È legittimo il licenziamento per giusta causa della postina che abbia abbandonato un notevole quantitativo di missive

Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 22 settembre 2020, n. 19845.

La massima estrapolata:

È legittimo il licenziamento per giusta causa della postina che abbia abbandonato un notevole quantitativo di missive a lei affidate per la consegna e poi successivamente ritrovate proprio nella zona affidata alla lavoratrice. La condotta è, infatti, idonea a scuotere la fiducia del datore di lavoro e suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, denotando scarsa inclinazione all’attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza.

Sentenza 22 settembre 2020, n. 19845

Data udienza 5 marzo 2020

Tag/parola chiave: Lavoro subordinato – Licenziamento per giusta causa – Rapporto di fiducia – Futura correttezza dell’adempimento – Obblighi di buona fede e correttezza – Sussiste – Fattispecie – Abbandono di 2 kg di corrispondenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 1750-2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 539/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 05/11/2018 R.G.N. 82/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA CARRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), per delega Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Il 3 gennaio 2017 (OMISSIS) s.p.a. licenzio’ per giusta causa (OMISSIS) avendole contestato di aver abbandonato, omettendo di consegnarle, un notevole quantitativo di missive chiuse da recapitare a privati nella zona assegnatale quale portalettere.
2. Impugnato il licenziamento il Tribunale, all’esito della fase sommaria, ne dichiarava l’illegittimita’ per violazione della L. 30 maggio 1970, n. 300, articolo 7 in relazione alla tardivita’ della contestazione ed ordinava alla societa’ di reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro ai sensi della citata L. n. 300 del 1970, articolo 18, comma 4.
3. Il giudice dell’opposizione, adito dalla societa’, confermava il provvedimento reso nella fase sommaria e riteneva che l’illegittimita’ della contestazione del fatto, tardivamente eseguita, equivaleva ad insussistenza del fatto stesso cosi’ confermando la tutela reintegratoria disposta.
4. Al contrario la Corte di appello di Reggio Calabria, investita del reclamo da parte della societa’, ha confermato la tardivita’ della contestazione dell’addebito ma ha ritenuto di applicare la tutela indennitaria prevista dall’articolo 18, comma 5 dello Statuto dei lavoratori. Ha poi ritenuto che il fatto contestato alla lavoratrice era risultato provato nella sua materialita’ e che si trattava di condotta che faceva venir meno il vincolo di fiducia che deve sorreggere il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore. Ha escluso che l’inadempimento fosse di lieve/evidenziando che, a prescindere dal valore economico della corrispondenza abbandonata, si trattava di condotta idonea ad arrecare danni patrimoniali ed all’immagine della Societa’ oltre che danni alle relazioni interpersonali degli interessati.
5. Per l’effetto, pur confermata la illegittimita’ del recesso, in parziale riforma della sentenza del Tribunale ha dichiarato risolto il rapporto ed ha condannato la Societa’ (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) di una indennita’ risarcitoria quantificata in sedici mensilita’ di retribuzione, tenuto conto dell’anzianita’ della lavoratrice e delle dimensioni dell’impresa. Ha poi disposto che dall’importo spettante fosse detratto quanto gia’ corrisposto in esecuzione della sentenza del Tribunale e la restituzione delle somme eccedenti versate e non dovute.
6. Per la cassazione della sentenza propone ricorso (OMISSIS) con tre motivi ai quali oppone difese (OMISSIS) s.p.a. entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come modificato dalla L. n. 92 del 2012 in relazione all’articolo 12 disp. gen., in relazione all’articolo 2119 c.c. e alla L. n. 604 del 1966, articolo 1 per violazione dei parametri integrativi della nozione di giusta causa. Sostiene la ricorrente che il fatto accertato, consistito nel rinvenimento di due chili di corrispondenza che ricadevano nella zona di distribuzione della (OMISSIS), le e’ stato addebitato senza alcuna verifica dell’intenzionalita’ della condotta a lei oggettivamente riferita.
8. Con il secondo motivo di ricorso e’ denunciata la violazione dell’articolo 54, comma 6 c.c.n.l. (OMISSIS), degli articoli 1362 c.c. e ss. e dell’articolo 2729 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ad avviso della (OMISSIS) la condotta addebitatale non e’ riconducibile alla fattispecie prevista dall’articolo 54 del c.c.n.l. di settore che richiede un uso illecito, e dunque doloso, di beni della Societa’ o ad essa affidati che nella specie non e’ ravvisabile. In primo luogo “l’abbandono della corrispondenza in strada” contestatole non e’ sussumibile nella nozione di “uso illecito” di beni aziendali prevista dalla norma collettiva e dunque l’operazione interpretativa della Corte di merito violerebbe i canoni dell’articolo 1362 c.c.. Inoltre la circostanza che la posta trovata abbandonata appartenesse all’area di distribuzione della (OMISSIS) non costituiva un elemento di per se’ sufficiente, in mancanza di ulteriori elementi di riscontro, a far presumere che la condotta fosse a lei riferibile. Infine non e’ chiarito sulla base di quali elementi la Corte ha ritenuto accertato un comportamento doloso della ricorrente.
9. Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, e’ denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per avere trascurato di considerare la circostanza, pure ripetutamente allegata in giudizio e mai contestata dalla Societa’, che sia in sede di audizione L. n. 300 del 1970, ex articolo 7 che alla Polizia Municipale di Reggio Calabria era stato evidenziato che il pacco di posta era stato rinvenuto in un luogo che era fuori dal suo giro di consegne. Ad avviso della ricorrente si tratterebbe di circostanza che ha rilievo decisivo per escludere l’intenzionalita’ della condotta.
