È configurabile il delitto di stalking anche in condominio.

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 28 giugno 2019, n. 28340.

 

Sentenza 28 giugno 2019, n. 28340

Data udienza 11 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/10/2018 del Tribunale di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ROMANO Michele;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa PICARDI Antonietta, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori di (OMISSIS), avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 19 ottobre 2018 il Tribunale del riesame di Taranto, decidendo in sede di rinvio, a seguito di annullamento di questa Corte – Sez. 1, n. 44636 del 2018 – della ordinanza del medesimo Tribunale del 11 maggio 2018, ha confermato l’ordinanza del 21 aprile 2018, con la quale il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Taranto ha applicato la misura della custodia in carcere a (OMISSIS) e (OMISSIS) per i reati descritti al solo capo F) dell’imputazione provvisoria della medesima ordinanza, ossia i reati di cui agli articoli 81, 110, 612-bis c.p. e articolo 56 c.p. e articolo 629 c.p., commi 1 e 2, in relazione all’articolo 628 c.p., comma 1, n. 1, perche’, in esecuzione di in medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro e con gli altri indagati (OMISSIS) e (OMISSIS), con reiterate e ripetute minacce e insulti quotidianamente rivolti alla famiglia (OMISSIS) negli spazi comuni del condominio ove abitano sia lo (OMISSIS) che i (OMISSIS), minacciavano e molestavano (OMISSIS) e i suoi familiari, in modo tale da cagionar loro un grave stato di paura e da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria e dei prossimi congiunti e/o da costringerli a modificare le loro abitudini di vita; inoltre, posto che gia’ in passato lo (OMISSIS) aveva preteso e ottenuto da (OMISSIS) con ripetuti atti vandalici in suo danno e con gravi minacce, paventando amicizie malavitose calabresi, diverse somme di denaro (tanto che in data 18 maggio 2015 lo (OMISSIS) era stato arrestato per estorsione), ponendo in essere tali ulteriori condotte criminose, suscitavano nel (OMISSIS) un grave stato di prostrazione e dando vita ad un clima di intimidazione, rafforzato dalla circostanza della coabitazione nello stesso condominio delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS) e dai continui atti incendiari e di danneggiamento subiti, compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a coartare e piegare la volonta’ di (OMISSIS) per costringerlo a rivolgersi allo (OMISSIS) e versare denaro per far cessare tali condotte delittuose e/o costringerlo a cambiare abitazione abbandonando il proprio appartamento, cosi’ tentando di procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno, senza riuscirci perche’ il (OMISSIS) denunciava i delitti commessi ai suoi danni.
2. Avverso detta ordinanza ricorre per cassazione, a mezzo dei suoi difensori, (OMISSIS), per due motivi.
2.1 Con il primo motivo lamenta carenza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione relativamente ai reati di atti persecutori e tentata estorsione, nonche’ travisamento della prova.
In particolare evidenzia che la Corte di Cassazione, nell’annullare la precedente ordinanza del Tribunale del riesame, ha motivato la sua decisione affermando che dal tenore del capo di imputazione e dal contenuto dell’ordinanza annullata risulta che le condotte illecite dei ricorrenti appaiono dirette sia a costringere il (OMISSIS) a rivolgersi allo (OMISSIS) per versare a quest’ultimo denaro per far cessare i danneggiamenti, sia a costringere il (OMISSIS) a cambiare abitazione e pertanto non si comprende sulla base di quali indizi si sia affermata la coesistenza dei due diversi scopi illeciti della condotta; peraltro le incertezze, afferma la Corte di Cassazione, sono accentuate dalla circostanza che la estorsione e’ contestata nella forma del tentativo con una formulazione che sembra non considerare che l’univocita’ degli atti, da accertare sulla base delle modalita’ di estrinsecazione concreta della condotta, e’ un requisito indispensabile del delitto tentato.
