Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 10 agosto 2020, n. 23726.
Massima estrapolata:
È illegittimo il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari inammissibile “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., l’istanza di un condannato volta, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2019, alla rideterminazione della pena irrevocabilmente inflittagli per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in ragione della già avvenuta espiazione della pena, difettando il requisito della manifesta infondatezza dell’istanza, atteso che il presupposto, a fondamento della medesima, del non ancora avvenuto esaurimento del rapporto esecutivo non soggiace ad interpretazioni univoche e che comunque il suo accertamento richiede una specifica verifica dei dati storici relativi alla posizione giuridica del condannato.
Sentenza 10 agosto 2020, n. 23726
Data udienza 8 luglio 2020
Tag – parola chiave: ESECUZIONE PENALE – ESECUZIONE (IN GENERE)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano – Presidente
Dott. BIANCHI Michele – rel. Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/09/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MICHELE BIANCHI;
lette le conclusioni del PG Dott. Seccia Domenico, che ha chiesto la inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto depositato in data 10.6.2019 la Corte di appello di Napoli ha dichiarato la inammissibilita’, per manifesta infondatezza, della richiesta, presentata da (OMISSIS), di rideterminazione, a seguito della declaratoria, pronunciata con sentenza n. 40/2019 della Corte costituzionale, di incostituzionalita’ del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 nella parte in cui stabilisce il minimo edittale in anni otto di reclusione invece che in anni sei di reclusione, della pena inflitta con sentenze pronunciate, in data 24.2.2006 e 11.11.2011, dalla medesima autorita’ giudiziaria.
L’istante, infatti, era attualmente sottoposto all’esecuzione di pena inflitta dalla sentenza pronunciata in data 29.10.2014 dalla Corte di appello di Napoli, e quindi aveva gia’ interamente espiato le pene inflitte con le sentenze di condanna di cui era stata chiesta la rideterminazione della misura della pena.
Inoltre, con la sentenza pronunciata in data 11.11.2011 era stata commisurata la pena sulla base del parametro costituito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 vigente all’epoca, che prevedeva il minimo edittale di anni sei di reclusione.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione di legge.
Nei confronti del ricorrente era stato emesso ordine di esecuzione comprendente diverse condanne, fra le quali anche quelle oggetto della richiesta di rideterminazione della pena; inoltre, queste condanne riguardavano reati commessi “successivamente alla condanna in espiazione” e quindi, per la fungibilita’, vi era interesse alla rideterminazione della pena.
Infine, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto comunque fissare l’udienza camerale per procedere nel contraddittorio delle parti, in assenza del requisito della manifesta infondatezza dell’istanza.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, con riferimento all’assorbente rilievo della assenza del presupposto processuale della procedura cosi’ detta de plano, e’ fondato e va percio’ disposto l’annullamento del decreto impugnato.
1. A norma dell’articolo 666 c.p.p. il giudice dell’esecuzione puo’ pronunciare, de plano, decreto di inammissibilita’ dell’istanza ove risulti la manifesta infondatezza della stessa (“per difetto delle condizioni di legge”) ovvero che la stessa costituisca “mera riproposizione di una richiesta gia’ rigettata, basata sui medesimi elementi”; in assenza di tali presupposti, la richiesta va esaminata in camera di consiglio, nel contraddittorio delle parti.
Nel caso in esame, a fronte di una richiesta avente ad oggetto la rideterminazione della pena inflitta con due sentenze di condanna, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto la manifesta infondatezza della istanza, con riferimento ad entrambi gli oggetti di essa, sul rilievo della non applicabilita’ degli effetti della pronuncia di incostituzionalita’ in ragione della avvenuta espiazione della pena e quindi del venir meno del rapporto punitivo che ha titolo nella condanna.
Tale dato storico e’ stato desunto dall’esame del provvedimento di cumulo 16.3.2017, laddove, alla pagina 5, si darebbe atto della avvenuta espiazione delle pene oggetto della richiesta di rideterminazione.
In ordine alla nozione di manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge, la giurisprudenza ha precisato che deve trattarsi della assenza di requisiti posti direttamente dalla legge e che tale mancanza dev’essere immediatamente riscontrabile, senza necessita’ di alcuna indagine (Sez. 1, 29/03/2018, Focoso, Rv. 273714).
Ora, la decisione impugnata ha dato rilievo ad un presupposto giuridico della istanza – l’esaurimento o meno del rapporto esecutivo – che, in diritto, e’ oggetto di non univoche interpretazioni (sul punto, Sez. 1, 3/03/2020, Candido, Rv. 278893) e richiede una specifica e, a volte, non semplice verifica dei dati storici che costituiscono la posizione del condannato.
Tant’e’ vero che il primo giudice ha dovuto effettuare l’esame dell’ordine di esecuzione, riscontrando, a pagina 5, l’avvenuta espiazione delle pene inflitte, senza peraltro dare contezza dei dati fattuali che giustificano un tale assunto, ne’ del residuo di pena posto in esecuzione.
Il decreto di inammissibilita’ risulta quindi pronunciato in assenza del presupposto legale (la manifesta infondatezza della istanza) che lo consente e giustifica il sacrificio dell’interesse difensivo al contraddittorio.
2. Va dunque pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo esame della istanza, previa fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 666 c.p.p..
I motivi di ricorso, relativi all’interesse della parte alla rideterminazione della pena in ragione della fungibilita’ della carcerazione sofferta sine titulo, sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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