Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 novembre 2021| n. 31251.

Il danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale, quando la dimostrazione del suo preciso ammontare non sia possibile o sia notevolmente difficile, può essere quantificato in via equitativa purché l’attore assolva all’onere di fornire elementi di natura contabile o fiscale attestanti, indicativamente, la consistenza e la redditività, il fatturato e gli utili realizzati negli anni precedenti, l’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione.

Ordinanza|3 novembre 2021| n. 31251. Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

Data udienza 6 luglio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Risarcimento danni – Prove articolate in violazione dell’art. 244 cpc – Ctu esplorativa – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15560/2016 proposto da:
(OMISSIS) S.N.C., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), CONDOMINIO (OMISSIS), CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS) S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1372/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) s.n.c. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1372/2015, pubblicata il 9 dicembre 2015.
Gli intimati Condominio di (OMISSIS), Condominio di (OMISSIS), Condominio di (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a. non hanno svolto attivita’ difensive.
2. (OMISSIS) s.n.c., che gestiva un’attivita’ commerciale sita al pian terreno di (OMISSIS), cito’ nel maggio 2010 dinanzi al Tribunale di Sanremo il Condominio di (OMISSIS), il Condominio di (OMISSIS), il Condominio di (OMISSIS) e il Condominio di (OMISSIS), per ottenere il risarcimento dei danni causati nell'(OMISSIS) dalla fuoriuscita di liquami fognari da una condotta di scarico di loro pertinenza, situata sotto al pavimento dei locali aziendali. Secondo la societa’ attrice, la fuoriuscita dei liquami aveva causato danni alla merce che si trovava all’interno del negozio e la chiusura forzata del locale per cinque mesi, necessaria per la riparazione del guasto, aveva determinato una sospensione dell’attivita’ di vendita, poi definitivamente cessata. I condomi’ni convenuti contestarono l’individuazione dei locali coinvolti e l’entita’ del danno risarcibile e chiamarono in causa le societa’ assicuratrici. Il Tribunale di Sanremo con sentenza del 23 dicembre 2009 rigetto’ la domanda risarcitoria.
La Corte d’appello di Genova, pronunciandosi sul gravame promosso dalla s.n.c.

 

Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

(OMISSIS), ha ritenuto che il Tribunale di Sanremo avesse adeguatamente motivato la decisione di inammissibilita’ delle istanze istruttorie, in quanto le prove orali (interrogatorio e testimonianze) non erano state dedotte in conformita’ all’articolo 244 c.p.c., giacche’ chieste in citazione “sui fatti articolati in premessa del presente atto”, ovvero sui fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, e poi precisate nelle memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 6, senza far riferimento al volume di affari o alla redditivita’ dell’esercizio commerciale nei periodi anteriori alle infiltrazioni, non avendo del resto la pretesa di danni riguardato la merce o gli arredi danneggiati. La Corte d’appello ha altresi’ escluso la rilevanza della documentazione prodotta dall’attrice (contratto di locazione, fotografie dei luoghi, elenco delle fatture della merce acquistata dal febbraio al giugno 2005, consulenza di parte, lettera del servizio liquidazione sinistri della (OMISSIS)) ed ha negato l’ammissione della CTU, perche’ essa avrebbe avuto funzione esplorativa.
3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c..
4. Il primo motivo del ricorso della s.n.c. (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 244 c.p.c., per avere la Corte d’appello di Genova ritenuto inammissibili i capitoli di prova dedotti nei capitoli 3, 4, 8, 9 dell’atto di citazione (sulla chiusura dell’attivita’ commerciale da aprile a settembre del 2005, sulla esecuzione in tale periodo dei lavori di riparazione delle condotte di scarico, sulla perizia di parte commissionata al geometra (OMISSIS)) e sub 2 della seconda memoria istruttoria (quest’ultimo sulla offerta della somma di Euro 2.500,00 al signor (OMISSIS)).
4.1. Il primo motivo di ricorso si rivela inammissibile perche’ carente di riferibilita’ alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
La Corte di Genova ha confermato l’inammissibilita’ delle prove per interrogatorio e testimoniali perche’ chieste in citazione “sui fatti articolati in premessa” dell’atto introduttivo, e poi reiterate nelle memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 6, senza far riferimento al volume di affari o alla redditivita’ dell’esercizio commerciale.
La prima affermazione non e’ sindacabile per violazione di norme di diritto, giacche’ conforme all’orientamento giurisprudenziale secondo cui le prove per interrogatorio formale e per testi, per quanto richiesto negli articoli 230 e 244 c.p.c., devono essere dedotte per articoli separati e specifici. Ne consegue l’inammissibilita’ della richiesta di ammissione di interrogatorio o testimonianza sul contenuto espositivo dei fatti costituenti le ragioni della domanda, ex articolo 163 c.p.c., comma 3, n. 4, ove lo stesso non consenta, per la genericita’ ed indeterminatezza del testo, di individuare capitoli di prova che rispondano ai requisiti prescritti dalle norme processuali citate, neppure potendosi richiedere al giudice di estrapolare egli stesso detti capitoli di prova del piu’ ampio testo dell’atto difensivo introduttivo (cfr. Cass. Sez. 2, 07/06/2011, n. 12292). La seconda affermazione della Corte d’appello e’ espressione del potere del giudice di merito che, nell’esigere l’indicazione specifica dei fatti sui quali e’ dedotta la prova testimoniale, pur non imponendo alla parte l’onere di precisare in ogni dettaglio le circostanze articolate nei relativi capitoli, richiede che la specificazione ponga il giudice in grado di stabilire se la prova sia influente e pertinente (Cass. Sez. 1, 23/01/2019, n. 1874), pertinenza che nella specie la sentenza impugnata ricollegava, ai fini di una eventuale liquidazione equitativa del danno, nella dimostrazione di circostanze che potessero consentire la valutazione della consistenza e della redditivita’ dell’esercizio commerciale, o degli utili di bilancio realizzati negli anni precedenti.

