Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 1 febbraio 2017, n. 2612

La Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione alla Cassa, sia periodicamente e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale che l’esercizio della professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui all’articolo 3 del Dpr n. 1067/1953, ora articolo 4 del Dlgs n. 139/2005, ancorchè tale incompatibilità non sia stata accertata dal Consiglio dell’Ordine competente

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civili

sentenza 1 febbraio 2017, n. 2612

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di Sez.

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di Sez.

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez.

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sez.

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere

Dott. MANNA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26157/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), per delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n. 22/2014 della CORTE D’APPELLO di Trento – SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO, depositata il 10/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/12/16 dal Cons. Dott. ENRICA D’ANTONIO;

uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per delega orale dell’avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano -, con sentenza del 10/5/2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Bolzano, ha rigettato la domanda di (OMISSIS), dottore commercialista iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei dottori commercialisti, con cui chiedeva l’annullamento del provvedimento adottato dalla Giunta esecutiva della Cassa, di archiviazione della sua domanda di pensione quale conseguenza dell’annullamento delle annualita’ di iscrizione dal 1986 al 2001 e del 2008 a causa dell’esercizio da parte del ricorrente della professione di commercialista in situazione di incompatibilita’. Secondo il (OMISSIS) il provvedimento era stato adottato in carenza di potere della Cassa poiche’ dalle norme di legge era attribuito alla Cassa il potere di accertare la continuita’ dell’esercizio della professione di commercialista e non anche il potere di sindacare la legittimita’ di tale esercizio.

La Corte territoriale ha affermato che intendeva aderire al recente indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza del 13/11/2013 n. 25526 secondo cui ai sensi del combinato disposto della L. n. 21 del 1986, articoli 20 e 22 il potere di indagine riconosciuto alla Cassa aveva ad oggetto non solo il fatto storico dell’esercizio della professione ma anche implicitamente e necessariamente la sua legittimita’ esponendosi in caso contrario a dubbi di costituzionalita’. Richiamati pertanto i passaggi salienti della decisione citata la Corte territoriale ha riconosciuto in capo alla Cassa un’autonoma potesta’ di verifica del legittimo esercizio della professione ivi compresa l’inesistenza di cause di incompatibilita’. Ha quindi rilevato che nella specie risultava incontestato e comunque comprovato dalle risultanze della verifica Decreto Legislativo n. 139 del 2005, ex articolo 4 compiuta dall’Ordine dei dottori commercialisti di Bolzano come da nota del 14/9/2009 lo svolgimento della professione da parte del (OMISSIS), in alcuni periodi, in condizioni di incompatibilita’.

Avverso la sentenza ricorre il (OMISSIS) con un unico articolato motivo. La Cassa si e’ costituita con controricorso.

L’Inps ha depositato procura speciale.

Con ordinanza interlocutoria n. 9489 del 2/3/2016 il Collegio, rilevando la sussistenza di due contrastanti indirizzi interpretativi e ravvisando una questione di massima di particolare importanza circa la sussistenza o meno di un potere della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei dottori commercialisti (CNPADC) di annullare periodi contributivi durante i quali, a seguito di verifiche della Cassa stessa, la professione di dottore commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilita’, potere che secondo il ricorrente e’ ravvisabile solo a favore del Consiglio dell’Ordine, ha chiesto che su detta questione si pronuncino le SSUU. Parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che non si prospettano i profili di inammissibilita’ denunciati essendo delineati nel ricorso con chiarezza e proprieta’ sia il contenuto delle censure,sia l’esposizione in fatto e che l’accertamento eseguito dall’Ordine dei Commercialisti, di cui si da’ atto anche nella pronuncia della Corte d’appello, circa la sussistenza di periodi in cui l’attivita’ professionale e’ stata svolta in condizioni di incompatibilita’, e’ stata valutata dal giudice di merito che ha ritenuto accertata tale incompatibilita’ sulla base del provvedimento dell’Ordine, incompatibilita’ che non forma oggetto delle censure del ricorrente nel presente giudizio.

