CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 9 giugno 2015, n. 24535

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO’ Antonio – Presidente

Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) (OBBL. PRESEN. CC) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 3342/2014 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del 17/12/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;

sentite le conclusioni del PG Dott. Luigi RIELLO che ha concluso per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e per l’annullamento con rinvio per (OMISSIS).

Uditi i difensori Avv.ti:

– (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);

– (OMISSIS) per (OMISSIS);

– (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS);

– (OMISSIS) per (OMISSIS);

– (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS);

– (OMISSIS) per (OMISSIS) i quali hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 17 dicembre 2014 il Tribunale del riesame di Roma ha confermato l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Roma in data 28 novembre 2014, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti, fra gli altri, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e quella degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS).

Con la medesima ordinanza, inoltre, il Tribunale ha riformato il provvedimento impugnato, annullandolo, con riferimento alla posizione di (OMISSIS), per il solo reato di cui al capo sub 19) e sostituendo la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS) e della stessa (OMISSIS) per quest’ultima in relazione ai diversi capi sub 16) e 25); ha infine sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione presso la P.G. nei confronti di (OMISSIS).

1-1. Sulla base degli elementi indiziari offerti dalle risultanze delle attivita’ investigative, i Giudici di merito hanno ritenuto sussistente il requisito della gravita’ indiziaria in ordine al delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., provvisoriamente ipotizzato in sede cautelare a carico di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e numerosi altri indagati, per avere fatto parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso operante in (OMISSIS) e nel (OMISSIS), organizzata e diretta da (OMISSIS), per commettere delitti di estorsione, di usura, di riciclaggio, di corruzione di pubblici ufficiali e per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, assumendo rispettivamente i ruoli: il (OMISSIS), di organizzatore e gestore, per il tramite di una rete di cooperative, delle attivita’ economiche dell’associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, dell’accoglienza di profughi e rifugiati e della manutenzione del verde pubblico, nonche’ negli altri settori oggetto di gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo, occupandosi altresi’ della gestione della contabilita’ occulta dell’associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti; il (OMISSIS), il (OMISSIS), il (OMISSIS) e la (OMISSIS), di partecipi e stretti collaboratori del (OMISSIS) nella gestione delle sue attivita’, ivi comprese quelle relative alla contabilita’ occulta dell’associazione e alla suddivisione di utili fra i sodali; il (OMISSIS) di partecipe, quale imprenditore colluso, per avere messo a disposizione le proprie imprese ed attivita’ economiche nel settore dell’edilizia e del movimento terra per la gestione degli appalti di opere e servizi ottenuti dall’associazione anche con metodo corruttivo, costituendo flussi finanziari illegali al fine della loro veicolazione ai componenti apicali del sodalizio e provvedendo, altresi’, alla custodia per conto dell’associazione di denaro contante provento delle attivita’ illecite.

Ai predetti indagati, nonche’ agli altri sopra menzionati ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), sono state inoltre addebitate numerose ipotesi di reato in materia di corruzione, turbativa d’asta, emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti e fraudolento trasferimento di valori, mentre al (OMISSIS) sono stati contestati i reati di favoreggiamento aggravato dalla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 (capo sub 31) – per avere eluso le attivita’ investigative effettuate nei confronti di altre persone indagate per concorso esterno in associazione mafiosa, individuando un’applicazione tecnica che consentiva lo svolgimento di operazioni di intercettazione ambientale all’interno di uno studio legale – e quelli di trasferimento fraudolento di valori di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies convertito nella Legge n. 356 del 1992 (reati di cui ai capi sub 32), 33) e 34).

2. Avverso la su indicata ordinanza ha personalmente proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) – indagato per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 e al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo sub 20) ed articoli 81 cpv. e 648-bis c.p., del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo sub 21) – deducendo tre motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

2.1. In primo luogo si deduce l’esistenza di vizi motivazionali in ordine alla configurabilita’ dei gravi indizi di colpevolezza, avendo la difesa dimostrato che non solo i lavori appaltati erano stati effettivamente eseguiti, ma che la stessa (OMISSIS) s.r.l. aveva ricevuto il pagamento tramite un bonifico bancario dalla ditta committente, emettendo in suo favore una regolare fatturazione. Per l’esecuzione dei lavori, inoltre, la (OMISSIS) s.r.l. aveva acquistato il materiale necessario dalla (OMISSIS) s.r.l. e da altre ditte, pagandolo regolarmente tramite bonifico bancario. Ne discende che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale del riesame, la fattura n. (OMISSIS) e’ regolare e l’indagato non ha posto in essere alcuna attivita’ volta ad impedire l’individuazione dell’origine illecita del denaro. Insufficiente, infine, deve ritenersi, al riguardo, il contenuto delle due intercettazioni effettuate a carico del ricorrente.

2.2. Si deduce, inoltre, l’esistenza di vizi motivazionali e di violazioni di legge in relazione alle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c), non avendo il Tribunale motivato in merito alla eventuale permanenza del pericolo di recidiva a seguito della dedotta circostanza delle dimissioni del ricorrente dalla carica di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l..

2.3. Violazioni di legge in relazione all’applicazione dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 non sussistendo in capo al ricorrente – che peraltro non conosceva il (OMISSIS) – alcuna volonta’ specifica di favorire un’associazione criminale.

3. Il difensore di (OMISSIS) – indagato, quale vice-presidente e consigliere della cooperativa sociale (OMISSIS), per i reati di cui all’articolo 416-bis c.p., commi 1, 2, 4, 6 e 8 (capo sub 1) e articolo 353 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo suo 16) – ha proposto ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

3.1. Erronea interpretazione della legge penale in relazione alla configurazione dell’articolo 416-bis c.p., poiche’ le evidenze procedimentali non consentono di affermare che l’indagato fosse consapevole dell’esistenza di una compagine associativa e di un programma criminoso, tenuto conto del fatto che l’ipotetico coordinamento tra i due gruppi facenti capo al (OMISSIS) ed al (OMISSIS) – quest’ultimo operativo solo sul terreno dei rapporti con la p.a. – si sarebbe verificato solo negli ultimi anni, in coincidenza con l’avvento della Giunta guidata dal sindaco (OMISSIS), e che, al piu’, vi sarebbe una occasionale convergenza di interessi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base delle rispettive “competenze” di settore, senza che sull’attivita’ delle imprese cooperative sia riscontrabile alcun riflesso del potere criminale di cui si avvarrebbe il (OMISSIS). Tutt’altro che nota, poi, risulterebbe la supposta forza intimidatoria esterna dell’associazione, mentre dalle varie conversazioni oggetto d’intercettazione emergerebbe solo un costante lavorio di relazioni che i collaboratori del (OMISSIS), fra i quali l’indagato, intrattengono da tempo con alcuni esponenti dei settori della pubblica amministrazione oggetto dell’attivita’ delle cooperative.

3.2. Violazioni di legge e contraddittorieta’ della motivazione in relazione all’applicazione dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, mancando la prova della cosciente ed univoca finalizzazione dell’attivita’ delittuosa all’agevolazione del sodalizio criminale, atteso che il suo referente nell’unico reato-fine contestatogli, ossia il direttore generale di (OMISSIS) s.p.a. (OMISSIS), non era in grado di percepire tale realta’, poiche’ interloquiva solo con il (OMISSIS) e mai con il (OMISSIS).

3.3. Vizi motivazionali in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’indagato, non emergendo da alcuna delle conversazioni ambientali o telefoniche riportate nell’ordinanza elementi idonei ad integrare la contestata fattispecie. Dal contenuto di tali conversazioni, infatti, emergono unicamente le relazioni istituzionali intrattenute dall’indagato in virtu’ del suo ruolo e delle funzioni esercitate all’interno della predetta cooperativa, senza alcun intervento del (OMISSIS) e senza alcun indizio riguardo alla consapevolezza di far parte di un sodalizio di stampo mafioso.

3.3.1. Si deduce, altresi’, la violazione del principio di legalita’ e tipicita’ ex articolo 25 Cost., sotto il profilo che la qualificazione dell’organizzazione criminale in esame come associazione di stampo mafioso e’ il frutto di una complessa ed imprevedibile evoluzione giurisprudenziale, tale da configurare un overruling interpretativo con ben diverse conseguenze rispetto all’ipotetica adesione del ricorrente ad un’associazione ordinaria.

3.4. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine all’applicazione degli articoli 274 e 275 c.p.p., sia per l’evidenziato pericolo di recidiva che per i principii di adeguatezza e proporzionalita’, dovendosi tener conto della personalita’ dell’indagato e del fatto che le cooperative sono state sequestrate, con la nomina di tre amministratori giudiziari che ne hanno assunto la gestione amministrativa dopo le dimissioni irrevocabili del (OMISSIS).

3.5. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 30 marzo 2015, i difensori, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), hanno illustrato, nell’interesse del predetto indagato, ulteriori argomentazioni e deduzioni a sostegno dei motivi principali, con particolare riferimento all’insussistenza del profilo psicologico del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., insistendo nell’accoglimento del ricorso.

Si evidenzia, in particolare, il fatto che la mera presenza del (OMISSIS) ad alcune delle riunioni svoltesi presso la sede della cooperativa, unitamente alla consapevolezza di un suo particolare rapporto con il (OMISSIS), non possono avere alcuna valenza indiziaria in ordine alla contestata ipotesi associativa, specie ove si consideri che l’indagato da anni svolgeva un ruolo di collegamento tra la cooperativa e gli organi istituzionali, mantenendo quelle relazioni sociali indispensabili allo svolgimento di qualsiasi attivita’ di tipo imprenditoriale. La mancata consapevolezza dell’esistenza di un’associazione di stampo mafioso, peraltro, esercita la sua influenza anche sull’aggravante di cui all’articolo 7, contestata con riferimento all’unico reato-fine attribuito al ricorrente: aspetto, questo, che rivela una palese contraddittorieta’ nell’ordinanza, laddove, da un lato, si afferma la presenza dell’aggravante, e, dall’altro, si afferma che il referente del (OMISSIS), ossia il (OMISSIS), non avrebbe percepito la realta’ criminale di stampo mafioso della quale il primo era partecipe, con la conseguente esclusione del riconoscimento dell’aggravante nei suoi confronti.

Si deduce, infine, l’inesistenza delle esigenze cautelari, e in particolare del pericolo di recidiva, laddove si omette di considerare che le cooperative strumento del programma criminoso degli indagati sono tutte sotto sequestro e gestite da amministratori giudiziari, a seguito delle dimissioni irrevocabili presentate dal (OMISSIS).

4. Avverso la su indicata ordinanza, inoltre, ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. (OMISSIS), nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), indagati del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. (capo sub 1), il primo quale organizzatore, gli altri come partecipi, deducendo i motivi di doglianza di seguito sinteticamente illustrati.

4.1. Vizi motivazionali in relazione agli articoli 125, 127 e 309 c.p.p., per avere il Tribunale del riesame omesso di motivare con riferimento al contenuto della memoria difensiva presentata a sostegno della richiesta di riesame, ove era stata evidenziata l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, prospettando la diversita’ e autonomia di due distinte associazioni per delinquere (l’una qualificata, l’altra non qualificata, ma solo aggravata Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7) facenti capo, rispettivamente, al (OMISSIS) ed al (OMISSIS), poi unificate, ma solo in occasione della richiesta di misura cautelare, in un’organizzazione criminale facente capo ad entrambi.

4.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., non avendo il Tribunale tenuto conto dell’assenza di atti significativi e di precedenti giudiziari da cui attingere per delineare la comune credenza di una fama criminale sprigionata dal gruppo di persone che ruotavano attorno alla figura del (OMISSIS), peraltro mai condannato o sottoposto ad indagine per fatti del tipo di quelli considerati nelle imputazioni articolate in sede cautelare.

4.2.1. Si deduce, al riguardo, l’omessa motivazione sulla comune appartenenza di (OMISSIS) e (OMISSIS) ad una stessa associazione: sotto tale profilo, l’iter logico del provvedimento impugnato si caratterizza per un ragionamento del tutto astratto e slegato dalle concrete modalita’ di azione dell’associazione, ipotizzando la presenza di una sola, grande, organizzazione, senza tener conto che i settori in cui rispettivamente operavano il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) non avevano punti di contatto fra loro, dal momento che le cooperative del (OMISSIS) esistevano gia’ molto tempo prima che le attivita’ investigative consentissero di accertare il primo contatto tra i due “mondi”, quello di “sinistra” e quello di “destra”, a partire dalla seconda meta’ del 2012, in concomitanza con la realizzazione del campo nomadi.

4.2.2. Si contesta, inoltre, l’omessa motivazione sull’asserita appartenenza del (OMISSIS) alla struttura imprenditoriale di (OMISSIS), laddove si omette non solo di spiegare come e quando i metodi del primo avrebbero contaminato l’attivita’ svolta dalle cooperative del secondo, ma di considerare anche la circostanza che dal 2010 al 2012 – anni nel corso dei quali il (OMISSIS) ha ricevuto degli appalti – mai erano emersi a livello investigativo contatti tra i due diversi settori di appartenenza. La commistione tra le due attivita’ non risulta in alcun modo dimostrata, ne’ vengono precisati quelli che sarebbero stati i ruoli rivestiti dai collaboratori di (OMISSIS) ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), ritenuti intranei all’associazione e pienamente consapevoli dei suoi scopi.

Nella stessa prospettiva si deduce, ancora, che non puo’ essere ritenuta sufficiente, per la prova del necessario accordo associativo, l’esistenza di relazioni interpersonali tra (OMISSIS) e (OMISSIS), e che i rapporti da costoro intrattenuti con gli imprenditori ritenuti collusi – ossia, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – non rivelano affatto aspetti di intimidazione o commistioni di interessi criminosi idonei ad evidenziare, sul piano della prova indiziaria, quali siano gli indici di mafiosita’ dell’associazione e il contributo fornito dal (OMISSIS). Non risulta chiaro, pertanto, il condizionamento esercitato sulla pubblica amministrazione mediante atti di intimidazione commessi con minacce espresse o larvate, o, ancora, facendo pesare la cd. fama criminale.

Ne’ si e’ dimostrato, sul piano causale, che l’incremento degli appalti ricevuti dalla (OMISSIS) e da (OMISSIS) – entrambe operanti da molti anni – siano il frutto di un’attivita’ di intimidazione o di altro tipo di attivita’ illecita del sodalizio.

4.2.3. Nessuno degli episodi e delle circostanze menzionati nell’ordinanza (ad es., l’aiuto al (OMISSIS) per la realizzazione di una speculazione edilizia nel quartiere (OMISSIS), i rapporti di (OMISSIS) con (OMISSIS) nel corso dei qual il primo avrebbe vantato e caratteristiche di (OMISSIS), ecc.) rivela i connotati di una forza intimidatrice promanante da un gruppo organizzato, ne’ gli stessi paiono in alcun modo veicolati attraverso le cooperative del (OMISSIS). Ai fini della integrazione del reato de quo, tuttavia, non basta un’occasionale partecipazione di un soggetto dotato di spessore criminale, essendo necessari atti e comportamenti concreti, o, comunque una spendita della fama criminale. Non v’e’, dunque, alcuna dimostrazione della condivisione, da parte dell’intero gruppo, della fama criminale del (OMISSIS) e della volonta’ di avvalersi della sua forza di intimidazione per le varie attivita’ poste in essere. Quest’ultimo, peraltro, era stato assunto in una cooperativa sociale del (OMISSIS) e ne era divenuto socio ai sensi della Legge n. 381 del 1991, in quanto portatore di invalidita’ fisica nella misura dell’80%.

4.3. Vizi motivazionali in relazione all’esteriorizzazione dei poteri di tipo mafioso, laddove si ipotizzano prevaricazioni commesse in danno di rappresentanti delle societa’ concorrenti del (OMISSIS) e si richiamano gli episodi inerenti ai rapporti con la cooperativa (OMISSIS) e allo svolgimento di una gara dell’ (OMISSIS) sulla raccolta differenziata, senza tuttavia precisare quali siano stati gli elementi di un atteggiamento intimidatorio che il (OMISSIS) avrebbe assunto nell’occasione. Anche in relazione alle condotte di turbativa d’asta rispettivamente contestate nei capi sub 26) e sub 16) non e’ rinvenibile alcuna forma di violenza e minaccia, essendo ivi ipotizzate solo condotte collusive intese a concertare la presentazione di documentazione fuori termine, ovvero a concertare la presentazione delle domande e predeterminare il contenuto delle assegnazioni. Contrariamente all’assunto accusatorio, poi, si deduce la piena liceita’ delle scelte operate con le varie Delib. dell’amministrazione comunale (ad es., per il campo nomadi, ovvero per l’emergenza neve e le piste ciclabili), delle cui iniziative si sarebbero indebitamente avvantaggiate le cooperative del (OMISSIS), atteso che in nessun caso era possibile individuare, al di la’ di eventuali condotte di tipo corruttivo, la manifestazione di atti intimidatori ovvero l’espressione di una situazione di condizionamento e soggezione degli organi amministrativi alla volonta’ del gruppo facente capo al (OMISSIS). In relazione agli unici episodi sintomatici di una espressione di forza verso l’esterno (ossia, le conversazioni telefoniche in cui (OMISSIS) riferisce ai suoi interlocutori degli interventi di (OMISSIS), ovvero quelle in cui, conversando con il (OMISSIS), lo sollecitava ad intervenire per aiutarlo nell’approvazione della Delib. sul campo nomadi di (OMISSIS), nonche’ a risolvere le problematiche relative alla riscossione di un credito vantato dalla cooperativa con l’Ente EUR), si tratterebbe di “parole in liberta’”, per le quali non si e’ proceduto a verificare se alle stesse avessero effettivamente fatto seguito i comportamenti ivi narrati: per alcune di tali situazioni, del resto, ad es. per il pagamento del credito vantato da (OMISSIS) nei confronti dell’Ente EUR, si era gia’ evidenziato come il coinvolgimento del (OMISSIS) non avesse sortito alcun effetto, poiche’ la cooperativa aveva dovuto accettare le richieste del debitore all’esito di una lunga trattativa. Neanche in altre situazioni riferite nell’ordinanza (procedura competitiva per la manutenzione ordinaria delle aree verdi delle ville storiche) vi sarebbero, infine, indizi rilevanti di un controllo mafioso del settore economico.

4.3.1. Si deduce, ancora, l’esigenza di distinguere eventuali fatti di corruzione configurabili all’interno di una realta’ politico-sociale degradata e compromessa, perche’ basata sul clientelismo e sulle relazioni personali, dall’esercizio di una forza di intimidazione che necessariamente connota l’associazione di tipo mafioso. In tal senso, non e’ possibile rinvenire agli atti un’adesione del (OMISSIS) ad un accordo criminale di tipo mafioso, ne’ e’ possibile rinvenire elementi che facciano ritenere che la gestione delle sue cooperative avvenisse con il contributo determinante del (OMISSIS) sia in termini di gestione che economici, ovvero che quest’ultimo sarebbe intervenuto con ruoli decisionali alle riunioni presso la sede della predetta cooperativa.

4.3.2. Si lamenta, infine, l’assenza di motivazione riguardo alla presenza delle ulteriori condizioni di assoggettamento e di omerta’ che dovrebbero conseguire alla forza di intimidazione, come pure in ordine all’ipotizzata rete di collegamenti con altre associazioni criminali dello stesso tipo, operanti in Roma e nel resto d’Italia, con le quali tuttavia il (OMISSIS) non avrebbe avuto contatti, diretti o indiretti, neppure avvalendosi delle relazioni che il (OMISSIS) potrebbe aver avuto con i loro esponenti. Anche con riferimento all’evocato intervento di soggetti legati alla ‘ndrangheta nella costituzione, d’accordo con il (OMISSIS), di una cooperativa destinata a gestire l’appalto per la pulizia del mercato (OMISSIS), risulterebbe comunque privo di qualsiasi dimostrazione il fatto che quei soggetti abbiano agito alle strette dipendenze del loro clan di appartenenza.

4.4. Con riferimento alle specifiche posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), inoltre, si censura il fatto che l’ordinanza impugnata ha omesso di considerare gli elementi necessari per ritenere perfezionata l’ipotizzata fattispecie di partecipazione all’associazione.

Al riguardo, per ciascuno dei suddetti ricorrenti, si deducono violazioni di legge e vizi motivazionali, anche per travisamento delle prove, in ordine alla ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione al reato di cui all’articolo 416-bis c.p..

4.4.1. Per quel che attiene alla posizione di (OMISSIS), non si dimostra alcun indizio di condotte intimidatrici nei rapporti intercorsi con gli organi amministrativi comunali, riguardo ai contestati interventi volti ad accelerare l’approvazione delle Delib. dirigenziali relative alla vicenda del cd. campo nomadi. Del tutto apodittica, poi, risulterebbe l’affermazione della sua consapevolezza di far parte di una organizzazione facente capo al (OMISSIS), non potendosi desumere, al riguardo, alcun elemento indiziario dalle conversazioni oggetto d’intercettazione.

4.4.2. Analoghe considerazioni vengono svolte in ordine alle posizioni di (OMISSIS) – della cui collaborazione al sodalizio il Tribunale non ha offerto alcuna spiegazione in risposta alle deduzioni difensive – e di (OMISSIS), non avendo l’ordinanza impugnata dato conto degli artifici contabili che egli, quale commercialista e direttore amministrativo della cooperativa, avrebbe contribuito a predisporre in favore dell’organizzazione attraverso l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, ovvero attraverso la gestione di una documentazione “in nero” ove erano annotate le uscite che non potevano essere contabilizzate. Al piu’, gli elementi raccolti nel corso delle indagini potrebbero ritenersi indicativi di una sua partecipazione ad episodi corruttivi, per il contributo da lui fornito alla produzione della provvista necessaria per le dazioni di denaro a cio’ destinate, ma senza alcun rilievo dimostrativo del suo stabile inserimento nell’associazione facente capo al (OMISSIS).

4.4.3. Anche in ordine alla posizione di (OMISSIS) si sottolinea come nessun rilievo indiziario, ai fini dell’adesione ad un programma criminale di tipo associativo, possa attribuirsi alla presa di contatti con pubblici funzionari per ottenere notizie in merito alle gare di appalto, ai rapporti intercorsi con il direttore generale dell’ (OMISSIS), (OMISSIS), nei relativi episodi di turbativa d’asta, ovvero alla partecipazione a riunioni cui aveva presenziato anche il (OMISSIS), e dove sarebbero state pianificate le strategie operative del contestato sodalizio, trattandosi di comportamenti dai quali non e’ emersa alcuna prova della condivisione dei metodi che caratterizzano quel tipo di associazione.

5. Con riferimento alle posizioni di (OMISSIS) – indagata per i reati di cui ai capi sub 16) e 25) – e di (OMISSIS) – indagato per i reati di cui ai capi sub 18) e 19) – il difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo i motivi qui di seguito indicati.