10. Il ricorso non puo’ essere accolto.
10.1. La Corte di merito, in esito ad un esame complessivo delle circostanze di fatto emerse nel corso del giudizio, ha accertato che l’abbandono della posta non poteva che essere riferito ad una condotta consapevole della dipendente che era cosi’ incorsa in una violazione delle regole di comportamento talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. A tal fine la Corte ha tenuto conto del fatto che solo nel corso dell’audizione sollecitata nel procedimento disciplinare, e dopo il rinvenimento della posta abbandonata, la (OMISSIS) aveva dichiarato di essersi avveduta che dal suo banco era mancato qualche mazzetto di posta pronto per la consegna. Nel ritenere inattendibile la dichiarazione, resa solo in quella sede, il giudice di secondo grado ha considerato che l’istruttoria espletata non aveva confermato che la sparizione della corrispondenza era stata gia’ verbalmente segnalata prima del suo ritrovamento. Con un ragionamento presuntivo esente da vizi, ha desunto da tali circostanze che la condotta non poteva che essere riferita alla lavoratrice la quale, se non ne fosse stata l’autrice, si sarebbe premurata di segnalare l’anomalia riscontrata anche al fine di essere tenuta indenne da ogni responsabilita’. Va qui ribadito che nella prova per presunzioni, ai sensi degli articoli 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessita’ causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilita’ basato sull’id quod plerumque accidit ed il giudice puo’ trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purche’ dotati dei requisiti legali della gravita’, precisione e concordanza (cfr. Cass. 21/01/2020 n. 1163 e 06/02/2019 n. 3513). Come si e’ detto tra il fatto noto e quello ignoto non deve sussistere un legame di assoluta ed esclusiva necessita’ causale, ma e’ sufficiente che il fatto da provare sia conseguenza ragionevolmente possibile del fatto noto, secondo un criterio di normalita’. In sostanza il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto va accertato alla stregua di canoni di probabilita’, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. Cass. 31/10/2011 n. 22656 e gia’ Cass. Sez. U 13/11/1996 n. 9961). Di tali principi la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione verificando che la condotta da un punto di vista oggettivo non poteva che essere riferita alla lavoratrice che non poteva non averla posta in essere che con un comportamento consapevolmente in dispregio delle regole di correttezza nell’esecuzione della prestazione.
10.2. E’ infondata la censura con la quale si denuncia una errata interpretazione da parte della sentenza della disciplina collettiva richiamata a fondamento dell’addebito disciplinare. La ricorrente trascura infatti di considerare che il licenziamento risulta essere stato intimato anche ai sensi dell’articolo 80 del c.c.n.l. delle (OMISSIS) applicabile al caso concreto che consente la risoluzione del rapporto di lavoro nel caso in cui il comportamento tenuto dal lavoratore integri una giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 c.c. ovvero sia ravvisabile un giustificato motivo ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Cio’ posto la Corte territoriale ha esattamente verificato che la condotta accertata per la sua gravita’ era idonea a scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali.
Conformemente a quanto affermato da questa Corte in una fattispecie analoga, il giudice di appello ha ritenuto determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalita’ e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, denotando scarsa inclinazione all’attuazione degli obblighi in conformita’ a diligenza, buona fede e correttezza (cfr. Cass. 05/07/2019 n. 18195).
10.3. L’ultimo motivo di ricorso e’ inammissibile poiche’ la circostanza il cui esame si assume essere stato omesso e’ priva del carattere di decisivita’ che, alla luce del testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile, e’ necessario perche’ si dia ingresso ad una verifica sulla motivazione. In tema di ricorso per cassazione, integra un vizio deducibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv., con modif., in L. n. 134 del 2012, l’omesso esame di un fatto storico, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (cfr. Cass. 25/06/2018 n. 16703 e Sez. U. 07/04/2014 n. 8053). E’ onere del ricorrente percio’, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, non solo indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti ma anche la sua “decisivita’”. Cio’ premesso nel caso in esame si tratta di una circostanza, quella del rinvenimento del pacco di posta abbandonato in un’area diversa da quella di competenza della ricorrente, che di per se’ e’ privo del carattere di decisivita’ necessario per poter ritenere ammissibile la censura. Non e’ neppure allegato che tale elemento, per le sue caratteristiche, fosse idoneo (e percio’ decisivo ai fini della soluzione della controversia) ad interrompere quel collegamento con la lavoratrice che la Corte di merito ha ricostruito attraverso una serie convergente di indizi i quali non sono smentiti ove pure si tenga conto della circostanza di fatto tralasciata dal giudice di appello.
11. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’articolo 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma dell’articolo 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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