Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 gennaio 2022| n. 1059.

Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale.

In tema di diffamazione, le espressioni denigratorie dirette nei confronti di singoli appartenenti ad un ente locale possono, al contempo, aggredire anche l’onorabilità dell’entità collettiva cui essi appartengono, sicché quando l’offesa assume carattere diffusivo, incidendo sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettività, a tale entità compete la legittimazione ad assumere la qualità di soggetto passivo del reato, nonché alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile.

Sentenza|13 gennaio 2022| n. 1059. Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale

Data udienza 8 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola: REATI CONTRO LA PERSONA – DELITTI CONTRO L’ONORE – Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale DIFFAMAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. TUDINO Alessandri – rel. Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. – Consigliere

Dott. CARUSILLO Elena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/02/2019 del TRIBUNALE di LATINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALESSANDRINA TUDINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LIGNOLA FERDINANDO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato improcedibile per difetto di querela;
udito il difensore della parte civile, avvocato (OMISSIS), che insiste per l’inammissibilita’ o il rigetto del ricorso e per la conferma delle statuizioni civili, depositando nota spese e conclusioni alle quali si riporta;
udito l’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente, che si associa alle richieste del PG, riportandosi ai motivi di ricorso e insistendo per l’accoglimento dello stesso.

Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata del 4 febbraio 2019, il Tribunale di Latina, quale giudice d’appello, ha, in parziale riforma della decisione del Giudice di Pace di Fondi del 23 febbraio 2017, dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di diffamazione, al medesimo ascritto, in quanto estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita, (OMISSIS).
I fatti riguardano l’invio, a piu’ destinatari, di una raccomandata della Rappresentanza Sindacale Unitaria aziendale del Comune di Fondi, nella quale l’imputato, componente della R.S.U. in rappresentanza di C.G.I.L., censurava le determinazioni del Comune di Fondi in ordine al pagamento di indennita’ ai dipendenti dell’ente locale, accusando la Parte Pubblica di comportamenti imparziali e di aver posto in essere forme di intimidazione e di ritorsione nei confronti dei componenti delle rappresentanze sindacali.
2. Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Latina ha proposto ricorso l’imputato, con atto a firma dei difensori, Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), affidando le proprie censure a quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari ai fini della motivazione ex articolo 173 dis. att. c.p.p..
2.1. Con il primo, articolato, motivo, deduce violazione di legge per avere il giudice d’appello omesso di pronunciare l’assoluzione nel merito ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, non ravvisandosi, nella raccomandata prot. n. (OMISSIS), inoltrata dal ricorrente a plurimi destinatari istituzionali, nella qualita’ di rappresentante sindacale dei lavorati del Comune di Fondi, alcuna espressione offensiva, ne’ alcuna volonta’ di ledere l’onore e la reputazione del sindaco pro tempore del predetto ente locale, non menzionato nella missiva contenente, invece, censure rivolte alla “Parte Pubblica” della contrattazione in corso, da identificarsi nel Segretario Generale e nel Dirigente del Settore Affari Generali e Personale.
Sotto altro profilo, lamenta violazione del principio di correlazione ai sensi dell’articolo 521 c.p.p. per essere stati reputati diffamatori contenuti della raccomandata diversi ed ulteriori rispetto a quelli contestati.

 

Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale

2.2. Con il secondo motivo, deduce analoga censura in riferimento alla mancata applicazione della causa di giustificazione di cui all’articolo 21 Cost. e articolo 51 c.p., per avere il Tribunale trascurato il ruolo ricoperto dal (OMISSIS) nella contrattazione e nella gestione delle relative criticita’, con conseguente legittimo esercizio del diritto di critica.
Sul punto, il giudice d’appello avrebbe omesso di confutare le specifiche deduzioni articolate con il gravame, rappresentando un percorso giustificativo solo apparente in riferimento all’insussistenza dell’elemento oggettivo ed all’esclusione della causa di giustificazione.
2.3. Con il terzo motivo, la censura di violazione dell’articolo 129 c.p.p. e’ articolata con riferimento alla mancanza della condizione di procedibilita’ per difetto di legittimazione attiva. Evidenzia il ricorrente come la querela sia stata proposta da (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di Sindaco del Comune di Fondi, mentre il medesimo non rivestiva la qualifica di persona offesa del reato di diffamazione, con conseguente mancanza della legittimazione alla costituzione di parte civile: nel documento incriminato, infatti, non vi sarebbe alcun riferimento a (OMISSIS), ma si farebbe solamente menzione della “Parte Pubblica”, riferita alla Segreteria Generale e al responsabile del Settore Affari generali e del Personale, cosicche’ – sostiene il ricorrente – sarebbe stato corretto individuare la persona offesa nelle figure alle quali si riferiva la missiva, tra le quali non rientrava il (OMISSIS), e che non avevano formalizzato l’istanza punitiva.
2.4. Con il quarto motivo, si lamenta la mancata revoca delle statuizioni civili in seguito alla declaratoria di prescrizione del reato per essere la predetta causa estintiva gia’ maturata antecedentemente alla pronuncia del giudice di Pace, come si legge nella sentenza impugnata che, pur non traendone le necessarie implicazioni, ha indicato la data di estinzione del reato nel (OMISSIS).
3. Con memoria difensiva, trasmessa alla Cancelleria il 26 marzo 2021, gli l’Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno svolto ulteriori argomentazioni. Evidenziano, in particolare, a sostegno del terzo motivo di ricorso, come all’atto della costituzione di parte civile il (OMISSIS) non rivestisse, ormai, la carica di Sindaco, con conseguente difetto di legittimazione all’esercizio dell’azione civile in rappresentanza dell’ente. Per altro verso, si ribadisce come il medesimo (OMISSIS) neppure vantasse, in proprio, legittimazione, in quanto non investito di alcuna espressione offensiva, mentre ne’ il Segretario generale, ne’ il Dirigente degli affari del personale – nei quali si identifica la Parte Pubblica evocata nella missiva hanno mai sporto querela.

 

