Pena al di sotto della media edittale

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 9 luglio 2019, n. 29968.

La massima estrapolata:

Non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo.

Sentenza 9 luglio 2019, n. 29968

Data udienza 22 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. ACETO Al – rel. Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giusepp – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/09/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ALDO ACETO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, Dott.ssa MARINELLI FELICETTA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi i difensori, AVV. (OMISSIS) e AVV. (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Il sig. (OMISSIS), con due distinti ricorsi, impugna la sentenza de 21/09/2017 della Corte di appello di Firenze che, decidendo in sede rescissoria, ha rideterminato la pena principale per il residuo reato di cui all’articolo 589 c.p., commi 2 e 4, commesso il (OMISSIS), nella misura di quattro anni, nove mesi e quindici giorni di reclusione, ha sostituto la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea della durata di cinque anni, confermando nel resto le sentenze del 13/12/2011 del Tribunale di Spoleto e del 08/11/2013 della Corte di appello di Perugia.
2. Il ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), propone dieci motivi.
2.1.Con il primo, deducendo la mancata valutazione della gravita’ e percentuale di responsabilita’ a lui attribuita, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), l’erronea applicazione dell’articolo 624 c.p.p., articoli 132 e 133 c.p..
2.2. Con il secondo motivo, che riprende gli argomenti trattati con il primo, deducendo la mancata valutazione della memoria difensiva dep. il 21/09/2016, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera c), l’erronea applicazione dell’articolo 121 c.p.p., articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c).
2.3. Con il terzo motivo, deducendo il malgoverno della discrezionalita’ del giudice nella applicazione della pena, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera c) e b), l’erronea applicazione dell’articolo 125 c.p.p., e articolo 132 c.p..
2.4. Con il quarto motivo, che riprende quelli esposti con il terzo, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera c) e/o e), l’erronea applicazione dell’articolo 133 c.p. per omesso esame e difetto di motivazione sui criteri soggettivi previsti dalla suddetta norma ai fini della determinazione della pena.
2.5. Con il quinto motivo, deducendo l’eccessiva severita’ del trattamento sanzionatorio avuto riguardo alla previgente formulazione della norma incriminatrice, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), la motivazione illogica e non coerente in punto di determinazione della pena per il reato di cui all’articolo 589 c.p..
2.6. Con il sesto motivo, ribadendo che la pena applicata si discosta molto dal minimo edittale, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), il vizio di motivazione carente e illogica in punto di graduazione della colpa.
2.7. Con il settimo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), l’omesso esame dei criteri soggettivi di cui all’articolo 133 c.p., comma 2, e conseguente difetto assoluto di motivazione sul punto.
2.8. Con l’ottavo motivo, deducendo la natura autonoma del reato di cui all’articolo 589 c.p., comma 3(oggi 4), che non puo’ essere oggetto di bilanciamento con altre circostanze, eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), l’erronea applicazione dell’articolo 589 c.p., commi 1, 2 e 3, e dell’articolo 69 c.p..
2.9. Con il nono motivo, deducendo l’eccessivo aumento della pena a titolo di concorso formale con il delitto di cui all’articolo 589 c.p., u.c., eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), il vizio di motivazione carente e/o illogica in punto di determinazione della pena in violazione dell’articolo 589 c.p., commi 1, 2 e 3, e dell’articolo 133 c.p..
2.10. Con il decimo motivo eccepisce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), l’illogicita’ della motivazione nella parte in cui mentre, da un lato, ai fini della “gravita’ del reato” tiene conto dell’incendio, dall’altro, nella determinazione della pena, ed in particolare dell’aumento di due anni e tre mesi, tiene conto del solo reato di lesioni, estinto per prescrizione e non anche del reato di incendio colposo aggravato, anch’esso estinto per prescrizione.
3. Il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) propone cinque motivi.
3.1. Con il primo, analogo per contenuto al quinto e al nono del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), eccepisce l’erronea applicazione dell’articolo 589 c.p., nella formulazione conseguente alla riforma operata dalla L. n. 125 del 2008, promulgata in epoca successiva al fatto, nonche’ contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione.