1. Con un unico articolato motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 21 del 1986, articoli 1, 3, 17, 18, 20 e 22; del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articoli 2, 3, 29 e 34, dell’articolo 4 preleggi anche in combinato disposto con la L. n. 319 del 1975, articolo 2, comma 3, e della L. n. 773 del 1982, articolo 23.

Censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che la Cassa aveva il potere di annullare i periodi contributivi durante i quali la professione era stata svolta in condizioni di incompatibilita’ ed afferma che l’accertamento della legittimita’ dell’iscrizione all’albo professionale spettava esclusivamente al Consiglio dell’Ordine.

Richiama il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articolo 34 nonche’ la L. n. 21 del 1986, articolo 22 dai quali secondo il ricorrente risultava evidente che l’accertamento della legittimita’ dell’iscrizione all’albo professionale, condizione per l’esercizio della libera professione di commercialista, spettava esclusivamente al Consiglio dell’Ordine competente, mentre alla Cassa competeva il potere di accertamento del requisito dell’esercizio della professione con carattere di continuita’. Secondo il ricorrente il legislatore aveva operato una rigida determinazione e delimitazione delle competenze rispettive dei due organi e che soltanto a fronte di un provvedimento di cancellazione la Cassa avrebbe potuto invalidare i corrispondenti periodi di iscrizione. Censura quanto sostenuto dalla Corte territoriale che, recependo le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione n. 25526/2013, aveva affermato che il potere della Cassa di accertare d’ufficio il requisito del legittimo esercizio della professione sarebbe stato implicitamente attribuito alla Cassa e che tale potere si distinguerebbe dall’espressa potesta’ attribuita al Consiglio dell’Ordine di accertare gli eventuali casi di incompatibilita’ ai fini dell’eventuale cancellazione dell’iscrizione dall’albo.

Il ricorrente deduce inoltre l’ininfluenza della disposizione del Regolamento della Cassa in base al quale non si consideravano utili alla maturazione dell’anzianita’ di iscrizione periodi durante i quali l’attivita’ professionale era stata svolta in condizioni di incompatibilita’, atteso che tale regolamento era un mero atto interno privo di efficacia normativa che mai avrebbe potuto derogare alla legge.

Quanto alla circostanza che per i dottori commercialisti mancava una disposizione analoga a quella vigente per la Cassa Avvocati e per la Cassa Geometri osserva che allorche’ la Corte di Cassazione era stata chiamata ad interpretare tale normativa ne aveva tratto la conferma dell’esistenza di una norma generale esclusiva e non certo inclusiva. Censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non necessario prevedere a tutela del professionista garanzie analoghe a quelle previste per la cancellazione dall’albo.

2. Il motivo e’ infondato.

Deve richiamarsi, in primo luogo, quanto esposto nell’ordinanza interlocutoria della Sezione lavoro che ha evidenziato l’esistenza nella giurisprudenza di questa Corte di due diversi orientamenti sulla questione “della sussistenza o meno di un potere” della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei dottori commercialisti (CNPADC) “di annullare periodi contributivi durante i quali la professione di dottore commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilita’”, ove detta situazione non abbia condotto alla cancellazione dall’albo del professionista.

Alcune pronunce, infatti, negano l’esistenza di un siffatto potere in capo alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei dottori commercialisti (ad es. Cass. n. 3493 del 1996 e da ultimo Cass. n. 13853/2009), mentre altre sentenze lo riconoscono o comunque lo affermano in funzione dell’erogazione dei trattamenti previdenziali ed assistenziali (ad es. Cass. n. 5344 del 2003 e da ultimo Cass. n. 25556/2013 e n 24140/2014).

Secondo il primo orientamento “la Cassa di previdenza ed assistenza dei dottori commercialisti ha solo il potere… di accertare la sussistenza o meno dell’esercizio della libera professione, ma non quello di verificare la legittimita’ dell’iscrizione all’albo professionale per una causa di incompatibilita’ ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1953, n. 1067 (ordinamento della professione di dottore commercialista), in quanto tale potere spetta unicamente al Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti”.

