Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1348.

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

In tema di deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. “quarta PEC”, la valutazione della imputabilità della decadenza processuale determinatasi non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza costituita dallo stesso messaggio di errore fatale, atteso che quest’ultimo non necessariamente è dovuto a colpa del mittente, ma esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico, e la valutazione circa la tempestività della successiva formulazione dell’istanza di rimessione in termini, ammissibile se presentata entro un lasso di tempo contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, deve avvenire tenendo altresì conto della necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva ritenuto tardiva un’istanza di rimessione in termini presentata a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell’esito negativo del tentativo di deposito).

Ordinanza|12 gennaio 2024| n. 1348. Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

Data udienza 16 dicembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – In genere deposito telematico di atti processuali – Messaggio di errore fatale nella c.d. ‘quarta pec’ – Conseguente decadenza processuale – Formulazione di istanza di rimessione in termini – Ammissibilità – Condizioni – Criteri di valutazione della tempestività – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAROTTA Caterina – Presidente

Dott. BELL Roberto – Consigliere

Dott. BUCONI Maria Lavinia – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere Rel.

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12625/2018 R.G.

proposto da:

An.Nu., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DA.TU.

– ricorrente –

contro

AZIENDA USL DI REGGIO EMILIA – IRCSS, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (…), presso lo studio dell’avvocato CA.BO., che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CO.TA., GI.SU.

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1049/2017, depositata il 17/10/2017 .

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/12/2023 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi;

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 1049/2017 in data 17 ottobre 2017, la Corte d’appello di Bologna, nella regolare costituzione dell’appellata AZIENDA USL DI REGGIO EMILIA IRCSS (già Azienda ospedaliera di Reggio Emilia – Arcispedale S M N), ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da An.Nu. avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 372/2015 del 3 dicembre 2015, la quale, a propria volta, aveva disatteso la domanda, proposta dalla stessa An.Nu., volta a conseguire il risarcimento dei danni per condotte di mobbing, nonché la domanda di annullamento della richiesta di trasferimento ad altra sede.

2. La Corte d’appello, infatti, ha accolto l’eccezione di inammissibilità ex art. 327 c.p.c. del gravame sollevata dall’appellata, rilevando che:

– l’appellante aveva proceduto al deposito telematico del ricorso in appello alle ore 23:02 del giorno 3 giugno 2016, ultimo giorno del termine semestrale per la proposizione del gravame;

– tale deposito era stato tuttavia respinto in data 9 giugno 2016 con segnalazione di “errore fatale”, determinata dal fatto che la ricorrente aveva provveduto al deposito di un atto in formato non ammesso dal sistema, avendo provveduto all’estrazione di copia informatica – e non di duplicato – della sentenza impugnata, apponendovi attestazione di conformità e firma digitale, in tal modo corrompendo l’originario formato PADES con aggiunte in formato CADES;

– detto errore era direttamente imputabile al difensore dell’appellante il quale non si era attenuto alle specifiche tecniche del D.M. 44/2011 ed aveva determinato un errore non eliminabile se non dalla stessa parte, facendo in tal modo venire meno la condizione di validità di cui all’art. 16-bis, comma 7, D.L. 179/2012;

– anche ipotizzando un errore scusabile, non sussistevano i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. formulata dall’appellante, in quanto la medesima si era attivata solo tre giorni dopo il tentativo di deposito ed aveva infine provveduto al deposito cartaceo del ricorso solo in data 17 giugno, incorrendo in un ritardo non giustificato.

3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bologna ricorre ora An.Nu..

Resiste con controricorso AZIENDA USL DI REGGIO EMILIA IRCSS.

4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.

Le parti hanno entrambe depositato memoria.

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è affidato a tre motivi.

1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 16-bis, comma 7, D.L. 179/2012 in rapporto all’art. 155, quarto e quinto comma, c.p.c..

Premette la ricorrente che la decisione impugnata sarebbe incorsa in un errore nella ricostruzione dei fatti, facendo riferimento alla firma digitale di un atto incompatibile con il sistema di ricezione, laddove la vicenda verteva su un allegato di cui era necessario attestare la conformità all’originale presente nel fascicolo telematico.

Tale erronea ricostruzione avrebbe condotto la Corte a non considerare che “per la conformità, ai sensi di legge, si poteva usare con l dispositivo richiamato, solo il formato copia informatica e non il duplicato informatico, come ben precisato nel richiamato art. 22 co. 2 D.L. 82/05”, e quindi a non rilevare che nella specie l’errore informatico era incolpevole.