3.2. Con il secondo motivo, analogo per contenuto all’ottavo motivo del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), eccepisce l’erronea applicazione degli articoli 589 e 69 c.p. e vizio di motivazione contraddittoria ed illogica.
3.3. Con il terzo motivo, analogo per contenuto ai primi due del ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), eccepisce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 624 c.p.p., e degli articoli 125 e 132 c.p., nonche’ vizio di contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione.
3.4. Con il quarto motivo, analogo per contenuto ai motivi dei ricorso dell’Avv. (OMISSIS) relativi alla determinazione del trattamento sanzionatorio, eccepisce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 133 c.p., e vizio di contraddittorieta’ e illogicita’ della motivazione.
3.5. Con il quinto motivo eccepisce l’illogicita’ e la contraddittorieta’ della motivazione in relazione alla negativa valutazione del mancato raggiungimento di un accordo tra le parti per il risarcimento del danno.
4. Con memorie tempestivamente depositate, le parti civili, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e INAIL, hanno chiesto il rigetto dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito indicate.
6. E’ opportuno riportare, ai fini della migliore comprensione della vicenda, stralcio della motivazione della sentenza rescindente pronunciata dalla Quarta Sezione Penale all’udienza pubblica del 03/06/2015 (n. 36024 del 2015): “Con sentenza resa in data 13/12/2011, il tribunale di Spoleto ha condannato (OMISSIS) alla pena di sette anni e sei mesi di reclusione, nonche’, in solido con la responsabile civile (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.), al risarcimento dei danni in favore delle diverse parti civili costituite, in relazione alla commissione dei reati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, incendio colposo e getto pericoloso di cose, tutti commessi in (OMISSIS), il (OMISSIS). In estrema sintesi, al (OMISSIS) – nella qualita’ di presidente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) S.p.A., societa’ esercente attivita’ di raffinazione di oli vegetali – era stata ascritta la causazione del decesso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ delle lesioni personali a carico di (OMISSIS), avvenuti in conseguenza di una deflagrazione di vapori infiammabili contenuti nel serbatoio di olio di sansa grezza n. 95, posto nell’area di stoccaggio dell’impianto della (OMISSIS) s.p.a. in (OMISSIS); serbatoio in corrispondenza del quale le vittime stavano realizzando, mediante saldatura sul relativo tetto, un sistema di passerelle in esecuzione di un appalto conferito dalla (OMISSIS) alla ditta individuale di (OMISSIS). Secondo il tribunale spoletino, il (OMISSIS) doveva ritenersi altresi’ responsabile dell’omessa dotazione dell’area di stoccaggio degli olii vegetali (tra i quali l’olio di sansa grezza) di un adeguato impianto antincendio, nonche’ dell’omessa dotazione, dei serbatoi contenenti i prodotti, di un sistema di sicurezza per l’inertizzazione e il controllo delle atmosfere esplosive, nonche’ di un sistema di rilevazione della presenza di vapori infiammabili e di altre misure idonee a evitare i pericoli di esplosione all’interno dei serbatoi e nelle altre aree a rischio di spandimenti; fatti commessi con l’aggravante di aver cagionato il descritto infortunio mortale plurimo, oltre a un incendio secondario alla descritta esplosione (anch’esso imputato al (OMISSIS) a titolo di colpa), determinatosi a seguito della fuoriuscita dell’olio contenuto nel serbatoio n. (OMISSIS), seguito dall’esplosione dei serbatoi n. (OMISSIS), dai quali era fuoriuscito ulteriore olio, con successiva recrudescenza dell’incendio, domato solamente dopo tredici ore con l’impiego di numerosi vigili del fuoco e di notevoli quantita’ di mezzi di spegnimento. Da ultimo, all’imputato era stato attribuito lo sversamento, penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 674 c.p., di notevoli quantita’ di oli vegetali, compresi gli oli di sansa grezza con presenza di residui di solventi, che dallo stabilimento industriale si erano riversati a valle sulla S.S. (OMISSIS) e nel fiume (OMISSIS). Con sentenza resa in data 8/11/2013, la corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dopo aver assolto l’imputato dal reato di omessa adozione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, perche’ il fatto non costituisce reato, e aver dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui all’articolo 674 c.p., in ragione dell’intervenuta prescrizione, ha rideterminato la pena nei confronti dell’imputato (anche a seguito di una rivalutazione delle circostanze), in relazione alle residue imputazioni di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e di incendio colposo, stabilendola definitivamente nella misura di cinque anni e quattro mesi di reclusione. La stessa corte, riconosciuto il concorso di colpa di (OMISSIS), nella misura di un terzo, in relazione alla causazione dei reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e di incendio colposo, ha ridotto le somme gia’ liquidate, in favore delle parti civili costituite quali congiunti del (OMISSIS), a titolo di provvisionale e di risarcimento del danno”.
