Fallimento del creditore e la legittimazione in caso di revocatoria ordinaria

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 30 maggio 2019, n. 14759.

La massima estrapolata:

Una volta intervenuto il fallimento del creditore, la legittimazione, in caso di revocatoria ordinaria, spetta alla curatela ed esclusivamente ad essa. La ratio è quella di consentire che il bene venga acquisito alla soddisfazione di tutti i creditori.

Ordinanza 30 maggio 2019, n. 14759

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21994-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) NONCHE’ DI (OMISSIS) quale titolare dell’omonima ditta (OMISSIS), in persona della curatrice e l.r.p.t. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 388/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 20/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2019 dal Consigliere, Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

FATTI DI CAUSA

L’esposizione del fatto e’ limitata alle circostanze rilevanti ai fini della decisione. Con atto di citazione del 20.12.2001 (OMISSIS), premesso di essere creditore di (OMISSIS) della somma di 208 milioni delle vecchie Lire, in virtu’ di cambiali non onorate, ha proposto revocatoria ordinaria di due atti di disposizione compiuti dal (OMISSIS): una donazione, a favore del figlio (OMISSIS), della nuda proprieta’ di un immobile, e la vendita della proprieta’ di altro immobile al nipote (OMISSIS).
Nel corso del giudizio e’ intervenuto il fallimento del debitore (OMISSIS), e, di conseguenza, e’ stato interrotto il procedimento. Il (OMISSIS) lo ha riassunto, prima che la curatela fosse autorizzata ad agire, ma, nel giudizio di riassunzione, quest’ultima e’ intervenuta facendo propria la domanda di revocazione al fine di acquisire i beni oggetto degli atti di disposizione alla massa fallimentare. Di conseguenza il (OMISSIS) ha rinunciato alla domanda di revocazione inizialmente proposta.
Il tribunale ha accolto la domanda quanto alla donazione, dichiarandola inefficace, omettendo di pronunciare sulla sorte della vendita, su cui la curatela ha proposto appello.
Il giudice di secondo grado ha dunque dichiarato inefficace anche l’atto a titolo oneroso, ma, per poter pronunciare in tal senso, ha risolto previamente l’eccezione fatta dall’acquirente del bene, il nipote del debitore, ossia (OMISSIS), secondo cui la riassunzione della causa, dopo l’interruzione per fallimento, da parte del creditore e non gia’ del curatore, doveva ritenersi nulla, con conseguente nullita’ del procedimento e della sentenza, non avendo il creditore, dopo il fallimento del debitore, alcuna legittimazione a far proseguire il processo, legittimazione spettante invece alla curatela in esclusiva.
Il (OMISSIS) ripropone tale censura con un motivo di ricorso cui si oppone la curatela.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La questione controversa e’ la seguente, corrispondente alla ratio della decisione impugnata: se, intervenuta interruzione del procedimento per fallimento del debitore, il creditore possa riassumere la causa, o se invece la legittimazione spetti in esclusiva al curatore fallimentare.
1.- Il ricorrente assume che unico legittimato al far valere la riassunzione era il curatore, e che la riassunzione fatta dal creditore e’ di nullita’ insanabile, che inficia gli atti successivi, e con essi, la sentenza.
Denuncia quindi violazione degli articoli 81 e 102 c.p.c..
La curatela, costituitasi in questo giudizio, eccepisce l’inammissibilita’ di tale motivo, adducendo che, non essendo stata fatta valere la nullita’ con uno specifico motivo di appello, ma solo con la comparsa conclusionale, la relativa questione non potrebbe ripetersi in questa sede, essendo giudicato ormai quanto sul punto statuito dalla corte di appello, ossia che il creditore era legittimato a riassumere la causa.
In realta’, il difetto di legittimazione attiva, riguardando la regolarita’ del contraddittorio, costituisce error in procedendo rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e dunque a prescindere dalla tempestivita’ della eccezione della parte (da ultimo Cass. N. 7776/ 2017).
Il motivo e’ infondato.
E’ senz’altro vero che, una volta intervenuto il fallimento del creditore, la legittimazione, in caso di revocatoria ordinaria, spetta alla curatela ed esclusivamente ad essa (anche se la concorrente legittimazione del creditore non viene del tutto meno, v. Cass. 11763/2006), ma cio’ incide in modo particolare sulla legittimazione a riassumere la causa.
Va ricordato che, nel caso presente, la riassunzione e’ stata iniziativa del creditore, e’ vero, ma prima che la curatela fosse autorizzata ad intervenire. Inoltre, dopo che la curatela e’ intervenuta, il creditore ha rinunciato alla sua domanda, cosi che la revocazione e’ proseguita per mano della curatela.
La regola secondo cui l’intervento della curatela nel procedimento di revocazione fa venire meno la legittimazione e l’interesse ad agire dell’originario creditore, ha come ratio quella di consentire, da un lato, che il bene venga acquisito alla soddisfazione di tutti i creditori, e non solo di colui che aveva iniziato la revocazione, e, per altro verso, di impedire che la pronuncia di inefficacia ottenuta eventualmente dal creditore originario pregiudichi la soddisfazione concorsuale degli altri.
E’ per questo che e’ stata ammessa la possibilita’ del curatore di subentrare nell’azione gia’ esercitata dal creditore principale sostituendosi a quest’ultimo, senza imporre al curatore di iniziare un’autonoma domanda di revocazione nell’interesse della procedura (Cass. Sez. U n. 29420/ 2018).
Il significato delle regole sulla sostituzione soggettiva nell’azione revocatoria in caso di fallimento del debitore, da un lato, e’ nella possibilita’ del curatore di intervenire ad azione gia’ esercitata, sostituendosi al creditore originario, senza necessita’, ossia, che il curatore inizi un’autonoma domanda; dall’altro lato e’ nell’effetto, in caso di tale subentro, di far perdere interesse e legittimazione al creditore che aveva iniziato la revocatoria. Conseguentemente, la ratio di tali regole e’ di consentire che la pronuncia di inefficacia dell’atto di disposizione del debitore valga per tutti i creditori, anziche’ andare a beneficio di quello solo, tra essi, che aveva iniziato la revocatoria.
La circostanza per cui il creditore originario ha riassunto la causa, quando ancora il curatore non era stato autorizzato a far valere la domanda per conto del fallimento, non ha di certo impedito al curatore di intervenire, e far propria la richiesta di revocazione, e del resto, subito dopo l’intervento del curatore, il creditore procedente ha rinunciato alla propria domanda, facendo si che rimanesse solo la richiesta di revocazione a favore del fallimento e dunque a beneficio di tutti creditori, realizzandosi dunque l’obiettivo della legge fallimentare (articolo 66) di evitare che l’azione individuale del creditore originario, se portata avanti, potesse pregiudicare gli interessi dei creditori concorsuali.
Il ricorso va pertanto respinto e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessi Euro 6000,00 oltre 200,00 Euro di spese generali, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.

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