Diritto di accesso ai documenti

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 22 agosto 2019, n. 5781.

La massima estrapolata:

Il diritto di accesso ai documenti soffre le limitazioni previste espressamente dalla legge o da norme comunque evincibili da ordinamenti di settore.

Sentenza 22 agosto 2019, n. 5781

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10617 del 2018, proposto da
Ar. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
contro
Ve. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cr. Sp., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Milano, sez. I, n. 2631/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ve. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Va., per delega di Ce., e Sp.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Ar. s.p.a, società per azioni a partecipazione mista pubblica e privata e proprietaria delle aree del sito che ha ospitato l’evento Ex. Mi. 20., premetteva che, in data 18 ottobre 2016, aveva pubblicato sul proprio sito istituzionale un “avviso per l’acquisizione di manifestazioni di interesse alla concessione in locazione di spazi per progetti e iniziative all’interno dell’area ex Ex. Mi. 20.”, inteso a formalizzare la propria disponibilità a ricevere e valutare proposte di locazione, per la durata massima di un anno da parte di soggetti pubblici e privati, con la specificazione che eventuali manifestazioni di interesse sarebbero state liberamente prese in considerazione secondo l’ordine di ricevimento e seguite da assegnazione solo all’esito di successiva negoziazione a trattativa privata.
In data 30 ottobre 2017, Ve. s.r.l. aveva formalizzato la propria “intenzione di organizzare la prima edizione del Mi. Mu. & Ar. Fe., un evento per arti varie, dalla musica, alle installazioni visive alle perfomance acrobatiche, con il coinvolgimento anche di scuole d’arte e di design”, all’uopo chiedendo la disponibilità delle aree dall’1 al 10 settembre 2018, senza specificare, in coerenza con l’avviso pubblicato, il corrispettivo offerto quale canone di locazione degli spazi.
Con nota del 7 novembre 2017, l’appellante aveva comunicato il proprio interessamento a valutare la richiesta pervenuta, rinviando, tuttavia, “per la definizione degli aspetti negoziali concernenti i dettagli tecnici ed economici della proposta e la formalizzazione del relativo contratto […] all’interlocuzione con le strutture aziendali competenti”.
Peraltro, essendo in prosieguo di tempo pervenute ulteriori manifestazioni d’interesse per la concessione in locazione di alcune delle aree in proprietà, aveva successivamente rappresentato, con nota del 21 novembre 2017, il venir meno dell’interesse “ad avviare la negoziazione del contratto di concessione di spazi”, in quanto interessata alla preferenziale valutazione di proposte più utilmente caratterizzate dalla significativa estensione spaziale e temporale, ritenute foriere di durevole ritorno economico e di immagine.
Con istanza in data 30 marzo 2018, pervenuta a distanza di oltre quattro mesi dalla ridetta comunicazione, Ve. s.r.l. aveva formalizzato istanza di accesso atti ai sensi degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990, chiedendo di prendere visione ed estrarre copia della seguente documentazione: “a) manifestazioni di interesse, comprensive dei relativi allegati, presentate da altri operatori nell’ambito del procedimento descritto nelle premesse della presente istanza e/o relativamente alle aree sopra descritte anche se presentate al di fuori del procedimento medesimo; b) atti con i quali Ar. s.p.a ha valutato dette manifestazioni di interesse e disposto l’affidamento delle aree in concessione indicate nelle premesse, nonché, ove stipulati, dei relativi atti e contratti di concessione; c) ogni atto e/o provvedimento e/o documento formato e/o adottato […] con riferimento e nell’ambito del procedimento e/o relativo alle aree descritte nelle premesse, ivi compresa la corrispondenza – quali lettere, note, comunicazioni, ecc., e relativa documentazione allegata – intercorsa tra Ar. s.p.a e i soggetti che [avevano] presentato manifestazione d’interesse e con gli operatori cui [erano] state affidate in concessione le aree sopra descritte”.