6.1. Ritenuta l’infondatezza dei ricorsi dell’imputato, la Corte ha preso atto della sopravvenuta prescrizione dei reati di incendio doloso e di lesioni colpose ed, esclusa la possibilita’ di un proscioglimento nel merito, ha ravvisato la “necessita’ di procedere alla rideterminazione della pena a carico dell’imputato (attesa la formulazione onnicomprensiva della motivazione dell’aumento di pena disposto ex articolo 589 c.p. dalla corte territoriale: cfr. pagg. 179-180 della sentenza a quo), con il conseguente annullamento sul punto della sentenza impugnata (e l’assorbimento di ogni connessa questione relativa al trattamento sanzionatorio dedotta con i motivi di ricorso), con rinvio alla Corte d’appello di Firenze affinche’ provveda al riguardo”.
6.2. La Corte di appello di Firenze ha rideterminato la pena principale nella misura di quattro anni, nove mesi e quindici giorni di reclusione.
6.3. La Corte territoriale ha innanzitutto ritenuto irrevocabile l’accertamento del reato, “anche con riferimento alla sua valutazione di gravita’ e alla responsabilita’ attribuita al (OMISSIS) dalle precedenti sentenze di merito, confermate in tali punti dalla Corte di Cassazione”. Ha percio’ disatteso gli argomenti di segno contrario contenuti nella memoria difensiva depositata il 03/10/2016, valutando ulteriormente irrilevanti le deduzioni difensive circa la ricostruzione della dinamica dell’incidente, delle sue cause, della minima responsabilita’ dell’imputato a fronte di quella ben maggiore del defunto (OMISSIS).
6.4. Quindi, ha tenuto conto della gravita’ dell’incidente gia’ riconosciuta dai precedenti giudici di merito, resa evidente dal numero dei lavoratori deceduti, dalle modalita’ dell’incendio sviluppatosi, dalla sua vastita’ e dalle sue conseguenze; ha tenuto altresi’ conto del grado della colpa attribuita all’imputato e del concorso di colpa del (OMISSIS), irrevocabilmente accertata nella misura non superiore ad un terzo, ed ha valutato negativamente il comportamento tenuto successivamente dall’imputato stesso che, nonostante il tempo trascorso, non aveva ancora raggiunto un accordo con le parti civili per il risarcimento del danno.
6.5. I Giudici territoriali hanno percio’ ritenuto di tener ferma la pena base di due anni, sei mesi e quindici giorni di reclusione indicata dalla Corte di appello di Perugia, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza con le contestate circostanze aggravanti. Tale pena, sostengono, ancorche’ di poco superiore alla meta’ del massimo edittale previsto dall’articolo 589 c.p., comma 1, (nella versione vigente all’epoca del fatto), e’ adeguata alla gravita’ del reato e alla personalita’ del suo autore, tenuto conto delle considerazioni sopra illustrate. La pena e’ stata aumentata di nove mesi per ciascuno degli altri tre lavoratori deceduti (per un totale di due anni e tre mesi di reclusione) giungendo al risultato finale di quattro anni, nove mesi e quindici giorni di reclusione.
