Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza n. 16579 del 2 luglio 2013
Osserva
La CTR di Milano ha accolto l’appello di C. B., appello proposto contro la sentenza della CTP di Como n. 34-05-2010 che aveva disatteso il ricorso di detto contribuente avverso avviso di accertamento ai fini IVA-IRPEF per l’anno 2002, emesso a seguito di PVC nel quale erano stati contestati omessa dichiarazione di ricavi, sulla scorta delle acclarate movimentazioni bancarie.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che – alla luce dell’art. 3 della legge n. 24l/1990 e dell’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti che la P.A. adotta – il prodromico provvedimento di autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie avrebbe dovuto essere specificamente motivato, così come motivata avrebbe dovuto essere la richiesta formulata ai fini di detta autorizzazione. In difetto di ciò, l’intera indagine doveva essere considerata nulla e nullo anche l’esito di accertamento.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte intimata non si è difesa.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.
Infatti, con il motivo di censura (sostanzialmente improntato alla violazione dell’art. 32 comma 1 n. 7 del DPR n. 600/1973), la ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia ritenuto imprescindibile la motivazione analitica del provvedimento autorizzativo (e della propedeutica istanza) ai fini delle indagini bancarie sui conti correnti del contribuente.
Il motivo appare fondato e da accogliersi.
Invero, il ribadito indirizzo di questa Corte a proposito della questione oggetto del motivo di ricorso appare perfettamente coerente con le ragioni invocate dall’Agenzia.
Sez. 5, Sentenza n. 16874 del 21/07/2009: “in tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, secondo comma, n. 7 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (nel testo, applicabile “ratione temporis”, risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 18, secondo comma, lett. c) e d), della legge 30 dicembre 1991, n. 413) ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione; pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente” (conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14023 del 15/06/2007; più recentemente anche Cass. 5849/2012).
Consegue da ciò che la censura debba essere accolta e che la controversia vada rimessa al medesimo giudice di secondo grado che – in diversa composizione – tornerà a pronunciarsi sulle questioni assorbite oggetto dell’atto di appello proposto dalla parte contribuente e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
Roma, 10 settembre 2012
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente grado.
Così deciso in Roma il 22 maggio 2013.
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