Esdebitazione ed il soddisfacimento parziale dei creditori

L’articolo discute la valutazione del requisito oggettivo del “soddisfacimento almeno parziale” dei creditori nell’ambito dell’esdebitazione. La Corte di Cassazione sottolinea che tale valutazione deve considerare l’intero contesto della procedura, includendo l’entità dell’attivo acquisito e liquidato, il numero dei creditori e i costi prededucibili, piuttosto che fermarsi alla semplice “irrisorietà” della percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali.

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 ottobre 2024| n. 25946.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

In tema di esdebitazione, la valutazione del presupposto oggettivo relativo al soddisfacimento “almeno parziale” dei creditori va effettuata tenendo conto dell’intero contesto della procedura, in relazione al quale vanno considerati anche l’entità dell’attivo acquisito e di quello che è stato possibile liquidare, il numero dei creditori e l’ammontare dei costi prededucibili, senza arrestarsi a rilevare la “irrisorietà” della percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali.

 

Ordinanza|3 ottobre 2024| n. 25946. Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

Data udienza 11 luglio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Cessazione – Chiusura del fallimento – Effetti esdebitazione – Requisito oggettivo – Soddisfacimento ‘almeno parziale’ dei creditori – Valutazione – Criteri.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. VELLA Paola – Consigliere – Rel.

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23075/2021 R.G. proposto da:

Bo.St., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GI.CE., presso lo studio dell’avvocata LI.MA. (Omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato CR.DU. (Omissis)

-ricorrente-

contro

INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CE.BE., presso lo studio dell’avvocato AN.SG. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati EM.DE. (Omissis), CA.D. (Omissis), AN.CO. (Omissis), LE.MA. (Omissis)

-controricorrente-

nonché contro

FALLIMENTO MO.DI., INAIL, AGENZIA RISCOSSIONE, BANCO BP., CH., EN.EN., ME.SA., PA.BR., RE., STUDIO Ga.Vi.

-intimati-

avverso l’ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1767/2021 depositata il 12/07/2021;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2024 dal Consigliere PAOLA VELLA.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

FATTI DI CAUSA

1. – Dagli atti di causa risulta che in data 16.12.2013 il Tribunale di Cremona dichiarò il fallimento di Bo.St., quale titolare dell’impresa individuale Mo.; la procedura fu chiusa con decreto del 17.12.2019 e il fallito, con ricorso del 17.9.2020, chiese di essere ammesso al beneficio della esdebitazione.

1.1. – Il curatore fallimentare espresse parere favorevole.

1.2. – Con decreto del 5.3.2021 il Tribunale di Cremona rigettò la domanda, dando atto della insussistenza delle condizioni ostative previste dall’art. 142, comma 1, nn. 3, 4 e 5, L.Fall., ma valorizzando il fatto che l’attivo realizzato e distribuito, pari a Euro 10.000,00, aveva consentito il pagamento dei soli creditori privilegiati, con una percentuale di soddisfo “irrisoria” (0,6%).

1.3. – Bo.St. propose reclamo contro il provvedimento, invocando un’ interpretazione costituzionalmente orientata o adeguatrice dell’art. 142 L.Fall. (salva la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale della norma), tenuto conto che: i) nella lettera della legge non si rinviene alcun riferimento all’entità della soddisfazione percentuale e alla valutazione della sua esiguità; ii) nemmeno la legge-delega prevede il vaglio della soddisfazione parziale, con conseguente ammissione al beneficio quale che sia la percentuale di soddisfazione dei creditori, la cui misura integra un parametro estraneo alla volontà del debitore, dal momento che il minor realizzo dell’attivo fallimentare dipende dal sistema falcidiante delle vendite e delle transazioni; iii) gli artt. 278 e ss. CCII sono allineati al principio unionale (racc. 2014/135/UE) sul diritto dell’imprenditore di ottenere la esdebitazione senza alcun vaglio in ordine alla soddisfazione dei creditori e senza valutazione giudiziale dopo tre anni dall’inizio della procedura.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

