Il danno catastrofale

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza Ordinanza 20 giugno 2019, n. 16592.

La massima estrapolata:

Il danno catastrofale è comprensivo sia di un danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso) sia di una componente di sofferenza interiore psichica di massimo livello (danno catastrofale), correlata alla consapevolezza dell’approssimarsi della fine della vita, che deve essere misurata secondo criteri di proporzionalità e di equità che tengano conto della sua particolare rilevanza ed entità. Pertanto, mentre nel primo caso la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, nel secondo caso risulta integrato un danno non patrimoniale di natura del tutto peculiare che comporta la necessità di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo – denominato “puro” ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso – che sappia tener conto della enormità del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza. Ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma per la sua quantificazione secondo criteri di proporzionalità e di equità

Ordinanza 20 giugno 2019, n. 16592

Data udienza 11 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 10145-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 3845/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, dagositata il 17/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/12/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

RILEVATO

che:
1. Con ricorso notificato il 13 aprile 2017 (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per la cassazione della sentenza n. 3845/16 pronunciata dalla Corte d’appello di Milano, depositata il 17 ottobre 2016, nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. in relazione a un secondo giudizio di rinvio disposto da questa Corte, che con pronuncia n. 13198/2015 aveva annullato la precedente sentenza della Corte d’appello pronunciatasi sul danno alla persona di tipo “terminale o catastrofale”, subito dal figlio dei ricorrenti in prossimita’ del decesso, ritenuto dal giudice di legittimita’ essere stato liquidato in misura simbolica e irrisoria (Euro 1.000,00 complessivi per tre giorni di agonia a fronte di una richiesta complessiva di Euro 100.000,00 avanzata dai genitori della vittima poli-traumatizzata), perche’ in palese contrasto con i criteri di cui all’articolo 1226 c.c.. La Corte di legittimita’ aveva annullato la sentenza della Corte d’appello di Milano con rinvio sia per la parte relativa alla liquidazione del danno, a motivo della irrisorieta’ delle somme liquidate, sia per quanto riguarda la liquidazione delle spese del giudizio di rinvio.
2. La Corte d’appello adita quale giudice del rinvio ha quindi effettuato una nuova valutazione del danno morale e biologico temporaneo “catastrofale”, ritenendo i)congrua la somma di Euro 2500,00 pro die, per un totale di Euro 7.500,00; ii) inammissibile la domanda con cui i ricorrenti hanno chiesto la rifusione dell’ulteriore importo di Euro 4.117,83, pari al 50% delle spese del procedimento di appello, in quanto la statuizione del giudice del rinvio non aveva formato oggetto del ricorso per cassazione; iii) ha compensato quindi le spese del giudizio di rinvio tra le parti tenendo conto dell’esito della lite.
3. Il ricorso e’ affidato a tre motivi. La parte intimata non ha partecipato al giudizio di cassazione.