Tale posizione era assolutamente maggioritaria (Sez. L, Sentenza n. 3493 del 13/04/1996, Sez. L, Sentenza n. 7389 del 04/07/1991, Sez. L, Sentenza n. 4572 del 12/07/1988, Sez. L, Sentenza n. 4441 del 06/07/1988, Sez. L, Sentenza n. 3296 del 04/04/1987)fino alla fine degli anni ÃÆ’Æ‘ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ’¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ’‹ÃâEuro¦”90 ed era confortata dall’assunto che, in questa materia, la competenza ad incidere sul possesso di status – l’iscrizione all’albo – deve risultare espressamente da una norma che la attribuisca, con la conseguenza che non puo’ essere esercitata se non dagli organi a cui e’ espressamente riconosciuta senza possibilita’ che altri possano rivendicarne la potesta’ con interpretazioni estensive od applicazioni analogiche.

Sotto altro profilo, poi, si rilevava che la certezza legale dell’iscrizione e’ suscettibile di essere messa in discussione solo in via principale, ossia nelle controversie in cui e’ accertata, in via principale, la legittimita’ delle determinazioni adottate dagli organi competenti, tant’e’ che si concludeva – anche “l’autorita’ giudiziaria non ha il potere-dovere di accertare in via incidentale”, ossia fuori dal giudizio promosso in via principale, i vizi che riguardano il provvedimento di iscrizione.

Recentemente questa posizione e’ stata ribadita con la decisione n. 13853 del 15/6/2009 la quale,sulla premessa che i provvedimenti di cancellazione dall’albo dei dottori commercialisti, in caso di situazioni di incompatibilita’, competono, per legge, solo al Consiglio dell’Ordine, ha ulteriormente rilevato che, a tal fine, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1957, articolo 34 regola in termini articolati la procedura per l’accertamento e la declaratoria di incompatibilita’ e prevede specifiche garanzie procedimentali a favore dell’interessato, tra cui l’audizione dello stesso e la possibilita’ di proporre ricorso contro la decisione assunta (produttivo, in quanto tale di efficacia sospensiva). Consentire alla Cassa l’esercizio di siffatta potesta’ valutativa comporterebbe, dunque, una lesione sia delle competenze istituzionali del Consiglio dell’Ordine, sia delle garanzie poste a favore dell’interessato.

La competenza della Cassa di previdenza, per contro, e’ univocamente definita dalla L. n. 21 del 1986, articolo 22 ed ha un ambito diverso perche’ attiene “alla sussistenza dell’esercizio di fatto della attivita’ professionale con carattere di continuita’”, verifica, tuttavia, che non puo’ estendersi fino al controllo della legittimita’ dell’esercizio medesimo perche’ comporterebbe proprio la verifica del diritto all’iscrizione all’albo.

Manca del resto – osserva ancora la Corte – una norma analoga a quella prevista per altre professioni (in specie, per la Cassa Avvocati e Procuratori la L. n. 319 del 1975, articolo 2, comma 3 e, per la Cassa Geometri, la L. n. 773 del 1982, articolo 22, comma 4) che consenta all’ente previdenziale di dichiarare, anche prima dell’accertamento da parte del competente Ordine, l’inefficacia dei periodi in cui la professione e’ stata svolta in condizioni di incompatibilita’.

