Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 9 marzo 2016, n. 4664
Svolgimento del processo
D.P.R. con atto di citazione dell’11 dicembre 1997 e, premesso di essere proprietaria di un fabbricato in (omissis) n. 6, sovrastante lastrico solare servito da una scala di accesso partente dal portoncino al civico n. 4, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bari, S.M. , proprietario di un fabbricato attiguo, avente anch’esso accesso comune al medesimo numero civico 4 e alla scala, per sentire dichiarare l’illegittimità della porta realizzata alcuni anni prima da S. al colmo della prima rampa della scalinata comune sì da impedire ad essa attrice l’accesso alla seconda rampa.
Si costituiva S. chiedendo il rigetto della domanda dell’attrice e, invia riconvenzionale, che venisse riconosciuta l’avvenuta usucapione della proprietà esclusiva del secondo tratto terminale di detta scala e, quindi, la legittimità della porta di cui si dice.
Espletata CT e completata la fase istruttoria il Tribunale di Bari con sentenza n. 30 del 2006 rigettava a domanda attorea (qualificata quale rivendicazione di comproprietà della scala per l’intera sua estensione) per non avere essa attrice provata l’esistenza di titoli proprietari su di essa. Dichiarava assorbita la domanda riconvenzionale, proposta dal convenuto.
Avverso questa sentenza interponeva appello A.L. dichiarandosi successore mortis causa di D.P.R. , insistendo nella domanda di riconoscimento della comproprietà sull’intera estensione della scala e chiedendo la rimozione della porta apposta sull’ultimo tratto.
Si costituiva l’appellato S. riproponendo le stesse eccezioni e, soprattutto, appello incidentale condizionato per il riconoscimento dell’avvenuta usucapione della proprietà esclusiva dell’ultimo tratto della scala di cui si dice.
Nel prosieguo del giudizio la Corte ha disposto la partecipazione degli altri successori di P.R. e si sono costituiti A.M. , C. e N. , i quali si sono riportati integralmente all’appello di A.L. .
Infine, è intervenuto volontariamente T.G. , qualificatosi quale attuale proprietario dell’appartamento della già predetta D.P.R. in forza di acquisto del 23 novembre 2009.
La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 1374 del 2013 accoglieva l’appello principale, dichiarando gli appellanti comproprietari dell’intera scala di cui si dice, rigettava l’appello incidentale, compensava tra tutte le parti le spese del secondo grado del giudizio. Secondo la Corte barese nel caso in esame, fermo restando che la prima rampa di scala è senza contestazione comune alle due proprietà perché serve a consentire l’accesso diretto al terrazzo dell’appartamento di D.P. , ma, anche, a permettere di raggiungere la seconda rampa dove si accede al terrazzo S. , questa seconda rampa di scala in via strettamente funzionale non serve alle esigenze della proprietà degli appellanti perché va oltre il loro terrazzo; tuttavia, negli atti di acquisto di ciascuno dei due proprietari non si coglie alcuna locuzione per escludere che la seconda rampa sia nella comproprietà, anche della originaria parte attrice, cioè, della D.P. e, pertanto, la scala nella sua interezza va ricondotta tra i beni condominiali di cui all’art. 1117 cc.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da S.M. con ricorso affidato ad un motivo. A.L. , M. , C. , N. e T.G. hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con l’unico motivo del ricorso S.M. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cc. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cpc. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nell’escludere il diritto esclusivo di S. sulla seconda rampa di scale nel presupposto che la natura funzionale del manufatto, pur se realizzato nell’esclusivo interesse del ricorrente, si porrebbe in contrasto con il dettato dell’art. 1117 cc. Piuttosto, la Corte distrettuale, avendo riconosciuta la natura funzionale della seconda rampa per essere la stessa al servizio esclusivo della proprietà del ricorrente e, poiché il manufatto in contestazione non servirebbe agli appellanti, avrebbe dovuto ritenere che tutto l’insieme degli elementi fornisse la prova inconfutabile che la seconda rampa fosse funzionalmente al servizio, soltanto dell’unità immobiliare dello S. .
1.1.- Il motivo è infondato.
Va qui osservato che negli edifici in condominio, le scale, con i relativi pianerottoli, costituiscono strutture funzionalmente essenziali del fabbricato e rientrano, pertanto, fra le parti di questo che, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni nella loro interezza, ed anche se poste concretamente a servizio soltanto di talune delle porzioni dello stabile, a tutti i partecipanti alla collettività condominiale in virtù del dettato dell’art. 1117, n. 1, cod. civ. (cfr. fra le tante, tutte conformi, Cass. Sez. II civ., sent. n. 1357 del 22.2.1996). La circostanza che le rampe di scala, con il pianerottolo, qui in contestazione, integranti l’ultima parte della scala condominiale, siano poste fra l’ultimo piano dell’edificio di cui trattasi e le relative soffitte sottotetto, appartenenti ad un unico proprietario, e servano principalmente a mettere in comunicazione le considerate porzioni dello stabile non rileva ai fini in discorso, avuto riguardo al dato che la scala è, in sé, una struttura essenziale del fabbricato e serve a tutti i condomini di questo come strumento indispensabile per l’esercizio del godimento della relativa copertura.
La Corte distrettuale ha correttamente osservato questi principi e correttamente ha chiarito che (…) l’art. 1117 cc. non ricollega affatto la comproprietà di tutte le rampe di una scala condominiale al fatto che le prime servono funzionalmente agli appartamenti sottostanti, e quelle successive a seguire, solo agli appartamenti via soprastanti, si da pervenire alla conclusione (errata) che i proprietari degli appartamenti sottostanti, non avendo ordinariamente interesse a percorrere anche le rampe superiori, sarebbero esclusi dalla comproprietà della scala nella sua integralità condominiale. Pertanto, come correttamente ha evidenziato la Corte distrettuale, poiché il contrario non risultava dal titolo, anche la seconda rampa di scala, qui in contestazione deve ritenersi di comproprietà della proprietà di D.P. , attualmente rappresentata dagli appellanti ed intervenuti A. , e, indi, dall’ultimo intervenuto T.G. .
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cpc. condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione.
Il Collegio, ai sensi dell’art. 13 comma I quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificalo pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori come per legge; dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 del DPR 115 del 2002
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