CONSIDERATO

che:
1. Con il primo motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 384, 112 e 115 c.p.c. e degli articoli 414, 421, 1223, 1226, 2056 e 2697 c.c..
1.1. Il motivo e’ fondato.
1.2. La pronuncia della Corte d’appello e’ stata resa a seguito di un precedente annullamento da parte di questa Corte della decisione che aveva liquidato il danno catastrofale nella misura di Euro 1.000,00, con indicazione che il giudizio non si era conformato alle modalita’ di “esercizio del potere equitativo del giudice di merito, sfociate in una liquidazione simbolica o irrisoria” e priva della “necessaria personalizzazione” del danno terminale, in cui “a una componente di danno da invalidita’ temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso) puo’ sommarsi una componente psichica (danno catastrofale), sicche’ mentre nel primo caso puo’ farsi riferimento alle tabelle di liquidazione del danno biologico relative alla invalidita’ temporanea, nel secondo caso la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessita’ di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo puro, che tenga conto della enormita’ del pregiudizio, giacche’ tale danno, sebbene temporaneo, e’ massimo nella sua entita’ e intensita’, tanto da esitare nella morte”.
1.3. Sul punto, la Corte di appello ha rilevato che, in considerazione dell’ontologica temporaneita’ del danno biologico terminale e del danno morale catastrofale, il danno dovesse “essere liquidato, in moneta attuale, in Euro 2.500,00 pro die” per i tre giorni di sopravvivenza della vittima, all’epoca diciassettenne, come ritenuto congruo dalla Corte di cassazione in un altro precedente (Cass. 23183/2014), sull’assunto che fosse del tutto irragionevole ipotizzare – in mancanza di documentazione sanitaria diversa dal referto di pronto soccorso che sarebbe stato onere degli attori produrre – che la vittima ” fosse rimasta lucida e consapevole della fine imminente per tutto il breve periodo della sua sopravvivenza”. Nella liquidazione cosi’ globalmente effettuata pertanto era inclusa sia la componente di danno biologico terminale, rapportato nella misura massima tabellare di Euro 144,00 pro die, per invalidita’ temporanea totale, sia il risarcimento del danno catastrofale propriamente inteso, per la restante gran parte della somma liquidata. La Corte di merito, dunque, pur senza adottare il solo criterio tabellare dell’invalidita’ temporanea assoluta, ha applicato un criterio equitativo che ha ritenuto essere “tutt’altro che irrisorio o simbolico rispetto ai valori tabellari riferiti alla mera invalidita’ temporanea totale, pari a 144,00/die o a quello indicato precedentemente in via forfettaria dalla sentenza cassata, pari a Euro 1000,00 in totale”.
1.4. La conclusione cui e’ pervenuto il Giudice del rinvio si dimostra, ancora una volta, non conforme ai principi affermati nel dictum dalla Corte di cassazione in sede rescindente, reso in conformita’ a molti precedenti in materia di liquidazione del danno temporaneo di tipo catastrofale (ex multis; Cass. sez 3, sentenza 26727/2018; Cass., sez. 3, sentenza n. 5684/2016; Cass. sez.3 sentenza n. 21060/2016; Cass. SU 15350/2015; Cass. SU 26772/3- 2008; Cass. n. 18163/2007; Cass. n. 1877/2006), ove si sottolinea che, ” se pure temporaneo, tale danno e’ massimo nella sua entita’ ed intensita’, tanto che la lesione alla salute e’ cosi’ elevata da non essere suscettibile di recupero ed esitare nella morte”, evidenziando la necessita’ di tener conto di “fattori di personalizzazione” di una simile o’ sofferenza, ed escludendo pertanto che la liquidazione possa essere effettuata “attraverso la meccanica applicazione di criteri contenuti in tabelle che, per quanto dettagliate, nella generalita’ dei casi sono predisposte per la liquidazione del danno biologico o delle invalidita’, temporanee o permanenti, di soggetti che sopravvivono all’evento dannoso”.
1.5. Ai suddetti principi deve darsi continuita’, con la precisazione che il danno catastrofale e’ comprensivo sia di un danno biologico da invalidita’ temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso) sia di una componente di sofferenza interiore psichica di massimo livello (danno catastrofale), correlata alla consapevolezza dell’approssimarsi della fine della vita, che deve essere misurata secondo criteri di proporzionalita’ e di equita’ che tengano conto della sua particolare rilevanza ed entita’. Pertanto, mentre nel primo caso la liquidazione puo’ ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidita’ temporanea, nel secondo caso risulta integrato un danno non patrimoniale di natura del tutto peculiare che comporta la necessita’ di una liquidazione che si affidi a un criterio equitativo – denominato “puro” ancorche’ sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso – che sappia tener conto della enormita’ del pregiudizio sofferto a livello psichico in quella determinata circostanza. Ai fini della sussistenza del danno catastrofale, la durata di tale consapevolezza non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilita’, ma per la sua quantificazione secondo criteri di proporzionalita’ e di equita’.
