Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 2 maggio 2017, n. 10648

In tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civile
Sentenza 2 maggio 2017, n. 10648

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente di Sezione

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sezione

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7796/2012 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 84, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1434/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 19/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/09/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), questi per delega dell’avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1) Il decreto ingiuntivo n. 177/04, emesso dal tribunale di Brescia su istanza dell’avv. (OMISSIS), e’ stato opposto da (OMISSIS) in primo luogo per difetto di procura in capo al legale che lo aveva sottoscritto, diverso da quello che aveva firmato il mandato.

In secondo luogo per inadempimento contrattuale del creditore.

L’ingiunzione di circa 3.700 Euro e’ stata confermata dal tribunale.

Nel febbraio 2007 il debitore ingiunto ha proposto appello, che e’ stato accolto nel dicembre 2011 dalla Corte del distretto di Brescia.

La sentenza oggi impugnata ha rilevato che nel ricorso per ingiunzione il mandato risultava conferito a un professionista diverso da quello che aveva autenticato la sottoscrizione del mandante e che aveva svolto l’attivita’ defensionale, il cui espletamento non valeva a sanare il difetto di “rappresentanza processuale”.

Ha pertanto dichiarato la nullita’ della sentenza del tribunale, del giudizio di opposizione e del decreto ingiuntivo.

Il soccombente ha proposto ricorso affidato a due motivi e illustrato da memoria di cui all’articolo 378 c.p.c..

L’intimato (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Con ordinanza n. 1081 del 2016, la Prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’esame in Sezioni Unite di due questioni:

– la improcedibilita’ del ricorso relativo a sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia prodotto la relata di notifica, relata tuttavia prodotta dal controricorrente.

Su questo tema ha sollecitato rimeditazione dell’orientamento affermato nel 2009.

– La validita’ o meno della procura che indica il nome di un difensore nel mandato a margine di un atto, ma nella epigrafe contiene il nome di altro difensore, il quale ha autenticato il mandato e firmato l’atto.

In proposito ha segnalato un contrasto tra pronunce delle sezioni semplici.

In vista dell’udienza davanti alle Sezioni Unite, parte ricorrente ha depositato nuova memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) La sentenza della Corte di appello, depositata il 19 dicembre 2011, e’ stata impugnata con ricorso del 19 marzo 2012, il quale in premessa riferisce che la sentenza sarebbe stata “ex adverso notificata” in data 30 gennaio 2012.

Parte ricorrente ha prodotto copia autentica della sentenza impugnata, sprovvista di relazione di notifica.

La prova della notifica si evince dalla copia prodotta da parte resistente, che reca con se’ duplice “relazione di Notifica”, in data 30.1.12 all’avv. (OMISSIS), difensore dell’appellato (OMISSIS), e in data 25.1.2012 a quest’ultimo personalmente.

3) Secondo gli attuali orientamenti della giurisprudenza di legittimita’ il ricorso dovrebbe essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’articolo 369 c.p.c..

Nel 2009 le Sezioni Unite, a composizione di contrasto giurisprudenziale, hanno infatti stabilito che: “Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli e’ stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilita’ soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’articolo 372 c.p.c., applicabile estensivamente, purche’ entro il termine di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestivita’ dell’impugnazione”. (SU ord. n. 9005 del 16/04/2009).

La pronuncia ha ribadito quanto gia’ affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 11932 del 25/11/1998.

Pur se messo in discussione da alcune decisioni delle Sezioni semplici, (Cass. n. 11119/02; 18019/02; 2452 del 2007, 7027 del 2008), l’orientamento e’ stato in quegli anni seguito dalla maggior parte della giurisprudenza.

In particolare Cass. 19654/04 ha ritenuto che la sanzione della improcedibilita’ non puo’ essere esclusa da “equipollenti, come il deposito di una copia con la relata di notifica da parte del contro ricorrente o come la circostanza che nel fascicolo d’ufficio trasmesso dal giudice a quo risulti inserita una copia con detta relata.

