Daspo per affissione di un manifesto con scritta “Acab”

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7648.

La massima estrapolata:

È legittimo il Daspo emanato dal questore per l’affissione di un manifesto con la scritta “Acab”in gergo di istigazione contro le forze di polizia in prossimità dello stadio e non in concomitanza di una partita di calcio.

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7648

Data udienza 14 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il provvedimento del Gip del Tribunale di Roma del 30 aprile 2018;
ietti gli atti di causa, il provvedimento impugnato ed il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
letta la requisitoria scritta del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CUOMO Luigi, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza depositata in data 30 aprile 2018, alle ore 11.40, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, su conforme richiesta formulata in pari data dal Pm presso il medesimo Tribunale, ha convalidato il provvedimento, emesso dal Questore in Roma il precedente 3 aprile 2018, notificato all’interessato il successivo 28 aprile 2018 alle ore 10.30, con il quale era stato imposto a (OMISSIS), ai sensi della L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 2, il divieto, per la durata di cinque anni, di accesso a tutte le manifestazioni sportive riguardanti i giuoco del calcio che saranno disputate sul territorio nazionale, nonche’, per la medesima durata, il divieto di accesso negli impianti sportivi anche ubicati all’estero ove saranno disputati incontri di calcio cui partecipino compagini italiane o rappresentative della Nazione italiana, prescrivendogli, altresi’, di presentarsi, trenta minuti dopo l’inizio dell’incontro, per lo stesso periodo di tempo presso il Commissariato di PS di (OMISSIS), in occasione di tutte le partite di calcio ufficiali disputate dalla squadra della (OMISSIS).
Avverso il predetto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), assistito dal proprio difensore fiduciario, articolando un unico motivo di ricorso con il quale, in sintesi, ha lamentato, deducendo la violazione di legge, che, considerata la condotta addebitatagli, non sussistevano gli elementi per la adozione del provvedimento del Questore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ risultato infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Ritiene il Collegio, onde comprendere sia le ragioni della convalida che quelle del ricorso che, infine, i motivi per i quali lo stesso e’ stato rigettato, che sia necessaria una rapida incursione nel fatto, nei limiti in cui lo stesso e’ accessibile attraverso l’esame dell’ordinanza impugnata e del ricorso introduttivo del giudizio, che ha determinato l’adozione della misura di prevenzione a carico dell’odierno ricorrente.
E’, infatti, concordemente risultato che nelle prime ore della notte del 1 marzo 2018, nei pressi dello stadio Olimpico di Roma – ove era stata disputata nella tarda serata immediatamente precedente la partita di calcio fra le squadre della (OMISSIS) e della (OMISSIS) – agenti del Commissariato di Polizia (OMISSIS) avevano fermato ed identificato l’attuale ricorrente il quale, unitamente ad altra persona, aveva affisso sul muro esterno dell’edificio ove ha sede la Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione, ubicato anch’esso nei pressi del citato impianto sportivo, un manifesto avente le dimensioni di 10 metri di base per 1 di altezza recante la seguente scritta: “(OMISSIS) (OMISSIS) ACAB (OMISSIS)”.
Sulla base di questa evidenza il Questore di Roma ha emesso a carico del (OMISSIS) il provvedimento il cui contenuto e’ meglio precisato nella parte in fatto della presente sentenza che, successivamente, il Gip del Tribunale di Roma ha, a sua volta, convalidato, rilevando che, rientrando nel notorio la circostanza che l’acronimo ACAB vada sciolto nel senso che lo stesso sta ad esprimere la frase in lingua inglese All cops are bastard (la cui traduzione non necessita di essere esplicitata), la condotta ascritta al ricorrente, rientrando fra quelle che “incitano, inneggiano o inducono alla violenza”, era tale da legittimare l’adozione del provvedimento emesso dal Questore di Roma.
Nell’impugnare la predetta convalida il ricorrente ha, invece, sostenuto che il contenuto della frase presente sul manifesto affisso dal (OMISSIS), lungi dal costituire un incitamento o comunque lungi dall’essere potenziale fornite di atti di violenza, potrebbe al massimo rappresentare una forma di denigrazione nei confronti della Forze di polizia, non tale, pertanto (anche laddove se ne dovesse ritenere la rilevanza penale) – tenuto conto del fatto che la espressa formula legislativa si riferisce esclusivamente a chi abbia “incitato, inneggiato o indotto alla violenza” – a costituire fonte legittimante la emissione del provvedimento del tipo di quello adottato dal Questore di Roma ai danni del (OMISSIS), posto che esso e’, per quanto ora interessa, esclusivamente riferibile, si ribadisce, a condotte che “incitano, inneggiano o inducono alla violenza”.
Il ricorso e’ infondato.