5.1. Vizi motivazionali con riferimento alla sussistenza del requisito della gravita’ indiziaria, atteso che dall’ordinanza impugnata non emerge alcun contributo materiale da parte della predetta indagata, ma solamente un ruolo passivo della stessa nell’avere ascoltato, durante alcune conversazioni oggetto d’intercettazione, i presunti programmi illeciti ideati dal (OMISSIS) riguardo all’episodio legato alla ipotizzata turbativa della gara (OMISSIS) per il multimateriale. Del tutto assente, inoltre, deve ritenersi il ruolo della (OMISSIS) riguardo all’episodio corruttivo nel quale e’ coinvolto il funzionario comunale (OMISSIS) per gli interventi occorrenti per la manutenzione ordinaria delle aree a verde delle ville storiche. Nessun comportamento concreto, infine, e’ emerso a carico del (OMISSIS) riguardo all’ipotizzata turbativa d’asta commessa nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune di (OMISSIS) e alla conseguente corruzione del Sindaco e del responsabile dell’U.T.C..

5.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, contestata alla (OMISSIS) con affermazioni del tutto apodittiche e prive di qualsiasi dimostrazione.

5.3. Vizi motivazionali, anche per travisamento del fatto, con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari e al principio di adeguatezza ex articoli 274 e 275 c.p.p., non trovando applicazione, al riguardo, la presunzione di pericolosita’ di cui al terzo comma dell’articolo 275 c.p.p.. Per la (OMISSIS) il Tribunale ha erroneamente ritenuto che avesse riportato una condanna per omicidio, mentre per il (OMISSIS) si e’ limitato a rilevare, genericamente, la marginalita’ della sua posizione in quanto mero subordinato del (OMISSIS): in entrambi i casi, pero’, il Tribunale ha fornito una motivazione di stile, non rispondente a canoni di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c), tenuto conto del fatto che sia (OMISSIS) che (OMISSIS) erano sostanzialmente dipendenti delle cooperative di (OMISSIS).

6. Avverso la su indicata ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS) – indagato, quale imprenditore colluso, per i reati di partecipazione all’associazione di cui all’articolo 416-bis c.p. (capo sub 1), di trasferimento fraudolento di valori di cui al capo sub 9) e di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al capo sub 22) – deducendo cinque motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

6.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza del carattere mafioso del sodalizio di cui al capo sub 1), atteso che in nessuno degli elementi di prova riportati nell’ordinanza e’ possibile rinvenire il requisito strutturale del ricorso al metodo mafioso, ovvero l’uso della carica intimidatrice connessa all’esistenza stessa e alla riconoscibilita’ all’esterno dell’associazione, mentre la ipotizzata potenzialita’ intimidatoria e’ stata dal Tribunale ricollegata unicamente ad un suo appartenente, ossia alla figura del (OMISSIS) ed al suo “prestigio criminale”, senza farla derivare dal vincolo associativo, come elemento del patrimonio del gruppo.

6.2. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla consapevole partecipazione dell’indagato al reato di cui all’articolo 416-bis c.p., per non avere il Tribunale considerato che i contatti intercorsi con il (OMISSIS) dovevano inquadrarsi nel contesto di rapporti di natura affaristica, ossia all’interno di una dinamica relazionale fra un imprenditore interessato ad espandere la sua attivita’ ed un abile procacciatore di incarichi visto, dalla sua prospettiva, come un canale propizio ad accrescere il suo volume d’affari: circostanza, questa, dimostrata non solo dal fatto che la conoscenza fra i due era circoscritta temporalmente, ma anche per il fatto che era del tutto svincolata dalla condivisione di informazioni estranee all’area degli interessi imprenditoriali ed economici della (OMISSIS) s.r.l.. Ne’ il Tribunale ha motivato circa l’effettiva consapevolezza, da parte dell’indagato, dell’esistenza di una societas sceleris, delle sue modalita’ operative e dell’impiego del cd. metodo mafioso, non essendo rinvenibile nel materiale investigativo alcun elemento dimostrativo che egli fosse venuto a conoscenza del ricorso da parte del sodalizio alle modalita’ di cui all’articolo 416-bis c.p., comma 3.

Utili elementi in tal senso non possono trarsi neanche dal contenuto delle captazioni telefoniche ed ambientali riportate nel corpo del provvedimento, che potrebbero semmai dimostrare solo la conoscenza delle passate vicende giudiziarie del (OMISSIS) ed il suo accostamento, risalente nel tempo, ad altre organizzazioni criminali, ma non dell’attuale ricorso, da parte di una struttura organizzata, alla forza di intimidazione connessa alla sua esistenza. Nessun elemento di prova, infine, dimostra l’oggetto delle conversazioni che si sarebbero tenute in occasione della partecipazione alle riunioni programmatiche svolte presso l’abitazione del (OMISSIS).

6.3. Violazioni di legge ex articolo 125 c.p.p., comma 3, e vizi motivazionali in ordine al reato di cui al capo sub 9) dell’imputazione (Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies, comma 1), per non avere il Tribunale considerato gli argomenti esposti nella memoria difensiva presentata in sede di riesame, ove si contestava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza riguardo alla ritenuta fittizieta’ dell’intestazione della titolarita’ dell’immobile in capo alla convivente del (OMISSIS), (OMISSIS): senza negare la partecipazione del ricorrente alla fase delle trattative e a quella della stipula della compravendita in qualita’ di intermediario interessato ai lavori di ristrutturazione dell’abitazione, si era devoluto all’attenzione del Tribunale lo specifico punto – rimasto pero’ privo di risposta – relativo al fatto che la stessa (OMISSIS) aveva contribuito per tre quarti all’acquisto dell’immobile attraverso l’accensione di un mutuo bancario ed attingendo a proprie risorse familiari.

Sotto altro profilo si deduce anche il difetto di tipicita’ della contestata fattispecie, che presuppone l’alterita’ soggettiva di colui che si vede attribuire la titolarita’ del bene oggetto dell’operazione economica sottostante, quando invece, nel caso in esame, e’ proprio l’intestataria del bene ad averla finanziata, contribuendo, per una parte rilevante, all’acquisto dell’immobile.

6.4. Violazioni di legge ex articolo 125 c.p.p., comma 3, e vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, in relazione al reato di emissione (da parte della (OMISSIS) s.r.l. nei confronti delle imprese cooperative del (OMISSIS)) di fatture per operazioni inesistenti contestato al capo sub 22), per non avere il Tribunale considerato gli argomenti esposti nella memoria difensiva presentata in sede di riesame, ove si deduceva che l’attivita’ di sovrafatturazione della societa’ del (OMISSIS) era preordinata a giustificare sul piano contabile, da parte della (OMISSIS), l’introito di somme a titolo di pagamento dei lavori di ristrutturazione edile da questa effettivamente compiuti in favore del (OMISSIS) e della sua compagna, cio’ che escludeva la preordinazione teleologia della condotta al rafforzamento della consorteria.

6.5. In via subordinata si deducono, infine, violazioni di legge e vizi motivazionali, per illogicita’ e carenza, in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, avuto riguardo alle diverse conseguenze che potrebbero derivare in favore dell’indagato dalla riqualificazione della fattispecie attualmente in contestazione alla stregua dell’ipotesi di reato di cui agli articoli 110 e 416-bis c.p., ravvisando nella fattispecie in esame, anche in ragione della sostanziale alterita’ degli interessi perseguiti dalle parti, la figura del concorrente esterno nel reato associativo.

6.6. Con memoria depositata nella Cancelleria di questa Suprema Corte in data 3 aprile 2015, il difensore, Avv. (OMISSIS), ha illustrato ulteriori argomentazioni e deduzioni a sostegno dei motivi principali, con particolare riferimento all’insussistenza dei presupposti di configurabilita’ del reato di cui all’articolo 416-bis c.p., insistendo nell’accoglimento del ricorso.

Si evidenzia, in particolare, il fatto che la forza di intimidazione dovrebbe necessariamente promanare dall’associazione e non dai singoli partecipi della stessa, cosi’ come la condizione di assoggettamento ed omerta’ presso coloro che vi si rapportano, dovendo la stessa derivare dalla conoscenza del sodalizio e dei suoi “metodi operativi”, non dalla fama o dal passato criminale di un suo partecipe. In tal senso, infatti, il Tribunale ha elencato alcuni episodi rivelatori, semmai, della sola capacita’ “persuasiva” del (OMISSIS), ma non certo della pretesa forza di intimidazione dell’intera organizzazione, omettendo al contempo qualsivoglia motivazione sulla presunta acquisizione di tale forza intimidatrice da parte del sodalizio nel corso del tempo, ovvero sull’effettivo ricorso, di volta in volta, all’esercizio di tale vis nei rapporti con i terzi.

7. Il difensore di (OMISSIS) – indagato per i reati di favoreggiamento personale aggravato dal Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (capo sub 31) e dei reati di trasferimento fraudolento di valori cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies (capi sub 32), 33) e 34) – ha proposto ricorso per cassazione deducendo sette motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.

7.1. Premessa una censura di ordine generale sull’assenza, nell’ordinanza impugnata, di una valutazione critica autonoma delle fonti indiziarie, per avere la stessa motivato per relationem all’ordinanza del G.i.p., che a sua volta conteneva una pedissequa trascrizione della richiesta del P.M. e dell’informativa finale degli organi d’indagine, si deduce in primo luogo il vizio di violazione di legge in relazione all’articolo 310, comma 9, articolo 125, comma 3 e articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), per omessa motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza riguardo al capo sub 31).

Nella memoria presentata dalla difesa in sede di riesame erano state illustrate delle argomentazioni riguardo all’impossibilita’ di ravvisare il reato di favoreggiamento nella condotta contestata, poiche’ l’intervento dell’imputato si era verificato in un momento in cui tutti i presunti “favoriti” erano gia’ a conoscenza dell’esistenza dell’applicazione tecnica presso lo studio legale richiamato nell’imputazione.

Si era inoltre rilevato che la conoscenza dell’esistenza del dispositivo era giunta al (OMISSIS) attraverso i propri legali e a questi dal (OMISSIS), soggetto che, paradossalmente, secondo l’accusa, sarebbe stato aiutato dal (OMISSIS) ad eludere le investigazioni in atto nei loro confronti, individuando un’applicazione tecnica che consentiva l’intercettazione ambientale all’interno dello studio legale. L’intervento del (OMISSIS), quindi, non poteva considerarsi una “bonifica”, perche’ la posizione del dispositivo gli era stata indicata da uno degli avvocati dello studio, e lo stesso era pertanto inidoneo ad integrare il del reato contestato, non essendovi stata alcuna condotta di identificazione ed eliminazione del dispositivo a seguito di una mera esclamazione da lui effettuata in quella circostanza.

Ne’, infine, l’ordinanza spiega la ragione per cui la commissione del reato doveva riconnettersi al rilevato allontanamento di uno dei legali dal proprio studio ed al fatto di non aver provveduto a rimuovere il predetto dispositivo.

7.2. Violazioni di legge in relazione all’integrazione del reato di cui all’articolo 378 c.p., poiche’ l’indagato non ha fornito la notizia sull’esistenza del dispositivo, ma addirittura l’ha appresa dai suoi legali attraverso la specifica indicazione del luogo dove l’applicazione era collocata, difettando in tal modo nel suo comportamento l’idoneita’ a creare una situazione di miglioramento rispetto alle indagini svolte nei confronti dei presunti soggetti attivi dei reati-presupposto. Il Tribunale, inoltre, ha desunto la ricorrenza dell’elemento psicologico da un contatto fra l’indagato ed il (OMISSIS) che in realta’ non e’ mai avvenuto, cosi’ come evidenziato nei motivi di riesame.

7.3. Violazione di legge in relazione all’articolo 310 c.p.p., comma 9, articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), per omessa motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza riguardo ai reati di cui ai capi sub 32), 33) e 34), non avendo il Tribunale considerato le contrarie argomentazioni esposte dalla difesa nella memoria presentata in sede di riesame.

7.4. Violazione di legge in relazione all’articolo 103 c.p.p., commi 5 e 7, ed all’inutilizzabilita’ delle intercettazioni nn. 99 e 100 dell’11 aprile 2013, aventi ad oggetto conversazioni registrate all’interno dello studio legale del difensore del (OMISSIS), che erano in effetti incentrate sui reali motivi che avevano portato le Forze dell’Ordine a sottoporre a misura precautelare il predetto indagato.

7.5. Violazioni di legge in relazione alla fattispecie di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12-quinquies, contestata al capo sub 33) – disponibilita’ di una villa in (OMISSIS) ubicata al “(OMISSIS)” – avendo il Tribunale ritenuto erroneamente configurabile il delitto con riferimento ad un bene di proprieta’ demaniale marittima, rispetto al quale nessun provvedimento ablativo avrebbe potuto emettersi, neanche nell’ambito di un eventuale procedimento di prevenzione a carico dell’indagato. Dalla stessa documentazione prodotta dal P.M., del resto, emergeva l’impossibilita’ di ravvisare alcun diritto di proprieta’, reale o fittizia, sul bene, in quanto rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato. Anche in relazione a tale profilo, infine, era stata proposta una specifica doglianza difensiva in sede di riesame, che il Tribunale tuttavia non ha ritenuto di considerare.

7.6. Violazione di legge in relazione all’articolo 275 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, per omessa motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, non avendo il Tribunale pronunziato sulle doglianze al riguardo espresse dalla difesa nella memoria illustrativa dei motivi di riesame.

7.7. Violazione di legge in relazione al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e articolo 378 c.p., non avendo il Tribunale motivato sulla consapevolezza dell’esistenza del metodo mafioso utilizzato dai soggetti agevolati nella perpetrazione dei reati commessi dall’associazione, rispetto alla quale, del resto, proprio le indagini avevano accertato l’assoluta estraneita’ del (OMISSIS).

8. Il difensore di (OMISSIS) – indagato in ordine ai reati di cui agli articoli 110, 318 e 319 c.p., quale intermediario tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione all’ipotesi d’accusa formulata nel capo sub 35) – ha proposto ricorso per cassazione deducendo i motivi qui di seguito indicati.

8.1. Violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, non essendo stati individuati in concreto i comportamenti che fonderebbero l’ipotizzato coinvolgimento nel ruolo di intermediario tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con riferimento alla su indicata ipotesi di reato: non e’ stato chiarito, in particolare, quale fosse l’atto contrario ai doveri d’ufficio relativamente al quale lo (OMISSIS) avrebbe agito da intermediario. Si deduce, inoltre, che la sua figura e’ stata scambiata e confusa con quella di (OMISSIS), pur essendo egli estraneo alle relazioni ed ai rapporti di conoscenza intrattenuti dagli altri coindagati, i cui incontri avvenivano a prescindere dalla presenza o dalla intermediazione di (OMISSIS).

Egli ha svolto, in definitiva, un’attivita’ di collaborazione regolarmente retribuita all’interno delle cooperative, nella quale rientrava anche, ma non certo in via esclusiva, quella di ricerca di immobili da locare in favore della cooperativa del (OMISSIS).

8.2. Vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari consistenti nel pericolo di reiterazione delle condotte criminose, che il Tribunale ha individuato adducendo semplicemente “i diretti interessi nel mondo delle cooperative”, senza considerare che l’indagato, peraltro incensurato, svolge da tempo una regolare attivita’ lavorativa all’interno di una societa’ cooperativa, con un ruolo del tutto occasionale e marginale.

Nessuna prognosi, infine, e’ stata effettuata dal Tribunale riguardo alla possibilita’ di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell’articolo 275 c.p.p., comma 2 bis.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Occorre preliminarmente esaminare, per evidenti priorita’ di ordine logico, alcuni motivi di doglianza comuni ai ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed in particolare quelli concernenti il requisito di gravita’ del compendio indiziario delineato dai Giudici di merito in ordine alla ipotizzata fattispecie associativa di cui all’articolo 416-bis c.p. ed i connessi problemi di qualificazione giuridica delle relative condotte.

2. Al riguardo, una prima serie di censure concerne la sussistenza, in quanto tale, della ipotizzata struttura organizzativa e, in specie, la fusione dei gruppi facenti capo al (OMISSIS) ed al (OMISSIS), in forza della quale sarebbe ravvisabile un “salto di qualita’” del sodalizio.

2.1. Entro tale prospettiva, l’ordinanza impugnata ha richiamato l’ampia motivazione che sorregge il provvedimento cautelare genetico, ponendo in luce il progressivo consolidamento degli elementi strutturali di una complessa organizzazione, definita “a raggiera” ovvero “a reticolo”, al cui vertice e’ stato individuato (OMISSIS).

Questo gruppo operava, in una prima fase della sua formazione, attraverso articolazioni diramate nel settore delle attivita’ criminali di tipo “tradizionale” (dunque, in materia di usura, estorsione, recupero crediti con metodi violenti, ecc), e in parte in quello tipicamente imprenditoriale.

Articolazioni settoriali, quelle ora indicate, che i Giudici di merito hanno ritenuto non rigidamente suddivise, ma connotate da numerose interconnessioni fra le diverse aree di intervento e i vari sodali che ne hanno preso parte, e sostanzialmente unificate dalla preminente figura del (OMISSIS), persona dal rilevante ed assai noto passato criminale in ragione dell’appartenenza ai N.A.R., della contiguita’ con la c.d. “banda della (OMISSIS)” e dei numerosi precedenti penali in clamorose vicende giudiziarie.

Costui, avvalendosi dei suoi piu’ stretti collaboratori, esercitava un controllo totale sulle multiformi attivita’ di tale prima associazione, rapportandosi di volta in volta, quale riconosciuto punto di riferimento degli altri suoi membri, anche con esponenti dell’amministrazione capitolina, con funzionari delle forze dell’Ordine, con i capi di altre organizzazioni criminali insediatesi nella Capitale, oltre che con criminali comuni.

Sulla base del rilevante quadro indiziario delineato, in particolare, dalle risultanze offerte dalle attivita’ di intercettazione telefonica ed ambientale, i Giudici di merito hanno specificamente posto in rilievo le caratteristiche di questo primo nucleo del sodalizio, ove il (OMISSIS) si e’ avvalso della stabile collaborazione offertagli da (OMISSIS), gestore di un distributore (OMISSIS) in (OMISSIS), utilizzato quale base logistica delle attivita’ del gruppo, da (OMISSIS), coordinatore delle attivita’ criminali nei settori delle estorsioni e del “recupero crediti”, e da (OMISSIS), utilizzato per compiere atti di intimidazione volti a realizzare gli scopi dell’organizzazione.

A costoro si affiancavano imprenditori consapevoli del passato criminale del (OMISSIS) e della forza di intimidazione e penetrazione esercitata dal gruppo anche in ambienti politico-amministrativi. In tal senso, il Tribunale del riesame ha menzionato i casi di taluni imprenditori operanti nel settore dell’edilizia (ad es., (OMISSIS), nei cui confronti il (OMISSIS) ha svolto per alcuni mesi una funzione di “protezione”), in quello della ristorazione ( (OMISSIS)), nonche’ in quelli del “movimento terra” e della gestione di appalti di vario tipo, come, ad es., quelli relativi alla manutenzione ed ampliamento dei prefabbricati nel campo nomadi di Castel Romano ( (OMISSIS)), dei quali piu’ avanti si dira’.

2.2. Con riferimento al settore della pubblica amministrazione, inoltre, l’ordinanza impugnata ha rilevato come l’organizzazione criminale faceva leva, soprattutto al fine di ottenere nomine di pubblici amministratori compiacenti o corruttibili, sul contributo di conoscenze ed entrature politico-istituzionali acquisite in anni di militanza politica da (OMISSIS), che aveva assunto un “ruolo di cerniera” tra il settore imprenditoriale operante nell’area pubblica e quello politico, ereditando il ruolo che gia’ (OMISSIS) (amministratore delegato di ” (OMISSIS) s.p.a.” e di numerose aziende operanti nel settore pubblico e privato) aveva esercitato, prima del suo arresto, all’interno dell’amministrazione comunale.

Orbene, proprio in relazione al settore della pubblica amministrazione l’ordinanza impugnata ha individuato il verificarsi del ricordato “salto di qualita’” nelle attivita’ dell’associazione in esame, in quanto avvenuto, per un verso, grazie ai rapporti di amicizia e comune militanza politica intrattenuti dal (OMISSIS) con persone (ad es., (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) che avevano assunto importanti responsabilita’ amministrative e di direzione (nell’Ente (OMISSIS) s.p.a., nel Consiglio comunale e nell’ (OMISSIS) s.p.a.) a seguito del mutamento di vertice nell’amministrazione capitolina, e, per altro verso, e soprattutto, grazie all’accordo intervenuto con (OMISSIS) e la struttura imprenditoriale da lui organizzata e gestita.

Quest’ultimo, infatti, controllava una vasta rete di cooperative dal rilevante peso economico, nate circa ventotto anni prima con lo scopo di far lavorare, anche attraverso la stipula di convenzioni con il Comune di Roma, persone gia’ detenute che non potevano godere di tutti i diritti civili, e successivamente ampliatesi in altre direzioni, come, ad es., le pulizie industriali, la raccolta e smaltimento dei rifiuti, la manutenzione delle aree verdi, l’accoglienza di profughi e immigrati in Italia.

Secondo la puntuale descrizione della vicenda compiuta dai Giudici di merito, il sodalizio, che inizialmente operava, come si e’ visto, soprattutto nei tradizionali settori delle estorsioni e dell’usura, si e’ progressivamente ampliato con riferimento al numero dei partecipanti ed ai campi di intervento, espandendo le sue attivita’ sia nel versante economico-imprenditoriale (attraverso un’attivita’ di acquisizione e gestione di imprese operanti sul territorio della Capitale, coinvolte grazie all’adesione di imprenditori collusi, per i quali lo stesso (OMISSIS), in una conversazione intercorsa con il (OMISSIS) il 13 dicembre 2012, riferendosi all’imprenditore (OMISSIS) che aveva chiesto ed ottenuto la loro “protezione”, ha ritagliato il ruolo di “nostri “esecutori”, affermando che essi “devono lavorare per noi non si puo’ piu’ fare come una volta”), sia in quello della pubblica amministrazione, ove sono state direttamente coinvolte ed utilizzate le stesse imprese aventi ad oggetto le attivita’ esercitate dai su indicati imprenditori, che hanno in effetti acquisito commesse lavorative da parte del (OMISSIS) e delle societa’ cooperative a lui facenti capo.

Dunque, e’ l’accordo con quest’ultimo ad aver consentito all’associazione, secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito, il raggiungimento di un sostanziale controllo sull’intera attivita’ del Comune di Roma e delle sue partecipate ( (OMISSIS) s.p.a. ed Ente (OMISSIS) s.p.a.) nella gestione di quei servizi ove le predette cooperative hanno esercitato la loro attivita’ (ossia, il verde pubblico, la gestione dei rifiuti differenziati, le emergenze per i nomadi, gli immigrati e le nevicate abbattutesi sulla Capitale nei primi giorni del febbraio 2012, l’individuazione degli alloggi, ecc.) cosi’ accrescendo enormemente, entro un limitato arco temporale, le loro capacita’ d’intervento ed il relativo fatturato, che si stima esser salito dall’importo di 26 milioni di euro nel 2010 a quello di oltre 50 milioni di euro nell’anno 2013.

