Comodato dell’immobile dell’ex marito

Corte di Cassazione, sezione sesta (terza) civile, Ordinanza 19 novembre 2019, n. 29942.

La massima estrapolata:

L’ex marito, proprietario di un quarto dell’immobile, non può chiedere alla ex moglie che è andata lì a vivere con i suoi genitori e i figli dopo la separazione e l’assegnazione della casa, di liberare l’immobile, perché il comodato non era stato registrato e dunque è nullo. Comunque la signora lo deteneva in virtù di un altro titolo. Ininfluente la presenza dei nonni, che la donna accudiva perché privi di mezzi. Il ricorrente li voleva fuori perché li considerava invadenti.

Ordinanza 19 novembre 2019, n. 29942

Data udienza 23 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 11905-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’ (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1034/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 15/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE POSITANO.

RILEVATO

che:
con ricorso ai sensi dell’articolo 447 bis c.p.c. del 21 maggio 2015, (OMISSIS) adiva il Tribunale di Salerno per sentir dichiarare la risoluzione del contratto di comodato, per inadempimento della comodataria (OMISSIS) e per il risarcimento del danno, deducendo che il comodato riguardava la sua quota pari ad un quarto dell’immobile adibito a residenza prima della separazione, e utilizzato dal ricorrente e dalla moglie, (OMISSIS). Quest’ultima avrebbe consentito ai propri genitori di vivere nell’immobile, rendendosi – pertanto – inadempiente perche’ la concessione in comodato d’uso gratuito era stata effettuata “al solo fine di soddisfare le esigenze abitative dei figli comuni (OMISSIS) e (OMISSIS)”. Si costituiva la resistente eccependo la nullita’ del comodato perche’ stipulato sine causa in quanto l’immobile era gia’ stato assegnato alla (OMISSIS), con sentenza di separazione e la stessa era proprietaria di tre quarti dell’immobile in questione. Infine, in quanto figlia unica era tenuta per legge ad accudire i propri genitori privi di adeguati mezzi di sostentamento;
il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 369 del 2017, rigettava la domanda rilevando che il contratto di comodato era stato sottoscritto il 30 maggio 2014, quando la signora (OMISSIS) era gia’ assegnataria della casa coniugale in virtu’ della sentenza di separazione. Pertanto, la concessione in godimento riguardava una facolta’ di uso di cui la destinataria era gia’ titolare sulla base di altro provvedimento. Aggiungeva che il contratto era comunque invalido, per mancata registrazione ai sensi della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, e tale sanzione trovava riscontro nel Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 5, comma 4. In virtu’ della nullita’, non poteva essere accolta la domanda di risoluzione e neppure quella di rilascio, giacche’ la (OMISSIS) deteneva l’immobile sulla base di altro titolo;
con ricorso del 23 marzo 2017, (OMISSIS) proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno del 23 gennaio 2017 deducendo che il negozio era stato stipulato per tutelare le esigenze abitative dei figli, anche dalle invasive condotte dei nonni materni. Inoltre, la sentenza del Tribunale era errata riguardo alla di (OMISSIS)zione di nullita’ del contratto per mancata registrazione, non sussistendo alcuna ipotesi di elusione fiscale. Infine, anche la determinazione delle spese era errata. Si costituiva (OMISSIS) contestando i motivi di impugnazione;
la Corte d’Appello di Salerno con sentenza del 15 novembre 2017 rigettava l’appello rilevando, in primo luogo, che la L. 30 dicembre 2004, n. 311, come interpretata dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 420 del 2007 prevedeva una significativa interferenza dell’obbligo tributario con la validita’ del negozio, con la conseguenza che, secondo l’orientamento di legittimita’ (Cass. SU n. 18213 del 2015) la mancata registrazione determinava la nullita’. Sotto altro profilo, la causa concreta, intesa come scopo pratico del negozio, rileva solo nell’ipotesi in cui i motivi abbiano assunto valore determinante nell’economia del negozio. Ma la finalita’ di escludere ogni ingerenza dei nonni non emergerebbe dal dato negoziale. In ogni caso, tale obiettivo risulterebbe gia’ tutelato dal vincolo impresso dal provvedimento di assegnazione in sede di separazione. Peraltro, le prescrizioni imposte alle parti e derivanti dalle interferenze dei nonni erano state revocate con decreto del 2 ottobre 2015 del Tribunale dei Minorenni;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione (OMISSIS) affidandosi a tre motivi che illustra con memoria. Resiste con controricorso (OMISSIS).

CONSIDERATO

che:
con il primo motivo si lamenta la falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, e la violazione degli articoli 1322 e 1418 c.c., con riferimento all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Parte ricorrente rileva che la sussunzione del negozio in oggetto nella fattispecie prevista dalla L. n. 311 e’ stata operata sulla base della denominazione di comodato d’uso gratuito, mentre tale norma si riferisce ai contratti di locazione e a quelli che costituiscono diritti relativi di godimento di unita’ immobiliari. Si tratterebbe di fattispecie diverse da quelle in oggetto. L’immobile dato in comodato alla (OMISSIS) era destinato unicamente alle esigenze abitative dei figli. Da cio’ emergerebbe l’incompatibilita’ con la locazione o la costituzione di un diritto reale di godimento. Il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite del 2015 non sarebbe appropriato, perche’ la nullita’ non deriverebbe dalla mancata registrazione “di per se'”, ma dalla mancata registrazione di quel determinato atto, caratterizzato da elusione fiscale che, nel caso di specie difetterebbe del tutto;
con il secondo motivo si deduce la violazione l’articolo 112 c.p.c. e degli articoli 1322, 1325, 1362 e 1367 c.c., nonche’ degli articoli 1372 e 1418 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, con riferimento all’affermazione della Corte d’Appello dell’invalidita’ del contratto, perche’ difetterebbe di causa concreta e, in quanto tale, sarebbe privo di effetti. Al contrario, il negozio era stato stipulato dalle parti per il soddisfacimento delle esigenze abitative dei figli della coppia e tale profilo non sarebbe stato adeguatamente preso in esame dalla Corte territoriale;
con il terzo motivo si lamenta la violazione l’articolo 112 c.p.c. e del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articoli 4 e 5, in tema di spese processuali, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Dalle risultanze processuali sarebbe emerso che (OMISSIS) aveva richiesto la condanna della (OMISSIS) al pagamento dell’importo di Euro 102 mensili dalla data in cui era stato acquistato il diritto, quota parte, concesso in comodato (da giugno 2014 a febbraio 2016) e sino alla data di trasferimento dei genitori della (OMISSIS). Sulla base di tali parametri l’importo determinato per le spese processuali risultava superiore ai valori massimi;
il ricorso e’ infondato. Quanto al primo motivo, il contratto in essere tra le parti e’ pacificamente un contratto di comodato, non registrato, che costituisce un diritto relativo di godimento in capo ai comodatari ed in quanto tale assoggettato all’obbligo di registrazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, ex articolo 5, comma 4 ter, sanzionato con la nullita’, ai sensi della L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346. Sotto tale profilo non appaiono rilevanti le considerazioni oggetto della memoria secondo cui il contratto oggetto della controversia, apparentemente formalizzato come contratto di comodato, in realta’ sarebbe un patto collegato alle condizioni di separazione dei coniugi che, pertanto disciplinerebbe il diritto personale derivante dalla assegnazione della casa coniugale. Si tratta di un profilo dedotto per la prima volta con la memoria, peraltro in maniera assolutamente generica e assertiva, senza alcun riferimento ai parametri di ermeneutica che disciplinano l’interpretazione del contratto;
tale conseguenza e’ assorbente rispetto al secondo motivo, con il quale si contesta una seconda ragione di invalidita’ del contratto con inammissibile mescolanza e sovrapposizione di vizi incompatibili (articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 5: Cass. 15 dicembre 2017 n. 30224 e Cass. 9 giugno 2017 n. 14409);
la censura e’, comunque, infondata perche’ il contratto e’ contrario una norma imperativa e le doglianze avrebbero dovuto essere proposte in sede di separazione giudiziale;
il terzo motivo e’ infondato, perche’ la controversia avente ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di comodato, con ulteriore richiesta di danni (che si assume specificata in sede di precisazione delle conclusioni, senza allegare la circostanza, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, in tema di autosufficienza del ricorso) e’ di valore indeterminabile, ai sensi dell’articolo 12 c.p.c. (Cass. n. 2850/18), con conseguente rispetto dei relativi scaglioni di riferimento adottati dal Tribunale;
ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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