Ribaditi gli elementi di fatto dianzi riportati, rileva, infatti, il Collegio che – indubbia essendo la appartenenza al generale patrimonio culturale di una certa parte della tifoseria delle squadre di calcio (ed, in verita’, non solo a tale fetta sociologicamente caratterizzata della popolazione), del significato, dianzi riportato, dell’acronimo “ACAB” – la predetta espressione era accompagnata dalla indicazione di una data – (OMISSIS), cioe’ (OMISSIS), giorno in cui i fatti si sono verificati – e di un nome – (OMISSIS) – la cui identificazione personale in soggetto che, tifoso della squadra di calcio della (OMISSIS), perse la vita, proprio il (OMISSIS), dopo alcuni giorni di agonia, a seguito delle lesioni da lui riportate in occasione di incidenti verificatisi l'(OMISSIS) precedente al termine di un incontro di calcio fra le squadre della (OMISSIS) e della (OMISSIS), e’ nell’ambiente dei sostenitori delle squadre di calcio di immediata percepibilita’, stante la particolare attenzione che nel mondo della tifoseria organizzata e’ stata, nel tempo, riservata alla figura del giovane in questione, cui e’ persino stata intitolata una curva dello stadio di (OMISSIS), cosi’ come e’ dato comunemente conosciuto, tanto piu’ nell’ambiente del tifo calcistico organizzato spesso caratterizzato da forme di solidarieta’ che attraversano le appartenenze territoriali, che in tale circostanza, per come e’ emerso in sede anche giurisdizionale, le lesioni mortali da lui subite furono conseguenza dell’operato di appartenenti alla Polizia di Stato intervenuti per sedare i disordini.
In tal senso ricostruiti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della decisione, osserva il Collegio che effettivamente, secondo l’orientamento di questa Corte che risulta allo stato prevalente, il presupposto per la legittima applicazione del provvedimento con il quale il Questore dispone il cosiddetto Daspo amministrativo in relazione a condotte tenute in occasione di manifestazioni sportive e, di conseguenza, per la convalida giurisdizionale di esso, per cio’ che attiene alla esposizione di scritte o striscioni, e’ riferito all’ipotesi in cui essi siano contenenti espressioni aventi una specifica valenza di istigazione alla violenza nelle forme dell’incitamento, inneggiamento ovvero alla induzione ad essa, non costituendo elementi a cio’ idonei le forme di induzione indiretta di essa attraverso il mero utilizzo di espressioni anche gravemente denigratorie, diffamatorie ovvero offensive o oltraggiose nei confronti anche delle forze dell’ordine (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 17 marzo 2014, n. 12352; idem Sezione 3 penale, 13 gennaio 2014, n. 972; idem Sezione I penale, 15 luglio 2003, n. 29581).
Tale orientamento non pare, tuttavia, pertinente al presente caso.
Infatti, deve, in primo luogo osservarsi che e’ circostanza non rilevante il dato di fatto secondo il quale l’episodio contestato al (OMISSIS) non si e’ verificato all’interno di un impianto sportivo ma nelle vicinanze di esso e in prossimita’ temporale con la disputa di una competizione sportiva.
Come, infatti, questa Corte ha, nel recente passato, chiarito e’ legittima l’imposizione da parte del Questore di un provvedimento di DASPO amministrativo, con relative prescrizioni, anche nel caso in cui gli atti di violenza siano stati realizzati non durante l’effettivo svolgimento della manifestazione sportiva, bensi’ in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti siano in rapporto di immediato ed univoco nesso eziologico con essa (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 16 gennaio 2017, n. 1767).
Nel caso di specie non solo la prossimita’ topografica con l’impianto sportivo e quella temporale con la disputa della ricordata competizione fra le compagini della (OMISSIS) e del (OMISSIS) ma in particolare il contenuto stesso di quanto vergato sul manifesto che il (OMISSIS) stava affiggendo allorche’ fu avvistato dagli agenti del Commissariato (OMISSIS) rendono indubbio il collegamento eziologico fra tale evenienza e la manifestazione sportiva da poco conclusasi.
Quanto alla ricorrenza degli altri elementi legittimanti la adozione della misura in questione, osserva la Corte come gia’ in altra occasione questo giudice ha avuto occasione di affermare che puo’ ritenersi tale da integrare il reato di cui al predetto Decreto Legge n. 8 del 2007, articolo 2 bis, e la tematica si ritiene sia sicuramente estensibile, per cio’ che attiene alla previsione del Daspo, anche alle ipotesi di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6, la esposizione di uno striscione che, pur non contenendo un esplicito incitamento alla violenza, sia tale, per il suo contenuto ed il contesto nel quale esso viene mostrato, da suscitare potenzialmente intense passioni verosimilmente idonee a far scaturire episodi di violenza (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 16 gennaio 2017, n. 1766).
Deve, infatti, al proposito considerarsi che, ai fini della adozione della misura di prevenzione non vi e’ affatto la necessita’ che dalla condotta dell’interessato sia effettivamente scaturito un atto di violenza essendo, invece, sufficiente che quella sia anche solo potenzialmente idonea a costituirne la possibile scaturigine.
Invero, quanto alla fattispecie, l’inequivocabile riferimento all’episodio nel corso del quale un tifoso ebbe a trovare la morte a causa dell’operato di un appartenente alla Polizia di Stato e la espressione offensiva nei confronti dei componenti delle forze dell’ordine costituiscono indubbiamente fattori tali da giustificare, tanto piu’ ove si consideri la non infrequente tendenza delle tifoserie a fornire risposte non meditate ma immediate ed irrazionali alle sollecitazione ad esse rivolte, una reazione di tipo violento ad essi.
Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorsi deve, pertanto, essere rigettato, essendo state rispettate le condizioni legittimanti la adozione del provvedimento impugnato ed il ricorrente deve, di conseguenza, essere condannato, visto l’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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