Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza del 02 ottobre 2012, n. 16789

Svolgimento del processo

p.1. Con sentenza del 13 settembre 2010, resa in unico grado, la Corte di appello di Salerno ha condannato la s.p.a. S. Assicurazioni a pagare a G.G. la somma di Euro 38,11, oltre rivalutazione monetaria e interessi, accogliendo la domanda di risarcimento dei danni proposta dal medesimo ai sensi dell’art. 33 legge n. 287 del 1990 in relazione ad un rapporto assicurativo relativo ad una polizza R.C. Auto, per violazione da parte della compagnia assicuratrice delle norme a tutela della concorrenza, come accertato con provvedimento sanzionatorio 28 luglio 2000 n. 8546 dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM).
p.2. La Corte di appello di Salerno, disattesa l’eccezione di prescrizione formulata dalla S., per quanto ancora in questa sede interessa, ha desunto la fondatezza della pretesa risarcitoria assumendo a premessa il principio di diritto affermato per controversie simili a quella di cui è processo da Cass. n. 2305 del 2007 nel senso che “L’azione risarcitoria, proposta dall’assicurato – ai sensi del 2 comma dell’art. 33 della legge n. 287 del 1990 (norme per la tutela della concorrenza e del mercato) – nei confronti dell’assicuratore che sia stato sottoposto a sanzione dall’Autorità garante per aver partecipato ad un’intesa anticoncorrenziale tende alla tutela dell’interesse giuridicamente protetto (dalla normativa comunitaria, dalla Costituzione e dalla legislazione nazionale) a godere dei benefici della libera competizione commerciale (interesse che può essere direttamente leso da comportamenti anticompetitivi posti in essere a monte dalle imprese), nonché alla riparazione del danno ingiusto, consistente nell’aver pagato un premio di polizza superiore a quello che l’assicurato stesso avrebbe pagato in condizioni di libero mercato. In siffatta azione l’assicurato ha l’onere di allegare la polizza assicurativa contratta (quale condotta finale del preteso danneggiale) e l’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale (quale condotta preparatoria) e il giudice potrà desumere l’esistenza del nesso causale tra quest’ultima ed il danno lamentato anche attraverso criteri di alta probabilità logica o per il tramite di presunzioni, senza però omettere di valutare gli elementi di prova offerti dall’assicuratore che tenda a provare contro le presunzioni o a dimostrare l’intervento di fattori causali diversi, che siano stati da soli idonei a produrre il danno, o che abbiano, comunque, concorso a produrlo. Accertata, dunque, l’esistenza di un danno risarcibile, il giudice potrà procedere in via equitativa alla relativa liquidazione, determinando l’importo risarcitorio in una percentuale del premio pagato, al netto delle imposte e degli oneri vari”. Ha, quindi, enunciato di voler accogliere tale principio di diritto, in quanto corrispondeva “obiettivamente ad una normale sequenza causale, idonea a dare prova anche per presunzioni del nesso eziologico tra la condotta antigiuridica ed il danno, la ripercussione dell’intesa anticoncorrenziale – del resto ontologicamente orientata e soggettivamente finalizzata proprio all’attenuazione delle oscillazioni del prezzo del prodotto offerto, normalmente indotte da un regime di libera concorrenza verso il ribasso, che potessero verificarsi sfavorevoli per il produttore – sull’entità finale del prezzo e cioè, del premio assicurativo: e tanto soprattutto se, come nel caso di specie, l’incremento del premio vi sia stato in concreto”. Ha, di seguito, sempre per quanto interessa, che “la convenuta Compagnia, non ha formulato specifiche istanze istruttorie per dimostrare che l’entità del premio, nel caso concreto, non fosse, nemmeno in minima parte, ascrivibile casualmente (rectius: causalmente) alla accertata intesa anticoncorrenziale; del resto, persino una istanza di Consulenza Tecnica – per scongiurare una natura esplorativa del mezzo di integrazione istruttorio in esame – avrebbe avuto bisogno della specifica indicazione, da parte della convenuta, di quali momenti o fasi del complesso meccanismo di determinazione del premio finale andassero verificati e, soprattutto, in relazione a quali degli atti ritualmente acquisiti al processo o da acquisire nel rispetto delle norme che regolano l’istruttoria del processo civile ordinario, quale si atteggia quello in esame”.
p.3. Contro la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S. Assicurazioni sulla base di due mezzi.
L’intimato non ha resistito.
La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