2.3. Le censure oggi dedotte circa la gravita’ indiziaria del verificarsi di tale fusione non possono essere accolte.

Infatti, elementi sintomatici in tal senso sono stati compiutamente indicati:

a) nel contributo determinante prestato dal (OMISSIS) alla gestione, anche in termini economici, delle cooperative del (OMISSIS), attraverso la sua stabile partecipazione, con ruolo decisionale, alle riunioni che si tenevano presso la sede della societa’ ” (OMISSIS)”, in via (OMISSIS), ove erano pianificati i programmi dell’associazione nel settore della pubblica amministrazione, con l’intervento dei piu’ stretti collaboratori del (OMISSIS), ossia di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);

b) nell’utilizzo di meccanismi (utenze dedicate, con le quali il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) intrattenevano i loro rapporti) e dispositivi elettronici (c.d. “jammer”), forniti dallo stesso (OMISSIS) ed appositamente installati nei relativi uffici amministrativi, al fine di eludere eventuali attivita’ investigative;

c) nella rilevante partecipazione alla ripartizione dei profitti derivanti dall’aggiudicazione delle gare (e’ lo stesso (OMISSIS), in una conversazione intercettata il 28 marzo 2014, a spiegare ad alcuni dei suoi diretti collaboratori – ossia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – che al (OMISSIS) spettava il 50% degli utili, che ammontava ad un milione di euro);

d) nella comune gestione della contabilita’, ufficiale e parallela, delle cooperative, sulla base delle annotazioni riportate in un “libro nero” custodito in casa della (OMISSIS), ove si dava conto di pagamenti “in nero” e/o “tangenti”, con il riepilogo dei compensi elargiti a varie persone, tra le quali figurava lo stesso (OMISSIS), ivi contrassegnato con la sigla “(OMISSIS)” (tanto che in una conversazione intercettata il 2 gennaio 2014 presso gli uffici di (OMISSIS), quest’ultimo discuteva con (OMISSIS) e (OMISSIS) dell’ammontare dei dividendi illeciti di cui era creditore, rappresentandosi le possibilita’ e le modalita’ di restituzione, in modo tale da non generare una crisi finanziaria dei soggetti economici che ne avrebbero dovuto sostenere l’onere);

e) nel continuo scambio di informative riguardo alla delineazione delle scelte strategiche del gruppo e alle modalita’ di risoluzione delle diverse problematiche insorte durante la esecuzione dei lavori affidati all’esito delle gare d’appalto;

f) nel rapporto di estrema fiducia tra i due, al punto che il (OMISSIS) – come emerso dalle conversazioni intrattenute dal (OMISSIS) con (OMISSIS), imprenditore di riferimento, per le attivita’ in Roma, della famiglia ‘”ndranghetista” dei Mancuso di Limbadi – temendo un possibile arresto, affidava al (OMISSIS) la custodia di una somma di denaro in contanti di almeno 500.000,00 euro, poi investita nell’attivita’ relativa al campo nomadi di (OMISSIS).

Al riguardo, inoltre, deve rilevarsi come la partecipazione del (OMISSIS) alla suddivisione degli utili sia stata ritenuta di tale consistenza e continuativita’ da indurre coerentemente i Giudici di merito a ravvisare l’assunzione di una vera e propria funzione di amministratore di fatto delle societa’ cooperative, da lui concretamente svolta insieme allo stesso (OMISSIS), cosi’ escludendo, contrariamente alle prospettazioni difensive, il formale ruolo di socio-lavoratore che egli avrebbe ricoperto all’interno della cooperativa ” (OMISSIS)”.

Dinanzi a questo imponente quadro indiziario diventa allora inane, se non paradossale, relegare il ruolo del (OMISSIS) a quello di un qualsiasi dipendente della cooperativa del (OMISSIS).

Ne’ si ritiene possibile obiettare una pretesa incompatibilita’ ideologica incentrata sulle implicazioni sottese al contestato accostamento tra le diverse aree di estrazione politica (“mondo di sinistra” del (OMISSIS) e “mondo di destra” del (OMISSIS)), risultando la natura dei rapporti fra costoro (gia’ conosciutisi in ragione del comune passato criminale) indipendente da interiori motivazioni dettate da scelte politiche di fondo, ed esclusivamente governata, piuttosto, da convergenti finalita’ di ricerca ed accumulazione di profitti illecitamente ottenuti attraverso la sistematica programmazione delle piu’ diverse forme di condizionamento sulle attivita’ svolte dagli organi amministrativi della Capitale nei settori di specifico interesse del sodalizio.

2.4. A seguito della fusione di cui si e’ detto, deve ritenersi parimenti rilevante, nella ricostruzione operata dai Giudici di merito, la compiuta disamina delle specifiche connotazioni assunte dal versante imprenditoriale delle attivita’ svolte dal sodalizio, che ha potuto disporre dei servizi offerti da varie imprese funzionali al raggiungimento dei suoi scopi di lucro, operanti:

a) nell’edilizia e nel c.d. “movimento terra” (con il (OMISSIS), coinvolto, su incarico del (OMISSIS), nei lavori di manutenzione e adeguamento dei prefabbricati mobili per il campo nomadi di (OMISSIS), commissionatigli dall’appaltante ” (OMISSIS)”, oltre che nella fornitura di servizi accessori funzionali alla realizzazione di un’operazione immobiliare consistente nella costruzione di novanta appartamenti per conto di (OMISSIS) e nella movimentazione di terra per la realizzazione di un parco giochi per bambini);

b) nell’ambito immobiliare (con il (OMISSIS), coinvolto, fra l’altro, nel c.d. Piano di emergenza abitativa gestito, per il Comune di Roma, dalle cooperative sociali del (OMISSIS), attraverso la locazione di unita’ immobiliari di cui il primo era proprietario);

c) in quello della ristorazione (con (OMISSIS), coinvolto nell’espletamento della fornitura del servizio dei pasti presso le strutture di accoglienza gestite dalla cooperativa ” (OMISSIS)” e dal ” (OMISSIS)”, oltre che nel progetto di creazione di una mensa presso il Carcere di (OMISSIS)).

Secondo quanto si e’ gia’ anticipato, v’e’ da osservare come sia stato lo stesso (OMISSIS), in una conversazione intercorsa in data 13 dicembre 2012 con il (OMISSIS), a disegnare le linee del percorso evolutivo del sodalizio, il cui “manifesto programmatico” non era piu’ incentrato, come nel passato, sulla mera gestione delle attivita’ di “recupero crediti”, ma era ormai decisamente orientato a stabilizzare il suo ingresso nel circuito imprenditoriale, dapprima garantendo un alveo “protettivo” agli imprenditori avvicinati, quindi inserendosi progressivamente nelle pieghe delle loro attivita’, nel contesto di un rapporto paritario, caratterizzato dalla gestione di affari in comune, cosi’ da creare la certezza di vantaggi reciproci attraverso l’imposizione sul mercato delle imprese gravitanti nell’orbita dell’associazione: in forza del contributo prestato da imprenditori intranei al sodalizio, sarebbe stato possibile offrire, specie in un momento di grave crisi economica del Paese, una serie di servizi a prezzi convenienti anche per l’eventuale committente, che in tal modo avrebbe ottenuto un sicuro vantaggio ad affidarsi all’organizzazione.

2.5. Inoltre, l’ordinanza impugnata ha posto in evidenza le diverse forme e modalita’ di infiltrazione dell’organizzazione nei gangli vitali dell’amministrazione municipale, specie attraverso le attivita’ volte ad individuare e a collocare in posizioni apicali persone in grado di soddisfare, nell’esercizio delle pubbliche funzioni da essi rivestite, gli interessi riconducibili al sodalizio.

E’ stata in tal senso rilevata la determinante incidenza esercitata, fra l’altro:

a) nell’acquisizione di notizie riservate ai fini della preparazione, dello svolgimento e dell’aggiudicazione di gare d’appalto (ad es., con riferimento alla gara per la raccolta differenziata del c.d. “multi-materiale”, ovvero a quella concernente l’aggiudicazione della raccolta differenziata per il Comune di Roma, dove il (OMISSIS), ancor prima della conclusione della relativa procedura, era a conoscenza del fatto che l’appalto sarebbe stato assegnato in suo favore);

b) nella fissazione di pre-riunioni organizzative e di incontri con i funzionari responsabili del procedimento di gara, avvicinati al fine di alterarne lo svolgimento;

c) nella nomina di componenti del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) s.p.a.;

d) nelle trattative che hanno portato alla nomina di (OMISSIS) quale suo direttore generale;

e) nella nomina del presidente della Commissione trasparenza del Consiglio comunale di Roma;

f) nella nomina del nuovo responsabile del 5 dipartimento relativo alla promozione dei servizi sociali;

g) nella modifica del bilancio pluriennale 2012-2014 della Capitale (con l’inserimento di rilevanti fondi in settori di interesse quali quelli relativi al verde e alle piste ciclabili, al campo nomadi di (OMISSIS), all’emergenza minori del Nord Africa, all’emergenza della neve);

h) nella promozione di persone gradite a ruoli dirigenziali all’interno dell’ (OMISSIS);

i) nell’intervento volto ad ottenere il parere favorevole dei revisori dei conti per lo sblocco di somme spettanti alle cooperative del (OMISSIS);

I) nella capacita’ di condizionare finanche la regolarita’ dell’affidamento di appalti di servizi presso le amministrazioni municipali di altri enti territoriali (ad es., la serie di contatti intervenuta tra il Sindaco di (OMISSIS) ed il (OMISSIS), al fine di stabilire, anche con l’intervento di collaboratori di quest’ultimo, il contenuto di un bando di gara, ovvero la comunicazione, fornita al (OMISSIS) da altri funzionari del medesimo Comune, delle offerte presentate dagli altri concorrenti, in modo da modificare, a gara chiusa, il contenuto della propria offerta).

L’efficienza e rapidita’ dell’organizzazione, nel promuovere ogni sforzo volto a tutelare il comune “portafoglio” di risorse derivanti dagli illeciti profitti acquisiti grazie alla sistematica attivita’ corruttiva di pubblici funzionari e di alterazione della regolarita’ di svolgimento delle gare d’appalto, e’ stata altresi’ individuata nella capacita’ di far pubblicare, sulle pagine di un quotidiano a diffusione nazionale, un articolo volto ad ingenerare dubbi sull’imparzialita’ dell’Autorita’ giudiziaria amministrativa e a promuovere una campagna mediatica favorevole al ” (OMISSIS)” del (OMISSIS), che si era aggiudicato una gara d’appalto europea bandita dalla Prefettura di Roma nonostante l’esiguita’ del prezzo, con la conseguente sospensione dell’assegnazione dopo il ricorso al T.A.R. proposto dalla concorrente societa’ francese.

3. Un’altra serie di censure concerne la gravita’ indiziaria dell’avvenuto accumulo di una forza di intimidazione da parte del sodalizio (OMISSIS) – (OMISSIS).

3.1. Al riguardo, l’ordinanza impugnata ha puntualmente ricostruito le ragioni storiche della eccezionale notorieta’ criminale raggiunta dal (OMISSIS) e dal gruppo da lui comandato, le cui radici affondavano nel sostrato criminale romano degli anni ‘80, per avere mutuato dalla c.d. “banda della (OMISSIS)” alcune delle sue principali caratteristiche organizzative, come i rapporti intessuti con altre organizzazioni presenti sul territorio di Roma e la capacita’ di far interagire trasversalmente diverse realta’ criminali, ivi comprese quelle tipiche della c.d. “criminalita’ di strada”, garantendo la possibilita’ di un costante e reciproco scambio di favori, anche attraverso il ricorso a legami e a rapporti di reciproca collaborazione mantenuti con persone appartenenti a settori della destra eversiva, nel corso del tempo divenute titolari di rilevanti cariche politiche e manageriali.

Numerosi gli episodi, puntualmente descritti nell’ordinanza genetica, che sono stati ritenuti dimostrativi della forza di intimidazione diffusamente esercitata sul territorio gia’ dal primo gruppo criminale a lui facente capo e della sua capacita’ di agire in maniera coesa ed organizzata nei settori dell’estorsione, dell’usura e del cd. “recupero crediti”, attuato con minacce esplicite o in forme violente nei confronti di una vasta platea di persone, assoggettate ai voleri del sodalizio per il timore di subire ulteriori gravi danni a se’ stesse o alle loro famiglie: dalla condotta estorsiva in danno dell’imprenditore (OMISSIS), al quale si cerca di sottrarre un terreno di proprieta’ della famiglia, minacciandolo, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), di mandare “….a fuoco tutto”, alle minacce pesantemente rivolte da (OMISSIS) e (OMISSIS) all’imprenditore (OMISSIS), debitore del gruppo, che tentava di difendersi evocando, vanamente, il prossimo intervento in sua difesa di un Ispettore della Polizia di Stato; dai ripetuti atti di violenza e minaccia commessi nei confronti dell’imprenditore (OMISSIS) per ottenere la restituzione di un’ingente somma di denaro prestatagli dal padre di (OMISSIS), alle minacce ripetutamente rivolte a (OMISSIS) per un debito da lui contratto nella operazione di vendita di orologi di proprieta’ del (OMISSIS), i cui proventi non gli erano stati corrisposti, sino ad arrivare al pestaggio effettuato nei confronti di un altro imprenditore, (OMISSIS), per costringerlo a rientrare dai debiti contratti verso (OMISSIS).

Alla formale attivita’ di fornitura di carbo-lubrificanti venivano affiancate, secondo la puntuale ricostruzione offerta dai Giudici di merito, quelle, ben piu’ redditizie, del prestito di somme di denaro e del “cambio assegni”, svolte in maniera sistematica dietro lo schermo offerto dal distributore di carburante in (OMISSIS), sede logistica del gruppo: nei vari episodi di estorsione analizzati nell’ordinanza genetica sono state riscontrate identiche modalita’ di realizzazione costituite dal fatto che i “crediti” venivano richiesti da chi “formalmente” non ne era il debitore, ovvero dal (OMISSIS) o dal (OMISSIS), per conto degli altri sodali e senza che le vittime chiedessero spiegazioni al riguardo, o se ne mostrassero sorprese, essendo scontata la loro conoscenza circa la provenienza delle somme di denaro fornite a credito e l’identita’ di coloro che ne pretendevano l’esazione.

L’utilizzo di siffatta forza intimidatrice, ed il suo riconoscimento nel tessuto sociale, hanno trovato significative conferme in numerosi altri episodi, come, ad es., quello che ha visto quale protagonista il c.d. “(OMISSIS)”, personaggio ritenuto di rilevante spessore criminale, che il (OMISSIS) aveva contattato per ricevere “protezione” e che, informato dell’identita’ degli estorsori, ha rifiutato di intervenire di fronte al pericolo derivante dalla “fama criminale” degli associati, consigliando al suo interlocutore di lasciar perdere e corrispondere quanto dovuto.

Del resto, sia in relazione alle vicende ora menzionate a mero titolo esemplificativo, sia con riferimento a tutte le altre che hanno costituito oggetto di ampia e dettagliata disamina nell’ordinanza genetica, i Giudici di merito hanno osservato come non risultino essere stati presentati atti di denuncia alle competenti Autorita’ per tutelarsi dalle prevaricazioni e dalle violenze subite.

Specifici passaggi argomentativi sono stati poi dedicati all’apprezzamento di un ulteriore, significativo, elemento di fatto, rappresentato dalla circostanza inerente alla disponibilita’ di armi, che ha oggettivamente connotato la pericolosita’ sociale dell’organizzazione in esame, accrescendone la sua forza di intimidazione sul territorio.

Numerosi, sotto tale profilo, risultano gli elementi indiziari valorizzati nella ordinanza impugnata, che ha richiamato, in particolare, le fonti di prova orale rappresentate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia ( (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno indicato il gruppo del (OMISSIS) quale punto di riferimento per soggetti dediti a rapine in danno di istituti di credito, o per l’acquisizione di armi da parte di altre organizzazioni criminali), nonche’ il contenuto di conversazioni oggetto di intercettazione, intercorse fra gli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS), ovvero fra costoro e (OMISSIS), ove l’oggetto dei colloqui e’ chiaramente costituito dai tipi di armi e silenziatori in loro possesso, dalle somme di denaro speso per acquistarle e dalle relative modalita’ di occultamento.

3.2. Un’eredita’ criminale complessa, dunque, e sedimentatasi a strati, lentamente, entro un lungo arco temporale, il cui lascito, sempre vivo ed attuale, si e’ perpetuato nella nuova realta’ associativa scaturita dalla fusione con il gruppo del (OMISSIS), costituendone una indispensabile riserva di violenza percepibile all’esterno, e, per certi versi, un valore aggiunto cui ricorrere, se necessario, per perseguire ed attuare gli scopi del sodalizio.

Nella prospettiva coerentemente delineata dai Giudici di merito, infatti, il su ricordato “salto di qualita’” dell’associazione nel settore economico e della pubblica amministrazione e’ avvenuto grazie all’accordo con il (OMISSIS) ed e’ stato reso possibile solo in ragione della notorieta’ criminale di cui godevano il (OMISSIS) ed il gruppo da lui comandato.

In tal modo, l’associazione ha potuto ampliare lo spettro delle sue attivita’ e sfruttare il conferimento del “bene” derivatole dall’acquisto della capacita’ di intimidazione gia’ sperimentata nei tradizionali settori delle estorsioni e dell’usura: capacita’ progressivamente accumulata nel serbatoio criminale di origine e poi trasfusa, con metodi piu’ raffinati, nei nuovi campi di elezione del “mondo di sopra”, ove si e’ avvalsa del richiamo alla consolidata “fama criminale” acquisita nel tempo, senza tuttavia abbandonare le possibilita’ di un concreto ricorso ad atti di violenza e intimidazione, quali forme di manifestazione da utilizzare all’occorrenza.

Al riguardo, infatti, e’ lo stesso (OMISSIS), in una conversazione avvenuta l’11 gennaio 2013 con il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ad enunciare quello che e’ stato ritenuto significativamente il “manifesto programmatico” dell’associazione, facendo ricorso alla metafora del “mondo di mezzo”, nel cui spazio “tutti si incontrano”, e dove si trova anche l’associazione, il cui ruolo e’ quello di garantire la possibilita’ di illecite forme di osmosi nell’incontro fra il “mondo di sopra” (quello, cioe’, degli imprenditori, della politica e delle istituzioni) e il “mondo di sotto” (la delinquenza di strada), per ottenere quel “risultato” che interessa al “sovramondo”, ossia quelle “cose che non le puo’ fare nessuno”, e che solo il “sottomondo” puo’ consentire di realizzare.

La forza di intimidazione dell’associazione e’ stata cosi’ direttamente veicolata, proprio in attuazione di quelle linee programmatiche, all’interno dei meccanismi di funzionamento propri del mondo imprenditoriale e della pubblica amministrazione, alterando, da un lato, i principii di legalita’, imparzialita’ e trasparenza nell’azione amministrativa, e, dall’altro lato, quelli della liberta’ di iniziativa economica e di concorrenza.

3.3. Entro tale prospettiva, l’ordinanza impugnata ha posto in rilievo come l’incidenza delle attivita’ svolte a piu’ livelli dal (OMISSIS) e dai suoi sodali – che, come osservato dai Giudici di merito, non avevano alcun titolo formale per intervenire – si sia rivelata decisiva non solo nel condizionamento delle modalita’ di svolgimento delle procedure di assegnazione degli appalti alla rete di cooperative riconducibili al (OMISSIS) – e dallo stesso (OMISSIS) di fatto gestite, come in precedenza si e’ avuto modo di rilevare – ma anche nell’orientamento e nella successiva finalizzazione delle trattative che hanno portato alla nomina di soggetti – graditi al sodalizio – in posizioni apicali, o comunque di particolare rilevanza per il loro ruolo strategico, all’interno del Comune di Roma e delle aziende municipalizzate (sono stati gia’ richiamati, in tal senso, i casi delle nomine intervenute negli organi amministrativi dell’ (OMISSIS), nella Commissione trasparenza del Consiglio comunale, nel Dipartimento competente per la promozione dei servizi sociali, ecc).

Nell’ordinanza sono state puntualmente ricostruite, poi, le numerose vicende ritenute sintomatiche del condizionamento derivante dall’esercizio, talora solo accennato, ed in altre occasioni concretamente sprigionatosi, della forza intimidatrice del sodalizio, ponendo segnatamente in rilievo le seguenti circostanze:

a) il fatto che (OMISSIS), conversando con il (OMISSIS), referente della ‘ndrangheta calabrese, abbia potuto vantare la forza di penetrazione acquisita dalla propria organizzazione nel settore amministrativo (ad es., per ottenere il rilascio di certificazioni), grazie all’apporto del (OMISSIS);

b) l’intervento risolutore che quest’ultimo e’ stato chiamato ad esercitare dal (OMISSIS) in situazioni di contrasto o difficolta’, come dinanzi all’eccessivita’ delle pretese avanzate da (OMISSIS), funzionario del Comune di (OMISSIS) responsabile dei servizi di programmazione e gestione del verde pubblico, che aveva richiesto al (OMISSIS), quale prezzo della propria corruzione, il versamento di una somma di denaro (pari a 100.000,00 euro) considerata troppo elevata, e in seguito effettivamente rinegoziata sulla base di un minore importo;

c) l’intervento richiesto dal (OMISSIS) al (OMISSIS) – e da quest’ultimo operato con esito positivo presso il capo della segreteria del Sindaco, (OMISSIS), costretto a scendere dal Campidoglio per incontrare il (OMISSIS) all’orario programmato – al fine di ottenere lo sblocco di una rilevante somma di denaro (pari all’importo di 300.000,00 Euro), il cui pagamento era dal Comune dovuto per un appalto aggiudicato ad una cooperativa del (OMISSIS) (intervento da quest’ultimo riferito, peraltro, all’interno della medesima conversazione intercorsa con il (OMISSIS) in data 20 aprile 2013);

d) il sollecito – emerso da una conversazione intercettata il 31 maggio 2013 – espressamente rivolto dal (OMISSIS) al (OMISSIS) per disporre un intervento di forza (“….fai intervenire con la forza chi deve intervenire”), da compiere in relazione alle difficolta’ incontrate per l’approvazione di una delibera concernente il campo nomadi di (OMISSIS);

c) il sollecito direttamente rivolto dal (OMISSIS) al (OMISSIS) in una conversazione intercettata il 12 febbraio 2013, affinche’ intervenisse su (OMISSIS), al quale avrebbe dovuto ricordare il ruolo di “sottoposto”, minacciando interventi violenti per le difficolta’ incontrate nel pagamento, da parte dell’Ente (OMISSIS) s.p.a., delle somme pretese da una cooperativa del (OMISSIS), e dallo stesso (OMISSIS) ritenute di entita’ eccessivamente bassa;

f) la possibilita’, prospettata dal (OMISSIS) in una conversazione del 12 febbraio 2013, di fare ricorso a metodi intimidatori di fronte alle difficolta’ frapposte dal ragioniere generale del Comune, (OMISSIS), riguardo al finanziamento di un’opera (“….o ce li da con le buone o ce li pigliamo con le cattive”….).