Infatti, ammettere tali equipollenti contraddirebbe la previsione dell’onere di deposito a pena di improcedibilita’, quale adempimento che deve essere eseguito entro il termine per il deposito del ricorso, in funzione dell’ordinato svolgimento del giudizio di cassazione ed inoltre, nel primo caso, metterebbe la sorte del giudizio di cassazione nelle mani del contro ricorrente, dalla cui decisione di produzione della suddetta copia con la relata dipenderebbe la procedibilita’.

Ne’, in riferimento ai suddetti equipollenti, potrebbe giustificarsi l’esclusione della sanzione di improcedibilita’ sulla base del principio del raggiungimento dello scopo della previsione dell’indicata produzione, cioe’ considerandosi che diviene possibile la valutazione della tempestivita’ dell’impugnazione. A tale applicazione di uno dei principi regolatori della disciplina generale delle nullita’ formali osta, infatti, la circostanza che l’adempimento dell’onere del deposito della copia con la relata di notifica e’ assoggettato, come si e’ detto, al termine di deposito del ricorso e, pertanto, lo scopo della previsione di tale onere (da identificarsi nella messa a disposizione della Corte di Cassazione della copia della sentenza con la relata entro quel termine) non potrebbe apparire raggiunto per effetto del deposito avvenuto con il controricorso dell’intimato della copia con detta relata o della sua presenza nel fascicolo d’ufficio, collocandosi detti eventi dopo la scadenza di quel termine”.

Queste considerazioni hanno resistito ai rilievi svolti dalla dottrina e da tre ordinanze interlocutorie (la n. 7950 del 27 marzo 2008 e la n. 9302 del 9 aprile 2008 relative a ricorsi ordinari, la terza – n. 4229 del 19 febbraio 2008 – riferita al ricorso contenente l’istanza di regolamento di competenza ex articolo 47 c.p.c.).

2.1) Le ordinanze 9004 e 9005 del 2009 hanno puntualmente esaminato gli argomenti addotti per criticare il rigore della sanzione di improcedibilita’.

Hanno negato che essa non sia confacente all’ipotesi di mancato deposito della relata di notifica della sentenza, dimostrando che essa e’ “la sanzione per la mancata osservanza di una regola imposta ai fini della prova delle condizioni di ammissibilita’. Prova che il legislatore vuole che sia sin dall’inizio fornita dal ricorrente, in maniera da porre subito la Corte nella possibilita’ di delibare, anche mediante l’apposito procedimento camerale predisposto, l’ammissibilita’ del ricorso”.

Si devono considerare noti gli snodi fondamentali del pensiero delle Sezioni Unite, che nel suo insieme il Collegio ritiene di dover confermare, poiche’ perdurano le ragioni di specialita’ del giudizio di cassazione, nonche’ di congruita’ del meccanismo processuale prescelto dal legislatore, che sono poste alla base della disposizione applicata.

Il tenore letterale dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, che prescrive a pena di improcedibilita’ il deposito unitamente al ricorso della “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa e’ avvenuta” non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione.

Si tratta di attivita’ elementare, che risale ad esigenza obbiettiva della gestione del processo di cassazione, che non pone soverchi oneri alle parti, che e’ stata mantenuta dal legislatore e la cui razionalita’ e’ stata verificata dalla giurisprudenza di legittimita’ anche nell’ottica dei principi costituzionali.

Un’interpretazione sostanzialmente abrogante e’ possibile dunque, nonostante l’indubbio senso pratico delle osservazioni dei commentatori, solo con un intervento normativo, sin qui omesso nonostante la frequenza dei provvedimenti legislativi in tema di giudizio di cassazione.

3) La nuova ordinanza di rimessione concentra l’attenzione su una delle due ipotesi di atti equipollenti – deposito da parte del controricorrente di una copia della sentenza con la relata di notifica – che erano state gia’ all’attenzione di Cass. 19654/04 e delle ordinanze del 2009.