Secondo un diverso orientamento (Sez. L, Sentenza n. 618 del 25/01/1988, Sez. L, Sentenza n. 5344 del 04/04/2003), invece, i poteri di verifica e accertamento della Cassa di previdenza non conoscono limiti poiche’, da un lato, l’ente previdenziale ha “ai sensi della L. n. 100 del 1963, articolo 11, lettera B), il potere di accertare la sussistenza o meno dell’esercizio della libera professione” e, dall’altro, ha anche il potere ” L. n. 21 del 1986, ex articoli 20 e 22, comma 3, di verificare il legittimo esercizio della medesima, quindi l’inesistenza di situazioni di incompatibilita’”. Nella sentenza n. 5344 del 2003 viene escluso che, con riguardo al profilo in esame, si ponga una questione di verifica (anche solo incidentale) di legittimita’ dell’iscrizione all’albo, discendendo la potesta’ della Cassa di previdenza direttamente dalla sua titolarita’ del potere di verifica dell’esercizio della libera professione, che costituisce, per gli iscritti all’albo, requisito fondamentale, ma non esclusivo per l’iscrizione alla Cassa medesima.

Nelle piu’ recenti pronunce della Sezione lavoro di questa Corte e’ ripreso un percorso argomentativo sostanzialmente analogo a quanto gia’ affermato da Cass. L. n. 5344/2003.

In particolare Sez. L n. 25526 del 2013 (riprendendo la pronuncia del 2003) – pur dando atto del persistere di contrasti all’interno della giurisprudenza della Corte circa il potere della CNPADC di annullare periodi contributivi durante i quali la professione di commercialista sia stata svolta in situazione di incompatibilita’ – in motivazione afferma, discostandosi consapevolmente dall’allora piu’ recente orientamento di Sez. L n. 13853 del 2009, che la CNPADC e’ titolare di un autonomo potere di verifica (non meramente incidentale della legittimita’ dell’iscrizione all’albo) della legittimita’ dell’esercizio della professione da parte del singolo commercialista, azionabile a prescindere dalle attribuzioni – e dal loro esercizio concreto da parte – del Consiglio dell’ordine dei dottori commercialisti, potendosi cio’ desumere dalle espresse previsioni normative di cui alla L. 29 gennaio 1986, n. 21, articolo 20 e articolo 22, comma 3. La Cassa deve, infatti, secondo Sez. L n. 25526 del 2013, accertare la sussistenza del requisito del legittimo esercizio della professione, che si riscontra, tra l’altro, nell’assenza di situazioni di incompatibilita’.

La successiva pronuncia della Sez. L in materia, ossia la n. 24140 del 12/11/2014 ha aderito sostanzialmente al precedente del 2013 concludendo, quindi, per la sussistenza di un autonomo potere (anche) della CNPADC di accertare la legittimita’, ossia in assenza di cause di incompatibilita’, dell’esercizio della professione di dottore commercialista.

3. Fatte tali premesse ritiene la Corte di aderire all’indirizzo interpretativo da ultimo affermatosi di cui le due sentenze del 2013 e 2014 citate costituiscono le piu’ recenti espressioni.

In via preliminare occorre richiamare la normativa rilevante ai fini della decisione sottolineandosi che l’Ordine professionale e la Cassa sono regolati da distinte disposizioni normative.

In particolare il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953 sull’Ordinamento della professione di dottore commercialista prevede, per quel che qui rileva, all’articolo 3 che “l’esercizio della professione di dottore commercialista e’ incompatibile con l’esercizio della professione di notaio, con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui, con la qualita’ di ministro di qualunque culto, di giornalista professionista, di mediatore, di agente di cambio, di ricevitore del lotto, di appaltatore di servizio pubblico, di esattore di pubblici tributi e di incaricato di gestioni esattoriali. L’iscrizione nell’albo non e’ consentita agli impiegati dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni, ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, sia vietato l’esercizio della libera professione”.

L’elenco dei casi contenuti nella norma riguarda attivita’ “professionali” il cui contestuale esercizio rispetto alla professione di commercialista e’ suscettibile di generare una situazione di conflitto di interessi (ossia tale da poter porre in contrasto l’interesse del cliente con il dovere del commercialista di tutelare questo in via prioritaria) ovvero una situazione di dipendenza.