Sulla corta di tale premessa, il primo motivo di ricorso deduce una violazione dell’art. 16-bis, comma 7, D.L. 179/2012, in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che, per effetto del generarsi della c.d. “seconda PEC” e della successiva ricezione della c.d. “terza PEC” (che segnalava unicamente la necessità di verifiche da parte dell’Ufficio ricevente) il deposito del ricorso doveva ritenersi comunque tempestivo.

1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 22, comma 2, e 23-bis, D.L. n. 82/2005 in relazione all’art. 13, D.M. 44/2011.

Dopo aver ribadito che l’errore del sistema concerneva non il ricorso in appello in sé, ma un allegato, la ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto tale allegato non conforme alle specifiche del D.M. 44/2011, opponendo invece che la creazione dell’allegato si era invece attenuta proprio a dette specifiche.

1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 153, terzo comma, c.p.c. in relazione all’art. 16-bis, D.L. 179/2012 e la violazione dell’art. 6 CEDU.

Il ricorso censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per la rimessione in termini, ravvisando un ritardo imputabile alla stessa ricorrente.

Argomenta in contrario il ricorso che la mancata immediata attivazione della ricorrente è stata determinata dal ritardo con cui la Cancelleria avrebbe comunicato l’errore fatale, impedendo l’immediata attivazione per un nuovo deposito.

Da ciò deriverebbe la violazione dell’art. 153 c.p.c., essendo stata disattesa l’istanza di rimessione in termini pur in presenza di un errore non imputabile alla ricorrente.

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

2. I primi due motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

2.1. Si deve, in primo luogo, escludere che possano essere accolte le deduzioni della ricorrente in ordine al fatto che il deposito del gravame in appello sarebbe stato effettuato con tre distinte buste, e che solo la terza busta – cioè, quella con l’allegato relativo alla copia della sentenza impugnata – avrebbe dato origine al messaggio fatal error, determinando, al più, un vizio nel deposito della copia della sentenza di primo grado ma non nel deposito dell’atto di appello.

Infatti, la deduzione della ricorrente – che effettivamente avrebbe comportato l’applicazione del principio affermato da Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 12751 del 13/05/2021; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24461 del 03/11/2020; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23713 del 22/11/2016 – non solo è stata contestata dalla controricorrente (pag. 5 controricorso) – la quale afferma invece di non aver potuto prendere visione degli allegati alla busta telematica, compreso l’atto di appello – ma anche non ha trovato riscontro nell’esame degli atti processuali – consentito a questa Corte quale giudice del fatto processuale, essendo dedotto un error in procedendo – dovendosi peraltro rilevare che anche la decisione

impugnata parla espressamente di “mancato perfezionamento del deposito telematico dell’atto d’appello”, riferendosi quindi al deposito del gravame nella sua integralità.

2.2. Esclusa, nella specie, la possibilità di applicare l’art. 156 c.p.c., non essendosi integrato il raggiungimento dello scopo (a differenza del caso esaminato da Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 238 del 05/01/2023), la fondatezza delle deduzioni della ricorrente in ordine alla possibilità di affermare la tempestività del gravame risulta esclusa dai recenti precedenti di questa Corte in tema di deposito telematico degli atti processuali e di interpretazione degli artt. 16-bis, comma 7, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 e 13, comma 2, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 (Cass. Sez. U – Ordinanza n. 28403 del 11/10/2023; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19307 del 07/07/2023).

Questa Corte, infatti, con i menzionati precedenti, ha chiarito che:

– è necessario operare una distinzione sulla valenza delle ricevute PEC, tra gli aspetti che concernono la tempestività del deposito e gli aspetti che invece riguardano la definitiva regolarità dello stesso;

– a tal fine, è vero che – come sostenuto anche dalla ricorrente nella presente sede – la generazione della “ricevuta di avvenuta consegna” (“RdAC” – c.d. “seconda PEC”) individua il momento di perfezionamento del deposito e costituisce il riferimento temporale sulla cui base valutare la tempestività o meno del deposito medesimo (ex plurimis Cass., sez. U, 21/07/2022, n. 22834; Cass., sez. L, 19/01/2022, n. 12422; Cass., sez. 2, 12/07/2021, n. 19796);

