Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza del 13 settembre 2012, n. 15395

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art.377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione ex art.380 bis c.p.c.:
“1. – J.M. proponeva opposizione ex art. 204-bis cDS al verbale di contestazione della violazione dell’artt. 58, commi 1 lett. f) e 5 C.d.S., elevato a suo carico dalla polizia municipale di Imola per sosta di veicolo in prossimità di area d’intersezione nel centro abitato. A sostegno deduceva l’omessa indicazione nel verbale della distanza rilevata tra il veicolo e l’intersezione stessa.

Resisteva il Comune di Imola.
1.1. -Il Giudice di Pace di Imola rigettava l’opposizione.
1.2. – Adito dall’opponente, il Tribunale di Bologna, sezione distaccata di Imola, rigettava l’appello. Riteneva il Tribunale emiliano a) che le precise indicazioni di tempo e di luogo dell’accertamento, in una con il richiamo alla specifica norma di legge violata, implicassero l’affermazione che il veicolo era in sosta ad una distanza inferiore a quella consentita dal C.d.S.; e b) che, in base all’ indirizzo espresso da Cass. S.U. n. 17355/09, quanto attestato dai verbalizzanti potesse essere contestato solo mediante querela di falso.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre J.M.
2.1. – Il comune di Imola non ha svolto attività difensiva.
3. – Due i mezzi d’annullamento proposti.
3.1. – Il primo denuncia, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., e in relazione all’art. 2700 c.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 158, comma 1 lett. f) C.d.S. e degli artt. 21, 22, 22-bis e 23 legge n. 689/81, sostenendo che l’agente accertatore al fine di soddisfare il minimo di prova della violazione contestata, ha l’onere di motivare anche in punto di fatto, sicché nel caso di specie nel verbale si sarebbe dovuto dare atto anche della distanza dall’ intersezione alla quale si trovava il veicolo. Deduce, quindi, che il precedente delle S. U. di questa Corte n. 17355/09, citato dalla sentenza d’appello, ammette la contestazione e la prova, al di fuori della querela di falso, delle circostanze di fatto che non sono attestate nel verbale d’accertamento.
3.2. – Con il secondo motivo è dedotta l’omessa, contraddittoria e illogica motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art.360, n.2 (rectius, 5: n.d.r.) c.p.c. Vi si sostiene che incomprensibilmente non è stata ammessa la prova testimoniale diretta ad accertare che l’opponente era solito da anni parcheggiare la propria autovettura nel medesimo posto, ma ad una distanza di circa 8-10 mt. dall’intersezione richiamata nel verbale, prova in sé ammissibile, secondo quanto si ricava da Cass. n. 20441/06, perché sul punto il verbale opposto non è dotato di fede pubblica privilegiata. Inoltre, prosegue il ricorrente, il Tribunale è incorso in un travisamento dei fatti lì dove ha affermato che il verbale riportava la precisazione eh: il veicolo sostava “ad una distanza inferiore a quella consentita”, puntualizzazione che, invece, non compare nell’atto.
4. – Il ricorso va respinto.
4.1. – Il primo motivo è inammissibile.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360, primo comma n. 3, c.p.c., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma n. 4, c.p.c. deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S. C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132/05, 26048/05, 20145/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06 e 14752/07).
4.1.1. – Nel caso in esame, la censura non illustra alcun malgoverno nell’interpretazione delle norme enunciate, né tanto meno allega ragioni d’inapplicabilità ipotetica delle medesime disposizioni alla fattispecie, ma trae – errando – l’una e l’altra doglianza dal difetto nel verbale opposto di indicazioni essenziali, quali la sosta del veicolo a meno di cinque metri dall’intersezione. Ma poiché il Tribunale ha ritenuto che nel verbale l’indicazione della specifica norma violata valesse a includere in via implicita anche il suddetto dato asseritamente mancante, tale accertamento non può essere sindacato in sede di legittimità non ai sensi del n.3 dell’art.360 c.p.c., bensì soltanto sub specie di vizio motivazionale (non sufficientemente dedotto, nella specie, dalla sola evocazione del n.5 dell’art.360 c.p.c. contenuta nella rubrica del motivo).