1.4. -La Corte d’Appello di Brescia, con ordinanza del 12/7/2021, ha rigettato il reclamo, osservando che: i) ai fini dell’esdebitazione è sufficiente il pagamento di una parte dei crediti ammessi al passivo, mentre è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito una valutazione comparativa tra quanto pagato e quanto complessivamente dovuto (Cass. Sez. U, 24215/2011; Cass. 16620/2016, 17386/2015, 9767/2012), occorrendo verificare che la soddisfazione non sia irragionevole, tenuto conto dell’importo globale dello stato passivo e del numero dei creditori complessivamente ammessi; ii) l’invocato vaglio di costituzionalità non poteva effettuarsi assumendo quale tertium comparationis gli artt. 278 e segg. del Codice della Crisi, non ancora entrato in vigore; iii) la Corte costituzionale, peraltro, con l’ord. n. 49 del 2012, proprio con riguardo all’istituto dell’esdebitazione, aveva già ritenuto insindacabile il criterio cronologico discriminante dell’applicazione di diverse discipline normative (se non affetto da manifesta arbitrarietà intrinseca, fonte di ingiustificata disparità di trattamento) poiché lo stesso naturale fluire del tempo è valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche; iv) la valutazione dei requisiti di cui all’art. 142 L.Fall. era stata correttamente compiuta dal primo giudice, perché i crediti privilegiati ammessi al passivo ammontavano a Euro 468.738,00 e quelli chirografari a Euro 152.372,00 e, rispetto all’attivo realizzato di Euro 10.000,00, era stato ripartito in favore dei soli creditori privilegiati un importo di Euro 2.719,10, pari ad appena lo 0,6% dei loro crediti; v) il reclamo non censurava in modo specifico l’apprezzamento discrezionale compiuto dal Tribunale circa l’irrisorietà dei crediti soddisfatti rispetto a quelli insinuati; vi) la circostanza che la percentuale di soddisfacimento dei crediti fosse dovuta al minore realizzo conseguito durante le operazioni di liquidazione, che conducono alla “svendita dei beni” e ad “un grave detrimento dell’attivo” , era, con evidenza, insita nel possibile esito della procedura fallimentare e non poteva essere valorizzata al fine di svilire il requisito oggettivo previsto dalla norma.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

2. – Bo.St. propone ricorso, affidato a dieci motivi e o illustrato da memoria, per la cassazione della pronuncia. L’Inps resiste con controricorso, mentre i restanti intimati non svolgono difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. – Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 142, comma 2, 52 e 111 L.Fall., sul rilievo che l’art. 52 L.Fall. attrae nel concorso formale tutti i crediti, anche quelli prededucibili ex art. 111 L.Fall., sicché, per coerenza semantica ed interpretativa, la locuzione “creditori concorsuali” di cui all’art. 142 L.Fall. dovrebbe includere anche questi ultimi, la cui soddisfazione rileverebbe perciò anche ai fini dell’esdebitazione e, nel caso in esame, andrebbe considerato anche il loro pagamento integrale.

2.2. – Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 142, comma 2, L.Fall. nella sua formulazione letterale, per cui “L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”, senza alcun riferimento al “quantum” della soddisfazione, sicché, salva la ipotesi di totale insoddisfazione, il fallito “è ammesso” al beneficio laddove non sussistano le cause ostative previste dalla norma.

2.3. – Il terzo mezzo deduce che sarebbe ragionevole e costituzionalmente legittimo che i diritti soggettivi primari di coloro i cui fallimenti siano stati chiusi dopo la pubblicazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (di seguito CCII) possano ricevere la tutela accordata dalla novella; segnala inoltre l’erroneità del richiamo del giudice del merito all’ ordinanza della Corte Costituzionale 7 marzo 2012 n. 49 (che, nell’escludere l’incostituzionalità delle norme sull’esdebitazione applicabili, ratione temporis, a un fallimento dichiarato nel 2003 rispetto a quelle promulgate con i D.Lgs. di riforma del 2006-2007, ha sottolineato “l’esigenza di compiere, al fine della concessione del beneficio, una serie di riscontri istruttori, volti alla verifica della effettiva meritevolezza del fallito, che ben difficilmente sarebbero possibili o, comunque, fonte di risultati attendibili, ove fossero svolti in relazione a procedure concorsuali la cui chiusura rimonti a periodi troppo risalenti nel tempo, rientrando, quindi, nella discrezionalità del legislatore la fissazione del detto limite temporale”),trattandosi di precedente inidoneo a sorreggere un giudizio di manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità proposte (motivi nono e decimo) alla luce delle norme introdotte dal CCII.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

2.4. – Il quarto motivo denuncia l’assoluta obliterazione del dovere di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 142, comma 2, L.Fall., in relazione agli artt. 2, 3, 41, 42, 76, 10, 117 Cost., e al principio di ragionevolezza, essendosi da tempo questa Corte fatta “paladino” di tale canone ermeneutico, che impone al giudice di applicare la legge in modo da dare concreta attuazione ai principi della Carta (v. Cass. nn. 21020, 19461, 19259, 16279, 15261, 14453 del 2021) o, in alternativa, di sollevare la questione di costituzionalità (Cass. Sez. U, 15177/2021) e, pertanto, di scegliere, in presenza di una pluralità di interpretazioni possibili di una norma, quella che conduce ad un risultato ermeneutico costituzionalmente compatibile, ricusando le altre (Corte Cost. 22 febbraio 2017, n. 58; cfr. Corte Cost. 14 novembre 2003 n. 198, richiamata da Cass. 15083/2015).

2.5. – Il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 142, comma 2, L.Fall., in relazione all’art. 76 Cost., per eccesso di delega rispetto ai principi di cui alla legge n. 80 del 2005, che si proponeva di “13) introdurre la disciplina dell’esdebitazione e disciplinare il relativo procedimento, prevedendo che essa consista nella liberazione del debitore persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti”, senza alcun vaglio della soddisfazione parziale e solo al ricorrere dei requisiti di meritevolezza poi recepiti dal legislatore delegato, il quale ha poi inserito come “condizione preclusiva dell’esdebitazione la circostanza che non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali” (v. Rel. Gov. al D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5) richiamando non meglio precisati “spunti” della legge-delega militanti in tal senso e al dichiarato obbiettivo di incentivare condotte virtuose, cui però la misura non sarebbe in grado di rispondere, dal momento che l’ammissione al beneficio verrebbe a dipendere da fattori del tutto estranei alla volontà e all’agire del fallito.

2.6. – Il sesto mezzo denuncia la violazione degli articoli 10 e 117 Cost., con riferimento alla Raccomandazione 12 marzo 2014 n. 2014/135/UE, che erroneamente la Corte d’Appello avrebbe ritenuto “priva di efficacia vincolante”, in contrasto con le norme menzionate e con i principi euro-unitari (Corte Cost. 21 aprile 2021 n. 76; Cass., 19841/2021).

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

2.7. – Il settimo mezzo lamenta la violazione dell’art. 142, comma 2, L.Fall., in relazione agli articoli 10 e 117 Cost., sul rilievo che il giudice, nella propria attività ermeneutica, deve individuare l’interpretazione che consenta di comporre l’eventuale contrasto fra la norma e i principi costituzionali e comunitari sottesi alle norme richiamate (Cass. 2453/2021), tra i quali quello sancito dalla Racc. 2014/135/UE cit. e recepito dal CCII: basterebbe allora, mediante una interpretazione costituzionalmente orientata, dare letterale applicazione all’art. 142 L.Fall. considerando irrilevante la percentuale di pagamento dei crediti.

2.8. – L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 142, comma 2, L.Fall., in relazione agli articoli 2, 3, 41, 42 Cost. e ai principi di ragionevolezza e di tutela del mercato e della concorrenza, rammentando che si è al cospetto di diritti della persona, prima ancora che patrimoniali, quali segnatamente: i) lo svolgimento della personalità, che non può essere ostacolato da una condanna a vita dell’imprenditore onesto causata dalla pochezza dell’attivo, laddove l’art. 2 Cost. valorizza la possibilità di “sviluppo, anche evolutivo”, della persona, in ogni ambito della propria vita (Cass. 15160/2021) e “dopo aver affermato la centralità della tutela della persona nell’ordinamento giuridico nazionale, amplia il novero dei diritti della personalità a quelle situazioni giuridiche soggettive che consentono un pieno ed integrale sviluppo della persona” (Cass. 4477/2021); ii) la parità di trattamento (art. 3 Cost.), essendo macroscopicamente iniquo che, a parità di condizioni, il debitore onesto già fallito non possa avere una seconda possibilità, a differenza di quello che fallirà dopo l’entrata in vigore del CCII); iii) la tutela della concorrenza e del mercato, che non vede di buon occhio la esclusione di possibili competitors; iv) la libertà di iniziativa imprenditoriale (art. 41 Cost.), che deve essere garantita a chiunque e non già preclusa, per mere ragioni cronologiche, al soggetto comunque onesto, comunque virtuoso, che però si trovi penalizzato dalla esiguità dell’attivo realizzato; v) la tutela della proprietà (art. 42 Cost.), perché solo grazie alla esdebitazione il fallito potrà fruire di tale diritto costituzionalmente protetto; vi) il principio di ragionevolezza, perché le conclusioni della corte distrettuale, se rapportate alla funzione premiante e incentivante dell’istituto, sarebbero davvero incomprensibili.

2.9. – Il nono mezzo denuncia la violazione dell’art. 23, legge cost. 11 marzo 1953 n. 87, dell’art. 1, legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1, degli artt. 3, 2, 41, 42 Cost. (la scelta di diritto intertemporale essendo scrutinabile come ogni altra norma, laddove incida su diritti della personalità), degli artt. 10, 117 Cost. (nella parte in cui impongono l’adeguamento ai principi comunitari, in quanto sin dal 2014 l’Unione ha perseguito gli obbiettivi di discharge, second chance e fresh start attraverso l’automaticità dell’esdebitazione), del principio di ragionevolezza (trattandosi di disparità macroscopicamente inaccettabile e irragionevole), con riferimento agli artt. 389 e 390 CCII, nella parte in cui non contemplano gli artt. 279 comma 1, 280 e 281 CCII: la relativa questione di costituzionalità sarebbe rilevante (poiché se accolta consentirebbe l’esdebitazione) e non manifestamente infondata.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

2.10. – Il decimo mezzo lamenta, analogamente, la violazione dell’art. 23, legge cost. 87/1953, dell’art. 1, legge cost. 1/1948, degli artt. 76, 3, 2, 41, 42, 10, 117 Cost. e dei principi di ragionevolezza, tutela della concorrenza e del mercato, con riferimento all’art. 142 L.Fall., il quale andrebbe conformato a Costituzione non consentendo alcun apprezzamento del giudice su questioni diverse dalle condotte soggettive che la condotta mira disincentivare, e dichiarando irrilevante la soddisfazione parziale dei creditori, o la sua misura. Tutto ciò si fonderebbe su valori protetti dalla Carta, rispetto ai quali la sensibilità attuale è ben diversa rispetto a quella al 2006 e al 2012; sarebbe altresì mutato, rispetto al 2006 (data di introduzione dell’istituto dell’esdebitazione nel nostro ordinamento) e al 2012 (data del citato intervento della Consulta), il valore attribuito alla esdebitazione e al diritto a una seconda possibilità, oggi ritenuto spettante a chiunque, senza discrezionalità del giudice, in quanto intrinsecamente connesso allo sviluppo della personalità. La violazione dell’art. 76 Cost. per eccesso di delega discenderebbe dall’autonoma introduzione del presupposto oggettivo della soddisfazione almeno parziale dei creditori, in assenza di previsioni in tal senso da parte del legislatore delegante e in disarmonia con l’obiettivo incentivante dell’istituto.

3. – Il ricorso merita, complessivamente, accoglimento.

3.1. – Va innanzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità formulata dal controricorrente Inps.

Il ricorso non afferisce alla valutazione del materiale probatorio: il ricorrente chiede l’affermazione di un principio di diritto sulla corretta interpretazione del requisito della soddisfazione, almeno in parte, dei creditori concorsuali di cui al secondo comma dell’art. 142 L.Fall., invocandone una definizione della portata ed uno scrutinio di legittimità costituzionale.

Per le stesse ragioni non ricorre l’ulteriore profilo di inammissibilità asseritamente derivante dalla omessa censura della ratio decidendi circa la irrisorietà della soddisfazione dei crediti concorsuali.

Con l’ampio sviluppo dei dieci motivi sopra richiamati, il ricorrente invoca una interpretazione sostanzialmente letterale, o comunque costituzionalmente orientata e conforme ai principi unionali, dell’art. 142, comma 2, L.Fall., in modo da evitare la grave disparità di trattamento prospettata fra i soggetti dichiarati falliti, ritenuta lesiva dei diritti della persona; ovvero, in subordine, la sottoposizione della norma al vaglio di costituzionalità, per questioni che si adducono come mai affrontate né dal Giudice di legittimità, né dallo stesso Giudice delle leggi.

4. – La questione posta con il primo motivo riguarda la possibilità di includere o meno i creditori prededucibili fra i creditori concorsuali, ai fini della verifica della (almeno) parziale soddisfazione del ceto creditorio, poiché, in caso positivo, potrebbe essere rivisitato il giudizio di irrisorietà espresso dai giudici di merito sulla percentuale di soddisfazione dei creditori.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

Secondo il ricorrente, anche i creditori ammessi in prededuzione rientrano tra i creditori concorsuali, la cui soddisfazione va considerata ai fini dell’art. 142 L.Fall., in quanto anche i relativi crediti sono valutati e soddisfatti nell’ambito della procedura fallimentare (art. 52, comma 2, L.Fall.).

4.1. – Non v’è dubbio che, con la riforma del 2006, il secondo comma dell’art. 52 L.Fall. è stato integrato per chiarire, in uno al nuovo art. 111-bis L.Fall., che anche i crediti prededucibili devono essere trattati “con le modalità di cui al Capo V”, e sono perciò soggetti al concorso formale; tuttavia è anche contemplata l’esplicita “esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25”, tra i quali rientrano sicuramente le spese di procedura e il compenso al curatore fallimentare.

4.2. – Va anche considerato che l’art. 23, par. 2, lett. e) della “Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019 sui quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e l’efficienza delle procedure concorsuali” (cd. direttiva Insolvency) consente agli Stati membri di negare o limitare l’esdebitazione, ovvero prevedere tempi più lunghi, in circostanze ben definite, ivi compreso il caso in cui “non è coperto il costo della procedura che porta all’esdebitazione”, assimilabile all’ipotesi di insufficienza dell’attivo a coprire i costi prededucibili.

Tuttavia, stante anche la discrezionalità lasciata sul punto agli Stati membri, l’indizio non è conducente, poiché sta semplicemente ad indicare che attualmente il legislatore unionale ammette che l’esdebitazione sia esclusa, tra l’altro, quando nemmeno i costi della procedura sono stati soddisfatti.

4.3. – Non risulta nemmeno decisivo, in senso favorevole alla tesi del ricorrente, che i crediti prededucibili non rientrino espressamente tra le categorie di debiti esclusi dall’esdebitazione nel terzo comma dell’art. 142 L.Fall. (categorie rimaste invariate nel 2594 corrispondente art. 278, comma 6, CCII).

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

Appare invece dirimente, in direzione contraria, l’espresso ed inequivocabile riferimento che l’art. 142 L.Fall. fa – tanto nel primo quanto nel secondo comma – proprio e solo ai “creditori concorsuali”, categoria ampiamente nota e tradizionalmente ricondotta ai creditori anteriori all’apertura del fallimento (cfr. Cass. 16263/2020, in motivazione), dunque ben distinta da quella dei “creditori prededucibili” (similmente, l’art. 281 CCII fa riferimento ai “debiti concorsuali” non soddisfatti).

Si potrebbe al più discutere dei crediti prededucibili sorti ante procedura (ad esempio in correlazione ad una precedente procedura concordataria avvinta a quella fallimentare dal vincolo della “consecutio”), ma l’aspetto non è stato allegato in questa sede né risulta oggetto del thema decidendum in sede di merito.

4.4. – Nondimeno, poiché è innegabile che l’attivo fallimentare viene destinato anche (ed anzi prioritariamente) a far fronte ai costi della procedura fallimentare, l’incidenza dei crediti prededucibili può ben essere “recuperata” sotto il profilo della misura della soddisfazione che ne residua in favore dei creditori concorsuali; che è il tema affrontato precipuamente con il secondo motivo e arricchito delle argomentazioni addotte nei restanti otto.

5. – Occorre allora richiamare brevemente il consolidato indirizzo nomofilattico in base al quale il cd. “requisito oggettivo”, cui è condizionato il beneficio della esdebitazione (e dunque l’inesigibilità dei crediti residui verso il fallito), richiede, ai sensi dell’art. 142, comma 2, L.Fall., che i creditori concorsuali siano stati soddisfatti almeno “in parte”, e tale condizione s’intende realizzata, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata (e coerente con il favor per l’istituto già formulato dall’art. 1, comma 6, lett. a), n. 13 della legge delega n. 80/2005) anche quando taluni di essi non siano stati pagati affatto, risultando invero sufficiente che una parte dei debiti, oggettivamente intesa, sia stata pagata in sede di ripartizione dell’attivo, ed essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito una valutazione comparativa della consistenza di quella “parte” rispetto a quanto complessivamente dovuto (Cass. Sez. U, 24214/2011; Cass. 9767/2012, 16620/2016).

5.1. – Si è poi ulteriormente precisato che, proprio alla stregua del riferito approdo nomofilattico, l’art. 142 comma 2 L.Fall. dev’essere interpretato nel senso che, ove ricorrano i presupposti di cui al primo comma della norma (cd. “requisito soggettivo”), il beneficio dell’esdebitazione dev’essere concesso, a meno che (come del reso recita espressamente la norma) i creditori concorsuali “non siano stati soddisfatti neppure in parte”, e cioè siano rimasti totalmente insoddisfatti, ovvero, si è aggiunto – al fine di attribuire un contenuto fattuale alla nozione, di per sé vaga e generica, di “prudente apprezzamento del giudice” e, soprattutto, di scongiurare il rischio di valutazioni arbitrarie, con pronunce variegate sul territorio nazionale e magari difformi pur in presenza di situazioni identiche – siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria” (cfr. Cass. 7550/2018, 15586/2018, 16263/2020, 15246/2022, 15155/2024 e, da ultimo, Cass. 19893/2024).

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

5.2. – Va subito sottolineato che tutte le pronunce di questa Corte ricordano immancabilmente come l’individuazione di quella parziale soddisfazione (che, al ricorrere degli ulteriori presupposti soggettivi, dà accesso al beneficio esdebitatorio) debba essere operata secondo un’interpretazione coerente con il “favor debitoris” che ispira la norma interna e, si è aggiunto, anche con il “favor” per l’omologo istituto unionale del discharge of debts di cui al Tit. III della citata direttiva Insolvency (Cass. 15155/2024), che ha infatti indotto il legislatore nazionale ad eliminare il “requisito oggettivo” dalle “condizioni per l’esdebitazione” di cui all’art. 280 CCII).

Già nella Rel. al D.Lgs. n. 5 del 2006 si leggeva che “l’obiettivo è quello di recuperare l’attività economica del fallito per permettergli un nuovo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie”, in linea con l’istituto del c.d. discharge previsto dalla legislazione americana e di alcuni paesi europei, al fine di consentire al fallito il c.d. fresh start ed eliminare il fenomeno delle attività “sommerse”.

5.3. – Ma soprattutto preme evidenziare che, grazie a questa piena consapevolezza della ratio ispiratrice della legislazione in materia, nazionale e sovranazionale, si è avuto cura di precisare che questa natura “affatto irrisoria” dev’essere riscontrata solo ove il concreto “soddisfacimento” non sia tale da rappresentare il relativo concetto neppure parzialmente, però “tenuto conto di tutte le risultanze della procedura” (Cass. 15246/2022).

6. – Può dunque affermarsi che l’accertamento della natura “affatto irrisoria” in questione non debba (affatto) ridursi alla registrazione del dato percentuale del soddisfacimento dei creditori.

E ciò non tanto perché il secondo comma dell’art. 142 L.Fall. si limita, innegabilmente, ad escludere il beneficio quando non vi sia stata soddisfazione alcuna (“neppure in parte”, laddove per “parte” in teoria potrebbe intendersi anche un solo euro), senza prevedere alcuna soglia o misura minimale di soddisfacimento; tanto che proprio su questa base è stata ritenuta inammissibile la relativa questione di costituzionalità (v. Cass. 16263/2020).

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

Quanto, piuttosto, perché l’indirizzo nomofilattico di cui si è dato conto ha consegnato al prudente apprezzamento del giudice di merito una valutazione che non può ridursi ad una mera operazione “matematica”, ma deve abbracciare e discernere, anche comparativamente, tutte le peculiarità e le proporzionalità della singola procedura, secondo un’interpretazione che sia per un verso rispettosa di quel “favor” esplicitato dal legislatore (dapprima interno e poi unionale) e per altro verso costituzionalmente, unionalmente (ed ora anche evolutivamente) orientata.

6.1. – Non è un caso che l’art. 20 della direttiva (UE) 2019/1023 imponga, stavolta, agli Stati membri di assicurare all’imprenditore-persona fisica l’accesso ad almeno una procedura che porti all’integrale discharge of debts, prescrivendo che, qualora gli Stati membri condizionino l’esdebitazione al parziale pagamento dei creditori (come è appunto nell’art. 142 L.Fall.), la misura di tale pagamento debba essere proporzionata e parametrata alla concreta situazione patrimoniale del debitore, e che, nel fissarla, si tenga conto “dell’equo interesse dei creditori” (laddove l’aggiunta dell’aggettivo “equo” è la cifra dell’attenzione rivolta al debitore).

6.2. – In questa prospettiva pare allora non solo giusto, ma anche coerente con la logica della concorsualità, che il requisito della “soddisfazione almeno in parte” – sinora inteso ricorrendo al concetto di “irrisorietà” – debba tener conto anche dell’incidenza, sull’attivo, dei costi prededucibili; i quali, nel caso di specie, hanno assorbito più di 2/3 dell’attivo liquidato, erodendo la più gran parte delle risorse destinate ai creditori concorsuali (Euro 7.303,47 su un attivo liquidato di Euro 10.000,00) e rendendo disponibile per questi ultimi un residuo di soli Euro 2.696,53 (con evidente eterogenesi dei fini rispetto al senso dell’apertura di una procedura concorsuale).

6.3. – Ovviamente, a fronte di costi di procedura più bassi la soddisfazione dei creditori concorsuali sarebbe stata maggiore, ma del resto la liquidazione dei crediti prededucibili (come ad esempio il compenso al curatore fallimentare) avviene per lo più sulla base di parametri normativi ed è rimessa all’apprezzamento del Tribunale, senza che sia assicurata una proporzionalità lineare, sicché all’aumentare dell’attivo è probabile che i costi incidano meno pesantemente sulla soddisfazione dei suddetti creditori.

6.4. – E tuttavia, per quanto detto sopra, il debitore non può essere ostracizzato dal beneficio dell’esdebitazione a causa della scarsa consistenza del suo patrimonio (peraltro spesso dipendente anche dai risultati notoriamente poco soddisfacenti della liquidazione in ambito concorsuale), una volta che sia stato comunque escluso che quella minore entità sia il portato di sue eventuali condotte ostruzionistiche, negligenti, depauperatorie, fraudolente, distrattive o comunque penalmente rilevanti, la cui intercettazione è infatti affidata alla serie di requisiti ostativi elencati nel primo comma dello stesso art. 142 L.Fall. (sostanzialmente corrispondenti a quelli recepiti nell’art. 280, comma 1, CCII, salvo il profilo della “recidiva”), che ospita il cd. “requisito soggettivo”, sicuramente essenziale e preminente nella ratio dell’istituto (tanto da essere l’unico conservato nel CCII, che ha invece eliso proprio il “requisito oggettivo” in disamina).