7. Tanto premesso, osserva in primo luogo il Collegio che, in sede di ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia, il (OMISSIS) aveva devoluto la questione relativa al trattamento sanzionatorio deducendo che “la corte territoriale (era) pervenuta alla determinazione del trattamento sanzionatorio inflitto a carico dell’imputato (pari a cinque anni e quattro mesi di reclusione) sulla base di un grave travisamento degli elementi di prova acquisiti in relazione al minimo (se non nullo) contributo causale alla produzione dell’evento, nonche’ in relazione al carattere sostanzialmente trascurabile, sul piano eziologico, dei pretesi profili di colpa dell’imputato, con la conseguente illogica applicazione dei parametri legislativi di commisurazione della pena, tanto con riguardo alla determinazione della pena-base (erroneamente riferita all’articolo 589 c.p., comma 4, come novellato, anziche’ all’articolo cit., comma 3, ratione temporis), quanto in relazione al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, ingiustificatamente ritenute equivalenti alle contestate aggravanti”.
7.1. Orbene, il grado della colpa dell’imputato costituisce argomento ampiamente scrutinato in sede rescindente insieme con quello del concorso di colpa del (OMISSIS), irrevocabilmente attestato nella misura di un terzo, un concorso che tuttavia non elide il giudizio di gravita’ della condotta inadempiente ascritta al (OMISSIS) stigmatizzata da questa Corte in piu’ passaggi della sentenza di annullamento con rinvio.
7.2. Ne consegue la manifesta infondatezza dei primi due motivi di ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e del terzo motivo di ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), sia perche’ la Corte di appello da’ atto della memoria difensiva del 21/09/2016, sia perche’ correttamente esclude di poter recuperare l’argomento relativo alla quantificazione della gravita’ della colpa anche solo sotto il profilo della determinazione della pena.
8. Quanto ai motivi inerenti la determinazione concreta della pena, ricorda il Collegio che:
8.1. gli indici di commisurazione della pena di cui all’articolo 133 c.p., forniscono al giudice l’armamentario per forgiare la condanna sulla persona dell’imputato in considerazione della finalita’ rieducativa della pena stessa;
8.2. La centralita’ e l’importanza della sua quantificazione e’ stata piu’ volte sottolineata dal Giudice delle leggi che ha ribadito che “il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena forma oggetto, nell’ambito del sistema penale, di un principio di livello costituzionale” rimarcando che la finalita’ rieducativa della pena stessa non e’ limitata alla sola fase dell’esecuzione, ma costituisce “una delle qualita’ essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e l’accompagnano da quando nasce, nell’astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue” (sentenza n. 313 del 1990; si vedano anche le sentenze n. 129 del 2008, n. 257 del 2006, n. 341 del 1994)” (sentenza n. 183 del 10/06/2011);
8.3. La quantificazione della pena, dunque, non puo’ essere frutto di scelte immotivate ne’ arbitrarie, ma nemmeno di valutazioni esasperatamente analitiche;
8.4. quel che conta, in ultima analisi, e’ che dell’uso del potere discrezionale il giudice dia conto rendendo noti gli elementi che lo giustificano (articolo 132 c.p.);
8.5. a tal fine risulta insuperato l’insegnamento di Sez. U, n. 5519 del 21/04/1979, Pelosi, Rv. 142252, secondo cui e’ da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della pena allorche’ sia indicato l’elemento, tra quelli di cui all’articolo 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante rilievo, non essendo tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarita’ del caso, e’ sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi (cosi’, in motivazione, anche Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo; si veda anche Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013, La Selva);
