Disconoscimento della paternità

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 6 novembre 2019, n. 28518.

La massima estrapolata:

Nell’azione di disconoscimento della paternità, il mantenimento da parte del figlio disconosciuto del cognome paterno è espressione di un diritto potestativo e personalissimo che deve tradursi in una espressa domanda di accertamento da proporsi in sede giudiziale, anche in via riconvenzionale ed eventualmente subordinata all’accoglimento di quella principale, non potendosi ritenere ricompresa nella generica opposizione all’azione di disconoscimento proposta nei suoi confronti. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la perdita del cognome paterno del figlio disconosciuto, nonostante il padre che aveva intrapreso l’azione di disconoscimento, avesse manifestato la volontà di non opporsi al mantenimento del suo cognome).

Ordinanza 6 novembre 2019, n. 28518

Data udienza 23 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 11291/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio (OMISSIS) e rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 307/2018 della Corte di appello di Roma, pubblicata il 17/01/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia nella camera di consiglio del 23/09/2019.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma con la sentenza in epigrafe indicata, decidendo quale giudice del rinvio su riassunzione del giudizio in esito all’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, in accoglimento dell’impugnazione proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 2390 pubblicata il 13.11.2009, ha dichiarato che (OMISSIS), nato a (OMISSIS), non e’ il padre di (OMISSIS), nato a (OMISSIS), con ordine al competente ufficiale dello Stato civile di procedere alle relative annotazioni sulla perdita del cognome paterno da parte del figlio, non avendo questi, rimasto finanche contumace nel giudizio di rinvio, formulato una richiesta al mantenimento.
2. Ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza (OMISSIS) con unico articolato motivo cui resiste con controricorso (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente con unico articolato motivo denuncia dell’impugnata sentenza la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, articolo 95, comma 3, e degli articoli 2 e 3 Cost..
In primo grado, ancora minorenne costituitosi a mezzo del procuratore speciale, egli si era opposto alla domanda di disconoscimento e quindi, implicitamente, alla perdita del cognome del padre, tratto distintivo della propria identita’ personale.
Nel giudizio di appello, poi, celebrato in sede di rinvio, (OMISSIS), che aveva promosso l’azione di disconoscimento della paternita’, nel formulare le proprie conclusioni aveva manifestato la volonta’ di non far “rettificare” il cognome a (OMISSIS).
La Corte di merito diversamente decidendo sarebbe incorsa nella mancata applicazione del portato della sentenza della Corte costituzionale n. 13/1994 che aveva riconosciuto il diritto al mantenimento del cognome e tanto aveva fatto in una fattispecie di disconoscimento della paternita’, in cui il ricorrente – che, di anni ventisette, su quel cognome aveva costruito la propria identita’ personale, protetta dalle previsioni costituzionali sulla persona – si era opposto alla domanda.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 95, comma 3, all’esito dell’indicata pronuncia del Giudice delle leggi avrebbe previsto per l’interessato la possibilita’ di chiedere il riconoscimento del diritto al mantenimento del cognome.
2. In via preliminare, a definizione di quanto e’ ancora in contestazione tra le parti, va escluso che vengano in valutazione le statuizioni assunte dalla Corte di appello di Roma, all’esito del rinvio disposto da questa Corte di legittimita’ con la precedente sentenza di annullamento n. 14556 del 2014, sul disconoscimento di paternita’ promosso da (OMISSIS), capo su cui deve intendersi, pertanto, caduto il giudicato.
3. Per il proposto motivo si deduce dal ricorrente infatti sulla diversa questione del diritto al mantenimento del cognome da parte di colui che, maggiorenne, ne risulti privato all’esito dell’azione di disconoscimento della paternita’ favorevolmente risolta dal giudice del merito.
4. Il motivo e’ infondato per ragioni che, di carattere processuale, rinvengono fondamento e giustificazione nella individuazione di natura e contenuti del diritto azionato.