 

Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

5. Il secondo motivo del ricorso della s.n.c. (OMISSIS) censura la violazione e falsa applicazione dell’articolo 210 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello non ha accolto ne’ motivato il rigetto dell’istanza di acquisizione della “perizia tecnica” redatta dallo (OMISSIS), per conto di (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a., che avrebbe costituito un “primo documento utile al fine di una corretta quantificazione del danno”.
5.1. Il secondo motivo di ricorso e’ infondato.
L’ordine di esibizione e’ subordinato alle molteplici condizioni di ammissibilita’ di cui agli articoli 118 e 210 c.p.c. e articolo 94 disp. att. c.p.c., costituendo strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e non sia percio’ volto a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della parte istante. Esso e’, dunque, espressione di una facolta’ discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il cui mancato esercizio non puo’, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione per violazione di norma di diritto (arg. da Cass. Sez. 2, 29/10/2010, n. 22196; Cass. Sez. L, 25/10/2013, n. 24188; Cass. Sez. L, 25/05/2004, n. 10043). Nella specie, e’ evidente la carenza di indispensabilita’ ai fini della prova dei fatti controversi della perizia tecnica redatta da un terzo su incarico di una compagnia assicuratrice per apprezzare l’entita’ delle conseguenze di un evento dannoso al quale e’ collegata la prestazione di un indennizzo.
6. Il terzo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione dell’articolo 191 c.p.c., avendo la Corte d’appello ritenuto insussistenti i presupposti di ammissibilita’ della C.Testo Unico ai fini della quantificazione dei danni patiti dall’attrice.
6.1. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, e’ tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti. Nella specie, la Corte d’appello ha spiegato come, in difetto di prove offerte sui danni patrimoniali subiti, non poteva sopperirsi a tali lacune istruttorie disponendo una CTU. La decisione e’ conforme all’orientamento secondo cui, in tema di risarcimento del danno, e’ possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione “percipiente”, sempre che essa verta, pero’, su elementi gia’ allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone (ex multis, Cass. Sez. 2, 22/01/2015, n. 1190).
7. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c., in quanto la Corte d’appello ha ritenuto che il danno lamentato avrebbe potuto essere provato nel suo preciso ammontare, cosi’ escludendone la liquidazione equitativa. La ricorrente sostiene che non avrebbe potuto fornire ulteriori dati fattuali per dimostrare l’entita’ del danno subito, sicche’ sussistevano tutti i presupposti per l’applicazione dell’articolo 1226 c.c..

 

Danno da perdita di guadagno di un’attività commerciale

7.1. Il quarto motivo e’ del tutto infondato.
Alla liquidazione del danno il giudice puo’ procedere anche in via equitativa, in forza del potere conferitogli dagli articoli 1226 e 2056 c.c., restando, peraltro, la cosiddetta equita’ giudiziale correttiva ed integrativa subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare e, a un tempo, non comprendendo tale potere giudiziale anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo la liquidazione equitativa gia’ assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entita’ materiale del danno subito. D’altro canto, l’esercizio concreto, in senso positivo o negativo, del potere discrezionale, conferito al giudice dall’articolo 1226 c.c., di liquidare il danno in via equitativa e l’accertamento dell’esistenza del presupposto costituito dall’impossibilita’ o rilevante difficolta’ della prova non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimita’, se la relativa decisione sia sorretta da motivazione immune da vizi logici e da errori di diritto.
Ora, i danni derivanti dalla perdita del guadagno di un’attivita’ commerciale per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilita’ di una precisa dimostrazione (cfr. Cass. Sez. 3, 24/04/1997, n. 3596; Cass. Sez. 1, 13/01/1987 n. 132). Cio’ non di meno, spetta all’attore l’onere di fornire elementi, di natura contabile o fiscale, con riguardo, indicativamente, alla consistenza ed alla redditivita’ dell’esercizio commerciale, al fatturato e agli utili realizzati negli anni precedenti, all’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione. Invero, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 c.c., non esime la parte interessata dall’onere di dimostrare non solo l'”an debeatur” del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi “in re ipsa”, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficolta’, possa ragionevolmente disporre (cfr. Cass. Sez. 3, 17/10/2016, n. 20889).
7. Il ricorso va percio’ rigettato, non dovendosi regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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