Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 21 novembre 2019, n. 47221
Massima estrapolata:
La causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, prevista dall’art. 162-ter cod. pen., non è applicabile ai reati di competenza del giudice di pace, data la peculiarità del sistema sostanziale e processuale relativo a detti reati, che già annovera specifiche cause estintive finalizzate a promuovere la conciliazione tra le parti. (Fattispecie nella quale il ricorrente, in sede d’appello, aveva richiesto rinvio per procedere al risarcimento del danno ai sensi della disciplina intertemporale dettata dall’art. 1, commi, 2, 3 e 4 della legge 23 giugno 2017, n. 103, senza aver mai attivato innanzi al giudice del primo grado la specifica procedura prevista dall’art. 35 d. lgs. 28 agosto 2000, n. 274).
Sentenza 21 novembre 2019, n. 47221
Data udienza 10 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere
Dott. CALASELICE Barbar – rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/09/2017 del Tribunale di Bergamo in funzione di appello;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Mignolo O., che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, Avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Bergamo, in funzione di appello, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Grumello del Monte con la quale (OMISSIS) era stata condannata alla pena di Euro 300,00 di multa, per il reato di cui all’articolo 581 c.p., con conferma anche delle statuizioni civili, consistite nella condanna al risarcimento del danno, liquidato in Euro 200,00.
2. Avverso il descritto provvedimento ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputata, tramite il difensore di fiducia, deducendo, con i motivi di seguito riassunti, due vizi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di norma penale e processuale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 162-ter c.p..
All’apertura del giudizio di secondo grado, il difensore chiedeva rinvio per procedere al risarcimento del danno, onde estinguere il reato a mente dell’articolo 162-ter c.p. offrendo la somma di Euro 200,00, non accettata dalla parte civile, nonche’ proponendo istanza di rinvio, non concesso dal giudice.
Si censura la motivazione sotto il duplice profilo del diniego dell’operativita’ della causa estintiva per condotta riparatoria, stante l’offerta di una somma corrispondente al danno da risarcire, come peraltro liquidato dal primo giudice, non essendo, in questa voce, da ricomprendere l’importo delle spese legali.
Inoltre si contesta la mancata applicazione della disciplina invocata che puo’ operare in appello, in ossequio al principio del favor rei, ex articolo 2 c.p..
2.2. Con il secondo motivo si contesta vizio di motivazione e travisamento della prova testimoniale.
Si reputa decisiva la deposizione del teste (OMISSIS) che, invece, ha confermato solo il dato pacifico dell’avvenuto alterco tra le parti, non anche quello delle percosse. Si tratta di teste il quale ha narrato nelle sommarie informazioni testimoniali acquisite agli atti, che era stato il figlio della parte lesa a tenere per le spalle la (OMISSIS), per evitare che il padre si facesse male. Dunque, si tratterebbe di testimonianza che esclude (il male, dunque) le percosse.
Inoltre si deduce che, contrariamente a quanto si legge nella motivazione, circa le deposizioni dei testi indifferenti, (OMISSIS) e (OMISSIS), questi sarebbero testi oculari e che, quindi, non hanno avuto una visione parziale degli accadimenti. Di qui il denunciato travisamento. Inoltre il figlio della parte lesa, costituita parte civile, e’ teste non neutro ed, anzi, e’ l’unico ad aver posto in essere una condotta violenta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.
2. Il primo motivo e’ infondato.
2.1.L’operativita’ dell’articolo 162-ter c.p. prevede che il danno debba essere riparato interamente, che il risarcimento possa avvenire anche mediante offerta reale e che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose debba avvenire ove possibile. L’istituto invocato, proprio in quanto causa di estinzione del reato, implica che la riparazione debba essere spontanea, integralmente satisfattiva, ne’ indotta attraverso provvedimento giurisdizionale (Sez. 5, n. 21922 del 03/04/2018, B., Rv. 273186). La previsione della L. n. 103 del 2017, articolo 1, commi 2, 3 e 4 che ha introdotto l’istituto, stabilisce che le disposizioni dell’articolo 162-ter c.p., si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della legge e che il giudice dichiara l’estinzione anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Il comma 3 della norma citata prevede che l’imputato, nella prima udienza, successiva alla data di entrata in vigore della norma, possa chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
2.1.1. Cio’ posto si osserva che l’istituto non puo’ reputarsi applicabile nel caso al vaglio in quanto il procedimento riguarda un reato di competenza del giudice di pace.
Le Sezioni Unite di questa Corte di legittimita’, affrontando il rapporto tra l’istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34 e la previsione di cui all’articolo 131-bis c.p. (Sez. U, n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, Rv. 271587) hanno avuto modo di precisare che la salvaguardia dell’autonomia dei connotati specializzanti del procedimento penale dinanzi al giudice di pace, risulta proprio confermata dalla previsione di cui alla L. n. 103 del 2017 la quale, nell’introdurre la nuova disciplina dell’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie, evocativo di quello di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 ha mantenuto, circa l’esigenza di coordinamento tra norme penali e processuali e quella speciale, operativa per reati di competenza del giudice di pace, un silenzio da interpretarsi quale conferma della volonta’ di tenere distinti gli istituti.