L’affermazione di principio da cui questa Corte di legittimita’ deve muovere nella valutazione del caso di specie e’ che, in caso di disconoscimento della paternita’, il mantenimento da parte del figlio maggiorenne del cognome paterno e’ espressione di un diritto potestativo e personalissimo che, definito dall’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 13 del 1994, deve tradursi in una domanda di accertamento da proporsi in sede giudiziale, anche in via riconvenzionale e subordinata all’accoglimento della principale sullo status che, non potendo essere oggetto di rilievo officioso quale accessoria statuizione della prima, non puo’ ritenersi ricompresa nella mera e generica opposizione all’azione di disconoscimento proposta che l’avente diritto abbia manifestato, resistendo all’avversa azione.
L’indicato principio consegue all’affermazione per la quale nella natura personalissima del diritto a mantenere – rispetto ad azioni di stato di riconoscimento della filiazione o di disconoscimento della paternita’ cui segua, in affermazione del favor veritatis, la necessita’ della rettifica dell’atto dello stato civile Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, ex articolo 49 comma 1 lettera o) con perdita del cognome in uso – l’integrita’ del proprio nome che abbia assunto, con rilevanza ed autonomia proprie, le caratteristiche di un segno distintivo della identita’ personale proiettata all’esterno, la legittimazione alla distinta azione di accertamento spetta al solo titolare e non ammette sostituzioni (sulla natura personalissima del diritto al nome per il meccanismo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 95, comma 3, che ha codificato il principio enunciato, jus superveniens, con la pronuncia della Corte costituzionale: Cass. 15/02/2017 n. 4020, massimata su altro, in motivazione a p. 11; Cass. 16/04/2014 n. 8876, non massimata, par. 3).
Come ricordato dal Giudice delle leggi con la sentenza del 13 febbraio 1994, n. 13, nella materia del cognome si impone una fondamentale distinzione tra quella che e’ la disciplina civilistica e delle leggi speciali sul riconoscimento di uno status, o i rapporti di filiazione in genere, per la quale, ai sensi dell’articolo 6 c.c., vi e’ corrispondenza tra status ed attribuzione del cognome, ed i casi in cui non si ha, o non si ha piu’, siffatta corrispondenza ed in cui a tutela e protezione della persona puo’ esserle riconosciuto il diritto alla conservazione di un nome, rispetto al quale non ha o non avrebbe piu’ titolo, quale elemento di identificazione in quanto “parte essenziale ed irrinunciabile della personalita’” (in termini, in motivazione, anche: Cass. n. 8876 del 2014).
In siffatta ipotesi il cognome non assolve piu’ alla funzione di segnare la discendenza di una persona da una determinata famiglia, ma diviene strumento di identificazione di quella persona nella sua vita di relazione.
L’indicata prospettiva e’ ben presente al legislatore ordinario la’ dove prevede che in materia di riconoscimento della filiazione al di fuori del matrimonio il figlio possa mantenere il cognome precedentemente attribuitogli in quanto sia divenuto “autonomo segno della sua identita’ personale” (articolo 262 c.c., comma 3, secondo periodo; sull’autonomia della domanda alla conservazione del cognome rispetto a quella sullo status: Cass. 04/02/1978 n. 1507).
5. Definita nei segnati termini la natura del diritto ai mantenimento dei cognome da parte di una persona maggiorenne, il ricorso va rigettato in difetto di domanda dell’avente diritto.
L’accoglimento della domanda di disconoscimento della paternita’ comporta, in affermazione del favor veritatis che si accompagna all’esercizio delle azioni sullo status, che il soggetto in precedenza riconosciuto perda il cognome del padre e che la’ dove egli intenda conservarlo tanto debba fare attraverso l’esercizio dell’autonomo diritto al nome, tratto caratterizzante della personalita’ ex articolo 2 Cost., che, come definito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 1994, deve essere introdotto a mezzo di una distinta domanda di attribuzione senza che valga a contrastare l’automatismo insito nel sopra indicato meccanismo – cui segue la rettifica del cognome come atto dovuto – una posizione processuale di mera resistenza all’azione principale sullo status o, ancora, una condotta di non contestazione di colui che abbia proposto domanda di disconoscimento.
6. Le spese processuali, in ragione della natura della lite, restano compensate tra le parti.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.
Dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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