p.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., degli artt. 2727 e 2729 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale in riferimento alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 2043 c.c., ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.; insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360,1 comma, n. 5 c.p.c.”.
Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 277 c.p.c., nonché dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale in riferimento alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 2043 c.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.; oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360,1 comma, n. 5 c.p.c.”.
§2. Il Collegio rileva che motivi del tutto identici a quelli ora indicati sono stati già scrutinati in controversia analoga a quella di cui è processo con riferimento ad un ricorso proposto dalla S. Assicurazioni tramite il medesimo legale che ha redatto quello in esame.
Lo scrutinio è avvenuto con l’ord. n. 6269 del 2012.
Ne consegue che lo scrutinio di quelli proposti con il ricorso in esame si potrebbe risolvere in un mero rinvio alle ragioni indicate in detta decisione.
p.3. Il Collegio, peraltro, con specifico riferimento alla struttura del ricorso in decisione, dopo avere fatto integrale rinvio alla motivazione di detta ordinanza, osserva ulteriormente quanto segue:
a) con riferimento al primo motivo:
a1) la violazione dell’art. 2043 c.c. argomentata alla pagina undici del ricorso sotto il profilo che la Corte territoriale avrebbe stravolto il principio di diritto di cui a Cass. n. 2305 del 2007, ritenendo che l’onere di dimostrare il nesso causale a carico dell’intimato fosse assolto tramite la allegazione della polizza assicurativa e del provvedimento dell’AGCM è priva di aderenza rispetto alla sentenza impugnata, in quanto non si fa carico della seconda proposizione della sua motivazione alla pagina otto (già riportata nello svolgimento del processo su esteso);
a2) le violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 2727 e 2729 c.c. in ordine alla mancata considerazione degli elementi probatori addotti dalla S. sono articolate in palese inosservanza del disposto dell’art. 366 n. 6 c.p.c., in quanto non si fornisce alcuna indicazione specifica della sede nella quale esse erano state formulate e del loro contenuto, o in via diretta, cioè attraverso la riproduzione delle argomentazioni con cui le deduzioni probatorie risultavano articolate, o almeno attraverso la riproduzione indiretta delle stesse ed il rinvio alla sede di articolazione con la precisazione della parte di essa in cui l’indiretta riproduzione troverebbe riscontro;
a3) l’ipotetico rilievo del parere dell’I.S.V.A.P. quale elemento che escluderebbe l’intesa anticoncorrenziale si risolverebbe – a prescindere da ogni valutazione sulla sua significatività – in una inammissibile sovrapposizione rispetto alla valutazione che ne ha fatto l’Autorità garante e, quindi, e soprattutto la giurisdizione amministrativa, che nella specie è esclusiva, sicché deve escludersi che da esso possa argomentasi in senso diverso da quanto si è ritenuto in quella sede;
a4) in ogni caso il rilievo in senso presuntivo ai fini dell’esclusione dell’efficacia causativa del danno, sia del detto parere (che, poi, è l’unico elemento sul quale il motivo si diffonde, essendo del tutto generici i riferimenti – fatti all’inizio della pagina quindici del ricorso – ad altri elementi, fra cui una non meglio specificata indagine conoscitiva del Parlamento), sia degli altri elementi (solitamente invocati dalle compagnie assicuratrici), è stato oggetto di espressa considerazione ed è stato negato in sei decisioni rese da questa Corte su ricorsi in analoghe controversie (sentt. nn. 17698; 17699; 17700; 17701; 17702; 17891), nelle quali, dopo avere richiamato il principio di diritto di cui a Cass. n. 2305 del 2007, si è rilevato (con riguardo a controversia che vedeva coinvolta la società assicuratrice A., che “come emerge dal riferimento alla valutazione degli elementi di prova offerti dall’assicuratore che tenda a provare contro le presunzioni o a dimostrare l’intervento di fattori causali diversi, che siano stati da soli idonei a produrre il danno, o che abbiano, comunque, concorso a produrlo, la situazione dell’impresa assicurativa che sia stata sanzionata per il noto illecito, detti elementi debbono possedere idoneità a dimostrare che il danno è dipeso in tutto od in parte da essi e, quindi, essendo il danno evento quello sofferto dall’assicurato per l’oggettivo aumento del premio, l’idoneità de qua dev’essere apprezzata con riferimento al singolo rapporto e non come vorrebbe la A.sulla base di elementi relativi all’analisi del mercato assicurativo in genere”.
Anche nel caso di specie la S. incorre nello stesso errore in cui era incorsa la A.;
b) con riferimento al secondo motivo, in disparte il rilievo che nuovamente non si fornisce, in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., alcuna indicazione specifica di dove e come la relativa deduzione era stata svolta nel giudizio di merito, si osserva che l’illustrazione del motivo non fornisce alcuna spiegazione di come e perché il parziale annullamento del provvedimento dell’AGCM riguardo alla sanzione concernente la vendita congiunta di polizza CVT ed RCA sarebbe stato rilevante riguardo al rapporto assicurativo di cui è processo, tenuto conto che a pagina nove del ricorso, nel riferire del fatto sostanziale oggetto della domanda, si dice che l’intimato agì in relazione ad una polizza R.C.Auto.
p.4. Il ricorso è conclusivamente rigettato.
Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Depositata in Cancelleria il 02.10.2012

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