Sostiene il ricorrente che, nell’emettere l’ordinanza impugnata in questa sede, il Tribunale non ha colmato tale lacuna motivazionale, affermando, al contrario, che “la individuazione certa dello scopo ultimo che lo (OMISSIS) vuole perseguire con la sua condotta non puo’ dirsi elemento essenziale al fine di considerare come inesistente la gravita’ indiziaria dei suoi correi nel delitto di tentata estorsione.”; in tal modo il Tribunale e’ andato in una direzione opposta a quella indicata dalla Corte di Cassazione e ha omesso di spiegare perche’ il (OMISSIS) avrebbe dovuto sapere che lo (OMISSIS), attraverso i ripetuti danneggiamenti, intendeva conseguire un ingiusto profitto.
Il Tribunale avrebbe dovuto dapprima spiegare quale era lo scopo avuto di mira dallo (OMISSIS) e da quali indizi esso emergeva e poi gli elementi dai quali risultava che il (OMISSIS) era al corrente di detto scopo.
Il Tribunale ha anche confuso l’ingiusto profitto del reato di estorsione con la ipotizzata ricompensa ricevuta dal (OMISSIS) per i danneggiamenti, ossia le colombe che lo (OMISSIS) aveva dato al (OMISSIS) e che quest’ultimo aveva distribuito tra il (OMISSIS) ed altre persone, rivelatesi estranee ai delitti.
Soprattutto, lo scopo estorsivo non emerge in modo chiaro dagli atti di danneggiamento posti in essere ai danni del (OMISSIS), in quanto a quest’ultimo non sono state rivolte richieste di denaro o di altre utilita’ e non possono escludersi altre finalita’, come quella di subornazione, essendo lo (OMISSIS) imputato in altro procedimento penale per estorsione ai danni del (OMISSIS), chiamato a deporre in quel processo, o di vendetta, per avere il (OMISSIS) deposto contro lo (OMISSIS) in quel processo; anche la polizia giudiziaria aveva segnalato il pericolo che lo (OMISSIS), con le sue condotte, inducesse il (OMISSIS) a testimoniare il falso.
In ogni caso, non risulta che il (OMISSIS) fosse a conoscenza degli scopi avuti di mira dallo (OMISSIS), da lui neppure conosciuto, come emerge dalle stesse dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) alla moglie all’interno del carcere, che hanno costituito oggetto di intercettazione, prodotte innanzi al Tribunale del riesame e riportate nel testo del ricorso in cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza di annullamento con rinvio, ha pure indicato al Tribunale del riesame la necessita’ di chiarire i collegamenti tra lo (OMISSIS) ed il (OMISSIS) e a quale epoca essi risalgano, se esistenti, ma il Tribunale non ha fornito alcun chiarimento in proposito.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 274 c.p.p. nonche’ carenza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione relativamente alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Non e’ ipotizzabile il pericolo di inquinamento probatorio, avendo il (OMISSIS) avanzato richiesta di giudizio abbreviato non condizionato.
Anche il pericolo di recidiva non sussiste, perche’ il (OMISSIS) e’ incensurato; dalle intercettazioni emerge che egli si e’ allontanato dai suoi coimputati. Non emerge, quindi, la concretezza ed attualita’ delle esigenze cautelari.
3. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ricorre anche (OMISSIS), per mezzo dei suoi difensori, affidandosi a due motivi.
3.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione agli articoli 612-bis e 56 e 629 c.p..
In primo luogo egli denuncia che il Tribunale del riesame non si e’ attenuto ai principi di diritto affermati dalla Suprema Corte nella sentenza di annullamento con rinvio.
Inoltre, evidenzia che gli e’ stato contestato il delitto di atti persecutori come commesso solo a decorrere dal 8 marzo 2017 e dagli atti non emerge la sua partecipazione ad episodi successivi al 4 aprile 2018. Nell’ordinanza applicativa della misura cautelare vengono menzionati, quali condotte utili alla contestazione dei reati di cui al capo F), solo gli episodi descritti ai capi D), ossia l’incendio dell’esercizio commerciale del (OMISSIS) in data 19 marzo 2018, e E), ossia il danneggiamento del furgone del (OMISSIS) con conseguente pericolo di incendio in data 4 aprile 2018, cosicche’ manca la reiterazione delle condotte che e’ elemento essenziale del delitto di atti persecutori; e’ invece irrilevante la circostanza che il (OMISSIS) ed i coimputati si siano incontrati numerose volte per pianificare nel dettaglio gli attentati, cosi’ come e’ irrilevante che il (OMISSIS) abbia consegnato alcune colombe pasquali a due soggetti estranei ai delitti e ad una persona rimasta non identificata.