8.6. quanto piu’ il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto piu’ ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente quali, tra i criteri, oggettivi o soggettivi, enunciati dall’articolo 133 c.p., siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, dovendosi percio’ escludere che sia sufficiente il ricorso a mere clausole di stile, quali il generico richiamo alla “entita’ del fatto” e alla “personalita’ dell’imputato (cosi’, in motivazione, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo; cfr. anche Sez. 1, n. 2413 del 13/03/2013, Pachiarotti; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, Baragiani);
8.7. e’ consentito far ricorso esclusivo a tali clausole, cosi’ come a espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, solo quando il giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 3, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464; Sez. 1, n. 1059 dei 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri) oppure quando, in caso di pene alternative, applichi la sanzione pecuniaria, ancorche’ nel suo massimo edittale (Sez. 1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo; Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995, Capelluto);
8.8. e’ stato anzi precisato che nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 5, n. 46412 dei 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596);
8.9. al di fuori di questi casi, la determinazione della pena tra il minimo e il massimo edittale non puo’ insomma essere affidata alla intuizione del giudice, con riferimento a generiche formule di stile o sommari richiami al parametro contenuto nell’articolo 133 c.p. se e’ pur vero che non e’ richiesto l’analitico esame in rapporto a ogni elemento del complesso parametro richiamato, resta tuttavia la doverosita’ della specifica individuazione delle ragioni determinanti la misura della pena, al fine di dar conto dello uso corretto del potere discrezionale che al giudice di merito e’ affidato, e di garantire l’imputato della congruita’ della pena inflitta (Sez. 1, n. 12364 del 02/07/1990, Italiano, Rv. 185320; cfr. anche Sez. 1, n. 5210 del 14/01/1987, Cardile, Rv. 175802, che ha ricordato come nell’irrogazione di una pena, relativa ad un reato circostanziato, analogamente a quanto previsto per un reato semplice, il giudice adempie all’obbligo di motivazione solo allorche’ indica in modo specifico i motivi che giustificano l’uso del suo potere discrezionale al riguardo e non gia’ adoperando delle formule stereotipate. Infatti, l’obbligo della motivazione, predisposto dalla legge, e’ generale, in quanto vale per tutti i provvedimenti per i quali la legge lo prescrive; indisponibile perche’ deve essere adempiuto unicamente dall’autore del provvedimento; destinato ad essere pubblicizzato e completo, nel senso che deve essere quantitativamente correlato al dispositivo, con l’effetto che in assenza di queste caratteristiche non puo’ dirsi compiutamente adempiuto);
8.10. In sede di appello e’ inoltre necessario che il giudice si confronti anche con gli argomenti devoluti a sostegno del piu’ mite trattamento sanzionatorio rivendicato dall’imputato purche’ tali argomenti siano connotati dal requisito della specificita’ (Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, Ingardia, Rv. 209443; Sez. 1, n. 8677 del 06/12/2000, Gasparro, Rv. 218140; Sez. 4, n. 110 del 05/12/1989, Buccilli, Rv. 182965).
9. Orbene, la Corte di appello ha applicato una pena base che, diversamente da quanto affermato dalla stessa Corte, e’ inferiore alla media edittale dell’ipotesi di reato non aggravata prevista dall’articolo 589 c.p., comma 1, che, nella versione vigente all’epoca del fatto, puniva il fatto con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
9.1. La media edittale non deve essere calcolata dimezzando massimo edittale previsto per il reato applicato, bensi’ dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale (la forbice edittale) ed aggiungendo il risultato cosi’ ottenuto al minimo. Ne caso di specie, la forbice edittale e’ di quattro anni e sei mesi; la meta’, pari a due anni e tre mesi, deve essere aggiunta al minimo edittale, ottenendo il risultato di due anni e nove mesi di reclusione, pena inferiore alla pena base applicata in sede rescissoria.
9.2. Cio’ nondimeno, la Corte di appello ha ampiamente spiegato le ragioni della determinazione del trattamento sanzionatorio avuto riguardo alla gravita’ del danno, al grado della colpa, al comportamento successivamente tenuto dall’imputato.