4.2. – Il secondo motivo è ad un tempo inammissibile e infondato nelle censure in cui si articola.
4.2.1. – La doglianza di mancata ammissione della prova testimoniale avente ad oggetto le usuali modalità di parcheggio osservate dal ricorrente, è inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stati trascritti i capitoli di prova (giurisprudenza costante di questa Corte; cfr. da ultimo e per tutte, Cass. n. 17915/10), che il Tribunale aveva ritenuto, per giunta, valutativi e generici; e ad ogni modo manifestamente infondata, sia (i) per difetto di decisività del fatto oggetto di prova (che non escluderebbe, di per sé, il diverso accertamento compiuto nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al verbale); sia (ii) perché le ragioni del diniego sono tutt’altro che incomprensibili, essendo basate sull’espresso (e non già implicito) ragionamento – di inconfutabile validità a stregua dei parametri di logica giuridica – per cui, premesso che la posizione del veicolo a meno di cinque metri dall’intersezione deve ritenersi implicitamente attestata nel verbale tramite lo specifico richiamo alla norma oggetto dell’infrazione, ed atteso che quanto riportato dai verbalizzanti è coperto da fede pubblica privilegiata, non può essere ammessa alcuna prova contraria in difetto di querela di falso (v. pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata); sia, infine, (iii) perché l’orientamento espresso da Cass. n. 20441/06, che distingue tra fatti attestati e fatti apprezzati dal pubblico ufficiale, è superato da quello manifestato dalle S. U. con sentenza n. 17355/09 (in ordine alla quale il motivo non contiene la benché minima argomentazione di contrasto); non senza osservare che la posizione di un veicolo in sosta rispetto a un incrocio di strade costituisce un elemento fattuale di tipo statico la cui percezione è verificabile secondo un metro obiettivo (con la duplice conseguenza che anche a stregua del precedente indirizzo la censura non avrebbe alcun pregio, e che neppure è conferente il richiamo – peraltro contenuto a illustrazione del primo motivo – a Cass. n. 15108/10, che ha ritenuto non coperto da fede pubblica privilegiata il giudizio di pericolosa condotta di guida espresso dai verbalizzanti relativamente all’infrazione di cui all’art. 141 C.d.S.).
4.2.2. – A tacere di ciò, che non è corretta l’affermazione del ricorrente secondo cui la sentenza impugnata sosterrebbe, contrariamente al vero, che il verbale opposto contenga l’esplicita menzione della sosta dell’autovettura a distanza inferiore a quella consentita (il verbale reca infatti precisa indicazione del giorno e dell’ora in cui l’auto dell’appellante si trovava a (…) in via (…) all’intersezione con (…) in violazione dell’art. 158 comma 1 e 5 del C.d.S., così indicando con sufficiente determinazione il crocevia del centro urbano in prossimità del quale era in sosta l’auto, dando per implicitamente accertato, con il richiamo alla specifica norma di legge violata, che il mezzo si trovasse ad una distanza inferiore di quella consentita dalla stessa norma in contestazione: così a pag. 2 della sentenza impugnata), sicché è destituito di fondamento l’assunto per cui il Tribunale sarebbe incorso in un travisamento dei fatti; tutto ciò a parte, è sufficiente osservare che il travisamento del fatto costituisce motivo revocatorio, ai sensi dell’art. 395, n.4 c.p.c., e non già vizio motivazionale ex art.360, n.5 c.p.c. (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. per tutte e da ultimo, Cass. n. 17057/07).
5. – Per quanto considerato, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, nei sensi di cui sopra, in applicazione dell’art.375, n.5 c.p.c.”.
La Corte condivide la relazione, non contrastata né dalla parte ricorrente, che non ha presentato memoria, né dal Procuratore generale, che nulla ha osservato. Ricorre ad evidenza, pertanto, il presupposto dell’art.375, comma 1 n.5 c.p.c. per la definizione camerale del processo.
Il ricorso va dunque respinto.
Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Depositata in Cancelleria il 13.09.2012

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