Attraverso un esame degli spiragli offerti dallo stesso orientamento restrittivo e dei profili di coordinamento con la Convenzione Edu, la Prima sezione sollecita un parziale mutamento giurisprudenziale.

I rilievi, inquadrati in un disegno coerenziatore con piu’ recenti acquisizioni giurisprudenziali delle Sezioni Unite, colgono nel segno.

L’articolo 6 § 1 della Convenzione tutela il “diritto a un tribunale”, di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare. Secondo la giurisprudenza della Corte EDU,ff tale diritto non e’ assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, perche’ per sua stessa natura richiede una regolamentazione da parte dello Stato, il quale a tale proposito gode di un consistente margine di apprezzamento (cfr CEDU, 18-02-1999, Waite c. Gov. Germania federale) soprattutto per quanto riguarda le condizioni di ricevibilita’ di un ricorso.

La Corte di Strasburgo ha sempre ritenuto che queste restrizioni non possono limitare l’accesso della parte in causa in maniera o a un punto tali che il suo diritto a un tribunale venga leso nella sua stessa sostanza.

Ogni limitazione si concilia con l’articolo 6 § 1 soltanto se tende ad uno scopo legittimo e se esiste un ragionevole rapporto di proporzionalita’ tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito (cfr Corte eur. DU 16. 6. 2015 ric. Mazzoni N. 20485/06).

La verifica che i giudici nazionali devono condurre e’ quindi relativa all’esistenza o meno di una restrizione sproporzionata al diritto di accesso della parte a un tribunale (cfr. da ultimo la sentenza 15.9.2016 sul ricorso n. 32610/07 in causa Trevisanato, relativa al quesito di diritto regolato dall’articolo 366 bis c.p.c.).

.1) Tanto l’ordinanza di rimessione che la recente Cass. SU 25513/2016 hanno censito altre pronunce della Corte EDU, esprimendo la piena consapevolezza della necessaria continua ricerca di un punto di equilibrio, che, con riguardo ai limiti alle impugnazioni, consenta di bilanciare la esigenza funzionale di porre regole di accesso alle impugnazioni con quella a un equo processo, da celebrare in tempi ragionevoli, come prescritto, con non minore forza, dall’articolo 47 della Carta di Nizza.

Non mancano, come si diceva, esempi – successivi alle citate ordinanze del 2009 – di applicazione di principi di temperamento razionale che hanno rivisitato la disciplina del giudizio di cassazione alla luce dell’articolo 111 Cost., e delle normative sovrannazionali.

Le Sezioni semplici e le Sezioni Unite hanno piu’ volte superato rigori formalistici ed esigenze che la dottrina ha criticamente definito di “cronofilachia”, proprio con riguardo agli oneri di produzione documentale che distinguono il giudizio di legittimita’.

Cass. 22726/11 ha stabilito che l’onere del ricorrente, di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, cosi’ come modificato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 7, di produrre, a pena di improcedibilita’ del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” e’ soddisfatto, sulla base del principio di strumentalita’ delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

SU 23329/09 ha escluso l’improcedibilita’ del ricorso per cassazione a norma dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in caso di mancato deposito del contratto collettivo di diritto pubblico, in considerazione del peculiare regime di pubblicita’, che soddisfa l’esigenza di certezza e di conoscenza da parte del giudice, gia’ assolta in maniera autonoma, mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Cass. 2422/12 e Cass. 24856/06 hanno escluso che l’onere – sanzionato con l’improcedibilita’ – di richiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio relativo al procedimento conclusosi con la sentenza impugnata, posto a carico del ricorrente dall’articolo 369 c.p.c., possa applicarsi all’ipotesi in cui sia proposto ricorso per revocazione avverso una sentenza della stessa Corte di Cassazione, in quanto, in tal caso il fascicolo si trova gia’ presso il giudice “ad quem”.

Da ultimo Sez. Un. 25513/16 a proposito del ricorso per cassazione proponibile, ex articolo 348 ter c.p.c., comma 3, avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilita’ dell’appello resa ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., ha limitato la possibilita’ di pronunciare l’improcedibilita’ di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, in relazione al mancato deposito della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione.