9.3. Si tratta, pertanto, di giudizio insindacabile in questa sede di legittimita’.
9.4. Ne consegue che sono manifestamente infondati (quanto al dedotto vizio di mancanza di motivazione) e proposti al di fuori dei casi consentiti dalla legge (quanto al sindacato dell’uso dei criteri di commisurazione della pena di cui all’articolo 133 c.p.) il terzo, il quarto, il sesto ed il settimo motivo del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS) ed il quarto e quinto motivo del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS).
9.5. Non si comprende, peraltro, perche’ la Corte di appello di Firenze avrebbe tenuto in conto l’attuale massimo edittale di sette anni di reclusione posto che, se cosi’ fosse, la affermazione contenuta nella sentenza impugnata che la pena base di due anni, sei mesi e quindici giorni e’ di poco superiore alla media edittale sarebbe logicamente incomprensibile. Ed infatti l’affermazione della Corte di appello secondo cui “la pena e’ (…) di poco superiore alla meta’ del massimo edittale previsto, oggi come allora, dall’articolo 589 c.p., comma 1, applicabile dopo il bilanciamento dell’aggravante” e’ del tutto corretta perche’ dell’articolo 589 c.p., il comma 1, e’ rimasto invariato fino ad oggi.
9.6. Ne deriva la manifesta infondatezza anche del quinto motivo del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS) e del primo motivo dei ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS).
10. Sono manifestamente infondati anche l’ottavo ed il nono motivo di ricorso a firma Avv. (OMISSIS) ed il secondo motivo del ricorso a firma Avv. (OMISSIS).
10.1. La Corte di appello, infatti, non ha effettuato il bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con i concorrenti reati di cui all’articolo 589, comma 3 (oggi 4), bensi’ con la circostanza aggravante di cui al citato art., comma 2 (Sez. 4, n. 3871 del 08/02/1990, Buffon, Rv. 183752, secondo cui l’articolo 589 c.p., comma 2, non integra un reato autonomo, bensi’ un’aggravante speciale che impone il giudizio di comparazione ai sensi dell’articolo 69 c.p.).
10.2. Gli aumenti della pena applicata per gli ulteriori lavoratori deceduti sono stati correttamente (ed insindacabilmente) effettuati ai sensi dell’articolo 589 c.p., u.c., avendo la Corte di appello applicato una pena decisamente inferiore al triplo della pena base e persino al massimo edittale previsto dal comma 1 per la morte di un solo lavoratore.
11. E’ manifestamente infondato anche l’ultimo motivo di ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS) posto che la Corte di appello ha calcolato la pena esclusivamente con riguardo al reato di cui all’articolo 589 c.p., senza alcun aumento a titolo di continuazione o concorso formale con i reati prescritti. Il fatto che la Corte di appello di Perugia avesse applicato un aumento di tre mesi per il reato di lesioni personali colpose costituisce un mero postulato visto che anche la Corte di appello di Firenze si limita sul punto a fare solo un’ipotesi, atteso che il giudice rescisso aveva effettuato un calcolo onnicomprensivo della pena, si’ da non rendere intellegibile quanta parte fosse ascritta al reato di incendio colposo e quanta al reato di lesioni colpose. Quel che rileva, in questa sede, e’ che l’aumento applicato per i decessi ulteriori rispetto al primo non e’ superiore a quello applicato dal giudice rescisso che aveva condannato l’imputato ad una pena superiore di sei mesi e quindici giorni, ben superiore all’aumento di tre mesi per le lesioni colpose ipotizzato dal Giudice del rinvio.
12. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00.
12.1. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue la condanna al pagamento delle spese sostenute nel grado dall’INAIL che, pur assente, ha depositato una memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso e il pagamento delle spese, allegando la relativa nota. La modestia dell’impegno difensivo giustifica la somma indicata nel dispositivo. Nulla per il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che non ha presentato nemmeno la nota spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Condanna altresi’ il ricorrente al pagamento delle spese sostenute dall’INAIL che liquida in Euro cinquecento oltre spese generali e accessori di legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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