La falsificazione del Documento unico di regolarità contributiva (Durc)

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 2 maggio 2019, n. 18263.

La massima estrapolata:

Integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo (articoli 477 e 482 del Cp), la falsificazione del Documento unico di regolarità contributiva (Durc), stante la natura giuridica di tale atto, che ha valore di attestazione della regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti agli enti di riferimento: si tratta, infatti, del certificato unico che attesta contestualmente la regolarità dell’operatore economico per quanto concerne gli adempimenti Inps, Inail, nonché Cassa edile per i lavori, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento.

Sentenza 2 maggio 2019, n. 18263

Data udienza 29 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere

Dott. RICCARDI Giusepp – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 09/03/2017 della Corte di Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DI LEO Giovanni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 9.03.2017 la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di cui agli articoli 477 e 482 c.p., per avere, quale rappresentante legale della (OMISSIS) s.a.s., contraffatto due certificati amministrativi denominati DURC, consegnandoli alla EM Costruzioni per ottenere indebitamente la commissione di lavori in subappalto.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), deducendo quattro motivi di ricorso.
2.1. Vizio di motivazione in ordine al motivo di appello concernente l’ordinanza pronunciata sulla prova dell’appartenenza del documento e dell’utenza fax all’imputato.
2.2. Violazione di legge in ordine alla natura di atto pubblico del DURC, documentazione proveniente da un ente privato, la Cassa Edile, la cui falsificazione sarebbe punibile solo ai sensi dell’articolo 485 c.p..
2.3. Vizio di motivazione in ordine alla attribuibilita’ della condotta all’imputato, in quanto il DURC puo’ essere predisposto anche da un commercialista.
2.4. Violazione di legge per l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di applicazione dell’articolo 131 bis c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile
2. Il primo ed il terzo motivo, oltre ad essere generici, propongono doglianze di fatto concernenti la riferibilita’ all’imputato dei documenti e dell’utenza fax da cui sono stati trasmessi gli stessi, evidentemente non consentite in sede di legittimita’.
Va, al riguardo, premesso che l’imputato, quale legale rappresentante della (OMISSIS), aveva stipulato due contratti di subappalto con la (OMISSIS) s.r.l., trasmettendo a mezzo fax i certificati attestanti la regolarita’ contributiva; certificati ideologicamente falsi, essendo la societa’ gravata da pendenze contributive.
I giudici di merito hanno rigettato la richiesta di integrazione probatoria dell’imputato, ai sensi dell’articolo 507 c.p.p., di accertare l’intestatario dell’utenza telefonica da cui erano stati trasmessi i documenti, sul rilievo che l’asserita trasmissione all’insaputa del (OMISSIS) fosse oggetto di mera deduzione, sfornita di qualsivoglia riscontro, e che, comunque, l’imputato avesse attestato la regolarita’ contributiva della propria azienda con dichiarazione resa e sottoscritta in sede di stipula del contratto di subappalto, sul quale sono riportati i medesimi codici di iscrizione agli enti indicati sul DURC.
Il vizio di omessa motivazione dedotto con il ricorso in esame, dunque, non sussiste, avendo la Corte territoriale giustificato il rigetto della richiesta con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’.
Ne’, del resto, la doglianza puo’ rilevare quale mancata assunzione di una prova decisiva, che puo’ essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, sicche’ il motivo non potra’ essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’articolo 507 c.p.p., e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016, dep. 2017, Fiaschetti, Rv. 269270).
Anche il terzo motivo, con il quale si sostiene che il DURC potrebbe essere stato redatto da un commercialista, e’ inammissibile, in quanto generico, essendo fondato su una deduzione meramente congetturale e priva di specificita’, oltre che irrilevante, in quanto cio’ che rileva, ai fini dell’affermazione di responsabilita’, e’ che l’imputato, in qualita’ di legale rappresentante della societa’, abbia rilasciato attestazioni ideologicamente false.
3. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
Invero, il Documento Unico di Regolarita’ Contributiva e’ un certificato unico che attesta la regolarita’ di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonche’ in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento: le imprese inoltrano un’unica richiesta di rilascio della regolarita’ contributiva ad uno degli enti citati – anziche’ tre richieste (ciascuna per ogni ente), come avveniva in passato -. Secondo la definizione di cui al Decreto Ministeriale n. 24 ottobre 2007, articolo 4, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, articolo 6, comma 1, il DURC e’ appunto il certificato che attesta contestualmente la regolarita’ dell’operatore economico per quanto concerne gli adempimenti INPS, INAIL, nonche’ Cassa edile per i lavori, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento.
Tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nell’affermare che integra il delitto di falsita’ materiale in certificato amministrativo, previsto dagli articoli 477 e 482 c.p., la falsificazione del Documento Unico di Regolarita’ Contributiva (DURC), stante la natura giuridica di tale atto, che ha valore di attestazione della regolarita’ di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti agli enti di riferimento (Sez. 2, n. 29709 del 19/04/2017, Ferrara, Rv. 270664; Sez. 5, n. 3811 del 05/07/2016, dep. 2017, Tarantino, Rv. 269087).
4. Il quarto motivo, concernente l’omessa motivazione sul riconoscimento della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p., e’ inammissibile, in quanto l’odierno ricorrente non aveva avanzato la relativa richiesta ne’ con l’atto di appello, ne’ nella discussione in udienza.
In tema di esclusione della punibilita’ per la particolare tenuita’ del fatto, la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 131 bis c.p., non puo’ essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 3, se il predetto articolo era gia’ in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, ne’ sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilita’ (Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, Celentano, Rv. 269913).
5. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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