1.6. Nel caso concreto il ragionamento del Giudice del merito, in sede di rinvio, e’ stato influenzato dal fatto che ha ritenuto presumibile, in mancanza di idonea documentazione fornita dai ricorrenti, la insussistenza di una completa lucida consapevolezza dell’approssimarsi del fine vita da parte dell’adolescente, rimasto vittima di un incidente stradale e politraumatizzato, mentre un diverso giudizio era gia’ stato formulato dalla Corte di cassazione che, nel cassare la sentenza per violazione di legge, aveva ritenuto sussistere tale consapevolezza nell’arco dei tre giorni in cui egli era rimasto in vita, e aveva gia’ valutato come irrisoria la pregressa valutazione svolta dai Giudici di merito. Il ragionamento effettuato dalla Corte nel valutare come congruo l’importo di Euro 2.500,00 die e’ pertanto viziato all’origine, perche’ risiede su una valutazione di minore intensita’ del danno da sofferenza psichica catastrofale che era gia’ preclusa in virtu’ del dictum espresso dalla Corte di cassazione in sede rescindente.
1.7. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione degli articoli 132, 112 e 115 c.p.c. e dell’articolo 1173 c.c. ove il giudice del rinvio ha dichiarato inammissibile la domanda di restituzione dell’importo di Euro 4.117,83. Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello abbia “travisato” l’effettiva domanda di restituzione di quanto versato a titolo di spese legali del giudizio d’appello, domanda che non era collegata alle spese di lite, ma che fa espresso riferimento al pagamento indebito, come condanna alle spese d’appello della sentenza n. 2124/2002 posta a carico delle parti, poi annullata.
1.8. Il motivo e’ infondato per una ragione diversa da quella esposta dalla Corte di merito, che tuttavia non comporta la necessita’ di dovere mutare il pronunciamento reso dalla Corte di merito.
1.9. Il punto e’ che sia la statuizione sulle spese adottata nel primo giudizio di appello che ha condannato i soggetti qui ricorrenti al pagamento di Euro 8235,66, sia quella adottata dalla Corte d’appello nel primo giudizio di rinvio sono state annullate a seguito dell’accoglimento dei motivi di ricorso concernenti la mancata (primo giudizio di legittimita’) o insufficiente (secondo giudizio di legittimita’) liquidazione del danno catastrofale; cosi’ come deve intendersi annullata, a seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, la compensazione disposta dalla Corte d’appello nel secondo giudizio di rinvio, dopo la sentenza di annullamento resa nuovamente dalla Corte di cassazione.
1.10. D’altra parte e’ principio pacifico che allorche’ venga riformata in tutto o in parte la sentenza impugnata, e’ necessario procedere d’ufficio, in conseguenza della pronuncia di merito adottata, a un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiche’ la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale (cfr. Cass. n. 15506/2018; Cass. n. 9064/2018).
1.11. Cio’ significa, da un lato, che la pronuncia sulla restituzione delle spese pagate in esecuzione della prima sentenza d’appello – cassata in quanto connessa a quella sul governo delle spese processuali del secondo giudizio di appello – e’ stata anch’essa travolta dalla cassazione della relativa pronuncia; e, dall’altro, che sulla domanda di restituzione, totale o parziale, delle somme pagate dai ricorrenti per spese processuali in esecuzione della sentenza pronunciata a seguito del primo giudizio di appello, dovra’ provvedere la Corte d’appello nel giudizio di rinvio (il terzo) che andra’ celebrato a seguito della presente decisione.
1.12. Poiche’ a norma dell’articolo 384 c.p.c., u.c. “non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto” perche’ “in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione”, il motivo e’ da ritenersi infondato in ragione del rilievo che, nonostante l’apportata correzione della motivazione, e’ comunque corretta la scelta decisoria adottata dal giudice del merito.
2. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione ex articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli articoli 91, 277, 384, 112 e 115 c.p.c. e in relazione agli articoli 1226 e 20156 c.c. per avere provveduto a compensare le spese del giudizio di appello, tenendo conto del rifiuto della proposta transattiva formulata dalle compagnie assicuratrici.
2.1. Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento del ricorso, che imporra’ alla Corte di rinvio di provvedere di nuovo sulle spese, sulla base dell’esito finale del giudizio.
3. Conclusivamente il ricorso e’ accolto quanto al primo motivo, e rigettato, in relazione, quanto al secondo motivo, con assorbimento del terzo motivo; conseguentemente la Corte cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia il procedimento alla Corte d’appello di Milano affinche’, in diversa composizione, decida anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo; rigetta il secondo motivo per quanto di ragione, e, assorbito il terzo motivo, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, affinche’ decida anche sulle spese.

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