Espressioni denigratorie contro singoli di un ente locale

CONSIDERATO IN DIRITTO

Colgono nel segno le censure articolate nel terzo motivo, mentre il ricorso e’, nel resto, inammissibile.
1. E’ manifestamente infondata la deduzione svolta nel quarto motivo in riferimento alla revoca delle statuizioni civili.
1.1. Il ricorrente evidenzia come la sentenza impugnata abbia, all’esito della declaratoria di estinzione del reato, erroneamente confermato le statuizioni civili, pur avendo il Tribunale rilevato essersi il termine di prescrizione compiuto il (OMISSIS) e, pertanto, in epoca antecedente alla sentenza di primo grado, deliberata il 23 febbraio 2017.
Con orientamento consolidato, invero, questa Corte ha affermato che quando il giudice di appello, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, accerti che la causa estintiva e’ maturata prima della sentenza di primo grado, deve contestualmente revocare le statuizioni civili in essa contenute (ex multis Sez. 5, n. 32636 del 16/04/2018, Suraci, Rv. 273502).
1.2. L’indicazione segnalata e’, effettivamente, presente nella sentenza impugnata; la stessa indicazione, tuttavia, risulta dalla lettura degli atti palesemente erronea.
I rinvii disposti, in primo grado, ad istanza di parte, hanno, infatti, determinato, complessivamente, la sospensione del decorso del termine di prescrizione di per oltre cento giorni, con conseguente individuazione del dies ad quem nel giugno 2017 e, pertanto, in epoca successiva alla deliberazione della sentenza di primo grado.
Ne consegue che la conferma delle statuizioni civili non e’, sotto il profilo in disamina, censurabile.
La deduzione svolta sul punto nel quarto motivo, ripreso dalla memoria, e’ pertanto manifestamente infondata.
2. Il terzo motivo – la cui analisi si antepone in quanto logicamente pregiudiziale – e’, invece, fondato.
2.1. Le questioni attinenti, in via gradata, alla titolarita’ del diritto di querela e, conseguentemente, alla legittimazione alla costituzione di parte civile rendono necessaria la contestualizzazione dei fatti per cui si procede.
2.1.1. Dal capo di imputazione e dalle sentenze di merito risulta che la missiva – di cui il ricorrente non contesta la paternita’ – trae origine dalle interlocuzioni in corso tra il Comune di Fondi e le organizzazioni sindacali e, in particolare, la rappresentanza sindacale unitaria, nel cui ambito l’imputato rivestiva il ruolo di componente per conto di C.G.I.L., in riferimento all’iniziativa, assunta dall’ente locale, di eliminare una componente della retribuzione dei dipendenti comunali, gia’ erogata a titolo di indennita’ per particolare e complessa organizzazione del lavoro.
La missiva, in particolare, fa seguito alla nota della “Parte pubblica” del 7 agosto 2008 che – secondo la prospettazione dell’imputato – aveva rimesso in discussione i termini di un accordo gia’ raggiunto con le organizzazioni sindacali, e ne criticava il contenuto, segnalando precedenti condotte (non) imparziali dell’ente ed adombrando – attraverso la ricostruzione dell’iter della vicenda – una forma di intimidazione e ritorsione nei confronti delle rappresentanze sindacali. Nella stessa missiva venivano riferite ulteriori vicende, finalizzare a contestare trasparenza e legittimita’ delle procedure adottate dalla “Parte pubblica”, che lo stesso estensore aveva cura di circoscrivere alla Segreteria Generale e al responsabile del personale.
2.1.2. Ebbene, dalla lettura integrale del testo, solo sinteticamente trascritto in rubrica (senza che la parziale riproduzione integri la indeterminatezza censurata nel primo motivo; V. Sez. 5, n. 34815 del 20/05/2019, Borghezio, Rv. 276776), emerge, all’evidenza e per esplicita ammissione del ricorrente – che non contesta ed anzi rivendica la propria soggettiva indicazione di Parte Pubblica – come le critiche siano state rivolte ai funzionari nel testo nominalmente citati e, per essi, all’ente locale ex se, parte datoriale contrapposta nella vertenza in atto.
La giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, n. 37383 del 16/06/2011, Benetton, Rv. 251518) ha gia’ posto in evidenza – con affermazione che il Collegio condivide e che qui ribadisce – come le espressioni denigratorie dirette nei confronti di singoli appartenenti ad enti, associazioni o istituzioni possano, al contempo, aggredire anche l’onorabilita’ dell’entita’ collettiva cui essi appartengono; entita’ che, conseguentemente, assume la qualita’ di soggetto passivo di delitti contro l’onore.
Ne consegue che quando l’offesa assume carattere diffusivo (nel senso che essa viene ad incidere sulla considerazione di cui l’ente gode nella collettivita’), detto ente, al pari dei singoli soggetti offesi, e’ legittimato alla presentazione della querela ed alla successiva costituzione di parte civile (Sez. 5, n. 1188 del 26/10/2001, dep. 2002, Rv. 220813; conforme in tema di lesione della reputazione di soci di uno studio professionale Sez. 5, n. 16281 del 16/03/2010, Rv. 247263).