Ha ritenuto che se il ricorrente ha assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice “a quo”, la Corte puo’ rilevare dagli atti trasmessile, che di regola contengono l’attestazione della comunicazione, la tempestivita’ dell’impugnazione.

E’ superfluo ripetere in questa occasione le argomentazioni svolte dai precedenti citati, ai quali occorre dare continuita’.

4) Mette conto riflettere sulla possibilita’ di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilita’ del ricorso per cassazione, costituita dalla produzione della relata di notifica della sentenza impugnata, anche quando il documento risulti depositato dal controricorrente o sia ritualmente presente (cfr. per un caso simile Cass. 9801/96) nel fascicolo d’ufficio trasmesso dal giudice a quo.

A far propendere il Collegio verso l’orientamento piu’ liberale, sollecitato dall’ordinanza di rimessione, e’ l’intrecciarsi di piu’ aspetti, portatori di altrettanti valori interni al sistema: l’ordinato svolgersi del giudizio di legittimita’, con la possibilita’ di avviare sollecitamente le verifiche di rito; il controllo sulla tempestivita’ dell’impugnazione e sul conseguente formarsi del giudicato; il diritto della parte resistente di far constare i vizi del ricorso; la necessaria proporzionalita’ tra la sanzione irrimediabile dell’improcedibilita’ (articolo 387 c.p.c.) e la violazione processuale commessa; la strumentalita’ che le forme processuali hanno in funzione della attuazione della giurisdizione mediante decisioni di merito; la giustizia della decisione (SU 10531/13; 26242/14; 12310/15) quale scopo dell’equo processo.

Il Collegio reputa che non sia possibile applicare la sanzione dell’improcedibilita’ allorquando il documento mancante sia nella disponibilita’ del giudice per opera della controparte o perche’ la documentazione sia stata acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio.

In tal caso le ragioni della tempestiva conoscenza, che avevano sorretto la lettura rigorista, cedono alla verifica di ragionevolezza delle regole del procedimento e di proporzionalita’ della sanzione, che e’ costituita dal divieto di accesso al giudice.

4.1) Tale massima sanzione puo’ corrispondere a una violazione della tempistica processuale che sia ex actis irrimediabile.

La mancata produzione, nei termini, della sentenza impugnata o la mancata prova (mediante la relata di notifica) della tempestivita’ del ricorso per cassazione costituiscono negligenze difensive che, per quanto frequenti, in linea di principio non sono giustificabili.

Si tratta di adempimenti agevoli, normativamente prescritti da sempre, di intuitiva utilita’ per attivare il compito del giudice in modo non “trasandato” e conseguente con il fine di pervenire sollecitamente alla formazione del giudicato.

Consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’articolo 372 c.p.c., vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale.

L’improcedibilita’ infatti, a differenza di quanto previsto in altre “situazioni procedurali” trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo. E’ stato insegnato anche che essa e’ compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi altrimenti in una non ragionevole compressione del diritto di difesa (cfr., per una applicazione di quest’ultimo principio SU n. 1238/05).

La selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va percio’ compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stai rispettati, salvo che i termini stessi (e gli adempimenti prescritti) risultino insignificanti.

Questa sarebbe la percezione della sanzione se fosse mantenuta anche quando l’adempimento omesso da una parte risulti subito espletato dall’altra, nell’ambito della medesima fase iniziale dell’impugnazione.

Lo scopo di attivare la sequenza procedimentale non potrebbe dirsi impedito, ne’ apprezzabilmente ritardato (l’esame del fascicolo non puo’ aver luogo se non si e’ atteso il tempo utile per il deposito del controricorso). Il documento proverrebbe dalla stessa parte interessata a far constare la violazione processuale.

La sanzione massima sarebbe incongrua, irragionevole e sproporzionata secondo i parametri normativi di cui si e’ discusso sopra.