A sostegno della istanza ostensiva, Ve. aveva allegato il proprio interesse, sia in relazione ad una generica pretesa partecipativa, sia in ragione della esigenza di prospettica tutela dei propri diritti ed interessi.
Con nota del 26 aprile 2018, l’accesso era stato negato, sull’argomentato assunto che l’avviso pubblico non prevedesse “alcuna forma di selezione comparativa, ma la mera facoltà per Ar. di valutare discrezionalmente la sussistenza, rispetto a ciascuna manifestazione pervenuta, di un interesse ad avviare con l’operatore istante una negoziazione finalizzata, eventualmente, alla sottoscrizione di un contratto di concessione temporanea di spazi per progetti e iniziative”, sicché la nota del 21.11.2017 non avrebbe potuto considerarsi conseguente ad una valutazione comparativa e procedimentale delle manifestazioni di interesse pervenute.
Si rilevava, inoltre, che l’istanza di accesso era generica e non sufficientemente circostanziata, non essendo stati “indicati gli elementi concreti volti a suffragare l’affermazione secondo cui l’apprensione degli atti e documenti richiesti [potesse] risultare necessaria allapaventata [sic!] tutela del diritto di difesa”.
2.- Il diniego era stato impugnato con ricorso notificato il 31 maggio 2018, dinanzi al Tribunale amministrativo per la Lombardia che, con la sentenza qui in epigrafe, lo aveva accolto.
Appellava Ar. s.p.a. lamentandone la erroneità ed ingiustizia, invocandone l’integrale riforma.
Nella resistenza della Ve. s.r.l., alla camera di consiglio del 13 giugno 2019, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è destituito di fondamento.
2.- L’appellante sostiene, contro quanto ritenuto dal primo giudice:
a) che – alla luce dei principi desumibili dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici) – la legittimazione avrebbe potuto essere riconosciuta solo in presenza di un concreto interesse (non meramente esplorativo) a sindacare la gestione della procedura lato sensu evidenziale. Invece l’appellata aveva, di fatto, rinunziato sia a coltivare l’istanza di concessione degli spazi, sia di contestare la nota, descritta in narrativa, con la quale la società appellante aveva rappresentato, in via definitiva, la ricusazione della manifestazione di interesse;
b) che, in ogni caso, in presenza di un’attività di integralmente privatistica (in quanto preordinata alla selezione, senza obblighi evidenziali, di un potenziale locatore di aree appartenenti al proprio patrimonio disponibile), non sussisteva il requisito dell’afferenza della documentazione richiesta ad un’attività “di pubblico interesse”;
c) che, sotto distinto profilo, la contestata istanza, non idoneamente circostanziata – in relazione al carattere diretto, concreto ed attuale dell’interesse ostensivo – avrebbe operato nella implausibile chiave di un controllo generalizzato della propria condotta;
d) che, infine, la presenza di rilevanti controinteressi, connessi alla salvaguardia di informazioni a carattere industriale e commerciale su soggetti terzi, avrebbe dovuto precludere (alla luce di un ragionevole bilanciamento dei confliggenti interessi) la soddisfazione ostensiva, non qualificata da specifiche, concrete ed indefettibili esigenze di tutela.
3.- Gli assunti sono infondati.
Vale, invero, osservare:
a) che, per consolidato orientamento, il diritto di accesso ai documenti soffre le limitazioni previste espressamente dalla legge o da norme comunque evincibili da ordinamenti di settore (cfr. Cons. Stato, VI, 6 settembre 2018, n. 5257);
b) che, in base alla disciplina generale degli art. 22 seg. l. n. 241 del 1990, l’accesso può essere esercitato anche rispetto a documenti di natura privatistica, purché concernenti attività di pubblico interesse. Infatti l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’Amministrazione eserciti pubbliche funzioni con poteri autoritativi, ma anche quando persegua le finalità istituzionali e provveda alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati (cfr. Cons. Stato, III, 17 marzo 2017, n. 1213);