Non e’ solo il (OMISSIS), ma sono anche altri sodali ad avvalersi della forza di intimidazione dell’organizzazione, come l’imprenditore (OMISSIS) – affidato alla “protezione” del (OMISSIS) – che in una conversazione avvenuta il 22 marzo 2013 con (OMISSIS), e con altre persone rientranti nella sua cerchia di relazioni, affermava di essere divenuto ormai “intoccabile” e di aver ottenuto in tempi rapidi, ed assai inusuali, il rilascio di permessi per costruire da parte del Comune di (OMISSIS) grazie al (OMISSIS). Lo stesso imprenditore prospettava, in altro passaggio della medesima interlocuzione, la minaccia di far intervenire il sodalizio in difesa dei propri interessi imprenditoriali, laddove soggiungeva che se il rappresentante del gruppo imprenditoriale contrapposto avesse insistito nel suo atteggiamento, avrebbe fatto intervenire “brutta gente” che avrebbe esternato le relative proposte (in tal modo suscitando, peraltro, un’allarmata reazione da parte dell’interlocutore, (OMISSIS), che si affrettava a prendere le distanze e a declinare ogni sua responsabilita’ al riguardo).

Dei vantaggi oggettivamente riconnessi all’esercizio di tale capacita’ di intimidazione del sodalizio era ben consapevole, del resto, anche un altro imprenditore, il (OMISSIS), che in una conversazione svoltasi con l’architetto (OMISSIS) il 22 gennaio 2014 faceva riferimento alle caratteristiche criminali del gruppo del (OMISSIS) e alle sue ingenti disponibilita’ finanziarie, oltre che al “peso politico” di quest’ultimo, discorrendo delle sue conoscenze con uomini politici di (OMISSIS) e con amministratori locali (il Sindaco di (OMISSIS)), le cui funzioni erano rilevanti nella specifica realta’ territoriale ove stavano operando.

3.4. I Giudici di merito hanno poi ampiamente sottolineato l’effetto di sconvolgimento degli equilibri interni all’ambiente delle societa’ interessate a partecipare alle gare d’appalto, in ragione delle prevaricazioni subite allorquando fra i concorrenti figuravano le societa’ cooperative del (OMISSIS).

Cosi’, ad esempio, in relazione alla grave alterazione del funzionamento della procedura competitiva per gli interventi necessari alla manutenzione ordinaria delle aree verdi delle ville storiche, dove la cooperativa ” (OMISSIS)”, pur avendo “fatto un lavoro bellissimo” (come affermato da (OMISSIS), funzionaria addetta alla commissione di aggiudicazione della gara), con la presentazione di un “poderoso progetto” (come riconosciuto dallo stesso (OMISSIS) in una conversazione oggetto d’intercettazione), non aveva in realta’ alcuna speranza di risultarne vincitrice, poiche’ uno dei membri della commissione ( (OMISSIS)) chiamava il (OMISSIS), invitandolo a passare da lui per leggere il bando che era stato predisposto, e la stessa funzionaria su indicata, violando le regole di riservatezza circa l’andamento della procedura amministrativa in corso, avvertiva telefonicamente il (OMISSIS) (che le chiedeva di assegnare alla concorrente qualche punto in meno) dell’imminente apertura delle buste e della necessita’ di modificare l’offerta, inviando ulteriore documentazione al fine di ottenere un punteggio piu’ alto rispetto alla predetta cooperativa.

Nell’occasione, come rilevato nell’ordinanza impugnata, il presidente della cooperativa ” (OMISSIS)”, (OMISSIS), contattava telefonicamente il (OMISSIS), e, di fronte al disappunto da questi espresso per il solo fatto di aver preso parte ad una gara contro di lui, si giustificava con tono preoccupato e cercava di allontanare da se’ ogni responsabilita’, balbettando dinanzi alla “contestazione” proveniente dal (OMISSIS) e attribuendo ad altri la decisione di aver concorso, sino a manifestare – di fronte ai propositi di punizione espressi dal (OMISSIS) nei confronti di coloro che il (OMISSIS) aveva indicato come responsabili della sua partecipazione – la piena disponibilita’ da parte sua a trovare assieme “una soluzione se c’e’ un problema” e, addirittura, ad augurarsi di non vincere la gara.

Analoga rinuncia alla tutela dei propri interessi per effetto della imposizione di condizioni provenienti dalle scelte dettate dall’associazione e’ stata individuata dai Giudici di merito con riferimento ad un’altra gara d’appalto, divisa in quattro lotti e avente ad oggetto la raccolta differenziata del cd. “multimateriale”. In tale occasione, il responsabile della cooperativa concorrente ” (OMISSIS)”, ossia (OMISSIS), esprimeva l’intenzione di parteciparvi con riferimento a tutti e quattro i lotti interessati dall’appalto, rifiutando la proposta del (OMISSIS) di pervenire ad offerte concordate. Siffatto rifiuto provocava, tuttavia, la reazione del (OMISSIS), che costringeva il primo ad accettare un incontro per imporre la propria decisione, estremamente vantaggiosa per le cooperative riconducibili al sodalizio. Lo stesso (OMISSIS), inoltre, comunicava al proprio collaboratore (OMISSIS) che il (OMISSIS) si era “messo paura”, manifestando la sua soddisfazione per aver ottenuto il lotto piu’ importante, cui aspirava invece la societa’ concorrente.

3.5. Muovendo da tali premesse, i Giudici di merito hanno coerentemente rilevato, sulla base di una valutazione analitica e globale del quadro indiziario, come le modalita’ di espletamento delle procedure di gara non siano state connotate dal necessario rispetto delle condizioni di parita’ degli aspiranti, ma abbiano registrato il condizionamento derivante da una posizione sostanzialmente monopolistica nell’acquisizione degli appalti dei servizi del Comune di Roma da parte delle cooperative del (OMISSIS), attraverso la imposizione di un controllo dell’associazione su buona parte dell’amministrazione capitolina, ottenuto grazie ad un sistema di intese corruttive con una schiera di pubblici funzionari infedeli e, all’occorrenza, per effetto della incombente capacita’ di intimidazione esercitata sui potenziali concorrenti; una situazione di assoggettamento talmente radicata e pervasiva, di fronte alla quale nessuno, in sede politica ovvero giudiziaria, sia essa penale o amministrativa, ha mai osato innalzare una voce di dissenso.

Non possono essere accolte, dunque, le censure difensive prospettate riguardo alla asserita delimitazione soggettiva del concreto esercizio della forza intimidatrice, che, in tesi, si assume circoscritta alla sola figura di un suo membro, il (OMISSIS), poiche’ anche altri sodali, come si e’ visto in occasione delle numerose vicende su ricordate, hanno mostrato di esserne a conoscenza e di volersene avvalere all’occorrenza.

3.6. Ne’ possono ritenersi fondate le ulteriori censure volte a prospettare una incompatibilita’ logica tra la forza intimidatrice esercitata dal sodalizio e il quadro sistematico di collusioni ed intese corruttive che le attivita’ d’indagine hanno disvelato.

Occorre considerare, infatti, sulla base degli argomenti gia’ linearmente illustrati dai Giudici di merito, che le censure mosse al riguardo muovono dal presupposto che la capacita’ di intimidazione derivante dal vincolo associativo del sodalizio in esame avesse come “platea di vittime” anche soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione. Ma in realta’ tali soggetti, secondo quanto prospetta l’ordinanza, non costituivano la controparte dell’organizzazione, bensi’, una volta assicurata la loro collaborazione, anche e soprattutto con metodo corruttivo, una provvista di opportunita’ per il gruppo, idonea a costituire un ulteriore motivo di timore da parte dei possibili concorrenti nei settori economici dallo stesso controllati.

Infatti, un’organizzazione di tipo mafioso, specie all’interno di una realta’ politica, economica e sociale come quella della Capitale, evidentemente connotata da una peculiare fluidita’ di relazioni e cointeressenze la cui vischiosita’ non pare riscontrabile in altre aree territoriali, tende a preferire il ricorso al metodo corruttivo, sia perche’ ritenuto necessario al consolidamento della posizione monopolistica raggiunta in determinati settori amministrativi ed economici, sia perche’ riduce l’incidenza dei profili di rischio nelle sue concrete forme di manifestazione.

Sotto il primo aspetto, il Tribunale ha rilevato che il sodalizio ha agito sotto le formali vesti di un comune corruttore, nella piena consapevolezza che il pubblico funzionario corrotto e’ ancor piu’ incentivato ad osservare e mantenere l’accordo sinallagmatico perche’ sa di poter rischiare eventuali rappresaglie qualora decida di rompere il muro dell’omerta’; in relazione al secondo aspetto, inoltre, ha posto in rilievo come sia la stessa dinamica relazionale interna al fenomeno corruttivo, con il possibile coinvolgimento penale del soggetto pubblico, a ridurre al minimo i rischi legati alla possibilita’ di presentare denunce che, oltre a far emergere i meccanismi del sistema sottostante, conveniente ad una pluralita’ di attori parimenti interessati alla sua perpetuazione, comporterebbero, per il pubblico funzionario, una inevitabile caduta di prestigio e di stima sul piano professionale.

Dunque, come gia’ si e’ detto, gli effetti della forza intimidatrice immanente al vincolo associativo sono stati orientati non tanto a determinare il condizionamento delle attivita’ svolte dai pubblici funzionari corrotti – che per lo piu’ tendono ad agire quali soggetti aggregati ad un sodalizio criminale la cui piena funzionalita’ ne preserva ed incrementa gli illeciti interessi – quanto, invece, a creare e mantenere, all’esterno, le condizioni di una conventio ad excludendum volta ad impedire ogni possibilita’ di libera partecipazione alle gare pubbliche da parte di imprese che non intendano conformarsi al sistema di “regole” imposte dall’organizzazione criminale.

3.7. Un ulteriore profilo di gravita’ della base indiziaria sull’intimidazione, anch’esso oggetto di apprezzamento da parte del Tribunale del riesame, investe la natura e la rilevante estensione dei rapporti che il sodalizio in esame ha intrattenuto con esponenti di altre organizzazioni criminali di stampo mafioso operanti in (OMISSIS) e nel resto d’Italia.

Secondo la ricostruzione compiuta dai Giudici di merito, infatti, il gruppo del (OMISSIS) risulta aver avuto contatti significativi, fra l’altro, con il “clan” dei fratelli (OMISSIS), con il “clan Casamonica, con (OMISSIS) – esponente della cd. “banda della (OMISSIS)” e tramite del sodalizio con la mafia siciliana di (OMISSIS) – nonche’ con l’organizzazione facente capo ai fratelli (OMISSIS) e con (OMISSIS), a sua volta in rapporti con gli esponenti della criminalita’ organizzata romana.

Dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) e’ emerso, inoltre, che il “clan” mafioso Santapaola si rivolgeva al gruppo del (OMISSIS) in caso di delitti da commettere sul territorio di (OMISSIS).

Ulteriori rapporti di collaborazione sono stati individuati con (OMISSIS) e (OMISSIS), esponenti di famiglie della “‘ndrangheta” operanti in (OMISSIS) – nei cui confronti e’ stata parimenti applicata la misura della custodia cautelare in carcere – ed entrambi ritenuti inseriti a pieno titolo nell’organizzazione romana allo scopo di mantenere le relazioni fra le due compagini criminali.

Si evince altresi’ dall’ordinanza impugnata che il (OMISSIS) e’ da anni in rapporti d’affari con il “clan” Mancuso di Limbadi – radicato nel territorio vibonese e con saldi collegamenti con le cosche dei Piromalli, dei Mammoliti, dei Pesce, dei Mazzaferro e dei Rugolo – attraverso la figura di (OMISSIS), ritenuto imprenditore di riferimento di quel sodalizio di stampo “‘ndranghetista”.

Al riguardo, i Giudici di merito hanno posto in rilievo la circostanza che sia il (OMISSIS) che il (OMISSIS), quali referenti della cosca Piromalli, risultano essere stati accreditati, proprio a seguito di un incarico del (OMISSIS), presso la famiglia dei Mancuso, che ha indicato quale suo referente per le attivita’ in (OMISSIS) il (OMISSIS), affinche’ venisse inserito nel sistema delle cooperative gestite dal (OMISSIS). Essi hanno poi evidenziato le linee operative di un accordo tra il sodalizio romano e lo stesso “clan” dei Mancuso, attraverso la costituzione di una cooperativa, la ” (OMISSIS) – onlus”, destinata a gestire l’appalto per la pulizia del mercato (OMISSIS).

In tale prospettiva, l’inserimento del (OMISSIS) e degli interessi da lui rappresentati nella realta’ romana e’ stato inquadrato in un contesto di rapporti di lavoro precedentemente intrattenuti dal (OMISSIS) in Calabria, rapporti che egli stesso rievocava in una conversazione, intercettata il 2 luglio 2014, con (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali in tale occasione non mancavano di ricordare come egli fosse stato “rispettato dai Mancuso”, allorquando gestiva un centro di accoglienza per immigrati nella provincia di (OMISSIS), rappresentandogli che, analogamente, non avrebbero dovuto esserci interferenze sulle attivita’ svolte da famiglie “‘ndranghetiste” in Roma.

Dal contenuto di un’intercettazione ambientale del 5 febbraio 2014 e’ emerso, infatti, che il (OMISSIS), alla presenza del (OMISSIS), ha illustrato al (OMISSIS) l’opportunita’ di avviare l’attivita’ di pulizia in quella zona territoriale attraverso la costituzione di una piccola cooperativa, ricevendone piena approvazione. La predetta cooperativa – che lo stesso (OMISSIS), in altra conversazione intercorsa con (OMISSIS) per informarlo che ne sarebbe divenuto presidente, ha espressamente definito come “cooperativa di ‘ndranghetisti” – risulta avere effettivamente avviato la sua attivita’ nella zona di (OMISSIS), dal 1 luglio successivo.

Sulla base di tali emergenze indiziarie e di ulteriori elementi di riscontro desunti dal tenore dei dialoghi oggetto delle conversazioni intercorse fra il (OMISSIS), il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), il Tribunale del riesame ha coerentemente tratto la conclusione che le due organizzazioni criminali abbiano interagito dimostrando reciproco rispetto, unitamente alla consapevolezza di possedere una pari “dignita’ criminale”, nel decidere la spartizione delle relative sfere di competenza territoriali ed economiche.

V’e’ infine da considerare come lo stesso (OMISSIS), conversando con il (OMISSIS) in seguito alla pubblicazione, il 7 dicembre 2012, di un articolo su un settimanale a diffusione nazionale che lo qualificava come uno dei “Re di Roma” – da un lato, descrivendo il “terrore” che il solo fatto di sussurrare il suo nome incuteva in tutta l’area interna al grande raccordo anulare, e, dall’altro lato, delineando l’avvenuta suddivisione della Capitale in piu’ zone d’influenza ad opera di distinti gruppi criminali con a capo, rispettivamente, lo stesso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – ne abbia commentato con favore i contenuti e, soprattutto, l’effetto mediatico legato al rafforzamento della capacita’ d’intimidazione del sodalizio negli ambienti imprenditoriali di riferimento.

4. Nel provvedimento impugnato, poi, non mancano l’illustrazione dei gravi indizi circa la consapevolezza, in capo ai sodali, di far parte di un’associazione criminale e della relativa affectio societatis, e, ancora, la disamina degli elementi sintomatici della consapevolezza della riconoscibilita’ ab externo dell’esistenza e del rilievo del sodalizio in esame.

Nell’ordinanza, infatti, si osserva come gli associati avessero adottato ogni possibile mezzo per tutelare la segretezza delle comunicazioni, in un contesto basato sulla regola dell’omerta’ verso i soggetti esterni all’organizzazione.

Nel richiamare, sul punto, i passaggi argomentativi gia’ ampiamente delineati nell’ordinanza genetica, il Tribunale ha evidenziato la particolare segretezza che ha connotato le forme e le tecniche di comunicazione impiegate dai sodali, i quali hanno fatto generalmente ricorso all’utilizzo di utenze telefoniche “dedicate” (con il contestuale e periodico cambio degli apparati cellulari e delle schede “sim” intestate a persone del tutto estranee al loro circuito di relazioni), nonche’ ad appuntamenti in luoghi concordati attraverso riferimenti allusivi, ovvero al frequente impiego di posti telefonici pubblici e di esercizi pubblici ritenuti sicuri.

Si e’ altresi’ evidenziato che ai sodali era stata imposta una limitazione nel contattare direttamente il (OMISSIS), e di non farne mai il nome per telefono.

Al riguardo, poi, si e’ dato conto sia delle “istruzioni” date dal (OMISSIS) al (OMISSIS) sul rispetto della regola del silenzio imposta dal (OMISSIS), sia dell’esigenza di assoluta riservatezza cui il (OMISSIS), richiamando i consigli del (OMISSIS), ha fatto riferimento in una conversazione oggetto di intercettazione con il (OMISSIS), in modo da tutelare l’integrita’ e gli interessi del sodalizio in esame. Lo stesso (OMISSIS), inoltre, disponeva di uno strumento elettronico (cd. “jammer”) fornitogli dal (OMISSIS) per disturbare le frequenze e rendere cosi’ inutilizzabili i dispositivi impiegati per le intercettazioni delle conversazioni ambientali, la cui captazione, infatti, e’ stata resa possibile solo grazie all’impiego, da parte delle Forze dell’Ordine, di congegni elettronici particolarmente sofisticati.

Un elemento rafforzativo della natura omertosa delle relazioni esterne, oltre che delle modalita’ di organizzazione interna del sodalizio, e’ stato individuato dai Giudici di merito nella disamina della sua configurazione gerarchica, ravvisabile non solo nell’indiscusso ruolo sovraordinato assunto dal (OMISSIS) rispetto ai sodali operanti sia nel settore criminale che in quello imprenditoriale, ma anche nella posizione gerarchicamente sovraordinata del (OMISSIS) rispetto alle attivita’ svolte dai suoi diretti collaboratori.

Nel valorizzare gli elementi indiziari desunti dall’analisi di una serie di vicende storico-fattuali dettagliatamente descritte nell’ordinanza genetica, i Giudici di merito hanno poi rilevato come sia stata una prassi comune dell’organizzazione, in conseguenza di una linea di condotta dettata dallo stesso (OMISSIS), quella di avvisare tutti i sodali della presenza di “infami” tra le loro conoscenze – ossia di persone che non rispettavano l’omerta’ intesa come mancanza di collaborazione con gli organi istituzionali – e di isolarli completamente dal contatto con gli altri membri.

Sotto altro, ma connesso profilo, si e’ gia’ dato conto, nel paragrafo che precede, del fatto che le varie persone offese non risultano aver presentato atti di denuncia alle competenti Autorita’ per tutelarsi dalle prevaricazioni e dalle violenze subite dai membri dell’organizzazione operanti nel settore propriamente criminale. Nella stessa prospettiva si e’ rilevato che una situazione analoga di assoggettamento e di omerta’ e’ stata riscontrata nel settore economico e in quello della pubblica amministrazione, dove la percezione esterna della forza intimidatrice espressa dal sodalizio, come si e’ visto, e’ stata talmente radicata e pervasiva, che nessuno, in sede politica ovvero giudiziaria, ha mai osato innalzare una voce di dissenso, o sporgere formali atti di denuncia.

L’associazione, del resto, ha mostrato la capacita’ di tutelarsi dalle possibili conseguenze negative di esternazioni provenienti da pubblici funzionari che ne avevano favorito l’attivita’ con l’assegnazione di lavori a soggetti economici ad essa riconducibili: l’ordinanza impugnata ha evidenziato, infatti, come a seguito dell’arresto di (OMISSIS) il (OMISSIS) ed il suo gruppo abbiano cercato di garantire la solidita’ del muro omertoso eretto per tutelare gli interessi dell’organizzazione, preoccupandosi della sua difesa e di fargli trovare una certa solidarieta’ in carcere, al fine di arrestare sul nascere “la possibile deriva di un personaggio ritenuto “debole” e poco affidabile, ma a conoscenza di buona parte dei meccanismi operativi dell’associazione, almeno nel settore della P.A.”. Analogo modus operandi, alla luce della ricostruzione dei fatti offerta nell’ordinanza genetica, e’ emerso alcuni giorni prima dell’arresto, quando il (OMISSIS) veniva minacciato dall’organizzazione circa l’obbligo di tenere la consegna del silenzio, secondo quanto affiorato dal contenuto di una conversazione intercorsa fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) il 20 aprile 2013, dove il primo descriveva al secondo gli accadimenti successivi all’arresto del (OMISSIS) e la condotta tenuta in quell’occasione dal (OMISSIS) (il quale, a sua volta, spiegava in un’altra conversazione che se il (OMISSIS) avesse mantenuto il silenzio, avrebbe usufruito dei vantaggi offerti dal sodalizio, ed in particolare avrebbe avuto “una partita di ritorno”).

All’interno del quadro ricostruttivo delineato dai Giudici di merito, lo stesso contenuto informativo della pubblicazione di un’inchiesta giornalistica dal titolo “(OMISSIS)”, cui si e’ fatto prima riferimento, e’ stato coerentemente valorizzato per avere assunto un rilievo sintomatico della natura omertosa delle relazioni su cui l’organizzazione ha fondato il suo modus operandi, poiche’ il (OMISSIS), nella su citata conversazione con il (OMISSIS) (v., supra, il par. 3.7.), pur ritenendo in parte infondate alcune delle accuse rivoltegli dalla stampa, ne sottolineava il riflesso positivo sotto un duplice versante, quello della rafforzata garanzia di un alveo protettivo in favore degli imprenditori avvicinati e chiamati a rispettare la “regola” del silenzio, che in tal modo si sentivano “tranquilli”, e, al contempo, quello del timore suscitato all’esterno in tutti coloro che non operavano nell’orbita d’influenza del sodalizio.

La stessa reiterazione “sistemica” dei comportamenti corruttivi, da un lato, ha contribuito ad incrementare la “fama” criminale di cui godeva l’organizzazione, che ha potuto far leva, specie con riferimento agli imprenditori che non hanno inteso adeguarsi alle “regole” del mercato illegale, sull’aura di invincibilita’ che gli proveniva dalla fitta rete di sostegno offertale da una cerchia di pubblici funzionari stabilmente asserviti, dall’altro lato si e’ rivelata funzionale all’incremento di relazioni omertose, consolidandone lo spessore attraverso il ricatto di un possibile reciproco coinvolgimento in una denuncia penale, ove si consideri che il disvalore dell’azione corruttiva e’ sempre riposto nella garanzia di reciproca segretezza dello scambio di consensi che lega i protagonisti del patto illecito.

5. Vanno dunque tirate, a questo punto, le fila del discorso ai fini del controllo della corretta qualificazione giuridica ex articolo 416-bis c.p. delle condotte ascritte ai ricorrenti.

5.1. Per contrastare tale qualificazione, i ricorsi traggono in vario modo argomento dalla diversita’ del contesto territoriale e culturale in cui si e’ radicata l’associazione in esame rispetto a quelli fino ad ora oggetto dell’applicazione dell’articolo 416-bis c.p.. E sostengono in questa linea il carattere “inedito”, se non addirittura analogico, dell’interpretazione adottata in sede di merito per conferire al sodalizio la connotazione mafiosa.