6.5. – Con ciò si vuol dire che, tra “tutte le risultanze della procedura” di cui occorre tener conto ai fini del riconoscimento del beneficio della esdebitazione (Cass. 15246/2022), bisogna certamente considerare anche l’entità dell’attivo acquisito e di quello che è stato possibile liquidare, il numero dei creditori e l’ammontare dei costi prededucibili (variabile, quest’ultima indipendente dalla condotta del fallito), senza arrestarsi a rilevare la “irrisorietà” della percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali – nel caso in esame indubbiamente bassissima, pari allo 0,6% del credito privilegiato – anche perché, come visto, si tratta di un criterio valutativo nemmeno esplicitato nella norma.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

Nel caso di specie, poi, l’esigua entità dell’attivo liquidato si combina con un numero contenuto di creditori (in totale diciassette, di cui nove privilegiati, per complessivi Euro 468.738,00, e otto chirografari, per complessivi Euro 152.372,00) a testimonianza di una insolvenza che, sebbene non certo irrilevante, non dovrebbe aver destato eccessivo “allarme sociale”.

Occorre insomma guardare, nella valutazione del cd. requisito “oggettivo”, all’intero contesto della procedura; contesto che, nel caso in esame, registra la presenza di un imprenditore individuale che ha messo a disposizione dei (pochi) creditori concorsuali tutto il proprio patrimonio, la cui liquidazione, già di per sé risultata esigua, è stata quasi interamente assorbita dai costi prededucibili, con il risultato che due soli creditori privilegiati hanno potuto ricevere una minimale soddisfazione.

6.6. – Si tratta di una prospettiva di cui questa Corte si è già fatta carico, censurando, ad esempio, valutazioni di irrisorietà della percentuale di soddisfazione dei creditori circoscritte al raffronto tra l’attivo distribuito e il passivo totale, senza distinguere fra passività societarie e passività dei singoli soci, né considerare che il valore dell’attivo acquisito era ben superiore a quello poi realizzato (anche per le innumerevoli aste deserte), né infine tener conto dei valori consumati in prededuzioni durante il lungo corso della procedura (cfr. Cass. 15359/2023, 15703/2023, 15694/2023).

6.7. – Ciò che conta, in ultima analisi, è che il soddisfacimento dei creditori concorsuali non risulti meramente simbolico.

Ma, una volta che il debitore sia stato ritenuto “meritevole” ai sensi di legge, per l’esclusione di tutte le ragioni ostative soggettive; e, una volta escluso che la misura di quel soddisfacimento sia tale (“nummo uno”) da finire per coincidere, di fatto, con l’ipotesi più radicale dell’assenza di qualsivoglia soddisfacimento (l’unica expressis verbis contemplata dall’art. 142, comma 2, L.Fall.), la specifica e complessiva valutazione di tutti gli aspetti della procedura – ivi compresa, appunto, la destinazione di risorse al soddisfacimento dei crediti prededucibili – dovrebbe tendenzialmente impedire che il debitore resti escluso dal beneficio dell’esdebitazione per ragioni di ordine meramente quantitativo, indipendenti dalle sue condotte.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

7. – Il provvedimento impugnato va quindi cassato con rinvio, affinché la corte territoriale, in diversa composizione, e alla luce degli aspetti sopra evidenziati, svolga in modo più approfondito l’analisi circa il presupposto oggettivo del parziale soddisfacimento dei creditori concorsuali, per come interpretabile in senso costituzionalmente e unionalmente orientato.

8. – Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Esdebitazione ed il soddisfacimento almeno parziale dei creditori

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2024.

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