– tuttavia, tale efficacia costituisce un effetto anticipato meramente provvisorio, in quanto risulta comunque subordinata al generarsi con esito positivo delle successive PEC, e cioè quella “esito controlli automatici deposito” (c.d. “terza PEC”) e quella di “accettazione deposito” (cd. “quarta PEC”) e ciò “in quanto lo scopo del deposito non può dirsi raggiunto finché non vi sia stata l’accettazione dell’atto da parte della Cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione (cd. quarta p.e.c.)” con la conseguenza che “in caso di mancato completamento dell’iter del deposito telematico, ed in particolare ove sia risultato negativo l’esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non può dirsi efficace, poiché inidoneo al raggiungimento dello scopo” (così Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19307 del 07/07/2023);

– conseguentemente, in caso di deposito che generi unicamente le prime due PEC, la parte potrà ritenere di aver rispettato eventuali termini di legge per il deposito medesimo, ma è solo con le due PEC successive che potrà invece ritenere che il deposito sia definitivamente efficace e rituale, mentre in assenza delle PEC successive alla seconda – ed a maggior ragione nel caso in cui la terza o la quarta PEC diano esito non favorevole – la parte non potrà ritenersi per ciò solo decaduta dal deposito, ma – stante il mancato perfezionarsi del medesimo – avrà l’onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile (considerata la possibilità di una sfasatura temporale nella generazione della terza e quarta PEC) per rimediare a tale mancato perfezionamento, procedendo ad un nuovo deposito (da ritenersi nei termini,stante il primo tentativo, e quindi dovendosi considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività: Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6743 del 10/03/2021) oppure alla tempestiva formulazione di una richiesta di rimessione in termini.

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

Facendo applicazione dei principi appena sintetizzati al caso in esame, è agevole concludere che l’odierna ricorrente, a fronte del deposito telematico riscontrato dalla RdAC entro il termine per la proposizione del gravame, poteva maturare un affidamento sulla tempestività del gravame medesimo, a condizione che le successive PEC – indipendentemente dal momento del loro generarsi, e quindi anche ove generate in un momento successivo alla scadenza del termine – dessero esito positivo.

A fronte, invece, del ricevimento della c.d. “quarta PEC” con messaggio di fatal error, il profilo della tempestività del gravame è risultato travolto dalla irritualità del suo deposito, atteso che può considerarsi tempestivo il gravame che sia rituale e non invece un appello che, seppur per disfunzioni tecniche, risulti sottratto all’esame sia dell’organo giurisdizionale sia della controparte appellata.

Ricevuta, allora, la PEC con segnalazione di errore fatale, l’odierna ricorrente aveva due possibilità: o reiterare la procedura di deposito telematico – che, ove effettuata con esito positivo, si sarebbe posta in continuità con la prima procedura di deposito ed avrebbe potuto quindi essere considerata tempestiva, dovendosi valorizzare non la data del secondo deposito telematico eseguito dopo il rifiuto della “busta”, ma la data della RdAC del primo deposito (sempre Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6743 del 10/03/2021) – oppure presentare istanza di rimessione in termini.

Avendo la ricorrente – come riferito dalla decisione impugnata – esperito inizialmente la prima strada con esito, tuttavia, ancora negativo già al ricevimento della c.d. “terza PC” – solo successivamente optando per la formulazione dell’istanza di rimessione in termini – appare evidente che in alcun modo l’originario deposito poteva ritenersi tempestivo, e che il gravame veniva ad essere tardivo, come ha correttamente opinato la Corte territoriale.

3. Fondato appare, invece, il terzo motivo.

Si deve, infatti, ritenere che, nel disattendere l’istanza di rimessione in termini formulata dall’odierna ricorrente, la Corte d’appello non si sia conformata ai principi enunciati in materia da questa Corte, la quale ha avuto occasione di precisare che:

– in tema di deposito telematico di un atto processuale, la presenza, all’esito dei controlli della cancelleria, di un “errore fatale” che, non imputandosi necessariamente a colpa del mittente, esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico, impedendo al cancelliere l’accettazione del deposito, oltre a consentirne l’eventuale rinnovazione con rimessione in termini (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 238 del 05/01/2023);

– la tempestività del deposito telematico di un atto processuale, in caso di esito negativo del procedimento culminante con l’accettazione da parte del cancelliere (cd. “quarta p.e.c.”), postula la necessità della sua rinnovazione, previa rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito stesso (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 29357 del 10/10/2022);