Al riguardo conviene prendere le mosse dal quadro di principii da tempo elaborati da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 11204 del 10/06/1989, dep. 22/08/1989, Rv. 181948), in relazione ad una vicenda in cui era coinvolta un’associazione per lo piu’ composta da pubblici ufficiali, originari o comunque residenti nella Regione Liguria, che sfruttavano la loro posizione ed il potere derivante dalle cariche occupate per commettere concussioni e per acquisire la gestione e il controllo, diretto o indiretto, di appalti pubblici e di varie attivita’ economiche.

La tipica condotta tenuta dall’esponente di maggior spicco del gruppo – attraverso le qualita’ rivestite, in successione, di assessore, di vice-presidente e di presidente della Giunta regionale ligure – nonche’ dagli altri componenti il sodalizio, era quella di indurre gli imprenditori partecipanti a gare d’appalto a pagare una percentuale del prezzo globale per ottenerne l’aggiudicazione, ingenerando in essi il timore che, in caso di mancato pagamento, non sarebbero stati piu’ invitati alle relative procedure di gara, ovvero che non vi sarebbero stati piu’ appalti e finanziamenti, o, ancora, che non sarebbero stati piu’ banditi appalti nelle zone ove le imprese avevano i loro impianti, e che le stesse avrebbero avuto difficolta’ nello svolgimento dei lavori inerenti agli appalti gia’ aggiudicati. Frequente era, altresi’, la condotta di presa di interesse privato in atti d’ufficio da parte di quegli associati che rivestivano la qualita’ di pubblico ufficiale, condotta consistente nel rilascio di autorizzazioni e concessioni, soprattutto edilizie, in violazione dei divieti stabiliti dal P.R.G., ovvero in difformita’ dalle condizioni ivi previste.

Nel caso ora menzionato, questa Corte ha affermato che nello schema normativo previsto dall’articolo 416-bis c.p. non rientrano solo grandi associazioni di mafia ad alto numero di appartenenti, dotate di mezzi finanziari imponenti, e in grado di assicurare l’assoggettamento e l’omerta’ attraverso il terrore e la continua messa in pericolo della vita delle persone; rientrano anche piccole “mafie” con un basso numero di appartenenti (bastano tre persone), non necessariamente armate (l’essere armati e usare materiale esplodente non e’ infatti un elemento costitutivo dell’associazione ex articolo 416-bis, ma realizza solo un’ulteriore modalita’ di azione che aggrava la responsabilita’ degli appartenenti), che assoggettano un limitato territorio o un determinato settore di attivita’ avvalendosi, pero’, del metodo dell’intimidazione da cui derivano assoggettamento ed omerta’.

Entro questa prospettiva, inoltre, si e’ aggiunto che il modello normativo dell’articolo 416-bis c.p. “non puo’ essere enfatizzato” sino ad arrivare “al punto di postulare condizioni di sostanziale “plagio” sociale generalizzato o addirittura, come qualcuno ha detto, un’adesione generalizzata contro lo Stato all’organizzazione criminale che allo Stato si e’ sostituita. Certo, vi sono mafie potentissime radicate sul territorio, con una rete estesissima che realizza un fortissimo controllo sociale, anche legittimate da un ambiente che non solo non reagisce ma in molti casi e’ portato a interagire con il contro-potere criminale. Ma esistono anche tante “mafie” che non hanno tali caratteristiche e che pure possono essere riportate al modello di stampo mafioso solo per la metodologia che adottano”.

Secondo la su richiamata pronuncia, infatti, rientrano “nell’ampia previsione di cui all’articolo 416-bis c.p. tutte quelle organizzazioni nuove, pur disancorate dalla mafia (tradizionale), che tentino di introdurre metodi di intimidazione, di omerta’, di sudditanza psicologica”.

Una linea interpretativa, questa, che era stata gia’ decisamente tracciata dalla Suprema Corte (Sez. 6, n. 713 del 12/06/1984, dep. 10/07/1984, Rv. 165262), quando ebbe ad osservare, trent’anni or sono, che la definizione del delitto di associazione di tipo mafioso e’ data con riferimento alla mafia per la precisa identita’ sociologica e giuridica che questo sodalizio ha assunto. Cio’ non implica, pero’, che l’associazione debba avere necessariamente origine mafiosa o debba essere ispirata o collegata alla mafia, perche’ l’espressione di “tipo mafioso” significa soltanto di modello o di stampo mafioso.

Ne discende che la connotazione mafiosa di un’associazione inerisce al modo di esplicarsi dell’attivita’ criminosa, e non gia’ al luogo di origine del fenomeno criminale (Sez. 1, n. 2466 del 08/11/1984, dep. 22/11/1984, Rv. 166817), sicche’ non assume un rilievo decisivo, ad es., la circostanza di fatto che, sia pure a fini strategici, la stessa possa avere dei collegamenti con quelle che potrebbero definirsi “case madri”, quali la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta.

Ciascuna entita’ associativa di stampo mafioso, infatti, al di la’ del “nomen” piu’ o meno tradizionale, vive di regole proprie ed assume altresi’ connotati strutturali, dimensioni operative ed articolazioni territoriali che vanno analizzati caso per caso, senza che i relativi modelli debbano essere necessariamente riconducibili ad una sorta di unita’ ideale, con la conseguenza che, a ciascun fenomeno associativo, potranno annettersi caratteristiche peculiari e ritenersi applicabili “massime di esperienza”, non necessariamente trasferibili rispetto a sodalizi mafiosi di diversa matrice (Sez. 2, n. 19483 del 16/04/2013, dep. 07/05/2013, Rv. 256042).

La connotazione tipica dell’associazione ex articolo 416-bis c.p. va dunque ricercata nella metodologia di tipo mafioso e cioe’ nell’intenzionalita’ di usare la forza intimidatrice e cio’ che da essa, direttamente o indirettamente, ne consegue. Perche’ la stessa si delinei “e’ sufficiente il mostrare di volersi avvalere, il tentare di avvalersi di tale metodologia. Assoggettamento ed omerta’ sono le conseguenze prevedibili e possibili dell’uso di tale forza intimidatrice, indicano l’obiettivo che l’associazione tende a realizzare, costituiscono un possibile posterius non un prius logico o cronologico”. Non per nulla il legislatore ha parlato di assoggettamento o di omerta’ che dall’uso della forza intimidatrice “deriva” e non che “ne e’ derivata” (Sez. 6, n. 11204 del 10/06/1989, dep. 22/08/1989, cit.).

Ne discende, ancora, che la forza di intimidazione del sodalizio e’ una componente strutturale del suo “patrimonio” e puo’ sussistere anche a prescindere dalla sua concreta utilizzazione, giacche’ cio’ che conta e’ che il timore suscitato dall’associazione risulti di per se’ idoneo a creare un clima di assoggettamento e di omerta’, come conseguenza di una “fama criminale” consolidatasi nel tempo in forza di precedenti atti di violenza e sopraffazione.

5.2. Alla luce della progressiva elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte e’ possibile desumere, inoltre, la estrema varieta’ degli “indici” di riconoscimento della fattispecie incriminatrice in esame, avuto riguardo alla peculiarita’ dei suoi elementi descrittivi, talora involgenti profili la cui globale disamina, prima facie, parrebbe evocare connotazioni di genere lato sensu sociologico.

Entro tale prospettiva questa Corte ha precisato, ad es., che anche una sola condotta, considerata in rapporto alle sue specifiche modalita’ ed al tessuto sociale in cui si esplica, puo’ esprimere di per se’ la forza intimidatrice del vincolo associativo (Sez. 6, n. 1793 del 03/06/1993, dep. 11/02/1994, Rv. 198577). Secondo tale decisione, infatti, “non sembra contestabile che la partecipazione ad una gara di appalto, ovvero la richiesta di un provvedimento amministrativo favorevole, poste in essere da un associato, confidando che la sua nota appartenenza ad una temibile associazione sia sufficiente a provocare l’allontanamento di altri concorrenti od a piegare la P.A., implichi un’oculata scelta di tempi, di luoghi e di soggetti la quale, lungi dall’esaurirsi nella fruizione statica di una rendita di posizione, attiene a specifiche modalita’ della condotta, che concorre quindi a determinare. Inoltre una condotta, in tal senso connotata, risponde ai requisiti dell’avvalersi della forza intimidatrice del vincolo associativo, poiche’ il consapevole sfruttamento di un’aura di intimidazione in precedenza acquisita costituisce un ulteriore atto di esecuzione del programma criminoso e racchiude pur sempre in se’ una larvata minaccia …”.

Dalla considerazione dell’intero quadro degli elementi oggettivi della fattispecie, inoltre, la giurisprudenza ha desunto la individuazione dei tratti essenziali dell’apparato strumentale minimo dell’associazione mafiosa, costituito da una carica intimidatoria autonoma il cui riflesso esterno in termini di assoggettamento si mantiene ancora entro i limiti di una soglia prodromica rispetto a possibili future situazioni di omerta’ e di assoggettamento specifico. Il raggiungimento di tale livello minimo e’ gia’ di per se’ sufficiente a fini della diagnosi di “mafiosita’” di un sodalizio di recente formazione, mentre le specifiche condizioni di assoggettamento e di omerta’ che di volta in volta potranno insorgere costituiranno il risultato di uno sfruttamento “attivo” di quella forza intimidatrice: uno sfruttamento che e’ gia’ oggetto del programma associativo e, dunque, del dolo specifico degli associati.

In tal senso si colloca il portato di una riflessione da tempo avviata da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 7627 del 31/01/1996, dep. 30/07/1996, Rv. 206597), allorquando ha posto l’accento sulla possibilita’ di una tendenziale continua espansione dell’organizzazione mafiosa, stabilendo il principio secondo cui il fatto di avvalersi della forza intimidatrice puo’ esplicarsi nei modi piu’ disparati: sia limitandosi a sfruttare la carica di pressione gia’ conseguita dal sodalizio, sia ponendo in essere nuovi atti di violenza e di minaccia. Nel primo caso e’ evidente che il sodalizio gia’ e’ pervenuto al superamento della soglia minima che consente di utilizzare la forza intimidatrice soltanto sulla base del vincolo e del suo manifestarsi, in quanto tale all’esterno; nel secondo caso gli atti di violenza o minaccia (o piu’ compiutamente di intimidazione) non devono realizzare l’effetto di per se’ soli, ma in quanto espressione rafforzativa della precedente capacita’ intimidatrice gia’ conseguita dal sodalizio.

Nello stesso solco si pone, sotto altro ma connesso profilo, una linea interpretativa tracciata da una risalente elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, secondo cui, perche’ sussista la condizione dell’omerta’, non e’ affatto necessaria una generalizzata e sostanziale adesione alla subcultura mafiosa, ne’ una situazione di cosi’ generale terrore da impedire qualsiasi atto di ribellione e qualsiasi reazione morale alla condizione di succubanza, ma basta che il rifiuto a collaborare con gli organi dello Stato sia sufficientemente diffuso, anche se non generale; che tale atteggiamento sia dovuto alla paura non tanto di danni all’integrita’ della propria persona, ma anche solo alla attuazione di minacce che comunque possono realizzare danni rilevanti; che sussista la diffusa convinzione che la collaborazione con l’autorita’ giudiziaria – denunciando il singolo che compie l’attivita’ intimidatoria – non impedira’ che si abbiano ritorsioni dannose per la ramificazione dell’associazione, la sua efficienza, la sussistenza di altri soggetti non identificabili e forniti di un potere sufficiente per danneggiare chi ha osato contrapporsi (Sez. 6, n. 11204 del 10/06/1989, dep. 22/08/1989, cit.; nello stesso senso v. Sez. 6, n. 1612 del 11/01/2000, dep. 10/02/2000, Rv. 216634; Sez. F, n. 44315 del 12/09/2013, dep. 31/10/2013, Rv. 258637).

Muovendosi all’interno della medesima prospettiva ermeneutica si e’ inoltre aggiunto che, fra le possibili ritorsioni che portano ad una condizione di assoggettamento ed alla necessita’ dell’omerta’, vi e’ anche quella che possa mettere a rischio la pratica possibilita’ di continuare a lavorare ed apra la prospettiva allarmante di dovere chiudere la propria impresa, perche’ altri, partecipanti all’associazione o da essa influenzati, hanno la concreta possibilita’ di escludere dagli appalti colui che si e’ ribellato alle pretese. A tale ultimo fine non e’ necessario che le conseguenze minacciate si verifichino, ma e’ sufficiente che esse ingenerino il ragionevole timore che induca al silenzio ed all’omerta’ (Sez. 6, n. 11204 del 10/06/1989, dep. 22/08/1989, cit.).

Ai fini della configurabilita’ del reato, dunque, non e’ necessaria la presenza di un’omerta’ immanente e permanente, ma e’ sufficiente che la forza intimidatrice autonoma del sodalizio sia in grado di ingenerare specifiche condizioni di omerta’.

5.3. In relazione ai diversi profili ora evidenziati, ben possono richiamarsi, quali sicuri “indici” del metodo mafioso praticato dall’organizzazione oggi in esame, i numerosi elementi di fatto su richiamati e specificamente posti in luce dai Giudici di merito, tanto sul versante delle caratteristiche “interne” del sodalizio, che del modo di agire e di “rappresentarsi” all’esterno, in perfetta sintonia, del resto, con gli obiettivi ed i metodi operativi enunciati dal (OMISSIS) nel “manifesto programmatico” dell’associazione.

Si e’ gia’ visto, infatti, che quest’ultima si e’ avvalsa di una capacita’ di intimidazione gia’ collaudata nei settori criminali piu’ “tradizionali”, per esportarne poi gli stessi metodi, in forme piu’ raffinate, nei nuovi campi di elezione amministrativi ed economico-imprenditoriali, dove, piu’ che ricorrere all’uso diretto della violenza o della minaccia, ha sfruttato tutte le possibilita’ offertegli dal richiamo ad una consolidata “fama criminale”, senza tuttavia rinunciare al disvelamento, se necessario, delle tipiche forme di manifestazione della sua natura. In tal modo, l’associazione ha potuto imporre il suo controllo su gran parte delle attivita’ dell’amministrazione capitolina, utilizzando uno strumento imprenditoriale gia’ collaudato, che grazie all’asservimento di pubblici funzionari infedeli, ovvero per il diretto ricorso a forme di intimidazione, ha assunto un ruolo sostanzialmente monopolistico, aggiudicandosi le gare pubbliche nei settori di interesse e beneficiando altri imprenditori ad esso collegati, senza lasciare spazio ai concorrenti, costretti a soggiacere alle prevaricazioni del sodalizio senza nemmeno osare di denunziare il sistema illecito venutosi in tal modo a creare.

Non si e’ trattato, dunque, secondo il quadro indiziario delineato dai Giudici di merito, di uno sfruttamento organizzato del potere amministrativo a fini personali o clientelari attraverso l’abuso sistematico degli organi istituzionali, ne’, tanto meno, di forme di manifestazione di una “arroganza del potere” che tende ad imporre erga omnes le sue condizioni o “regole del gioco”, bensi’ di una occupazione dello spazio amministrativo ed istituzionale attraverso un uso criminale delle forme di esercizio della publica potestas, basato sul possibile ricorso ad una forza intimidatrice autonoma del vincolo associativo, da questo direttamente originata e in quanto tale percepita, anche all’esterno, come un elemento strutturale permanente del sodalizio.

In esso si sono manifestate, secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito, sia la capacita’ potenziale di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una pressione idonea a suscitare soggezione verso i soggetti non affiliati all’organizzazione, sia l’esteriorizzazione di tale forza intimidatrice in concreti comportamenti violenti e minacciosi.

Nel caso in esame, infatti, l’ordinanza impugnata ha incentrato il suo argomentare sulla progressiva evoluzione di un gruppo di potere criminale che si e’ insediato nei gangli dell’amministrazione della Capitale d’Italia, cementando le sue diverse componenti di origine (criminali di “strada”, pubblici funzionari con ruoli direttivi e di vertice, imprenditori e soggetti esterni all’amministrazione), sostituendosi agli organi istituzionali nella preparazione e nell’assunzione delle scelte proprie dell’azione amministrativa e, soprattutto, mostrando di potersi avvalere di una carica intimidatoria decisamente orientata al condizionamento della liberta’ di iniziativa dei soggetti imprenditoriali concorrenti nelle pubbliche gare, al fine di controllare gli esiti delle relative procedure e, ancor prima, di gestire gli stessi meccanismi di funzionamento di interi settori dell’attivita’ pubblica.

Tutto cio’ e’ avvenuto con l’imposizione di “regole”, la cui apparente imperativita’ e’ stata resa possibile solo grazie all’accumulo di una forza criminale ben conosciuta e temuta nella realta’ sociale, fatta valere da un sodalizio in grado di interagire con altre organizzazioni criminali, anche di natura mafiosa, trattando, da una posizione di “pari dignita’”, la spartizione di settori di attivita’ di rilievo pubblicistico e di aree di influenza nel territorio di (OMISSIS).

Entro tale prospettiva, il sistematico ricorso alle intese corruttive ha rappresentato, non a caso, una forma privilegiata di manifestazione delle capacita’ operative del sodalizio, poiche’ il disvalore del fatto corruttivo e’ intimamente legato ad un atto di scambio tra il pubblico agente e l’extraneus, la cui natura e’ destinata a generare la progressiva stabilizzazione di un rapporto continuativo tendenzialmente volto alla sistematica pretermissione delle legittime aspettative del terzo escluso.

Infatti, e’ sulla precondizione della piena conformita’ dell’azione amministrativa alle norme che oggettivamente ne disciplinano la trasparenza delle forme di esercizio che riposa la fiducia del terzo, la cui garanzia di eguale trattamento viene cosi’ annullata dal comportamento illecito dell’intraneus.

La violazione dell’obbligo di fedelta’ del pubblico funzionario, specie se sistematica ed attuata attraverso l’organica adesione di quest’ultimo al gruppo, da un lato determina la generale sfiducia della collettivita’ nella imparzialita’ delle scelte compiute dagli organi amministrativi, dall’altro lato sospinge nell’ombra il carattere tendenzialmente continuativo del patto illecito, poiche’ lo rende invisibile, anche se obiettivamente percepibile, nullificando la “cosa” pubblica attraverso la elusione della legittima aspettativa del terzo di essere garantito, sia sul piano informativo che direttamente operativo, circa un uso del potere pubblico conforme alle regole ed esclusivamente orientato alla tutela di interessi generali.

Al riguardo si e’ efficacemente osservato, in dottrina, che la reiterazione dell’attivita’ corruttiva determina la sostanziale emarginazione del soggetto non corrotto dalla stessa possibilita’ di accesso e partecipazione alle attivita’ di rilievo pubblico, poiche’ “quanto piu’ la corruzione e’ diffusa e praticata, tanto minori sono i rischi di essere denunciati o scoperti, e di conseguenza piu’ elevato il costo della scelta di rimanere onesti”. In tal senso, dunque, si e’ affermato che “il prezzo vero della tangente e’ la paura”: della concorrenza, del confronto, dell’innovazione, della perdita del potere o dell’esserne esclusi; paura che si traduce, in definitiva, nella “illusione dell’immunita’ dalle regole”.

La dimensione corruttivo-collusiva ha giuocato, dunque, un ruolo determinante nelle strategie di infiltrazione delle organizzazioni mafiose, ed e’ anzi in tale momento, come si e’ icasticamente rilevato in dottrina, “che la lesione dell’ordine economico e la lesione dell’ordine amministrativo raggiungono il loro massimo livello e vengono a congiungersi in una piu’ ampia aggressione allo stesso ordine politico-istituzionale del Paese”.

5.4. Nel caso in esame, come si e’ visto, la strategia di progressiva attrazione di energie imprenditoriali nell’orbita del sodalizio (“…devono essere nostri esecutori… devono lavorare per noi…”) e’ avvenuta di pari passo con la tendenziale estromissione dalle gare di coloro che non ne facevano parte, o che non intendevano sottostare, nei settori di precipuo interesse, alle “regole” imposte attraverso il predominio di una struttura imprenditoriale la cui posizione monopolistica e’ stata sistematicamente utilizzata dall’organizzazione per conseguire il pieno controllo delle attivita’ della pubblica amministrazione, condizionandone le procedure e i correlativi meccanismi decisionali.

All’interno di tale quadro ricostruttivo, pertanto, i Giudici di merito hanno coerentemente valorizzato il peso indiziario del dato oggettivo rappresentato dallo smisurato aumento del fatturato prodotto dalla rete imprenditoriale utilizzata dal sodalizio nel breve volgere di un triennio.

Essi hanno altresi’ osservato come la garanzia di un alveo “protettivo” in favore degli imprenditori avvicinati sia avvenuta nel contesto di un rapporto paritario, caratterizzato dalla gestione di affari in comune, cosi’ da creare la certezza di vantaggi reciproci attraverso l’imposizione sul mercato delle imprese che rientravano nella sfera operativa dell’associazione: in forza del contributo prestato da imprenditori intranei al sodalizio, sarebbe stato possibile inquinare lo stesso libero funzionamento del mercato, attraverso l’offerta, in un momento di grave crisi economica del Paese, di una serie di servizi a prezzi vantaggiosi anche per l’eventuale committente, che in tal modo avrebbe ottenuto un sicuro vantaggio ad affidarsi all’organizzazione.

Al fine di realizzare tali obiettivi, la forza intimidatrice del vincolo associativo, come si e’ detto, non ha agito direttamente sui pubblici amministratori per condizionarne le scelte, ma se ne e’ servita aggregandoli al proprio apparato organizzativo per la diretta realizzazione dei suoi illeciti interessi, ovvero inducendoli a favorire il gruppo attraverso accordi di tipo corruttivo-collusivo che hanno deformato l’intero funzionamento dell’amministrazione capitolina: in tal modo si e’ esaltata la capacita’ di pressione intimidatoria del sodalizio, la cui direzione e’ stata orientata nei confronti di tutti coloro che avrebbero potuto avvantaggiarsi dei provvedimenti amministrativi e dei contratti della pubblica amministrazione, scoraggiandone la concorrenza e inducendoli a lasciare il campo quando erano in giuoco gli interessi delle imprese utilizzate dall’associazione.

5.5. Ritiene dunque la Corte che la realta’ criminale prefigurata dall’articolo 416-bis c.p., comma 3, non sia certo costituita da un modello oleografico di associazione mafiosa, ma presupponga una entita’ organizzativa formata soprattutto “….per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se’ o per altri….”: siffatta enumerazione, per la sua ampiezza, finisce con il ricomprendere ogni forma di penetrazione dell’associazione nel mondo economico (pubblico e privato) caratterizzata dall’uso di metodi mafiosi, sia che essa abbia ad oggetto coloro che gia’ esercitano l’attivita’ della quale viene acquisita la gestione o il controllo, sia che riguardi i possibili concorrenti ovvero i soggetti pubblici investiti di poteri decisionali in merito alle concessioni, autorizzazioni ecc..

I tratti della figura delittuosa descritta dal legislatore nell’articolo 416-bis c.p., comma 3 delineano, pertanto, una chiara strumentante del fine di controllo amministrativo rispetto a quello di controllo economico, presupponendo l’utilizzo di strumenti societari e di forze imprenditoriali da impiegare per conseguire quella forma di controllo attraverso la captazione delle risorse pubbliche e la distorsione dei liberi meccanismi concorrenziali.

In tal senso, la formulazione del testo normativo e’ imperniata sulla previsione di una carica intimidatoria che rappresenta una sorta di “avviamento” grazie al quale la connotazione imprenditoriale dell’organizzazione mafiosa proietta nel futuro le sue attivita’ di illecito arricchimento.

Tale elemento normativo della fattispecie, al contempo, delinea una categoria generale ed astratta che, nella stessa intentio legis, trascende l’angusto spazio di un mero approccio regionalistico – territoriale, attribuendo rilievo alla compressione della liberta’ morale e all’effetto di progressiva sfiducia dei cittadini nella idoneita’ dello Stato a garantire una valida protezione contro l’organizzazione criminale.

L’esigenza del controllo di determinate aree territoriali, a sua volta, non e’ un elemento costitutivo della fattispecie, ma ne rappresenta un dato implicito, storicamente registrato ed ancor oggi empiricamente verificabile in alcune organizzazioni, laddove altre tendono a privilegiare l’incursione su altri “territori” – istituzionali, economici o amministrativi – senza che quella forma di controllo assuma il rilievo di un presupposto indispensabile ai fini dell’integrazione della fattispecie incriminatrice.

5.6. Nella vicenda qui considerata, pur all’interno di un quadro cognitivo inevitabilmente delimitato dalla natura cautelare del giudizio, l’ordinanza impugnata ha posto in risalto una serie di dati indiziar che ha motivatamente ritenuto di specifico rilievo sintomatico ai fini della configurabilita’ dell’ipotizzata fattispecie incriminatrice: a) le origini e il progressivo consolidamento della “fama criminale” dell’associazione; b) il successivo ampliamento della sua base operativa, con lo sfruttamento, anche attraverso atti concreti posti in essere da piu’ membri del sodalizio, della forza di intimidazione scaturente dal vincolo associativo al fine di condizionare l’avvio, lo svolgimento e la definizione di pubbliche gare; c) l’incidenza determinante esercitata nella individuazione e nella conseguente nomina di funzionari compiacenti in posizioni apicali o di vertice dell’amministrazione, le cui competenze tecniche di ordine generale sono state distorte per soddisfare gli obiettivi del sodalizio nei settori di suo specifico interesse; d) un quadro di sistematica strumentalizzazione, a vantaggio dell’associazione, di atti amministrativi i cui evidenti vizi, di merito o di legittimita’, non risultano esser stati in alcun modo sanzionati proprio grazie alla diffusa condizione di assoggettamento e di omerta’ che la stessa ha prodotto nella realta’ esterna; e) le strette relazioni intessute con altri gruppi criminali e, soprattutto, con esponenti di altre associazioni mafiose, nell’elaborazione di una comune strategia di intervento in settori di reciproco interesse; f) le tecniche di “avvicinamento” verso le energie imprenditoriali della societa’ civile, da volgere a proprio favore attraverso l’instaurazione di rapporti di reciproco scambio consistenti, per gli imprenditori affiliati all’organizzazione – e dai Giudici di merito, dunque, ritenuti “collusi” – nel ricevere vantaggi al fine di imporsi sul territorio in posizione tendenzialmente dominante, e per il sodalizio criminoso nell’ottenere una serie di risorse, servizi o utilita’ per allargare ulteriormente il suo ambito operativo (Sez. 1, n. 30534 del 30/06/2010, dep. 30/07/2010, Rv. 248321; Sez. 5, n. 39042 del 01/10/2008, dep. 16/10/2008, Rv. 242318; Sez. 1, n. 46552 del 11/10/2005, dep. 20/12/2005, Rv. 232963): quegli imprenditori, infatti, non hanno ceduto ad alcuna forma di imposizione esterna, subendo il relativo danno ingiusto, ovvero limitandosi a perseguire un’intesa volta a restringerne l’ambito, ma hanno, a differenza dell’imprenditore “vittima”, consapevolmente rivolto a loro profitto il fatto di essere venuti in relazione col sodalizio mafioso.

5.7. E’ emerso in tal modo un fenomeno criminale basato sulla pretesa teorizzazione di forme di illecita interrelazione fra strati diversi della societa’, e connotato dal ricorso a modalita’ di intervento solo apparentemente piu’ moderne, perche’ concepite quale cerniera di mediazione con aree “rispettabili” e tendenzialmente non “inquinate” del corpo sociale, ma per sua natura identico a quello su cui hanno tradizionalmente fatto leva le c.d. mafie “storiche”.

Il reato in esame, infatti, puo’ essere commesso da partecipi ad associazioni criminali, anche a matrice non locale, diverse da quella storicamente inveratasi in una regione d’Italia (che ne costituisce solo il prototipo). Sarebbe dunque errato ritenere che la fattispecie di reato di cui all’articolo 416-bis c.p. possa essere applicata solo alle associazioni mafiose quali conosciute in un determinato, e limitato, ambito storico-geografico. In tal senso bastera’ riflettere come il reato, fin dalla sua introduzione nell’ordinamento penalistico, con la Legge 13 settembre 1982, n. 646, sia stato concepito – e soprattutto normativamente caratterizzato – in funzione di “un’associazione di tipo mafioso”, a sottolineare che la mafia storica siciliana era solo il tipo (o l’archetipo) di un reato chiaramente e decisamente applicabile ad ogni associazione delinquenziale che ne riproducesse le caratteristiche strutturali essenziali (v., in motivazione, Sez. 1, n. 24803 del 05/05/2010, dep. 01/07/2010).

Il dato, del resto, viene ribadito in modo quanto mai chiaro dal fondamentale comma 3 della disposizione, che proprio nel delineare le indefettibili caratteristiche strutturali che l’associazione deve possedere qualifica ancora l’associazione punibile ex articolo 416-bis c.p. come di tipo mafioso. Infine, sin dall’introduzione della norma, l’articolo 416-bis c.p., u.c., prevede che il reato valga anche nei confronti della camorra e delle altre associazioni comunque localmente denominate.

Si tratta, invero, di acquisizioni consolidate nella elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, che ha da tempo legittimato l’applicazione del reato in esame ad associazioni di tipo mafioso diverse da quelle storiche italiane, anche a matrice straniera (v., ad es., Sez. 6, n. 35914 del 30/05/2001, dep. 04/10/2001, Rv. 221245), enunciando il principio secondo cui il modello di reato in esame e’ configurabile anche con riguardo ad organizzazioni che, senza controllare tutti coloro che vivono o lavorano in un certo territorio, rivolgono le proprie mire a danno dei componenti di una certa collettivita’, a condizione che si avvalgano di metodi tipicamente mafiosi e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omerta’ (v., inoltre, Sez. 6, 13 dicembre 1995, Abo El Nga Mohamed).

Assume dunque valenza secondaria, in questa prospettiva, il numero effettivo dei soggetti coinvolti come vittime, a fronte della diffusivita’ del fenomeno a danno di un numero indeterminato di persone, che potrebbero in tempi brevi trovarsi alla merce’ del sodalizio.

Del resto, la forza prevaricante di un’organizzazione mafiosa ha capacita’ di penetrazione e di diffusione inversamente proporzionali ai livelli di collegamento che la collettivita’ sulla quale si esercita e’ in grado di mantenere, per cultura o per qualsiasi altra ragione, con le istituzioni statuali di possibile contrasto, potendo evidentemente la intimidazione passare da mezzi molto forti (minaccia alla vita o al patrimonio quando ci si trovi in presenza di soggetti ben radicati in un territorio, come per esempio gli operatori economici non occulti) a mezzi semplici come minacce di percosse rispetto a soggetti che non siano in grado di contrapporre valide difese (v., in motivazione, Sez. 6, n. 35914 del 30/05/2001, dep. 04/10/2001, cit.).

Entro tale prospettiva, e’ agevole rilevare, sulla base delle su esposte considerazioni, come la diffusivita’ del fenomeno corruttivo annulli ogni capacita’ di resistenza degli organi di prevenzione e controllo, creando i presupposti di una sub-cultura fondata sull’accettazione di devianti prassi criminali, apparentemente imposte come “regole” alla cui efficacia imperativa non ci si puo’ sottrarre se non al prezzo di subire lo scatenamento della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo di un’organizzazione che, proprio per garantire il rispetto di quelle “regole”, mira a sostituirsi a quegli organi amministrativi ed istituzionali di cui pretende di assumere il volto.

5.8. Ne’ puo’ farsi questione, sotto il profilo soggettivo, di ripercussioni sulla configurabilita’ del dolo di appartenenza, ove si consideri che nessun radicale mutamento si e’ verificato nella evoluzione della interpretazione della fattispecie incriminatrice ipotizzata, avendo i Giudici di merito proceduto al corretto inquadramento nel paradigma normativo dell’articolo 416-bis c.p. di una serie di fatti coerentemente ritenuti sintomatici della presenza del requisito della gravita’ indiziaria di cui all’articolo 273 c.p.p. e ss..

Nel caso in esame, dunque, non puo’ parlarsi di overruling, come pur prospettato in alcuni rilievi difensivi, ma della riconduzione di una fattispecie concreta ai canoni del modello normativo generale ed astratto delineato dal legislatore con la introduzione della figura criminosa prevista dalla Legge 13 settembre 1982, n. 646.

Al riguardo e’ noto, secondo una costante linea interpretativa di questa Suprema Corte, che la condotta di partecipazione e’ riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu’ che uno “status” di appartenenza, un ruolo attivo in base al quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo (Sez. 1, n. 39543 del 24/06/2013, dep. 24/09/2013, Rv. 257447).

E’ altresi’ necessario che il partecipe si rappresenti l’attualita’ dello sfruttamento della forza intimidatrice del sodalizio, condividendo (o almeno conoscendo) gli scopi in vista dei quali esso e’ costituito. L’elemento soggettivo del delitto di associazione di tipo mafioso consiste, infatti, nel dolo specifico, avente ad oggetto la prestazione di un contributo utile alla vita del sodalizio ed alla realizzazione dei suoi scopi, sia nel caso della partecipazione all’ente associativo che nel caso del cosiddetto “concorso esterno”: il dolo del partecipe, tuttavia, si distingue da quello del concorrente sotto il diverso profilo che il primo vuoi fornire il descritto contributo dall’interno dell’associazione, mentre il secondo, in corrispondenza del carattere atipico di una condotta rilevante per effetto del citato articolo 110, intende prestarlo senza far parte della compagine sociale (Sez. 1, n. 4043 del 25/11/2003, dep. 03/02/2004, Rv. 229992).

Muovendosi entro tale prospettiva ermeneutica, l’inserimento stabile di taluni dei predetti ricorrenti ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) all’interno dell’associazione e’ stato coerentemente desunto non solo dalla disamina del contributo che essi hanno offerto attraverso la commissione dei diversi reati-fine evidenziati nell’ordinanza impugnata, ma anche dalla valorizzazione del dato indiziario inerente al consapevole scambio dei reciproci flussi informativi nel corso delle riunioni tenutesi presso la sede di una cooperativa del (OMISSIS): a tali riunioni – il cui svolgimento era “protetto” dall’attivazione di un dispositivo elettronico specificamente finalizzato ad eludere il corso delle attivita’ investigative – prendevano parte non solo i predetti indagati, ma anche il (OMISSIS), con l’intento di pianificare strategie operative di infiltrazione mirate sia all’aggiudicazione degli appalti, sia ad influenzare il corso delle procedure amministrative, allo scopo di aumentare il volume d’affari della rete di cooperative riconducibili al (OMISSIS) e percepire le relative fonti di arricchimento a vantaggio dell’intero sodalizio.

Nel corso di tali riunioni, infatti, si parlava, fra l’altro, delle modalita’ di azione verso i pubblici funzionari, di rapporti con uomini politici, delle attivita’ compiute per l’aggiudicazione degli appalti in favore delle cooperative del (OMISSIS), della scelta di persone da collocare in posti strategici e della programmazione delle future attivita’ dell’associazione.

Analoghe considerazioni devono svolgersi in ordine alla posizione del (OMISSIS), come si vedra’ meglio piu’ avanti, quando si avra’ modo di esaminare gli ulteriori profili di doglianza prospettati nel suo ricorso.

5.9. Conclusivamente, dunque, deve affermarsi il principio di diritto secondo cui: “Ai fini della configurabilita’ del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, la forza intimidatrice espressa dal vincolo associativo dalla quale derivano assoggettamento ed omerta’ puo’ essere diretta tanto a minacciare la vita o l’incolumita’ personale, quanto, anche o soltanto, le essenziali condizioni esistenziali, economiche o lavorative di specifiche categorie di soggetti.

Ferma restando una riserva di violenza nel patrimonio associativo, tale forza intimidatrice puo’ venire acquisita con la creazione di una struttura organizzativa che, in virtu’ di contiguita’ politiche ed elettorali, con l’uso di prevaricazioni e con una sistematica attivita’ corruttiva, esercita condizionamenti diffusi nell’assegnazione di appalti, nel rilascio di concessioni, nel controllo di settori di attivita’ di enti pubblici o di aziende parimenti pubbliche, tanto da determinare un sostanziale annullamento della concorrenza o di nuove iniziative da parte di chi non aderisca o non sia contiguo al sodalizio”.

6. Venendo ora all’esame delle residue censure prospettate dai predetti ricorrenti, deve preliminarmente osservarsi che il (OMISSIS) ha delimitato l’oggetto dell’impugnazione ai vari profili, dianzi esaminati, inerenti alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 416-bis c.p. ed alla sua appartenenza alla relativa associazione, mentre non ha formulato ulteriori doglianze in merito ai singoli reati-fine oggetto dell’imputazione enucleata in sede cautelare, con la conseguenza che il suo ricorso, per quanto gia’ esposto nei precedenti paragrafi, deve essere rigettato con la condanna al pagamento delle spese processuali ex articolo 616 c.p.p..

7. Per quel che attiene ai ricorsi proposti da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), integralmente richiamate le considerazioni svolte nei precedenti paragrafi, ed in particolare quelle espresse nel par. 5.8., deve rilevarsi come la gravita’ del panorama indiziario, gia’ puntualmente evocata dal G.i.p. a sostegno del provvedimento applicativo delle su indicate misura coercitive, e successivamente scrutinata in termini di adeguatezza dal Giudice del riesame cautelare, sia congruamente sostenuta dalla motivazione del provvedimento impugnato, che ha correttamente proceduto ad una valutazione analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico dei ricorrenti, replicando ai rilievi difensivi e dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che hanno giustificato, per ciascuno di essi, l’epilogo del relativo percorso decisorio.

7.1. In ordine alla posizione del (OMISSIS), che oltre ad aver avuto un ruolo formale in alcune delle cooperative del (OMISSIS) (quale consigliere e, dal 17 maggio 2013, presidente della cooperativa ” (OMISSIS)”) ha ricoperto numerose cariche nell’ambito della pubblica amministrazione (prima quale assessore all’ambiente e al verde pubblico nei Comuni di Cerveteri e di Ardea, poi quale assessore alle politiche sociali dell’ex Municipio “(OMISSIS)” del Comune di Roma), l’ordinanza impugnata ha evidenziato come egli, proprio in ragione delle diverse cariche pubbliche nel tempo rivestite, sia stato utilizzato dall’associazione per mantenere i rapporti con i pubblici funzionari ed esercitare pressioni sui competenti organi comunali allorquando l’associazione e le cooperative del (OMISSIS) ne avevano bisogno.

Entro tale prospettiva, i Giudici di merito hanno richiamato le emergenze indiziarie offerte dagli esiti delle attivita’ di intercettazione, ponendo in evidenza gli interventi da lui effettuati, su disposizione e a vantaggio del (OMISSIS) e delle sue cooperative, per accelerare l’approvazione delle Delib. relative al campo nomadi di (OMISSIS); hanno quindi richiamato il contenuto di alcune conversazioni ove il (OMISSIS), alla presenza di altri coindagati ((OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), spiegava le ragioni dell’importanza assunta dal (OMISSIS) nel tessuto politico – economico della Capitale, definendolo come “intoccabile”, nonche’ di altri dialoghi nei quali lo stesso (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) di una conversazione in cui (OMISSIS), per tranquillizzarlo circa l’imminenza di un pagamento in favore della cooperativa ” (OMISSIS)”, mostrava di ben conoscere il fatto che il (OMISSIS) rappresentava anche altre persone (…..so chi c’e’ dietro, poi ce parlo io”).

Nel richiamare il contenuto di altre conversazioni, anch’esse oggetto d’intercettazione nel corso di una riunione tenutasi presso gli uffici della predetta cooperativa, l’ordinanza impugnata ha posto in rilievo il fatto che il (OMISSIS), alla presenza, fra gli altri, del (OMISSIS), faceva riferimento al diretto interessamento del (OMISSIS) negli affari delle societa’ cooperative, come ad es. nella retribuzione della fornitura del servizio di catering presso il centro minori di Via (OMISSIS), discorrendo della possibilita’ di provvedere alla restituzione, quanto meno parziale, delle somme dovute al (OMISSIS) (con una quota parte di almeno cinquecentomila Euro) per il fatto che quest’ultimo aveva anticipato il pagamento dei pasti per i “minori non accompagnati”.

Ulteriori elementi sintomatici dello stabile inserimento del (OMISSIS) nell’associazione vengono illustrati dai Giudici di merito con riferimento alla sua partecipazione a condotte corruttive oggetto di reati-scopo – ad es., nell’ambito degli appalti effettuati nell’azienda municipalizzata (OMISSIS) – nonche’ alla conoscenza di provviste di contanti legate alla creazione di disponibilita’ extracontabili necessarie all’organizzazione per il pagamento dei pubblici funzionari corrotti.

7.2. In ordine alla posizione del (OMISSIS) – quale commercialista di fiducia del (OMISSIS), con ruolo di direttore amministrativo della predetta cooperativa – il provvedimento impugnato ha illustrato i numerosi dati indiziari oggetto di ampio ed esaustivo apprezzamento da parte dei Giudici di merito per porre in rilievo l’essenzialita’ del contributo stabilmente offerto all’associazione, ai fini della gestione, sotto le direttive del (OMISSIS) e del (OMISSIS), di cospicue somme di denaro contante custodite, sotto la sua responsabilita’, in una cassaforte esterna alla sede della cooperativa, e da utilizzare sia per ripartire gli illeciti ricavi tra i sodali, sia per il pagamento delle somme destinate alla corruzione di pubblici funzionari infedeli.

In tal senso sono state richiamate le numerose emergenze indiziarie in merito alle attivita’ svolte attraverso la partecipazione alle riunioni con i vertici dell’associazione, la supervisione e il costante aggiornamento del “libro nero” affidato a (OMISSIS) (ove erano annotate le uscite che non potevano essere contabilizzate in favore dei membri del sodalizio), nonche’ la predisposizione dei meccanismi impiegati per l’utilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti.

Il contributo causale in concreto offerto dal predetto indagato e’ stato puntualmente richiamato con riferimento a ben undici episodi dettagliatamente descritti nell’ordinanza impugnata e motivatamente posti a fondamento della valutazione espressa dal Tribunale del riesame circa il ruolo non solo di procacciamento e gestione del denaro di illecita provenienza, indispensabile per la piena ed efficace funzionalita’ dell’associazione in esame, ma anche di fattiva collaborazione da lui sistematicamente svolto nella ricerca della soluzione piu’ idonea ai fini dell’attuazione del programma associativo.

7.3. In ordine alla posizione della (OMISSIS), compagna del (OMISSIS) e vicepresidente del consiglio di amministrazione della cooperativa ” (OMISSIS)”, il provvedimento impugnato ne ha posto in rilievo il contributo attivamente prestato all’interno del sodalizio, in ragione della piena consapevolezza del ruolo svolto dal (OMISSIS) e della condivisione delle strategie operative e delle finalita’ dell’organizzazione, sia con riferimento alle attivita’ di corruzione, sia riguardo alla partecipazione alle gare d’appalto.

Ha quindi richiamato gli elementi costitutivi della base indiziaria posta a sostegno delle ipotesi delittuose di turbativa d’asta e corruzione di cui ai capi sub 16), 18), 19) e 25), evidenziando, in particolare, come l’indagata si sia occupata delle attivita’ relative alla contabilita’ ed alla gestione amministrativa delle societa’, ivi compresi gli aspetti concernenti la stesura dei bandi pubblici da consegnare alle autorita’ competenti e progettati ad hoc, su indicazione del (OMISSIS), per favorire la rete di cooperative a lui riconducibili (come, ad es., nel corso di una riunione presso gli uffici di una cooperativa, durante la quale concordava con il (OMISSIS) gli importi da indicare nell’offerta per la gara pubblica inerente la raccolta differenziata presso il Comune di (OMISSIS), rivelando l’intenzione di sostituire la busta in precedenza consegnata con una nuova, contenente l’offerta migliore).

7.4. A fronte di tale completo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, i ricorrenti non hanno individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ne’ hanno soddisfatto l’esigenza di una critica puntuale e ragionata che deve informare l’atto di impugnazione, ma hanno sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle risultanze processuali, facendo leva, peraltro con asserzioni del tutto generiche, sull’apprezzamento di profili fattuali gia’ puntualmente vagliati in sede di riesame, e la cui rivisitazione, evidentemente, non e’ sottoponibile al sindacato di questa Suprema Corte.

Giova al riguardo ribadire il consolidato quadro di principii secondo cui l’impugnazione e’ inammissibile, per genericita’ dei motivi, qualora difetti ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, il cui contenuto non puo’ di certo ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificita’ (v., ex multis, Sez. 6, n. 39926 del 16/10/2008, dep. 24/10/2008, Rv. 242248; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, dep. 10/09/2007, Rv. 236945; v., inoltre, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, dep. 13/03/2014, Rv. 259425).

Sotto altro, ma connesso profilo, deve poi ribadirsi il principio secondo cui e’ inammissibile per genericita’ il ricorso i cui motivi si limitino ad enunciare ragioni ed argomenti gia’ illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Rv. 244181), senza porre specificamente in relazione gli aspetti critici e i passaggi contestati con le contrarie deduzioni difensive di volta in volta formulate.

7.5. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i su indicati ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro mille.

8. Analoghe considerazioni devono svolgersi riguardo al ricorso proposto da (OMISSIS), cui e’ addebitata, quale collaboratore del (OMISSIS), la partecipazione alle ipotesi delittuose aventi ad oggetto condotte di turbativa d’asta (capo sub 18) e corruzione (capo sub 19) del Sindaco del Comune di (OMISSIS), (OMISSIS), e del responsabile dell’U.T.C., (OMISSIS), con riferimento alla predisposizione di una gara d’appalto per il servizio di igiene urbana e la raccolta differenziata cui ha preso parte, con esito vittorioso, una cooperativa del (OMISSIS).

8.1. Al riguardo, infatti, il Tribunale del riesame ha richiamato il compendio indiziario gia’ ampiamente delineato dal G.i.p. nell’ordinanza genetica (pagg. 675 s.), sulla base dell’analitica disamina delle risultanze offerte dalle intercettazioni e dalle attivita’ di appostamento effettuate dagli organi investigativi; ha, inoltre, specificamente considerato i rilievi difensivi, escludendone la fondatezza con congrua ed esaustiva motivazione, laddove ha posto in rilievo, fra l’altro, i seguenti elementi indiziari: a) che il Sindaco di (OMISSIS) risulta aver intrattenuto, nell’arco temporale ricompreso fra i mesi di settembre e dicembre 2013, contatti con (OMISSIS) e (OMISSIS) diretti a confezionare preventivamente il contenuto del futuro bando di gara; b) che nel corso di tali incontri – cui ebbe a partecipare, in un’occasione, anche il (OMISSIS) – vennero predisposti i contenuti del bando di gara; c) che al (OMISSIS), quale responsabile del procedimento avente ad oggetto il bando di gara di cui all’imputazione, venne corrisposta dal (OMISSIS) la somma di diecimila euro; d) che il (OMISSIS), dopo averne preso visione, comunico’ al (OMISSIS) quali erano le offerte presentate dagli altri concorrenti, consentendogli di modificare, a gara chiusa, la propria offerta; e) che (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS) decisero quindi di modificare l’offerta, recandosi, il (OMISSIS) e la (OMISSIS), in tarda serata presso gli uffici comunali, ove avrebbero modificato due pagine con il concorso di un funzionario – non ancora identificato – che glielo avrebbe consentito attraverso l’apertura della busta del concorrente, cui doveva seguire l’inserimento, all’interno della propria busta, di una nuova offerta che portavano con se’; e) che la sostituzione della busta contenente l’offerta avveniva effettivamente nel pomeriggio del giorno fissato per le operazioni di formale apertura, ad opera del (OMISSIS) e della (OMISSIS), a seguito delle disposizioni loro espressamente impartite dal (OMISSIS); f) che i due episodi descritti nei su indicati temi d’accusa dovevano considerarsi fra loro strettamente connessi, anche in ragione della piena consapevolezza, da parte di tutti gli indagati, del ruolo in concreto svolto dal (OMISSIS) nell’intera vicenda in esame.

Con riferimento ai diversi tasselli che compongono il su indicato quadro indiziario il ricorrente ha omesso di formulare specifici motivi di doglianza, limitandosi ad opporre una generica contestazione di passaggi argomentativi, di contro, compiutamente delineati nella motivazione dell’ordinanza impugnata: sul punto, dunque, devono integralmente richiamarsi le medesime considerazioni gia’ espresse, supra, nel par. 7.4..

8.2. Nei confronti del ricorrente, infine, la configurabilita’ dell’aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e’ stata gia’ esclusa dal G.i.p., mentre il profilo attinente alla riconosciuta presenza delle esigenze cautelari, sia pure di attenuata gravita’ in ragione del ruolo subordinato assunto dal predetto indagato nell’ambito delle vicende in contestazione, ha costituito oggetto di un puntuale apprezzamento di merito da parte del Tribunale del riesame, che ha illustrato le ragioni giustificative della sostituzione operata attraverso l’adozione di una misura cautelare diversa, e di gran lunga meno afflittiva, quale quella dell’obbligo di presentazione alla P.G., senza che i relativi passaggi motivazionali siano stati sottoposti a specifiche censure da parte del ricorrente.

8.3. Sulla base delle su esposte considerazioni, dunque, il ricorso di (OMISSIS) deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro mille.

9. Infondate devono ritenersi le residue doglianze prospettate nel ricorso del (OMISSIS), avendo l’impugnata ordinanza fatto buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in esame, laddove sono stati puntualmente evidenziati – sulla base delle numerose risultanze investigative ivi rappresentate, e in particolare degli esiti delle attivita’ di intercettazione – gli elementi indiziari del contributo consapevolmente offerto dall’indagato alle attivita’ del sodalizio in questione.

9.1. Integralmente richiamate le considerazioni svolte nei precedenti paragrafi, ed in particolare quelle espresse riguardo al dolo di appartenenza all’associazione nel par. 5.8., deve rilevarsi come il Tribunale del riesame abbia valorizzato una serie di fatti dai quali ha coerentemente tratto gli elementi sintomatici della particolare rilevanza del ruolo assunto dal ricorrente all’interno del sodalizio, e segnatamente: a) la sua costante partecipazione alle riunioni programmatiche presso gli uffici della cooperativa del (OMISSIS); b) gli stretti rapporti con quest’ultimo, che lo ha sempre tenuto informato delle attivita’ compiute e dei progressi fatti nell’acquisizione di conoscenze ed entrature politiche necessarie alla vita del sodalizio; c) l’intervento nella scelta di funzionari “graditi” da collocare in posti strategici per l’associazione (ad es., con riguardo all’attivita’ finalizzata alla nomina di (OMISSIS) quale direttore generale dell’ (OMISSIS)); d) la conoscenza diretta del (OMISSIS) (che in una conversazione relativa alla stima dei costi del progetto elaborato da una delle cooperative del (OMISSIS) per la costruzione di una mensa per detenuti nel carcere di (OMISSIS), rivolgendosi all’imprenditore (OMISSIS), che lo informava di essere stato contattato dal (OMISSIS), ne spiegava l’importanza, definendolo “il vice di (OMISSIS)”).

La consapevolezza del ruolo del (OMISSIS), d’altronde, e’ stata posta in evidenza anche dagli esiti di un servizio di osservazione, controllo e pedinamento da parte degli organi investigativi, che segnalavano la comune partecipazione ad incontri con soggetti esterni al gruppo, come, ad es., in occasione di una cena presso un ristorante di (OMISSIS), dove venivano identificati, seduti allo stesso tavolo, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), direttore, all’epoca, del Coordinamento territorio, licenze e concessioni della societa’ ” (OMISSIS)” s.p.a. .

Entro tale prospettiva, inoltre, il Tribunale ne ha posto in rilievo le funzioni di contatto e intermediazione con i pubblici funzionari al fine di ottenere notizie in merito alle gare d’appalto che interessavano l’associazione, si’ da poter riferire al (OMISSIS), ad es., di aver parlato della questione delle nomine da effettuare presso l’ (OMISSIS) con il capo-segreteria del Presidente dell’assemblea capitolina e con il (OMISSIS), informando il primo di aver saputo da un altro funzionario del Comune di Roma – ossia da (OMISSIS), responsabile del servizio di programmazione gestione del verde pubblico e componente la commissione di aggiudicazione – di una procedura di affidamento non ancora resa pubblica.

In un’altra occasione, era lo stesso ricorrente a congratularsi con il (OMISSIS) subito dopo la sua nomina a direttore generale dell’ (OMISSIS), pronunziando la frase “l’ (OMISSIS) c’est moi” – a voler significare il totale controllo esercitato nelle modalita’ di assegnazione degli appalti in favore di societa’ riferibili al sodalizio – e concordando con lui appuntamenti di cui teneva costantemente informato il (OMISSIS). In relazione a tale circostanza, peraltro, l’ordinanza impugnata ha rimarcato come, subito dopo la sua nomina, il (OMISSIS) abbia comunicato l’evento al (OMISSIS), al quale chiese, non prima di aver commentato con euforia l’espressione augurale rivoltagli dal (OMISSIS) per sottolineare la vittoria in tal modo ottenuta, la concessione di un primo favore (un’attivita’ di pulizie presso la sua abitazione), ottenendo dal (OMISSIS) l’arrivo del (OMISSIS) (“…te mando (OMISSIS), te mando (OMISSIS) va”) per esaudire quanto richiesto.

Ulteriori dati indiziari circa la piena consapevolezza della natura del sodalizio sono stati illustrati dai Giudici di merito riguardo al coinvolgimento del ricorrente nelle vicende relative alla turbativa della gara del c.d. multimateriale (capo sub 16), dove l’intervento del (OMISSIS), a seguito di una serie contatti anomali verificatisi fra gli indagati prima dell’assegnazione, e’ stato indirizzato sia a spostare il termine ultimo per la presentazione delle offerte, sia a recepire nell’aggiudicazione gli accordi maturati fra i partecipanti. Nel corso di una conversazione oggetto di intercettazione ambientale, era il (OMISSIS) a comunicare ai suoi collaboratori, tra i quali il ricorrente, i nominativi degli esponenti politici che li avrebbero aiutati a vincere la gara; ed era ancora il (OMISSIS), nel corso di un altro dialogo intervenuto con il (OMISSIS), a comunicare a quest’ultimo che l’altro concorrente nella gara, (OMISSIS) della cooperativa ” (OMISSIS)” (con il quale erano emersi problemi nel mantenimento di precedenti intese che avrebbero dovuto essere recepite nell’atto di aggiudicazione dei lotti), si “era messo paura” in seguito ad una conversazione avvenuta poco prima, nelle more della procedura di assegnazione. Il raggiungimento degli accordi, i cui termini erano ben conosciuti dal (OMISSIS) e dagli altri collaboratori del (OMISSIS), venne poi da quest’ultimo comunicato al (OMISSIS) qualche giorno prima della scadenza del termine ultimo per la presentazione delle offerte.

9.2. Correttamente riconosciuta, pertanto, deve ritenersi la configurabilita’ dell’aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7, avendone i Giudici di merito coerentemente valutato i presupposti sulla base di idonei dati indiziari, che hanno posto in risalto un comportamento assistito da una cosciente ed univoca finalizzazione agevolatrice del sodalizio di stampo mafioso (v. Sez. 6, n. 31437 del 12/07/2012, dep. 01/08/2012, Rv. 253218), volta ad implementarne la forza e ad accrescerne la capacita’ espansiva sul territorio, attraverso il controllo delle attivita’ amministrative necessarie all’aggiudicazione di pubblici appalti nei settori di interesse della predetta organizzazione.

Deve sul punto ribadirsi, inoltre, il principio secondo cui la circostanza aggravante prevista dal Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, convertito nella Legge 12 luglio 1991, n. 203, nelle due differenti forme dell’impiego del metodo mafioso nella commissione dei singoli reati e della finalita’ di agevolare, con il delitto posto in essere, l’attivita’ dell’associazione a delinquere di stampo mafioso, e’ configurabile anche con riferimento ai reati-fine commessi dagli appartenenti al sodalizio criminoso (Sez. Un., n. 10 del 28/03/2001, dep. 27/04/2001, Rv. 21837; Sez. 1, n. 3137 del 19/12/2014, dep. 22/01/2015, Rv. 262486).

9.3. Infondate, infine, devono ritenersi le doglianze prospettate riguardo all’apprezzamento delle esigenze cautelari (v., in narrativa, i parr. 3.4. e 3.5.), dovendosi tener conto non solo della presunzione fissata nell’articolo 275 c.p.p., comma 3, ma anche dell’esaustiva motivazione sul punto offerta dai Giudici del riesame, che hanno sottolineato l’estremo livello di pericolosita’ raggiunto dal sodalizio, in ragione della sua articolazione soggettiva, unitamente alla disponibilita’ di uomini e mezzi, alla netta ripartizione di ruoli e compiti fra ciascuno dei suoi componenti ed all’ampiezza di un programma criminoso in progressiva espansione nel settore dell’economia e dei lavori pubblici.

In relazione ai su indicati profili di doglianza deve altresi’ ribadirsi il principio secondo cui, in tema di misure cautelari nei confronti di soggetti indagati di partecipazione ad associazione mafiosa, in assenza di elementi da cui risulti l’avvenuto recesso volontario dal sodalizio, la valutazione prognostica sfavorevole prevista dall’articolo 275 c.p.p., comma 3, non e’ vinta dal fatto che l’incolpato abbia dismesso l’ufficio o la funzione nell’esercizio dei quali ha realizzato la condotta criminosa, in considerazione delle accertate capacita’ relazionali che egli, ricoprendo le precedenti cariche, ha avuto modo di acquisire nel mondo della politica e dell’amministrazione pubblica (Sez. 2, n. 53675 del 10/12/2014, dep. 23/12/2014, Rv. 261621).

Secondo una costante linea interpretativa di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 9748 del 29/01/2014, dep. 27/02/2014, Rv. 258809), infatti, la su indicata presunzione puo’ essere vinta, atteso l’evidenziarsi di una situazione di “affectio societatis”, solo nell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi tali da dimostrare in concreto un consistente allontanamento del soggetto rispetto all’associazione: evenienza, questa, il cui effettivo delinearsi non puo’ dirsi, allo stato, raggiunto.

9.4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex articolo 616 c.p.p..

10. Parimenti infondate devono ritenersi le ulteriori censure prospettate nel ricorso del (OMISSIS), avendo i Giudici di merito congruamente ricavato gli elementi indiziari della sua consapevole partecipazione al sodalizio dal fatto di avervi messo a disposizione le sue attivita’ d’impresa nel settore dell’edilizia e del movimento terra per la gestione di appalti di opere e servizi conseguiti proprio grazie al ruolo svolto dall’associazione (come ad es. la gestione, congiuntamente al (OMISSIS), con il quale intratteneva continui contatti, ed il cui spessore criminale egli ben conosceva, delle attivita’ di esecuzione dei lavori presso il campo nomadi di (OMISSIS), dati in subappalto al (OMISSIS) da una societa’ cooperativa riconducale al (OMISSIS)).

Al riguardo, infatti, l’ordinanza impugnata ha richiamato con dovizia di particolari i continui contatti con il (OMISSIS), volti ad ottenerne la preventiva autorizzazione, o un intervento risolutore, ovvero le necessarie rassicurazioni per qualsiasi problematica inerente alla gestione o all’esecuzione dei lavori affidatigli in subappalto (come, ad es., nell’occasione in cui il (OMISSIS), informato dal (OMISSIS) del blocco del cantiere da parte degli zingari, riferiva di aver contattato i responsabili, ricevendo l’assicurazione che il Comune non si sarebbe rivalso sull’impresa esecutrice dei lavori, in caso di ritardi nell’ultimazione).

Integralmente richiamate le considerazioni svolte nei precedenti paragrafi (ed in particolare quelle di cui al par. 5.8.), deve altresi’ rilevarsi come sia stato lo stesso indagato, secondo quanto posto in rilievo dai Giudici di merito, ad aver fatto espresso riferimento – in alcune conversazioni oggetto di intercettazione ambientale (ad es., con l’architetto (OMISSIS), che avrebbe dovuto curare la ristrutturazione di un villa che il (OMISSIS) era in procinto di acquistare) – alla militanza di quest’ultimo all’interno dei N.A.R., ai suoi rapporti con la c.d. “banda della (OMISSIS)”, al “salto di qualita’” effettuato nel passaggio a forme di criminalita’ basate su rapporti e connivenze con le autorita’ politiche ed amministrative, nonche’ alla disponibilita’ di notevoli somme di denaro da parte del sodalizio.

In altre conversazioni, del resto, e’ il (OMISSIS) (ad es., nel discorrere con il (OMISSIS) delle attivita’ del sodalizio) a fare riferimento al (OMISSIS) come l’imprenditore incaricato per l’esecuzione di lavori oggetto di appalti pubblici appena aggiudicati presso il Comune, ovvero a spiegare direttamente a quest’ultimo la rete di relazioni intessuta dal sodalizio, i suoi obiettivi e i vari referenti sui quali poteva contare all’interno della pubblica amministrazione, sino a concludere il colloquio con l’espressione: “stiamo a mette su una bella squadra….piano piano…capito?”.

Ulteriori dati indiziari, al riguardo, sono stati evidenziati dai Giudici di merito con riferimento alla partecipazione del ricorrente ad alcune riunioni programmatiche presso l’abitazione del (OMISSIS) (ove si decidevano le linee di azione del sodalizio unitamente, di volta in volta, a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), Sindaco di Sacrofano) e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da societa’ facenti capo al (OMISSIS), come la “(OMISSIS)” s.r.l., i cui uffici sono stati peraltro utilizzati quale luogo sicuro di custodia per occultare somme di denaro contante, di rilevante importo, su espresso incarico dello stesso (OMISSIS), che le avrebbe poi utilizzate per il pagamento della quota “in nero” del prezzo d’acquisto di una villa.

Sotto altro, ma connesso profilo, il Tribunale ha rilevato come il (OMISSIS) risulti avere impiegato risorse finanziarie custodite presso le cooperative del (OMISSIS) per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione del predetto bene immobile, acquistato il 13 maggio 2014, avvalendosi dell’apporto garantito dallo stesso (OMISSIS), che per la copertura dei relativi costi emetteva fatture nei confronti delle cooperative del (OMISSIS), giustificandole quali prestazioni lavorative effettuate per il campo nomadi di (OMISSIS).

10.1. Coerenti, pertanto, devono ritenersi le conclusioni cui il Tribunale e’ pervenuto nel ritenere sussistente, allo stato, la gravita’ della base indiziaria in ordine alla partecipazione al sodalizio e all’affectio societatis del ricorrente, puntualmente replicando alle obiezioni difensive che miravano a ricondurre i suoi rapporti con il (OMISSIS) nell’alveo di una mera collaborazione di natura affaristica.

A tale riguardo, infatti, il Tribunale non ha mancato di esporre gli elementi sintomatici della consapevole finalizzazione all’acquisizione di un personale profitto per il fatto di essere venuto in relazione con il sodalizio mafioso, da un lato offrendo la disponibilita’ delle proprie attivita’ d’impresa, dall’altro lato ricevendone in cambio protezione e favori. Rilevante, in tal senso, e’ stato ritenuto, ad es., il contenuto di un dialogo intercorso fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) a seguito della pubblicazione del su menzionato articolo di un settimanale a diffusione nazionale (v., supra, il par. 3.7.), in cui il primo si preoccupava che il (OMISSIS) l’avesse letto, evidenziando come il clamore mediatico fosse utile al consolidamento della “fama criminale” del sodalizio, perche’ faceva sentire maggiormente tutelati quegli imprenditori che operavano sotto la sua ala protettrice.

In definitiva, l’elaborazione del materiale indiziario e’ stata motivatamente articolata dai Giudici del merito nel senso di individuare un preciso tornaconto nella condotta del ricorrente, il quale, oltre al fatto di aver custodito presso la sede legale di una sua societa’ parte del denaro contante provento di attivita’ illecite del (OMISSIS) in seno al sodalizio – denaro da quest’ultimo utilizzato per l’acquisto di un immobile – lo ha poi coadiuvato nella gestione delle trattative con la parte venditrice.

In tal senso, dunque, il quadro delle emergenze indiziarie – illustrato sotto il profilo del molteplice contributo dato nella esecuzione di lavori appaltati a societa’ riconducibili al sodalizio, nella custodia di proventi di attivita’ delittuose da utilizzare per pagamenti “in nero” e nella veicolazione di flussi finanziari illeciti – e’ stato ragionevolmente ritenuto dai Giudici del riesame indicativo di una collusione con il sodalizio mafioso per averne condiviso i propositi di infiltrazione nei settori amministrativo ed economico-imprenditoriale, entrando con esso in un rapporto sinallagmatico tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti (Sez. 1, n. 46552 del 11/10/2005, dep. 20/12/2005, Rv. 232963; Sez. 5, n. 39042 del 01/10/2008, dep. 16/10/2008, Rv. 242318; Sez. 1, n. 30534 del 30/06/2010, dep. 30/07/2010, Rv. 248321; Sez. 6, n. 30346 del 18/04/2013, dep. 15/07/2013, Rv. 256740).

Un rapporto, quello descritto nell’ordinanza, connotato da forme di stabile e continuativa cooperazione, tali da garantire all’imprenditore la percezione di vantaggi altrimenti non conseguibili sul mercato, ed all’organizzazione criminale la possibilita’ di infiltrarsi in settori sempre piu’ vasti dell’economia, fungendo al tempo stesso da polo di attrazione per ulteriori figure imprenditoriali.

10.2. Per quel che attiene, inoltre, al requisito della gravita’ indiziaria circa il reato di trasferimento fraudolento di beni e valori di cui al capo sub 9), l’ordinanza impugnata ha puntualmente ricostruito l’intera vicenda relativa all’operazione di fittizia intestazione di una villa acquistata dal (OMISSIS) nel maggio 2014 in (OMISSIS), e formalmente intestata alla sua compagna ( (OMISSIS)), illustrando, con congrua ed esaustiva motivazione, il fattivo contributo concorsuale offerto dal ricorrente, per avere aiutato il (OMISSIS) durante tutte le fasi della trattativa finalizzata all’acquisto e per avere custodito presso gli uffici della (OMISSIS) s.r.l., come si e’ gia’ accennato, un’ingente somma di denaro in contanti poi utilizzata dal primo per la definizione della compravendita.

Il Tribunale ha dato conto, al riguardo, di una serie di conversazioni oggetto di intercettazione, in cui il (OMISSIS), consapevole di essere sottoposto ad indagini dagli organi inquirenti, manifestava la sua volonta’ di occultare le proprie risorse finanziarie attraverso la fittizia intestazione di beni di cui aveva di fatto la proprieta’, parlando con il (OMISSIS) della necessita’ che non rimanesse alcuna traccia dell’acquisto da lui effettuato.

Inoltre, i Giudici di merito hanno valorizzato gli esiti delle risultanze investigative, dalla cui prospettazione e’ emerso, in particolare, che l’immobile e’ stato pagato, in parte, attraverso il versamento “in nero” di una somma in contanti pari all’importo di euro 120.000,00 – custodita dal (OMISSIS), almeno per una porzione di centomila euro, per conto del (OMISSIS) e proveniente dalle attivita’ illecite del sodalizio – e, in parte, attraverso la somma derivante da un mutuo bancario stipulato in favore della compagna del (OMISSIS), che proprio per tale motivo, su diretta iniziativa di quest’ultimo, veniva fittiziamente assunta il 1 febbraio 2014 come dipendente di una cooperativa del (OMISSIS), con la previsione di una busta paga adeguata all’entita’ della rata mensile del finanziamento, in modo da consentirle di ottenere l’erogazione della somma (pari all’importo di euro 147.000,00) oggetto del mutuo contratto con un Istituto di credito.

Secondo una costante linea interpretativa tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 1, n. 30165 del 26/04/2007, dep. 24/07/2007, Rv. 237595), il delitto di trasferimento fraudolento di valori e’ una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarita’ o della disponibilita’ di denaro o altra utilita’ realizzata in qualsiasi forma. Il fatto-reato, quindi, consiste nella dolosa determinazione di una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarita’ o disponibilita’ del bene, difforme dalla realta’, al fine di eludere misure di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, ovvero al fine di agevolare la commissione di reati relativi alla circolazione di mezzi economici di illecita provenienza.

L’espressione utilizzata dal legislatore, “attribuzione fittizia della titolarita’ o della disponibilita’ di denaro, beni o altre utilita’”, non intende formalizzare i meccanismi – che possono essere molteplici e non classificabili in astratto – attraverso i quali puo’ realizzarsi l'”attribuzione fittizia”, ne’ intende ricondurre la definizione di “titolarita’” o “disponibilita’” entro schemi tipizzati di carattere civilistico, ma ha una valenza ampia che rinvia non soltanto alle forme negoziali tradizionalmente intese, ma a qualsiasi tipologia di atto idonea a creare un apparente rapporto di signoria tra un determinato soggetto e il bene, rispetto al quale permane intatto il potere di colui che effettua l’attribuzione, per conto – o nell’interesse – del quale l’attribuzione e’ operata (Sez. 2, n. 52616 del 30/09/2014, dep. 18/12/2014, Rv. 261613).