Dalla lettera della disposizione, inoltre, la condizione che puo’ dar luogo alla situazione di incompatibilita’ in alcuni casi si riferisce al solo dato soggettivo (l’assunzione della “qualita’ di”), mentre per altre ipotesi e’ necessario un dato oggettivo, consistente “nell’esercizio” concreto della diversa attivita’ (della professione di notaio ovvero del commercio in nome proprio ed altrui). Si tratta di una differenza di rilievo: nella prima ipotesi, infatti, la mera assunzione della diversa qualifica da parte del dottore commercialista determina l’incompatibilita’ senza necessita’ di ulteriore accertamento del concreto esercizio di fatto dell’attivita’ conseguente.

Nella seconda – ossia nei casi di esercizio della professione di notaio e esercizio del commercio in nome proprio od altrui – e’ invece necessario un concreto accertamento sull’attivita’ svolta dal commercialista.

Il successivo Decreto Legislativo n. 139 del 2005 di Costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma della L. 24 febbraio 2005, n. 34, articolo 2, in tema di incompatibilita’, per quel che qui rileva, ha specificato che “L’esercizio della professione di dottore commercialista esperto contabile e’ incompatibile con l’esercizio, anche non prevalente, ne’ abituale a) della professione di notaio; b) della professione di giornalista professionista; c) dell’attivita’ di impresa, in nome proprio o altrui e, per proprio conto, di produzione di beni o servizi, intermediaria nella circolazione di beni o servizi, tra cui ogni tipologia di mediatore,di trasporto o spedizione, bancarie, assicurative o agricole, ovvero ausiliarie delle precedenti; d) dell’attivita’ di appaltatore di servizio pubblico,concessionario della riscossione di tributi; e) dell’attivita’ di promotore finanziario. Le ipotesi di incompatibilita’ sono valutate con riferimento alle disposizioni di cui al presente articolo anche per le situazioni in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo”.

Per quanto attiene alla disciplina della Cassa assume rilievo la L. 29 gennaio 1986, n. 21, articolo 22 che regola la materia dell’iscrizione e che recita “1. Sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa i dottori commercialisti iscritti all’albo professionale che esercitano la libera professione con carattere di continuita’. L’iscrizione e’ facoltativa per i dottori commercialisti iscritti a forme di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione, in conseguenza di diversa attivita’ da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione all’albo professionale……3. L’accertamento della sussistenza del requisito dell’esercizio della professione avviene sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati ed e’ effettuato dalla Cassa periodicamente e comunque prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali”.

L’articolo 20 (Controllo delle comunicazioni) stabilisce, inoltre, che “La Cassa ha facolta’ di esigere dall’iscritto e dagli aventi diritto a pensione indiretta, all’atto della domanda di pensione o delle revisioni, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d’affari, limitatamente agli ultimi quindici anni. La Cassa puo’ altresi’ inviare questionari con richiesta di conoscere elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione. In caso di mancata risposta nel termine di novanta giorni, viene sospesa la corresponsione della pensione fino alla comunicazione della risposta”.

Per completezza si ricordi anche l’articolo 2, lettera g) del Regolamento di disciplina delle funzioni di previdenza il quale stabilisce che i commercialisti devono dichiarare ai fini dell’iscrizione alla cassa l’Ordine locale nel cui albo sono iscritti nonche’ l’insussistenza di condizioni di incompatibilita’ previste dall’ordinamento professionale, nonche’ l’articolo 7 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa il quale prevede che “Ai fini previdenziali ed assistenziali, non si considerano utili alla maturazione dell’anzianita’ di iscrizione i periodi continuativi o cumuli di periodi frazionati superiori all’anno o multipli di esso, durante i quali l’attivita’ professionale sia stata concretamente svolta in una delle condizioni di incompatibilita’, previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articolo 3 e successive integrazioni o modificazioni”.