– in tema di opposizione notificata a mezzo PEC ex art. 5-ter della l. n. 89 del 2001, ove l’iscrizione a ruolo sia stata effettuata non oltre il secondo giorno lavorativo antecedente a quello di scadenza del termine, la ricezione della comunicazione di mancata accettazione del ricorso quattro giorni dopo il deposito telematico rende ammissibile l’istanza di rimessione in termini, poiché le istruzioni impartite agli uffici giudiziari dal Ministero della giustizia con circolare del 23 ottobre 2015 – ove è ritenuto consigliabile che l’accettazione del deposito di atti e documenti provenienti dai soggetti abilitati all’invio telematico sia eseguita entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia – sono oggettivamente idonee, per la fonte da cui promanano e per la pubblicità cui sono assoggettate, ad indurre negli avvocati il ragionevole affidamento che l’esito del deposito telematico sarà loro reso noto il giorno successivo alla effettuazione dello stesso, sì da poter i medesimi rimediare tempestivamente, ove emergessero eventuali anomalie della procedura, ai vizi del predetto deposito (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 24180 del 27/09/2019).

Nel caso in esame, è la stessa decisione impugnata a dare atto del fatto che la definitiva segnalazione di errore fatale è pervenuta all’odierna ricorrente solo tre giorni dopo il deposito (il 6 giugno 2016 a fronte di un deposito del 3 giugno) e che la ricorrente si attivata per chiedere chiarimenti alla cancelleria in data 9 giugno, procedendo il successivo 17 giugno al deposito del ricorso in forma cartacea ed alla contestuale formulazione dell’istanza di rimessione in termini.

Deposito telematico di un atto processuale che abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. quarta PEC

La cronologia dei fatti viene ad evidenziare, in primo luogo, che l’attivazione dell’odierna ricorrente è avvenuta “in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 25289 del 11/11/2020), non potendosi certo ritenere tardiva un’attivazione a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell’esito negativo del tentativo di deposito – avendo questa Corte ritenuto, semmai, ingiustificati ritardi dell’ordine di diciannove mesi (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16423 del 17/07/2014); un anno e mezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4841 del 26/03/2012); cinque mesi (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22342 del 05/08/2021) – e non rilevando, a tal fine la circostanza che la ricorrente abbia ricevuto già il 3 giugno la c.d. “terza PEC” contenente la segnalazione di anomalia del deposito, e ciò per la duplice ragione che, da un lato, un ulteriore lasso temporale di tre giorni non varrebbe comunque a far ritenere eccessivo l’indugio della parte e che, dall’altro lato , la descrizione della problematica contenuta nella terza PEC non risultava evidenziare ancora errore irrimediabile, potendo quindi la ricorrente nutrire “un affidamento giustificato nel tempestivo svolgimento di verifiche da parte della cancelleria e nella comunicazione del loro esito attraverso una quarta PEC” (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 30514 del 18/10/2022).

Esclusa l’inerzia della parte, si deve ulteriormente rilevare che la Corte d’appello ha apoditticamente affermato l’imputabilità dell’errore alla parte medesima, riconnettendo quest’ultimo alla segnalazione di fatal error da parte della Cancelleria – laddove, come da questa Corte chiarito, detto errore non è necessariamente imputabile a colpa del mittente, esprimendo soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico – e senza operare una concreta verifica della imputabilità dell’esito negativo del deposito alla ricorrente.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto in relazione al terzo motivo e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, la quale si atterrà al seguente principio:

“In tema di istanza di rimessione in termini formulata dalla parte il cui deposito telematico di un atto processuale abbia avuto come esito un messaggio di errore fatale nella c.d. “quarta PEC” con il conseguente determinarsi di una decadenza processuale, la valutazione della imputabilità della decadenza non può fondarsi esclusivamente sulla circostanza costituita dallo stesso messaggio di errore fatale, atteso che quest’ultimo non si imputa necessariamente a colpa del mittente ma esprime soltanto l’impossibilità del sistema di caricare l’atto nel fascicolo telematico; parimenti, la verifica della tempestività nella formulazione dell’istanza deve avvenire tenendo conto del fatto che quest’ultima va formulata entro un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, dovendosi comunque escludere che il decorso di un lasso temporale ridotto e dovuto anche alla necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria possa essere ritenuto quale elemento che incide sulla tempestività con cui la parte si è attivata”;

e procederà alla regolamentazione anche delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 6 dicembre 2023.

2024 Depositato in Cancelleria il 12 gennaio.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *