E’ deducibile con il ricorso per cassazione l’applicazione illegale della pena accessoria contenuta nella sentenza di patteggiamento in appello

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 8 luglio 2019, n. 29898.

La massima estrapolata:

E’ deducibile con il ricorso per cassazione l’applicazione illegale della pena accessoria contenuta nella sentenza di patteggiamento in appello ex art. 599 cod. proc. pen., trattandosi di statuizione sottratta all’accordo delle parti e perciò esclusa dalla previsione limitativa di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha rideterminato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per il reato di corruzione, erroneamente concordata dalle parti nella durata di anni cinque anziché in misura corrispondente alla durata della pena principale, come previsto dall’art. 37 cod. pen.).

Sentenza 8 luglio 2019, n. 29898

Data udienza 10 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. AGLIASTRO Mirell – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nata (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/6/2018 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa AGLIASTRO Mirella;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte Dott.ssa LORI Perla in data 04/12/2018 che chiedeva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e la rideterminazione della stessa della misura, corrispondente a quella della pena principale inflitta.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 21/6/2018, aveva riformato la sentenza emessa in data 19/07/2017 dal G.U.P. del Tribunale di Catania nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), poiche’ sull’accordo delle parti – previa rinuncia ai motivi di gravame ai sensi dell’articolo 599 bis c.p.p. (ad eccezione del trattamento sanzionatorio e delle circostanze attenuanti di cui all’articolo 62 bis c.p. e articolo 62 c.p., n. 6) rideterminava la pena inflitta agli imputati in anni due mesi undici e giorni ventotto di reclusione, nonche’ la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici in anni cinque, alle condizioni di legge.
La responsabilita’ degli indagati era stata riconosciuta per i reati di cui agli articoli 81, 319, 321 c.p. perche’ (OMISSIS), nella qualita’ di Sindaco del Comune di (OMISSIS) e (OMISSIS) quale Vice Capo della Ragioneria Generale e quindi pubblici ufficiali, ricevevano diverse somme di denaro e altre utilita’ per avere compiuto atti contrari a doveri di ufficio in favore di alcune societa’ che avevano partecipato a gare di appalto.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS) per il tramite dei difensori di fiducia, deducendo inosservanza e erronea applicazione della legge penale ai sensi degli articoli 1, 28, 29, 37 e 317 bis c.p. per avere la Corte di appello applicato la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, al posto della misura uguale alla pena principale.
3. Ricorre del pari per cassazione (OMISSIS) per il tramite dei difensori di fiducia, deducendo violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione agli articoli 1 e 37 c.p. per avere in violazione del principio di legalita’ della pena, applicato la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici nei confronti del ricorrente nella misura di anni cinque e non invece nella misura identica alla pena principale inflitta, posto che “in materia di reati previsti dal codice penale nel caso di generica previsione senza indicazione di durata dell’interdizione dai pubblici uffici essa deve intendersi come interdizione temporanea con durata uguale a quella della pena principale inflitta e comunque non inferiore ad un anno”.
4. In data 04/12/2018 il Procuratore Generale presso questa Corte ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, chiedendo ai sensi dell’articolo 611 c.p.p. l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e la rideterminazione della stessa nella misura corrispondente a quella della pena principale inflitta di anni due mesi undici e giorni ventotto di reclusione, che puo’ applicare direttamente la Corte di cassazione ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., lettera l).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati e vanno accolti.
2. La disciplina del patteggiamento in appello di cui all’articolo 599 bis c.p.p., introdotto dalla L. n. 103 del 2017, non consente la ricorribilita’ per questioni alle quali l’imputato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello.
Tuttavia la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici non rientra nella disponibilita’ delle parti, sicche’ l’accordo non puo’ avere ad oggetto l’esclusione della stessa, in applicazione del principi affermati dalla giurisprudenza in materia di patteggiamento ai sensi dell’articolo 444 c.p.p..
L’articolo 445 c.p.p. esclude l’applicazione della previsione premiale dell’esenzione (dalle spese del procedimento, dalle misure di sicurezza diverse dalla confisca e dalle pene accessorie) quando la pena patteggiata supera i due anni di pena detentiva.
Le relative statuizioni si pongono al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis e possono formare oggetto di ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 2.
3. In punto di diritto, la questione proposta dai ricorrenti appare fondata in quanto, in difetto di specifiche indicazioni normative – durata non precisata dell’articolo 317 bis c.p. – l’estensione cronologica della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici deve essere stabilita in misura corrispondente a quella della pena principale inflitta, ai sensi dell’articolo 37 c.p..
Poiche’ la durata della pena principale applicata ai ricorrenti e’ inferiore ai tre anni di reclusione, non trova applicazione l’articolo 29 c.p. che determina in cinque anni la durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per reati comuni che abbiano dato luogo a condanna a pena non inferiore ai tre anni di reclusione.
L’illegalita’ della pena, ivi compresa quella che accede alla sentenza di condanna quale pena accessoria, dipendente da una statuizione “ab origine” contraria all’assetto normativo vigente al momento consumativo del reato, e’ rilevabile d’ufficio nel giudizio di cassazione anche nel caso in cui il ricorso e’ inammissibile (Sez. 3, n. 6997 del 22/11/2017 (dep. 14/02/2018), C., Rv. 272090-01).
4. La sentenza impugnata, dunque, deve essere annullata limitatamente alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici che va ridotta ad anni in anni due, mesi undici e giorni ventotto, provvedendo questa Corte direttamente ad eliminare “la pena accessoria illegalmente applicata”.
5. Nulla deve essere statuito in ordine alla richiesta della parte civile Comune di Aci Catena, avanzata con memoria in data 04/01/2019, tendente ad “ottenere la dichiarazione di passaggio in giudicato della sentenza concernente le statuizioni civili o disporre la conferma delle stesse”, atteso che la sentenza impugnata dai ricorrenti diventa definitiva con la pronuncia odierna.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla durata della interdizione temporanea dai pubblici uffici, che ridetermina in anni due, mesi undici e giorni ventotto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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