4. Cio’ premesso va, in primo luogo, sottolineato che, come emerge dalla normativa sopra citata, l’Ordine professionale e la Cassa sono regolati da discipline legislative distinte con diverse finalita’ e che in particolare, per quel che qui rileva, il Consiglio dell’Ordine valuta situazioni di incompatibilita’ con incidenza sull’iscrizione all’albo (cfr Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articoli 3 e 34, ora Decreto Legislativo n. 139 del 2005, articoli 4 e 49), mentre la Cassa – per la cui iscrizione e’ necessaria confermandosi la diversita’ di regime, non solo l’iscrizione all’albo, ma anche, quale ulteriore requisito specifico l’esercizio della libera professione con carattere di continuita’ (articolo 22 citato) – espleta i suoi compiti in relazione alla funzione di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti senza effetto sull’iscrizione all’albo professionale ed il presente giudizio e’, proprio, limitato all’accertamento del legittimo esercizio della libera professione ai fini dell’erogazione delle prestazioni professionali richieste dal commercialista.

Stante la non necessaria coincidenza tra le condizioni che determinano l’iscrizione all’albo e quella che comporta l’iscrizione alla Cassa,non si ravvisano ostacoli, sotto un primo profilo, che l’accertamento circa la sussistenza di situazioni di incompatibilita’ sia esercitato anche dalla Cassa, ai limitati fini della regolare iscrizione alla stessa e dell’erogazione delle prestazioni previdenziali.

Va ulteriormente sottolineato, come ricordato da Cass. 2003, che l’iscrizione all’albo professionale del Dottore commercialista non comporta necessariamente l’obbligatorieta’ dell’iscrizione alla Cassa. Infatti, la L. n. 21 del 1986, articolo 22 (“Iscrizione alla Cassa”) citato, prevede, oltre l’iscrizione obbligatoria, in via di eccezione, che “L’iscrizione e’ facoltativa per i Dottori commercialisti iscritti a forme di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione, in conseguenza di diversa attivita’ da loro svolta, anche precedentemente alla iscrizione all’albo professionale….”. D’altra parte va aggiunto quanto stabilisce il successivo articolo 32, per gli “iscritti in piu’ albi professionali”, secondo cui: “comma 1. L’iscritto alla Cassa, iscritto o che si iscriva anche in albi relativi ad altre professioni, deve optare per una delle Casse di previdenza delle professioni nel cui albo iscritto entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge o della nuova iscrizione. Comma 2. Sono salvi i diritti acquisiti da coloro che all’entrata in vigore della legge hanno gia’ maturato il diritto a pensione nei confronti della Cassa. Comma 3. La mancata opzione di cui al comma 1 comporta la cancellazione d’ufficio dalla Cassa di previdenza ed assistenza dei Dottori commercialisti e la restituzione dei contributi a norma del comma 1 dell’articolo 21….”.

5. Pervenendo, piu’ specificamente, ad esaminare la questione della titolarita’ di un autonomo potere della Cassa di verificare l’esercizio della professione di commercialista in situazione di incompatibilita’ deve affermarsi che tale potere trova la sua prima ed evidente affermazione nell’obbligo della Cassa, ai fini dell’iscrizione alla stessa, di accertare l'”esercizio della libera professione in via continuativa”. L’espressione “esercizio della libera professione” non e’ dissociabile dalla verifica che detto esercizio sia anche legittimo e dunque non esercitato in situazione di incompatibilita’ e con la garanzia, cioe’, che non vi sia “lesione dei principi di onorabilita’, indipendenza, imparzialita’ a causa di conflitti di interesse, dipendenza materiale o psicologica nei confronti del cliente, limitazione dei diritti civili e delle capacita’ di azione sia civile che penale”, principi che lo stesso ricorrente richiama desumendoli dalla circolare ministeriale n 3/2011: l’attivita’ professionale e’ qualificabile come “libera professione” se di questa presenta tutte le caratteristiche ivi compreso il suo esercizio in conformita’ alle norme che la disciplinano, tra le quali quella che impone di non esercitarla in stato di incompatibilita’. Non si puo’ non considerare che l’esercizio della professione i situazione di incompatibilita’ costituisce una situazione che per l’ordinamento non e’ meritevole di tutela ed e’ foriera di conseguenze sullo status del professionista molto importanti tali da determinare la sua estromissione dall’esercizio della professione il cui esercizio illecito non puo’ sicuramente arrecargli indebiti vantaggi. In tal senso l’esercizio legittimo dell’attivita’ professionale costituisce un prius logico e giuridico, un presupposto di fatto, necessario anche per valutare e riconoscere il periodo di attivita’ svolta ai fini previdenziali.

L’esplicita previsione per altri professionisti del potere delle Casse di appartenenza di accertare l’insussistenza di situazione di incompatibilita’, lungi dal costituire elemento a favore della tesi sostenuta da parte ricorrente, costituisce, invece, la miglior prova che una diversa tesi valida per i commercialisti costituirebbe un’anomala previsione nel quadro generale delle libere professioni del tutto ingiustificata stante l’analoga rilevanza della professione del commercialista e l’incidenza della loro attivita’ sulla societa’ civile. Si ricordi in specie, per la Cassa Avvocati e Procuratori la L. n. 319 del 1975, articolo 2, comma 3 e, per la Cassa Geometri, la L. n. 773 del 1982, articolo 22, comma 4.

Ulteriori elementi a conforto della tesi qui accolta debbono essere tratti poi dalla L. n. 21 del 1986, articolo 20 e articolo 22, comma 3, i quali stabiliscono che la Cassa di previdenza accerta “la sussistenza del requisito dell’esercizio della professione… comunque prima dell’erogazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali” effettuando, “all’atto della domanda di pensione”, controlli finalizzati ad accertare la “corrispondenza tra le comunicazioni inviate(le)… e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume di affari… (degli) ultimi quindici anni”, anche per “conoscere elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione”.

Da questo complessivo dato normativo si ricava che “la Cassa, prima dell’erogazione dei trattamenti assicurativi, e’ tenuta ex lege a verificare l’esistenza del requisito del legittimo esercizio della professione, che si manifesta, tra l’altro, nell’assenza di situazioni d’incompatibilita’”.

In tal senso deve essere accolto e condiviso il percorso argomentativo di Sez. L n. 25526 del 2013 che da’ rilievo alla facolta’ della Cassa di “esigere dall’iscritto e dagli aventi diritto a pensione indiretta, all’atto della domanda di pensione o delle revisioni, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d’affari, limitatamente agli ultimi quindici anni”, sotto comminatoria di sospensione del trattamento, rilevando che se l’esercizio di tale verifica fosse limitato al solo fatto storico della professione e non anche alla legittimita’ della stessa, si tratterebbe di attribuzione del tutto singolare, nel senso di “riconoscerle poteri autoritativi di natura oggettivamente amministrativa senza che nel contempo pretendere che con essi si accerti che l’assicurato abbia maturato legittimamente il proprio credito pensionistico”.

La sentenza prosegue rilevando che non appare congruo sostenere che dalla pur ampia dizione degli “elementi rilevanti quanto all’iscrizione” debba espungersi proprio quello di maggior spessore, vale a dire che l’interessato abbia mantenuto l’iscrizione alla cassa legittimamente (ovvero in assenza di cause di incompatibilita’), ancor di piu’ se si considera la perdurante funzione pubblicistica (v. Decreto Legislativo n. 509 del 1994, articolo 2) svolta dalla cassa medesima pur dopo la sua trasformazione in ente di diritto privato”.

Circa il rilievo di parte ricorrente secondo cui la dizione contenuta nell’articolo 20 ” elementi rilevanti quanto all’iscrizione e alla contribuzione “deve intendersi riferita all’iscrizione alla Cassa e non gia’ all’Ordine e con cio’, secondo il commercialista, escludendosi che la norma citata possa costituire la fonte del potere della Cassa di accertare l’esistenza dell’incompatibilita’ riservata all’Ordine. La questione e’ stata risolta dal precedente Cassazione del 2013 nel senso che l’espressione e’ riferibile proprio all’iscrizione all’Ordine atteso che le questioni relative all’iscrizione alla Cassa sono da questa ben conosciute “poiche’ la Cassa conosce per scienza diretta i propri iscritti o del perdurare di essa nel periodo oggetto della prestazione erogabile: infatti, gli albi professionali sono pubblici e consultabili da chiunque”.

Deve, comunque, rilevarsi che pur volendo aderire all’interpretazione del ricorrente la questione non e’ tuttavia argomento di tale spessore da consentire di pervenire alla diversa tesi sostenuta dal ricorrente atteso che, come si e’ detto, la fonte della titolarita’ del potere della Cassa e’ da ravvisarsi nel riconoscimento ad essa di esigere dal commercialista la prova dell’esercizio della libera professione in via continuativa, libera professione di commercialista che e’ solo quella esercitata in conformita’ alle norme che la disciplinano con la conseguenza che la Cassa non deve limitarsi ad accertare la perdurante iscrizione all’Ordine ma deve svolgere verifiche periodiche, sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati organo interno della Cassa e, comunque, prima dell’erogazione delle prestazioni.

Un ulteriore argomento a favore della tesi qui accolta emerge dalla considerazione che, allorche’ non sia piu’ possibile un intervento del Consiglio dell’Ordine e, in ispecie, nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, cui si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’albo, manca la possibilita’ giuridica per il Consiglio dell’Ordine di attivare gli strumenti di verifica della sussistenza di una situazione di incompatibilita’. In tale situazione non puo’ disconoscersi un ambito di valutazione alla Cassa di previdenza, pur se rilevante ai soli fini previdenziali non suscettibile di influire sulle connotazioni di status pregresse.

Non costituisce,infine, argomento contrario alla tesi qui accolta la circostanza che con riferimento all’accertamento di situazioni di incompatibilita’ la disciplina della Cassa non prevede l’osservanza di una procedura per l’accertamento e la sua declaratoria al contrario di quanto avviene per l’Ordine per il quale sono previste specifiche garanzie procedimentali a favore dell’interessato, tra cui l’audizione dello stesso e la possibilita’ di proporre ricorso contro la decisione assunta. Tali garanzie risultano adeguatamente tutelate dall’osservanza delle norme generali di cui alla L. n. 241 del 1990 che disciplina il procedimento amministrativo e riconosce il diritto di prendere visione degli atti del procedimento,di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento, di dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale, l’obbligo di motivazione del provvedimento assunto. Nella specie neppure e’ indicata la violazione di alcune di dette norme.

Risulta, anzi, che, aperta e comunicata la procedura di verifica della sussistenza di situazioni di incompatibilita’, la Cassa aveva invitato il ricorrente a trasmettere la documentazione relative all’attivita’ dallo stesso svolto, la data di inizio e cessazione dell’attivita’, la copia della dichiarazione dei redditi e che acquisito anche l’esito della verifica condotta dall’Ordine professionale di Bolzano, la Cassa aveva disposto l’annullamento di alcune annualita’ di iscrizione alla Cassa. L’iter procedimentale di fatto attuato ha ampiamente garantito la difesa del (OMISSIS).

6. In conclusione deve essere affermato il seguente principio di diritto: la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei dottori Commercialisti e’ titolare del potere di accertare, sia all’atto dell’iscrizione alla Cassa, sia periodicamente e comunque prima dell’erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, che l’esercizio della professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articolo 3, ora Decreto Legislativo n. 139 del 2005, articolo 4, ancorche’ tale incompatibilita’ non sia stata accertata dal Consiglio dell’Ordine competente.

7. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato atteso che la decisione impugnata si e’ uniformata ai principi qui affermati.

Stante la complessita’ della materia e le contrastanti decisioni assunte dai giudici di merito,che hanno recepito l’orientamento interpretativo della Suprema Corte affermatosi all’epoca delle rispettive pronunce, giustifica la compensazione delle spese di causa.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *