’ di utilizzare la droga per raggiungere profitti personali, quanto l’intento di prestare un aiuto, consistente nella conservazione della sostanza stupefacente, nell’interesse esclusivo dell’autore del reato principale.
3. Il difensore dell’imputato ha fatto pervenire una nota con la quale chiede che la trattazione del procedimento venga rinviata per suo legittimo impedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ inammissibile.
Preliminarmente, quanto all’istanza di rinvio dell’udienza odierna, per impedimento del difensore, deve rilevarsi che, non essendo stata presentata richiesta di discussione orale, il ricorso e’ trattato in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, con conseguente irrilevanza dell’impedimento del difensore.
4.1. Venendo all’esame del primo motivo di doglianza – con cui si censura la mancanza di motivazione della sentenza in punto di configurazione giuridica della condotta del ricorrente – deve rilevarsi che lo stesso e’ inammissibile per genericita’, poiche’ la difesa non spiega in cosa consisterebbe tale lamentata omissione. Occorre ricordare, sul punto, che la mancanza di specificita’ del motivo va ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancata correlazione tra le ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che’ quest’ultima non puo’ ignorare le esplicitazioni del giudice censurato. Pertanto, e’ inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicita’ della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/08/2014, Rv. 260608; Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011).
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, va comunque osservato che la Corte territoriale ha ben motivato circa l’impossibilita’ sul piano fattuale di configurare il reato di favoreggiamento, in luogo del contestato Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, perche’, in continuita’ con il giudice di primo grado, ha valorizzato in senso contrario la consapevolezza del ricorrente circa la quantita’ e qualita’ della sostanza stupefacente rivenuta e sequestrata, del numero di dosi da essa ricavabili (ben 258) per una somma complessiva di circa seimila Euro, nonche’ dei rapporti con il correo, chiari indici – come si vedra’ – di una detenzione a fini di spaccio.
4.2. Il secondo motivo di ricorso – riferito essenzialmente alla lamentata erroneita’ della sussistenza del delitto di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio ihluogo di quello di favoreggiamento – e’ parimenti inammissibile per genericita’, non confrontandosi con i passaggi esplicativi e valutativi del provvedimento impugnato, e perche’ articolato in fatto, attraverso la riproposizione degli stessi argomenti contenuti nell’atto di appello. E va ribadito che nel giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex plurimis, Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482).
Cio’ premesso in termini generali, nel caso di specie la sentenza della Corte di appello, relativamente all’affermazione di responsabilita’ dell’imputato Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 1, risulta adeguatamente motivata e non lascia spazio alla alternativa qualificazione giuridica della condotta del ricorrente. Invero, il principio in base al quale il reato di favoreggiamento non e’ configurabile, con riferimento al delitto di illecita detenzione di sostanza stupefacente, in costanza di detta detenzione, costituisce giurisprudenza consolidata (ex plurimis, Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253151; Sez. 6, n. 5229 del 13/11/2019, dep. 07/02/2020, Rv. 278612; Sez. 3, n. 364 del 17/09/2019, Rv. 278392-03); cio’ in quanto, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve – salvo che sia diversamente previsto – in un concorso. Nel caso di specie, come visto, vi era una chiara destinazione allo spaccio dello stupefacente anche da parte dell’imputato che lo deteneva.
5. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

P.Q.M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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