Non diversamente dovrebbe dirsi per le ipotesi – qui il richiamo ai due precedenti piu’ ravvicinati (Cass. 25513/16 e 22726/11) e’ d’obbligo – in cui il documento sia gia’ in possesso dell’ufficio perche’ presente nel fascicolo trasmesso dal giudice di appello. Se si considera che tale trasmissione deve essere chiesta dalla parte ricorrente sempre ex articolo 369 c.p.c., e’ facile desumere che quest’ultima deve beneficiare della eventualita’ che il documento non autonomamente prodotto sia comunque in possesso del giudice grazie anche alla sua iniziativa.

Ancora una volta non avrebbe senso, alla luce delle normative della Carte Europee, rifiutare l’accesso al giudice dell’impugnazione perche’ l’atto da valutare e’ presente nel fascicolo dell’Ufficio – grazie a un’istanza della parte ma non puo’ essere esaminato per il ritardo nel produrne la copia.

Si tratterebbe di un inutile formalismo, contrastante con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalita’ di rendere giustizia.

Il ricorso va pertanto ritenuto procedibile.

5) Nel merito e’ senz’altro da accogliere.

Parte ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 83, 125, 156 e 638 c.p.c., e si duole dell’accoglimento dell’appello per difetto di mandato in capo al difensore dell’ingiungente.

Espone diffusamente le ragioni per le quali la procura rilasciata a margine dell’ingiunzione fosse idonea allo scopo e affetta soltanto da un errore materiale.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 86, e delle altre norme sopracitate.

Specifica come a fronte dell’affermazione della Corte di appello secondo cui il ricorrente, avvocato, non avrebbe chiarito a che titolo aveva partecipato al processo, risulti in atti che con l’espresso deposito della revoca del mandato al primo difensore avv. (OMISSIS), l’ingiungente aveva dichiarato di assumere la propria difesa personale, come consentitogli dall’ordinamento forense, senza necessita’ di rilasciare procura a se’ medesimo.

5.1) L’ordinanza della Prima Sezione ha ipotizzato a questo proposito l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale.

Ha osservato che: “A fronte del conferimento della procura ad un difensore, ma con autenticazione della firma della parte ad opera di altro difensore, il quale sia anche indicato nell’epigrafe dell’atto e che lo abbia sottoscritto, si rinviene una pronuncia che fa salva la procura stessa (Cass. 4 agosto 2005, n. 16372), argomentando sulla base del principio secondo cui il rilascio della procura non richiede formule solenni ed espresse in termini tassativi, essendo sufficiente che sia deducibile la volonta’ di conferire al difensore i relativi poteri e facolta’, e potendosi qualificare il conferimento della procura a diverso difensore nominatim in essa indicato alla stregua di un mero errore materiale”.

Ha aggiunto che tuttavia consta che: “altre decisioni (Cass. 20 gennaio 2011, n. 1235; 1 dicembre 1988, n. 6509) abbiano, all’opposto, ritenuto che il ricorso per cassazione, sottoscritto da un avvocato diverso da quello cui, nella procura a margine del ricorso stesso, era stato conferito il mandato a proporlo in quanto in essa nominalmente identificato, sia inammissibile, per la mancanza della necessaria procura in favore del sottoscrittore, non potendo il conferimento di essa desumersi dalla circostanza che il legale, che ha sottoscritto il ricorso, abbia autenticato la firma della parte in calce alla procura espressamente conferita ad altro professionista”.

La complessa doglianza e’ fondata, atteso che sussiste un errore materiale, da cui era affetta la procura, che rende del tutto evidente, come ravvisato dal giudice del tribunale, quale fosse la volonta’ del cliente.

Trattandosi di censure di natura processuale, la Corte ha accesso agli atti di causa (Cass. 16264/04; 13514/07) e puo’ rilevare che il ricorso per ingiunzione enunciava nell’epigrafe che l’ingiungente era “rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS)”; il timbro dell’avv. (OMISSIS) era l’unico apposto sul frontespizio e indicava la sede dello studio professionale in via (OMISSIS); la procura speciale a margine risultava sottoscritta per autentica della firma del mandante dall’avv. (OMISSIS), come dattiloscritto sopra la sottoscrizione del professionista; il ricorso era chiuso a pag. 3 da nuova sottoscrizione dello stesso avvocato.

Unica anomalia e’ costituita dalla circostanza che nel corpo della procura speciale si legge che la delega veniva conferita all’avvocato (OMISSIS), con elezione di domicilio presso il suo studio, sito in (OMISSIS).

Il tribunale ha aggiunto che nel corso della conduzione della causa nulla aveva fatto dubitare circa il conferimento dell’incarico all’avv. (OMISSIS) da parte del mandante avv. (OMISSIS), giacche’ questi aveva svolto anche personalmente la propria difesa e aveva permesso che l’avv. (OMISSIS) “sottoscrivesse anche le memorie istruttorie”.

Parte ricorrente ha fatto rilevare come anche altri atti lungo tutto il corso della causa, dall’iscrizione a ruolo alla nota spese, erano stati sottoscritti dallo stesso difensore sopraindicato.

Ha evidenziato in memoria dell’ottobre 2015 che l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo era stato notificato dall’opponente (OMISSIS) ai due avvocati, allora suoi colleghi di studio, cioe’ sia all’avv. (OMISSIS) che all’avv. (OMISSIS), presso lo studio di via (OMISSIS), a mani della stessa impiegata incaricata, (OMISSIS), circostanza che risulta in atti dall’esame dell’opposizione predetta.

5.2) Le Sezioni Unite ritengono, alla luce di queste circostanze di fatto, che si sia in presenza di mero errore materiale nell’indicazione del nome del professionista incaricato, errore che tuttavia non ha in alcun modo inficiato lo scopo per il quale le forme stabilite dall’articolo 83 c.p.c., sono prescritte e, cioe’, il controllo della certezza, provenienza e tempestivita’ della procura (Cass. 24743/07).

Risulta cosi’ ulteriormente assecondato quell’orientamento antiformalistico che ha portato le Sezioni Unite (cfr nel testo SU n. 21624/06) a ribadire che “il principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 189 del 13 giugno 2000, secondo cui le ipotesi d’inammissibilita’ dei rimedi giurisdizionali debbano essere limitate ai casi indispensabili, – svolge un vero e proprio effetto d’irraggiamento dell’intero sistema, comportando una rigorosa interpretazione conforme a Costituzione, se necessario adeguatrice, della disciplina normativa degli atti processuali e, in particolare, dei requisiti degli atti con cui si introduce il giudizio”.

Ed ancor prima a manifestare (SU n. 450 del 19.6. 2000) la tendenza a consolidare ogni acquisizione documentale laddove l’accettazione del contraddittorio e la piena difesa della controparte (come avvenuto nella odierna fattispecie, notificando la citazione in opposizione al vero difensore sottoscrittore del ricorso per ingiunzione) escludano ogni pregiudizio per quest’ultima.

In tema di errori materiali afferenti la procura questa linea di pensiero si puo’ rinvenire, coerentemente ribadita, in SU n. 21670/13 (sulla idoneita’ della procura rilasciata dai genitori di figlio divenuto maggiorenne a configurare il ricorso proposto anche in proprio, pur in difetto di tale specificazione); in Cass. 14793/08 (sulla validita’ della procura a margine di controricorso che faccia riferimento ad un procedimento dinanzi alla Corte di appello anziche’ alla Cassazione); in Cass.11144/03, riferita a caso in cui era indicata una determinata persona quale rappresentante legale della societa’ cui l’atto era riferibile e la procura alle liti rilasciata a margine allo stesso risultava invece sottoscritta da un soggetto diverso, del quale era pero’ possibile accertare che rivestiva la qualita’ di legale rappresentante della societa’.

Non viene quindi in risalto il ventilato contrasto.

L’accoglimento del ricorso impone la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia per l’esame dei residui motivi di appello.

Il giudice di rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Brescia, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’

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