Neppure l’ordinanza impugnata ha dato una risposta ai profili di criticita’ gia’ evidenziati nella precedente sentenza di annullamento con rinvio della Suprema Corte. In particolare, non emerge che il (OMISSIS) avesse conoscenza delle finalita’ di natura economica che lo (OMISSIS) si proponeva di conseguire dalle condotte poste in essere ai danni del (OMISSIS).
Il Tribunale in modo illogico aveva ritenuto sussistente tale finalita’ e la sua conoscenza da parte del (OMISSIS) sulla base di un’intercettazione di una conversazione tra lo (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in cui il secondo riferiva al primo che gli investigatori, dopo l’incendio dell’esercizio commerciale del (OMISSIS), avevano ipotizzato un’attivita’ estorsiva, e dall’episodio relativo alla dazione delle colombe, che secondo il Tribunale, rendeva evidente lo scopo economico dell’attivita’ delittuosa.
3.2 Con il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 275 c.p.p. e carenza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Evidenzia che il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, affermando che il (OMISSIS) era inserito in contesti criminali – mentre tale circostanza era indimostrata – e che egli con facilita’ aveva messo a disposizione dello (OMISSIS) e del (OMISSIS) un’arma – ma anche questa circostanza era sfornita di prova, tanto che l’arma non era mai stata rinvenuta -; i precedenti penali del (OMISSIS) erano risalenti a decenni fa.
Inoltre il Tribunale aveva asserito che la custodia cautelare in carcere era l’unica misura idonea a soddisfare le esigenze cautelari con una motivazione apodittica, senza indicare le ragioni per le quali egli non avrebbe rispettato le prescrizioni inerenti a misure cautelari personali meno gravi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ fondato nei limiti di seguito indicati.
1.1 Il Tribunale del riesame, affermando, che “la individuazione certa dello scopo ultimo che lo (OMISSIS) vuole perseguire con la sua condotta non puo’ dirsi elemento essenziale al fine di considerare come inesistente la gravita’ indiziaria dei suoi correi nel delitto di tentata estorsione.”, non ha applicato il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte nella sentenza di annullamento con rinvio, in cui si indicava che la univocita’ degli atti – e quindi la possibilita’ di stabilire con certezza dalle modalita’ di estrinsecazione concreta della condotta criminale quale fosse lo scopo dell’agente e quindi quale fosse lo specifico bene giuridico aggredito e posto in pericolo – era un elemento essenziale del delitto tentato.
Neppure il Tribunale ha adeguatamente chiarito perche’ il (OMISSIS) avrebbe dovuto sapere quale era lo scopo avuto di mira dallo (OMISSIS), non sussistendo collegamenti diretti tra lo (OMISSIS) ed il ricorrente.
Ne’ lo scopo estorsivo puo’ farsi discendere dall’avere lo (OMISSIS) consegnato al (OMISSIS) alcune colombe pasquali ed il (OMISSIS) consegnato una di esse al (OMISSIS). Anche volendo considerare i dolci o altre regalie pervenute al (OMISSIS) una ricompensa per l’attivita’ delittuosa da questi compiuta, dalla suddetta circostanza non puo’ logicamente desumersi la conoscenza della finalita’ estorsiva dei danneggiamenti, poiche’ non e’ una massima di esperienza quella per cui laddove l’esecutore materiale di un delitto percepisca dal mandante un prezzo per il delitto compiuto, il mandante si prefigga sempre e comunque uno scopo estorsivo ai danni della vittima.
Ne consegue che deve essere annullato il provvedimento impugnato limitatamente al delitto di tentata estorsione contestato al capo F) dell’imputazione provvisoria.
1.2. Il ricorso risulta invece infondato in relazione al reato di atti persecutori. Come esattamente osservato dal Tribunale del riesame, per la sussistenza del reato di atti persecutori e’ sufficiente il dolo generico.