Si e’, inoltre, rilevato che per il giudizio dinanzi al giudice di pace sono gia’ previsti speciali epiloghi decisori, modulati in termini tali da porre il giudice in un’ottica operativa, volta a realizzare la conciliazione tra le parti. Tale finalita’, anzi, e’ stata reputata rafforzata proprio dalla speciale previsione di cui all’articolo 35 cit. che consente che le condotte riparatorie o risarcitorie dell’imputato siano atte a produrre l’effetto dell’estinzione del reato.
Del resto e’ stato, in linea generale, osservato da questa Corte di legittimita’ che l’intero sistema dei meccanismi risarcitori previsti dall’ordinamento penale e’ ispirato ai medesimi principi, tra i quali quello secondo il quale il giudice conserva sempre un margine di discrezionalita’ nel valutare la congruita’ delle condotte risarcitorie o riparatorie, a prescindere da valutazioni satisfattive delle parti private o da accordi transattivi tra queste intervenuti. Cio’ con l’ovvia finalita’ di assicurare, comunque, la tutela delle parti deboli, ove spinte dalla propria posizione ad accettare risarcimenti in base ad indebite pressioni ricevute in sede extra processuale (Sez. 6, n. 52671 del 23/10/2018, N., Rv. 274579).
La rilevata comune caratteristica degli istituti che esclude automatismi nei casi di definizione premiale del procedimento (cfr. in tal senso per l’istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 Sez. 4, n. 34888 del 14/06/2017, Balboni, Rv. 270725; Sez. 4, n. 37968 del 17/05/2012, Lucivero, Rv. 254362) in uno con la complessiva ricostruzione svolta da questa Corte nella sua piu’ autorevole composizione (Sez. U. n. 53683 del 22/06/2017, Pmp, cit.) dei rapporti tra il novum normativo, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, rispetto ad istituti gia’ previsti da una disciplina ad hoc, quale quella di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 35 anche funzionalmente orientata, sono considerazioni che escludono in radice l’operativita’, nel caso di specie, dell’istituto di cui all’articolo 162-ter c.p., trattandosi di procedimento relativo a reato di competenza del giudice di pace.
2.1.2. Infine si rileva che, nel caso al vaglio, il procedimento di cui all’articolo 35 cit. non risulta attivato nel corso del procedimento di primo grado dinanzi al giudice di pace, pur risultando materialmente avviate condotte riparatorie da parte dell’imputata. Ne’, in ogni caso, in base alla motivazione offerta dal giudice di appello che ha rigettato la richiesta di concessione del termine, ricorrevano i presupposti per rinviare il procedimento, in mancanza della dimostrata impossibilita’ di adempiere alla condotta riparatoria, circostanza che non risulta resistita da alcuna argomentazione contenuta nel ricorso.
2.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
In primo luogo si osserva che, pur formalmente devolvendo vizi censurabili in sede di legittimita’, in sostanza il motivo e’ integralmente versato in fatto e, comunque, richiede di accreditare come maggiormente plausibile, la versione difensiva. Si osserva che l’esito del giudizio di responsabilita’ fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica ne’ contraddittoria, non puo’ essere invalidato da prospettazioni alternative del ricorrente, che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perche’ indicati come piu’ plausibili, o perche’ assertivamente dotati di una migliore capacita’ probatoria (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507). Nella sostanza, infatti, con le critiche proposte non si censura la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, vizio proponibile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), ma ci si duole di una decisione erronea, in quanto fondata su valutazioni asseritamente sbagliate. E’ noto, invece, che il controllo di legittimita’ concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non quello tra prova e decisione; sicche’ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia’ nei confronti della valutazione probatoria che, in quanto riservata al giudizio di merito, e’ estranea al perimetro cognitivo del giudice di legittimita’.
Quanto al denunciato travisamento delle emergenze probatorie, si osserva che conformemente all’indirizzo di questa Corte (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 2, n. 47035 del 3710/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438) nel caso di cd. doppia conforme, il vizio di omessa valutazione di una prova indicata come decisiva, puo’ essere devoluto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e’ stato per la prima volta introdotto, come oggetto di valutazione, nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Inoltre il vizio desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo, specificamente indicati dal ricorrente, e’ ravvisabile solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la decisiva forza dimostrativa del dato probatorio, fermi restando il limite del devolutum e l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774). Detta decisivita’ non si rinviene nella specie, analizzando il complessivo ragionamento, non manifestamente illogico, dei giudici di merito; ne’ viene spiegata puntualmente, nel ricorso, la decisivita’ del dato asseritamente travisato.
3. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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