Corte di Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 22 luglio 2016, n. 15208

Sommario

In tema di interpretazione dell’art. 18, della legge n. 247 del 2012, il quale, sotto la rubrica “Incompatibilità”, dispone: “1. La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. è consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro”;
– ritenuto 

che tale disposizione, secondo il CNF, comporti la incompatibilità della iscrizione nell’albo degli Avvocati con l’iscrizione in altri albi professionali diversi da quelli per i quali l’iscrizione è espressamente consentita e che, quindi, rispetto agli altri albi, registri o elenchi il concreto svolgimento dell’attività con le caratteristiche di continuatività e di professionalità non sia rilevante: è sufficiente, in altri termini, la iscrizione in un albo professionale (diverso da quelli per i quali l’iscrizione è consentita) per comportare la situazione di incompatibilità quanto alla iscrizione all’albo degli avvocati (e, deve qui soggiungersi, all’elenco speciale degli avvocati stabiliti), non essendo necessario, perché tale situazione si verifichi, che la detta attività sia svolta con le indicate caratteristiche;

che, d’altra parte, in tema di ordinamento professionale forense, la ratio della disciplina delle incompatibilità è quella di garantire l’autonomo e indipendente svolgimento del mandato professionale e che la previsione di specifiche ipotesi di incompatibilità non appare lesiva di precetti costituzionali, atteso che le dette ipotesi si ricollegano a libere scelte del cittadino, devono ritenersi insussistenti, almeno nella presente sede cautelare.

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civili

ordinanza 22 luglio 2016, n. 15208

Fatto e diritto

Ritenuto che il COA di Roma, con deliberazione del 20 giugno 2013, disponeva la cancellazione dell’Abogado C.E. dalla sezione speciale degli avvocati stabiliti per incompatibilità, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lettera a), della legge n. 247 de12012, in quanto il C. risultava contemporaneamente iscritto all’Albo dei geometri della Provincia di Ferrara;
che, con sentenza n. 204 del 2015, il Consiglio Nazionale Forense che rigettava il ricorso proposto dal C. avverso tale decisione;
che il CNF, disattese alcune questioni procedimentali sollevate dal ricorrente, ha constatato che l’art. 18, comma 1, lettera a), della legge n. 247 del 2012, a differenza del previgente art. 3 del r.d.l. n. 1578 del 1933, dispone che “La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. è consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro”;
che, ha osservato il CNF, in presenza della iscrizione ad un albo professionale diverso da quello per i quali non è stabilita incompatibilità, viene meno ogni necessità di accertare se l’attività consentita dalla detta iscrizione sia quantitativamente rilevante ovvero del tutto inesistente;
che il CNF ha poi escluso che il C. potesse vantare un diritto quesito al mantenimento della iscrizione all’albo dei geometri e ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge n. 247 del 2012;
che, da ultimo, il CNF ha anche escluso la violazione delle regole della concorrenza e dei principi di derivazione comunitaria;
che avverso questa sentenza il C. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi;
che con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, punto 1, lettera a), della legge n. 247 del 2012, sostenendo che da tale disposizione deriverebbe l’ammissibilità della iscrizione dell’avvocato ad altri albi, sempre che, come nella specie, difettino i requisiti di continuità e di professionalità dell’altra professione e non vi sia produzione di reddito;
che con il secondo motivo il Camera deduce violazione di legge ed eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento e del diritto di difesa, rilevando che il COA, prima, e il CNF, poi, non avrebbero svolto alcuna attività istruttoria in ordine alle assenza dei requisiti che renderebbero incompatibile l’iscrizione dell’avvocato per effetto della iscrizione in un altro albo;
che con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e mancata applicazione delle regole di concorrenza tra professionisti di cui agli artt. 3, 4 e 41 Cost. e dei principi dell’Unione Europea;
che il ricorrente ha quindi formulato istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato;
che il COA di Roma non ha svolto difese;
che la trattazione della istanza cautelare è stata disposta per l’adunanza camerale del 5 luglio 2016.
Considerato che l’istanza cautelare non può essere accolta, apparendo insussistente il requisito del fumus boni iuris;
che, invero, la questione posta dal ricorso concerne la interpretazione dell’art. 18, della legge n. 247 del 2012, il quale, sotto la rubrica “Incompatibilità”, dispone: “1. La professione di avvocato è incompatibile: a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. è consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro”;
che il CNF ha ritenuto che tale disposizione comporti la incompatibilità della iscrizione nell’albo degli Avvocati con l’iscrizione in altri albi professionali diversi da quelli per i quali l’iscrizione è espressamente consentita e che, quindi, rispetto agli altri albi, registri o elenchi il concreto svolgimento dell’attività con le caratteristiche di continuatività e di professionalità non sia rilevante: è sufficiente, in altri termini, la iscrizione in un albo professionale (diverso da quelli per i quali l’iscrizione è consentita) per comportare la situazione di incompatibilità quanto alla iscrizione all’albo degli avvocati (e, deve qui soggiungersi, all’elenco speciale degli avvocati stabiliti), non essendo necessario, perché tale situazione si verifichi, che la detta attività sia svolta con le indicate caratteristiche;
che, d’altra parte, posto che “in tema di ordinamento professionale forense, la ratio della disciplina delle incompatibilità è quella di garantire l’autonomo e indipendente svolgimento del mandato professionale” (Cass., S.U., n. 14810 del 2009) e che la previsione di specifiche ipotesi di incompatibilità non appare lesiva di precetti costituzionali, atteso che le dette ipotesi si ricollegano a libere scelte del cittadino, devono ritenersi insussistenti, almeno nella presente sede cautelare, i dubbi di legittimità costituzionale e di compatibilità comunitaria prospettati dal ricorrente;
che, dunque, l’istanza di sospensione della esecutività della decisione del COA per effetto della reiezione del ricorso proposto al CNF deve essere rigettata, difettando il requisito del fumus boni iuris;
che non avendo l’intimato Consiglio dell’Ordine svolto attività difensiva in questa sede non vi è luogo a provvedere sulle spese della fase cautelare.

P.Q.M.

La Corte rigetta l’istanza di sospensione della esecutività del provvedimento impugnato.

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