Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 giugno 2021| n. 18183.

Equa riparazione ed importo inferiore al richiesto.

In tema di equa riparazione, ove la domanda d’indennizzo sia accolta per un importo inferiore al richiesto, in rapporto ad una minore durata eccedente il termine ragionevole rispetto a quella pretesa dall’attore, il giudice di merito, come in ogni altro caso di accoglimento parziale di una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, ossia di accoglimento per un importo inferiore, può ravvisare una soccombenza reciproca, agli effetti dell’art. 92, comma 2, c.p.c. e, perciò, compensare le spese di lite sulla base di una valutazione discrezionale, fondata sul principio di causalità, che resta sottratta al sindacato di legittimità.

Ordinanza|24 giugno 2021| n. 18183. Equa riparazione ed importo inferiore al richiesto

Data udienza 16 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Equa riparazione – Irragionevole durata del processo – Procedura fallimentare – Compensazione delle spese di lite – Art. 5 ter, L. n. 89/2001 – Soccombenza reciproca – Novità della questione trattata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25607-2019 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il 21/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2021 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La (OMISSIS) s.p.a. ha proposto ricorso articolato in unico motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2) avverso il decreto della Corte di appello di L’Aquila n. 41/2019, depositato il 21 gennaio 2019.
L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attivita’ difensive.
Con ricorso depositato in data 22 febbraio 2018 presso la Corte di appello di L’Aquila, la (OMISSIS) s.p.a. chiese la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per la irragionevole durata di una procedura fallimentare svoltasi davanti al Tribunale di Chieti, nella quale la (OMISSIS) aveva svolte insinuazioni al passivo della fallita societa’ di fatto intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Non avendo la ricorrente provveduto alla integrazione documentale richiesta dal magistrato designato, questi pronuncio’ decreto di rigetto della domanda di equa riparazione. Il collegio della Corte d’appello accolse poi parzialmente l’opposizione della L. n. 89 del 2001, ex articolo 5 ter, della (OMISSIS) s.p.a., con condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennita’ di Euro 4.000,00, compensando tuttavia le spese processuali, sia per il “parziale rigetto dell’opposizione (era stato chiesto un indennizzo di Euro 7.200,00)”, sia per il “comportamento omissivo tenuto dalla ricorrente”, consistente nel “difetto di allegazione di dati fattuali rilevanti” e nel “difetto di prova”, che avevano comportato la necessita’ della richiesta di integrazione e della stessa opposizione, come anche dello “scrutinio dei singoli atti allegati, al fine di estrarre le notizie necessarie per la decisione”.
L’unico motivo di ricorso della (OMISSIS) s.p.a. deduce che nessuno degli argomenti esposti nell’impugnato decreto costituisce valida ragione per fondare la compensazione delle spese processuali, con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., comma 2.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
La ricorrente ha presentato memoria.
Il ricorso e’ manifestamente infondato.
Ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 132 del 2014 (qui applicabile ratione temporis) e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite puo’ essere disposta se vi e’ soccombenza reciproca, ovvero nell’eventualita’ di assoluta novita’ della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravita’ ed eccezionalita’ delle situazioni tipiche espressamente previste dall’articolo 92 c.p.c., comma 2.
Ora, la Corte d’appello di L’Aquila ha dapprima considerato, quale distinta ed autonoma ragione di compensazione integrale delle spese, sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, il “parziale rigetto dell’opposizione” (in quanto era stato chiesto un indennizzo di Euro 7.200,00 ed e’ stato riconosciuto l’importo di Euro 4.000,00). E’ vero che questa Corte ha affermato che nel procedimento d’equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, poiche’, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il petitum della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (Cass. Sez. 6 2, 16/07/2015, n. 14976; Cass. Sez. 2, 11/09/2018, n. 22021).
Nel caso in esame, pero’, la domanda di indennizzo nell’importo di Euro 7.200,00 avanzata dalla (OMISSIS) s.p.a. trovava fondamento non solo nella applicazione di un piu’ elevato moltiplicatore annuo, ma anche nella prospettazione di un periodo eccedente la durata ragionevole stimato dall’attrice in tredici anni ed invece riconosciuto dalla Corte d’appello pari a dieci anni. Tale considerazione non e’ svolta dalla ricorrente nemmeno nella memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2, ove si insiste nel richiamare precedenti attinenti al rigetto parziale dovuto all’applicazione di un diverso moltiplicatore annuo.
Come, pertanto, in ogni altro caso di accoglimento parziale di una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, ossia di accoglimento per un importo inferiore al richiesto, nella specie, con riferimento a domanda di equa riparazione risultata fondata in rapporto ad una minore durata eccedente il termine ragionevole rispetto a quella pretesa dall’attore, il giudice di merito puo’ correttamente ravvisare una soccombenza reciproca, agli effetti dell’articolo 92 c.p.c., comma 2 e percio’ compensare le spese di lite, sulla base di valutazione discrezionale, fondata sul principio di causalita’, che resta sottratta al sindacato di legittimita’ (cfr. Cass. Sez. VI-2, 21/07/2020, nn. 15499 e 15500).
Sussistendo, pertanto, nella motivazione dell’impugnato decreto il riferimento all’autonoma ragione di compensazione delle spese costituita dalla soccombenza reciproca, e’ superfluo verificare se fossero altresi’ integrate le “gravi ed eccezionali ragioni”, ravvisate nell’impugnato decreto con riguardo alle carenze di allegazione e di prova dei fatti oggetto di domanda. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Ministero non ha svolto attivita’ difensive.
Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, – da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

 

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