c) che, sotto il profilo della legittimazione passiva, le disposizioni della l. n. 241 del 1990 (ivi comprese quelle di cui agli artt. 22 ss.) hanno applicazione a carico di società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative (cfr. art. 29, 1° comma, l. n. 241 del 1990, come modificato dalla l. 18 giugno 2009, n. 69), posto che anche i soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative hanno l’obbligo di assicurare il rispetto dei canoni di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza (cfr. Cons. Stato, V, 6 novembre 2017, n. 5099);
d) che – indipendentemente dalla soggezione agli obblighi evidenziali, nella specie non sussistente – va per quanto qui interessa riconosciuta rilevanza pubblicistica anche alle attività di natura negoziale preordinate alla gestione dei beni e delle risorse pubbliche, che non sono sottratte alla logica del buon andamento ed al principio di trasparenza;
e) che, sotto distinto profilo, l’interesse all’accesso documentale non è condizionato, in prospettiva strumentale, alle esigenze di tutela giurisdizionale, essendo correlato ad un bene della vita autonomamente apprezzabile (Cons. Stato, IV, 20 ottobre 2016, n. 4372). Sicché – in disparte l’inappropriata lettura dell’art. 53 del Codice dei contratti pubblici, palesemente inapplicabile in assenza di procedure a carattere evidenziale – la circostanza che la società appellata non abbia impugnato il rifiuto della propria manifestazione di interesse non ha carattere dirimente, perché non spetta all’amministrazione che detiene il documento valutare le modalità di tutela dell’interesse del richiedente e negare l’accesso per il caso in cui ritenga talune di esse non più praticabili, al segno che “è solo del privato richiedente, una volta ottenuto il documento, la decisione sui rimedi giurisdizionali da attivare ove ritenga lesa la sua situazione giuridica soggettiva e se per taluni di essi (o per quelli unicamente esperibili) siano già spirati i termini di decadenza (o, eventualmente, di prescrizione) l’eventuale pronuncia di inammissibilità non può, certo, essere anticipata dall’amministrazione destinataria della richiesta di accesso allo scopo di negare l’ostensione del documento” (cfr. Cons. Stato, V, 27 giugno 2018, n. 3953);
f) che, in relazione al requisito dell’interesse ostensivo (diretto, concreto ed attuale e – cioè – complessivamente qualificato e differenziato), la cui sussistenza è necessaria, quanto meno nell’accesso documentale c.d. ordinario di cui agli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990, lo stesso deve ritenersi sussistente in virtù dell’obiettivo collegamento della documentazione richiesta (inerente la “gestione” dell’avviso pubblico preordinato a ricevere manifestazioni di interesse alla stipula di contratti di locazione) alla posizione della società appellata che – lungi dall’essere un quisque de populo – aveva formalizzato la propria istanza di trattativa, pur rimasta priva di esito (cfr. Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n. 1578): dovendosi, con ciò, escludere la pretesa attitudine meramente esplorativa dell’istanza in questione, ovvero la sua asserita idoneità a legittimare un controllo diffuso e generalizzato;
g) che l’eventuale sussistenza di controinteressi (segnatamente riconducibili alle esigenze di riservatezza di soggetti terzi) è oggetto di indimostrata allegazione verbale, non essendosi l’appellante peritata né – come avrebbe dovuto, ex art. 24, comma 6 l. n. 241 cit. – di attivare in via preventiva e in sede procedimentale il necessario contraddittorio, né di (ivi) effettuare il relativo (e doveroso) bilanciamento assiologico, né – infine – di evidenziare, nella presente sede processuale, l’effettiva e concreta esistenza di profili di segretezza commerciale o industriale, suscettibili di concreto apprezzamento comparativo.
4.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite a favore di Ve. s.r.l., che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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