Nello stesso senso, si e’ affermato il principio secondo cui in tema di diffamazione, la capacita’ di essere titolari dell’onore sociale e di essere soggetti passivi del reato non puo’ essere esclusa nei confronti di entita’ giuridiche o di fatto associazioni, partiti, fondazioni, comunita’ religiose, corpi amministrativi e giudiziari – in quanto rappresentativi sia di un interesse collettivo unitario ed indivisibile in relazione alla finalita’ perseguita, sia degli interessai dei singoli componenti.
L’individuazione del destinatario dell’offesa in una determinata persona fisica, specificamente aggredita nell’onore e nella reputazione con riferimento alle funzioni svolte in un ente collettivo, non preclude, pertanto, la configurabilita’ del reato per una concorrente aggressione all’onore sociale dell’ente al quale quella persona appartiene, quando – sotto il profilo processuale – la plurioffensivita’ del fatto lesivo sia ritualmente contestata e quando – sotto il profilo sostanziale l’offesa sia cosi’ oggettivamente diffusiva da incidere anche sull’ente per la portata e natura dell’aggressione, le circostanze narrate, le espressioni usate, i riferimenti ed i collegamenti operati dal soggetto attivo all’attivita’ svolta ed alle finalita’ perseguite dal soggetto passivo (Sez. 5, n. 4982 del 30/01/1998, Rv. 210601).
2.2. L’applicazione di siffatti principi direttivi al caso in esame rende agevole la soluzione delle questioni proposte con il ricorso.
2.2.1. Se e’ vero – come dedotto dal ricorrente – che (OMISSIS) non risulta esplicitamente citato nella missiva in contestazione, con conseguente non configurabilita’, in capo al medesimo, della qualifica di persona offesa del reato di diffamazione in proprio e della conseguente legittimazione alla costituzione di parte civile nella medesima qualita’, nondimeno allo stesso – nella qualita’ di sindaco pro tempore del comune di Fondi, parte lesa “per rifrazione” del medesimo reato in conseguenza delle offese rivolte ai suoi funzionari, indicati come “parte pubblica” della vertenza in atto – deve essere riconosciuta la legittimazione alla proposizione della querela.
Nella querela in atti, difatti, il (OMISSIS) ha esplicitamente dichiarato di avanzare l’istanza (anche) nella qualita’ di legale rappresentante dell’ente locale, indicando la Delib. Giunta municipale 28 ottobre 2008, con la quale il relativo munus gli e’ stato conferito.
L’istanza di punizione risulta, pertanto, ritualmente proposta dalla persona offesa, comune di Fondi, mentre la stessa non rileva nella parte in cui il (OMISSIS) l’ha formulata in proprio, non ravvisandosi reati consumati personalmente in danno del medesimo.
2.2.2. Quanto alla costituzione di parte civile, deve, invece, rilevarsi come il relativo atto del 9 dicembre 2015 non contenga indicazione ed allegazione alcuna della necessaria procura speciale.
Ne deriva il difetto di legittimazione del (OMISSIS) anche in relazione all’esercizio dell’azione civile, nel processo penale, per contro del Comune di Fondi.
Le statuizioni civili in favore del medesimo ente sono state, pertanto, illegittimamente disposte, con conseguente annullamento senza rinvio del relativo capo della sentenza impugnata, che va eliminato.
3. L’eliminazione, per gli esposti motivi, delle statuizioni civili dispiega effetti sul sindacato dei residui motivi dell’impugnazione di legittimita’.
3.1. Nel solco del consolidato orientamento ermeneutico delineato dalle Sezioni unite di questa Corte (n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274), va, difatti, rilevato come, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e’ legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi’ che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu’ al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessita’ di accertamento o di approfondimento.
Sul punto, le deduzioni del ricorrente non prospettano, con la necessaria evidenza, l’insussistenza dell’offensivita’ delle incontestate espressioni, si’ da consentire la constatazione per tabulas dell’ingiustificata opzione, da parte del giudice del merito, della declaratoria di prescrizione in luogo dell’assoluzione nel merito.
3.2. L’eliminazione delle statuizioni civili comporta che anche in questa sede di legittimita’ non possa essere accordata prevalenza al proscioglimento nel merito rispetto alla dichiarazione immediata della causa estintiva, pronunciata dal giudice di merito, posto che alcuna valutazione del compendio probatorio residua agli effetti civili (Sez. U n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244273, cit; V. anche Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870, in motivazione).
I motivi di ricorso afferenti la prevalenza del proscioglimento nel merito sulla dichiarata prescrizione sono, pertanto, proposti fuori dei casi previsti dalla legge.
4. Alla luce delle rassegnate argomentazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alle statuizioni civili, che vanno eliminate.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alle statuizioni civili che elimina; dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Motivazione semplificata.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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