Nel delitto di atti persecutori, l’elemento soggettivo e’ integrato dal dolo generico, che consiste nella volonta’ di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneita’ delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, e che, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un’intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se puo’ realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l’agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C, Rv. 26041101).
Il Tribunale ha quindi evidenziato che il (OMISSIS) ha partecipato alla esecuzione di piu’ atti di danneggiamento ai danni del (OMISSIS) e che egli sapeva che i vari attentati avevano come unico obiettivo il (OMISSIS). Egli e’ a conoscenza, spiega il Tribunale, dell’effetto intimidatorio dei ripetuti danneggiamenti sulla persona offesa e della loro idoneita’ a produrre in capo alla vittima uno degli eventi contemplati dall’articolo 612-bis c.p..
Tale sua conoscenza non e’ esclusa dall’assenza di collegamenti tra il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) e anzi proprio l’assenza di collegamenti rende privo di rilievo, ai limitati fini del reato di atti persecutori, l’eventuale diverso scopo avuto di mira dallo (OMISSIS).
In ogni caso, del tutto correttamente e logicamente il Tribunale ha escluso in capo allo (OMISSIS) il dolo del reato di cui all’articolo 377 c.p., sottolineando che gli episodi di danneggiamento ai danni del (OMISSIS) erano proseguiti anche dopo che egli aveva deposto come testimone nel processo a carico dello (OMISSIS).
Peraltro, lo scopo di ritorsione non esclude il dolo del reato di atti persecutori.
1.3 Il terzo motivo di ricorso, relativo alle esigenze cautelari, e’ invece inammissibile.
Il Tribunale del riesame ha illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari a carico del (OMISSIS), facendo riferimento ai suoi carichi pendenti ed all’utilizzo di un’arma; inoltre, al fine di affermare che la custodia cautelare in carcere e’ l’unica idonea a soddisfare dette esigenze, ha fatto riferimento al proposito dell’indagato, emerso a seguito dell’intercettazione di una conversazione da lui intrattenuta con il fratello all’interno del carcere ove si trova ristretto, di simulare una situazione di incompatibilita’ con il regime carcerario; da tale conversazione il Tribunale ha desunto che il (OMISSIS) non rispetterebbe le prescrizioni inerenti ad una misura meno grave.
Il ricorrente si e’ limitato a ribadire nel ricorso gli elementi che, secondo la sua tesi difensiva, dovrebbero far ritenere insussistenti le esigenze cautelari o comunque le stesse salvaguardabili attraverso una misura cautelare meno grave, senza confrontarsi con le ragioni poste dal Tribunale a fondamento della propria decisione, le quali non vengono attaccate con una critica argomentata.
E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificita’ del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericita’, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ conducente, a mente dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’. (Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997 – dep. 1998, Ahmetovic, Rv. 210157; da ultimo: Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
2. E’ parzialmente fondato anche il ricorso proposto da (OMISSIS).
2.1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato, quanto ai gravi indizi di colpevolezza per il reato di atti persecutori.
La circostanza che il ricorrente abbia partecipato soltanto a due degli atti di danneggiamento ai danni del (OMISSIS), commessi in un ristretto periodo di tempo, non vale ad escludere la sussistenza del delitto di cui all’articolo 612-bis c.p..
Integrano il delitto di atti persecutori di cui all’articolo 612-bis c.p. anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale (Sez. 5, n. 33842 del 03/04/2018, P, Rv. 27362201; Sez. 5, n. 38306 del 13/06/2016, C, Rv. 26795401; Sez. 5, n. 46331 del 05/06/2013, D. V., Rv. 25756001; Sez. 5, n. 6417 del 21/01/2010, Oliviero, Rv. 24588101).
2.2. Il ricorso e’, invece, fondato nella parte in cui si censura l’ordinanza del Tribunale del riesame laddove afferma la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a carico del (OMISSIS), per il delitto di tentata estorsione.
Anche il (OMISSIS) ha denunciato che il Tribunale del riesame non si e’ attenuto ai principi di diritto contenuti nella sentenza di annullamento con rinvio; egli ha anche lamentato la illogicita’ della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha desunto la conoscenza da parte del ricorrente della finalita’ estorsiva in capo allo (OMISSIS) dalla intercettazione di una conversazione tra lo (OMISSIS) ed il (OMISSIS), in cui il secondo evidenzia al primo che la polizia giudiziaria, indagando sui delitti di danneggiamento, ha ipotizzato una estorsione ai danni del (OMISSIS), e dall’episodio relativo alle colombe pasquali.
Possono, quindi, richiamarsi in questa sede le argomentazioni gia’ svolte in relazione alla posizione del coindagato (OMISSIS).
Inoltre, appare illogico il ragionamento del Tribunale laddove ricava la conoscenza da parte del (OMISSIS) della finalita’ estorsiva dello (OMISSIS) dall’avere il primo appreso e poi comunicato al secondo quella che era una mera ipotesi investigativa degli inquirenti. Dal tenore della conversazione non risulta che lo (OMISSIS), a fronte della comunicazione del (OMISSIS), abbia poi rivelato a quest’ultimo le finalita’ ultime della sua condotta.
Quanto alla illogicita’ del ragionamento fondato sulla dazione delle colombe, gia’ si e’ detto sopra in relazione alla posizione del (OMISSIS).
2.3 I terzo motivo del ricorso del (OMISSIS), relativo alle esigenze cautelari, e’ infondato.
Il Tribunale del riesame ha motivato in ordine alla sussistenza a carico del (OMISSIS) delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione dei reati in modo assolutamente adeguato e logico; ha asserito che le esigenze cautelari appaiono sussistenti non solo in virtu’ dei suoi precedenti penali, ma anche perche’ egli risulta inserito in contesti criminali piu’ ampi; in particolare, ha logicamente desunto tale inserimento dalla circostanza che lo (OMISSIS) si e’ a lui rivolto affinche’ organizzasse i vari danneggiamenti avvalendosi di altre persone, nonche’ dalla circostanza che egli ha messo a disposizione del (OMISSIS) e dello (OMISSIS), esecutori materiali dei danneggiamenti, una pistola.
Proprio in virtu’ di tale inserimento, il Tribunale ha ritenuto particolarmente spiccate le esigenze cautelari e quindi ha considerato la custodia in carcere l’unica idonea a soddisfarle, affermando che il (OMISSIS), per la sua propensione a violare le norme, non rispetterebbe le prescrizioni inerenti a misure cautelari meno gravi.
Deve pure ribadirsi in questa sede che non e’ affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma in tutto o in parte il provvedimento impugnato, recependone le argomentazioni, perche’ in tal caso i due atti si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze di motivazione dell’uno possono essere sanate con le argomentazioni utilizzate dall’altro (Sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015 – dep. 2016, Berlingeri, Rv. 26676501).
Nel caso di specie il Giudice per le indagini preliminari ha ampiamente motivato sulla inidoneita’ di misure meno gravi rispetto alle esigenze cautelari segnalando che il (OMISSIS), oltre ad essere stato condannato per il delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., e’ gravato da ben cinque condanne per violazione delle prescrizioni inerenti alle misure di prevenzione e che da tale circostanza puo’ desumersi che egli neppure rispetterebbe le prescrizioni inerenti a misure meno gravi di quella attualmente applicata.
3. In relazione all’ipotesi di tentata estorsione, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio.
In tema di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame confermativa della misura cautelare in carcere, qualora la motivazione del provvedimento de libertate si appalesi totalmente carente e non utilmente integrabile – come nel caso di specie -, l’annullamento va disposto senza rinvio, in conformita’ al principio della ragionevole durata del processo sancito dall’articolo 111 Cost., in quanto, l’ulteriore sacrificio della liberta’ individuale, implicito in un annullamento con rinvio del provvedimento cautelare, sarebbe ingiustificato alla luce dei principi sanciti dall’articolo 13 Cost. (Sez. 4, n. 46976 del 22/09/2011, Mane, Rv. 25143001).
4. Concludendo, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al delitto di tentata estorsione. I ricorsi devono, invece, essere rigettati nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente all’ipotesi di tentata estorsione. Rigetta nel resto i ricorsi.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti ex articolo 626 c.p.p..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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