E’ dunque sufficiente, per la configurabilita’ di tale ipotesi delittuosa, qualunque azione che si traduca in una scissione fra titolarita’ o disponibilita’ effettiva di denaro o altre utilita’, e titolarita’ o disponibilita’ formale delle stesse, fittiziamente attribuita ad un soggetto o a soggetti diversi da quello o da quelli cui quel denaro o quelle utilita’ fanno sostanzialmente capo (ex multis, v. Sez. 6, n. 15140 del 12/04/2012, dep. 19/04/2012, Rv. 252610; Sez. 2, n. 40 del 24/11/2011, Rv. 251748; Sez. 1, n. 23266 del 28/05/2010, Rv. 247581; Sez. 5, n. 30605 del 22/05/2009, Rv. 244482).

Proprio perche’ la norma incriminatrice intende attrarre nella sua sfera precettiva qualsiasi forma di trasferimento di beni da un soggetto, che ne rimane comunque effettivo dominus, ad altro, che pare disporne, giuridicamente o di fatto, quale titolare apparente, deve ritenersi che l’interposizione fittizia ricorre anche laddove sia riferibile solo ad una quota del bene oggetto di un’operazione negoziale che nel suo insieme risulti essere finalisticamente diretta, come avvenuto nel caso in esame, a creare una realta’ giuridica apparente nell’interesse del reale “dominus”.

Al riguardo, infatti, i Giudici di merito hanno congruamente argomentato nel senso che la fittizia attribuzione dell’immobile alla compagna del (OMISSIS) era connotata dalla finalita’ di agevolare il sodalizio cui lo stesso (OMISSIS) ha preso parte, coadiuvando il (OMISSIS) nel consentire il reimpiego di risorse pari alla somma di denaro corrisposta “in nero”, proveniente dalle illecite attivita’ dell’associazione.

La ricostruzione della vicenda in esame, operata, come si e’ detto, in modo completo e logico dal Tribunale, che sul punto ha richiamato l’ampia esposizione contenuta nell’ordinanza genetica, non e’ censurabile neppure sotto il profilo della mancata considerazione di elementi a difesa dedotti dal ricorrente, ove si consideri che la motivazione fornita dal giudice dell’impugnazione non e’ comunque affetta dal vizio rilevante ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), quando dal complesso dei passaggi argomentativi emerga, anche solo in termini impliciti, che i rilievi della difesa, come avvenuto nel caso in esame, siano stati presi in considerazione e ritenuti non incisivi, ovvero non decisivi, perche’ sostanzialmente incompatibili con la valenza indiziaria delle emergenze investigative.

10.3. Per quanto concerne, poi, le censure prospettate in relazione all’ipotesi di reato (ex Decreto Legislativo n. 151 del 1991, articolo 8) contestata nel capo sub 22, la ricostruzione operata dai Giudici del riesame e’ sorretta da un ragionamento completo e plausibile, sicche’ ogni ulteriore critica da parte dell’interessato va ritenuta inammissibile nella parte in cui si sostanzia in una richiesta di diversa valutazione dello stesso materiale indiziario, in senso evidentemente favorevole al ricorrente. Tanto non e’ consentito, infatti, al Giudice della legittimita’, deputato al controllo della correttezza, logicita’ e completezza della motivazione.

Al riguardo, invero, l’ordinanza impugnata ha preso in esame le deduzioni difensive e le ha congruamente disattese alla luce delle emergenze investigative rappresentate dal contenuto di numerose conversazioni oggetto di intercettazione, che ha ritenuto sintomatiche, allo stato, di uno stretto collegamento fra la disponibilita’ manifestata dal ricorrente per l’emissione di fatture per operazioni – quanto meno in parte – inesistenti attraverso lo schermo della (OMISSIS) s.r.l. e la veicolazione di flussi finanziari destinati in favore del (OMISSIS), la cui origine e’ stata individuata negli illeciti profitti conseguiti per effetto delle complessive attivita’ svolte dal sodalizio in esame, ivi comprese quelle legate alla realizzazione dei delitti di estorsione.

Sul punto, infatti, sono state richiamate, ad es., le conversazioni fra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) circa le modalita’ di reintroduzione dei proventi nel circuito lecito, in cui il primo spiegava al secondo che le somme di denaro venivano restituite al (OMISSIS) attraverso il meccanismo delle false fatturazioni con la societa’ riferibile al (OMISSIS); ovvero quelle in cui e’ lo stesso (OMISSIS) a chiedere al ricorrente l’emissione di fatture, o, infine, quelle intercorse negli uffici di una cooperativa del (OMISSIS), tra quest’ultimo, il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), in cui i tre decidono, a fronte della necessita’ di corrispondere al (OMISSIS) un’ingente quantita’ di denaro, di utilizzare proprio il (OMISSIS) per la emissione di false fatture relative al campo nomadi; a seguito di tale colloquio, come posto in evidenza dai Giudici del riesame, il (OMISSIS) contatto’ il (OMISSIS), che si dichiaro’ immediatamente disponibile.

Correttamente riconosciuta, pertanto, deve ritenersi la configurabilita’ della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7, alla stregua dei dati fattuali ampiamente illustrati nell’ordinanza impugnata e delle implicazioni sottese al su richiamato quadro di principii giurisprudenziali (v. par. 9.2.).

Nella stessa prospettiva, peraltro, deve richiamarsi il portato applicativo della connessa regula iuris, piu’ volte stabilita in questa Sede, secondo cui nella fase delle indagini preliminari, ai fini dell’adozione di misure cautelari, per la ravvisabilita’ dell’aggravante in questione e’ sufficiente la prova della elevata probabilita’ dell’esistenza dell’associazione agevolata (Sez. 2, n. 52614 del 30/09/2014, dep. 18/12/2014, Rv. 261545; Sez. 6, n. 4381 del 07/11/1997, dep. 25/03/1998, Rv. 210816), non richiedendosi, nella fase incidentale in cui viene valutato il profilo della mera gravita’ indiziaria, altro che l’elevata probabilita’ di colpevolezza dell’interessato.

10.4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex articolo 616 c.p.p..

11. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ parzialmente fondato e deve essere pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati.

11.1. Il primo ed il terzo motivo di doglianza sono infondati, poiche’ la gravita’ del panorama indiziario, gia’ puntualmente illustrata dal G.i.p. a sostegno del provvedimento genetico, e successivamente condivisa dal Giudice del riesame cautelare, deve ritenersi congruamente sostenuta dall’apparato motivazionale su cui poggia l’impugnato provvedimento, che ha correttamente proceduto ad una valutazione analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico del ricorrente, dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l’epilogo del relativo percorso decisorio.

Al riguardo, infatti, l’ordinanza impugnata ha analiticamente illustrato la sequenza dei passaggi attraverso cui l’indagato, legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., con l’emissione di una fattura (dell’importo di euro 72.600,00) in favore della societa’ cooperativa (OMISSIS) – facente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS) – e la successiva annotazione della fattura alla (OMISSIS) per l’importo di euro 36.300,00, ha consapevolmente impedito, d’intesa con il (OMISSIS), l’individuazione dell’origine illecita di profitti generati dall’attivita’ dell’associazione presso il campo nomadi di (OMISSIS) e della loro successiva destinazione al (OMISSIS); ha congruamente replicato, inoltre, ai rilievi difensivi, da un lato osservando che la contestazione in sede cautelare riguardava l’entita’ dei lavori effettivamente realizzati presso il campo nomadi, aventi ad oggetto la meta’ della somma fatturata (poiche’ lo stesso (OMISSIS), dopo l’emissione della fattura alla societa’ (OMISSIS), aveva restituito la meta’ della somma alla (OMISSIS), con la conseguente veicolazione, attraverso il (OMISSIS), dei relativi proventi in favore del (OMISSIS)), dall’altro lato rilevando come fosse lo stesso ricorrente a chiedere consigli al (OMISSIS) sui dati da riportare nelle fatture al fine di giustificare il relativo esborso, cosi’ mostrando piena consapevolezza del contesto nel quale stava operando e dei rapporti dal (OMISSIS) intrattenuti con il gruppo del (OMISSIS).

A tale riguardo, infine, i Giudici di merito hanno specificamente indicato le ragioni giustificative della valutazione operata in merito ai presupposti di configurabilita’ della contestata aggravante di cui all’articolo 7, richiamando non solo il contenuto di una conversazione intercorsa fra i due imprenditori in data 14 giugno 2013, ove si fa riferimento alla consapevolezza, da parte del ricorrente, dei rapporti fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ma anche la circostanza, compiutamente illustrata nell’ordinanza genetica, relativa al fatto che il (OMISSIS) risulta essersi incontrato, in piu’ occasioni, con lo stesso (OMISSIS) (ad es., presso la sede della (OMISSIS) s.r.l. in data 5 ottobre 2012, ovvero in una cena presso un ristorante di (OMISSIS), il 20 ottobre dello stesso anno).

A fronte di tale completo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto attraverso una serie di passaggi motivazionali chiari e privi di vizi logici, il ricorrente non ha individuato aspetti o punti della decisione tali da inficiare la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ne’ ha soddisfatto l’esigenza di una critica puntuale e ragionata che deve informare l’atto di impugnazione, ma ha sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle risultanze processuali, facendo leva sull’apprezzamento di elementi di fatto gia’ puntualmente vagliati in sede di riesame, e la cui rivisitazione, evidentemente, non e’ sottoponibile al sindacato di questa Suprema Corte.

11.2. Fondata, di contro, deve ritenersi la seconda doglianza prospettata nel ricorso (v., in narrativa, il par. 2.2.), avendo il Tribunale formulato il giudizio prognostico di reiterazione del reato senza ancorarlo ad elementi individualizzanti e concreti, ed anzi prescindendo dalla specifica considerazione della sua posizione soggettiva, la cui piena valutazione imponeva di prendere in esame il dato di fatto rappresentato dalle prospettate dimissioni del ricorrente dalla qualifica di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l..

E’ noto che il parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non puo’ essere affidato ad elementi meramente congetturali ed astratti, ma a dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalita’ dell’indagato, tali da consentire di affermare che quest’ultimo possa facilmente, verificandosene l’occasione, commettere detti reati (Sez. 6, n. 38763 del 08/03/2012, Rv. 253372).

11.3. In relazione a tale profilo s’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, per un nuovo esame che, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, dovra’ colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede statuiti.

12. Analoghe considerazioni devono svolgersi per quel che attiene ai primi due profili di doglianza oggetto del ricorso proposto da (OMISSIS), avendo il Tribunale del riesame compiutamente indicato gli elementi integranti il necessario requisito di gravita’ del quadro indiziario sulla base di rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa Sede.

12.1. Rispetto alla pregnanza del compendio indiziario descritto con riferimento alla vicenda corruttiva enucleata nel capo sub 25) la ricorrente non si e’ confrontata con la necessaria specificita’ di argomentazioni, avendo il Tribunale ampiamente valorizzato il tenore ed il contenuto delle conversazioni intercorse fra gli indagati, nelle quali il (OMISSIS) ha fatto esplicito riferimento alle somme di denaro corrisposte e da corrispondere a (OMISSIS), funzionario del Comune di Roma responsabile del servizio di programmazione e gestione del verde pubblico, a fronte degli atti contrari ai doveri d’ufficio da lui posti in essere in favore dell’organizzazione criminale riguardo: a) alle pressioni sugli organi amministrativi per il reperimento di risorse in settori riconducibili alle cooperative del (OMISSIS); b) al reperimento dei fondi per l’emergenza legata al maltempo; c) alla determinazione dell’ammontare del corrispettivo per la manutenzione delle piste ciclabili; d) all’assegnazione alla cooperativa ” (OMISSIS)” della manutenzione ordinaria delle aree verdi delle ville storiche.

Gia’ nell’ordinanza genetica, per vero, si poneva in rilievo il contributo causale offerto dalla (OMISSIS) e dagli altri indagati, quanto meno in relazione alla promessa della somma di trentamila euro per le piste ciclabili, individuandolo nella circostanza che il (OMISSIS) non solo aveva concordato con essi il tetto massimo della somma da versare al su indicato pubblico ufficiale nell’importo dianzi specificato, ma era stato dagli stessi agevolato nella valutazione della convenienza dell’operazione.

Nel corso della discussione sulla corruzione del (OMISSIS), come poi osservato dal Tribunale, tutti gli indagati dialogavano prestando il loro contributo e mostrando piena consapevolezza delle modalita’ corruttive attraverso cui operava l’associazione e del ruolo svolto dal (OMISSIS) nella fissazione dei margini di guadagno del sodalizio. In tal senso, ad es., l’ordinanza impugnata ha spiegato che la ricorrente era piu’ volte intervenuta nel corso della conversazione, chiedendo chiarimenti al (OMISSIS) su quali fossero le commesse per le quali era stata richiesta la tangente e se la societa’ (OMISSIS) avesse o meno fatturato.

Anche con riferimento all’episodio concernente la gara d’appalto indetta dall’ (OMISSIS) s.p.a. sulla raccolta differenziata del c.d. “multimateriale” (capo sub 16) i Giudici di merito hanno evidenziato una serie di contatti anomali tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) – quale direttore generale dell’ (OMISSIS) e responsabile unico del procedimento – antecedenti la presentazione delle offerte e finalizzati ad alterare la regolarita’ della procedura con lo spostamento del termine finale della loro presentazione, anche in ragione delle problematiche emerse nella tenuta di precedenti intese con altri indagati ( (OMISSIS) della cooperativa ” (OMISSIS)”), il cui contenuto avrebbe dovuto essere poi recepito nell’atto di aggiudicazione dei lotti.

In alcune conversazioni oggetto di intercettazione, come rilevato dai Giudici di merito, il (OMISSIS) dialogava con la (OMISSIS) nelle more dell’aggiudicazione, facendo riferimento proprio ai problemi emersi da tali precedenti accordi ed alla necessita’ di parlare con il (OMISSIS), mentre in altre conversazioni comunicava alla (OMISSIS) e agli altri coindagati i nominativi degli esponenti politici (definiti “assi nella manica”) sui quali l’associazione poteva contare per vincere la gara.

Coerente con l’esposizione di tali risultanze indiziarie, dunque, deve essere ritenuto, allo stato, l’apprezzamento del Tribunale circa la configurabilita’ della contestata aggravante, avuto riguardo al ruolo attribuito alla ricorrente nell’ambito delle cooperative, ai rapporti intercorsi con il (OMISSIS) e alle modalita’ di realizzazione della condotta a suo carico ipotizzata nelle su indicate vicende, logicamente ritenute sintomatiche di una finalita’ agevolatrice del sodalizio criminale, anche alla luce della conoscenza dei rapporti tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS).

A tale complesso di valutazioni, come si e’ visto, la ricorrente non ha opposto alcunche’ di decisivo, se non generiche ed improponibili doglianze in merito alla ricostruzione dei fatti accolta nel provvedimento impugnato, fondate su una congetturale rivisitazione dei fatti di causa, incentrata sulla prospettazione di un ruolo passivo di “mera ascoltatrice” di programmi illeciti da altri ideati, e risolventesi, come tale, in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dai Giudici di merito, senza scardinare o anche solo porre in crisi la complessiva tenuta logico-argomentativa dei relativi passaggi motivazionali.

12.2. Fondato, di contro, deve ritenersi il terzo profilo di doglianza dalla ricorrente prospettato (v., in narrativa, il par. 5.3.), richiamandosi, al riguardo, le considerazioni gia’ espresse in ordine al ricorso del (OMISSIS) (supra, nel par. 11.2), per quel che attiene alla valutazione del parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole.

Sul punto, invero, le ragioni giustificative addotte dal Tribunale appaiono fondate non solo su formule genericamente espresse, ma anche sul rilievo erroneamente attribuito ad un elemento di fatto – la gravita’ di un precedente penale – la cui sussistenza, viceversa, e’ stata esclusa dalla documentazione allegata dalla difesa.

12.3. In relazione al su indicato profilo s’impone, conseguentemente, l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, per un nuovo esame che, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, dovra’ colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede statuiti.

13. Il ricorso di (OMISSIS) e’ parzialmente fondato e deve essere pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati.

13.1. Le censure enucleate nel primo motivo di ricorso sono infondate, avendo l’ordinanza impugnata fatto buon governo del quadro dei principii che regolano la materia in esame, laddove sono stati puntualmente evidenziati – sulla base degli esiti d’indagine ivi rappresentati, e in particolare delle risultanze offerte dalle attivita’ di intercettazione – gli elementi indiziari del contributo dall’indagato offerto nella realizzazione degli episodi di corruzione contestati nel capo sub 35) in concorso con altri indagati.

Il tema d’accusa e’ stato infatti delineato con riferimento alle vicende corruttive nelle quali e’ rimasto coinvolto (OMISSIS), nella sua funzione di membro del tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, per avere accettato, da (OMISSIS) e da (OMISSIS), il pagamento della somma di cinquemila euro al mese, per se’ stesso, e di millecinquecento euro mensili per (OMISSIS), al fine di agevolarli nella gestione dei centri di accoglienza degli immigrati, favorendo, anche in forza dell’attivita’ di intermediazione svolta dallo (OMISSIS), gli interessi della rete di societa’ ad essi riconducibili, ed in particolare:

a) per avere orientato le scelte del tavolo di coordinamento al fine di creare le condizioni per l’assegnazione di flussi di immigrati a strutture di accoglienza gestite da imprese riconducibili al (OMISSIS) ed al (OMISSIS);

b) nel comunicare i contenuti delle riunioni e le posizioni espresse dai vari rappresentanti di organi istituzionali che prendevano parte al tavolo;

c) nell’effettuare pressioni finalizzate all’apertura di centri in luoghi graditi a quel gruppo.

Muovendo dalle medesime risultanze investigative, e in particolare dal contenuto di un’intercettazione effettuata il 28 marzo 2014, in cui il (OMISSIS) discorreva con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) del continuo versamento di somme di denaro all’ (OMISSIS) (pari all’importo di cinquemila euro al mese da tre anni), il Tribunale ha altresi’ evidenziato come, nell’ambito dello stesso contesto operativo, il (OMISSIS) abbia fatto riferimento ad ulteriori dazioni di denaro in favore dello (OMISSIS) – pari all’importo di almeno millecinquecento euro al mese da tre anni – per l’attivita’ di intermediazione da lui svolta presso l’ (OMISSIS), da un lato lamentandosi della sua eccessiva avidita’, dall’altro lato spiegando come tali pagamenti rappresentassero un fruttuoso investimento per l’attivita’ svolta dalle sue cooperative, in ragione dei continui flussi di entrata degli immigrati nel territorio italiano.

Siffatte utilita’ venivano concordate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), che forniva al primo parte della provvista necessaria per il materiale pagamento delle somme destinate al ricorrente, effettuato attraverso la simulazione di un inesistente rapporto lavorativo.

L’ordinanza impugnata ha inoltre esaminato le risultanze dei dialoghi fra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) riguardo alla posizione subordinata assunta dallo (OMISSIS) rispetto all’ (OMISSIS), replicando puntualmente ai rilievi difensivi al riguardo formulati e ponendo in evidenza gli aspetti di contraddittorieta’ emersi dal raffronto fra le dichiarazioni rese nell’interrogatorio del (OMISSIS) in merito all’attivita’ di intermediario immobiliare svolta dallo (OMISSIS) al fine di reperire alloggi ove accogliere gli immigrati e le diverse spiegazioni da quest’ultimo fornite nel suo interrogatorio di garanzia, circa il ruolo di mero “ottimizzatore” che egli avrebbe assunto in favore delle cooperative, senza avere mai svolto la su indicata attivita’ di intermediazione.

Sul punto, infatti, i Giudici di merito hanno linearmente illustrato quale sia stato il ruolo in concreto rivestito dallo (OMISSIS) come persona di fiducia dell’ (OMISSIS), per il fatto di averne curato gli illeciti interessi durante la sua assenza dall’Italia, ovvero per avere stabilmente assunto una funzione di collegamento tra il suo diretto referente ed il gruppo di societa’ riconducibili al (OMISSIS), percependo, proprio per tale ragione, la su indicata remunerazione mensile quale corrispettivo delle condotte contrarie ai doveri d’ufficio poste in essere dall’ (OMISSIS).

Ulteriori elementi di riscontro indiziario, rispetto ai dati emersi dalle su indicate operazioni di intercettazione, sono stati acquisiti in forza degli accertamenti svolti dagli organi inquirenti, che hanno offerto piena conferma dell’esistenza e della natura dei rapporti contabili tra lo (OMISSIS), il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), smentendo qualsiasi possibilita’ di configurare forme di lavoro dipendente quale preteso titolo giustificativo dello “stipendio” il cui materiale pagamento veniva, nel corso dei dialoghi oggetto di intercettazione, piu’ volte sollecitato dallo (OMISSIS).

13.2. Sulla base di tali emergenze indiziarie, deve ritenersi che le conclusioni cui sono pervenuti i Giudici di merito si pongano pienamente in linea con il quadro di principii al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. 6 , n. 33435 del 04/05/2006, dep. 05/10/2006, Rv. 234361), secondo cui nel delitto di corruzione, che e’ a concorso necessario ed ha una struttura bilaterale, e’ ben possibile il concorso eventuale di terzi, sia nel caso in cui il contributo si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all’uno o all’altro dei concorrenti necessari, sia nell’ipotesi in cui si risolva, come nel caso in esame, in un’attivita’ di intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra gli autori necessari.

Sul punto, inoltre, deve ribadirsi che, per la configurabilita’ del reato di corruzione propria, non occorre individuare esattamente l’atto contrario ai doveri d’ufficio, oggetto dell’accordo illecito, ma e’ sufficiente che esso sia individuabile in funzione della competenza e della concreta sfera di operativita’ del pubblico ufficiale, cosi’ da essere suscettibile di specificarsi in una pluralita’ di singoli atti non preventivamente fissati o programmati, ma pur sempre appartenenti al “genus” previsto (Sez. 6 , n. 2818 del 02/10/2006, dep. 25/01/2007, Rv. 235727; v., inoltre, Sez. 6 , n. 33881 del 19/06/2014, dep. 31/07/2014, Rv. 261406).

In tema di corruzione propria, infatti, l’espressione “atto di ufficio” non e’ sinonimo di atto amministrativo, ma designa ogni comportamento del pubblico ufficiale posto in essere nello svolgimento del suo incarico e contrario ai doveri del pubblico ufficio ricoperto (Sez. 6 , n. 23804 del 17/03/2004, dep. 24/05/2004, Rv. 229642; Sez. 6 , n. 21943 del 07/04/2006, dep. 22/06/2006, Rv. 234619; Sez. 6 , n. 30058 del 16/05/2012, dep. 23/07/2012, Rv. 253216).

Nel caso in esame, come si e’ osservato, i Giudici di merito hanno evidenziato una serie di condotte poste in essere dall’ (OMISSIS) in violazione ed in contrasto con i doveri d’ufficio, retribuite con compensi fissi a scadenza mensile, per il fatto di avere costantemente agevolato gli interessi di determinati soggetti imprenditoriali nelle attivita’ di gestione dell’accoglienza degli immigrati, anche senza indire pubbliche gare, ma facendo leva su mere considerazioni d’urgenza legate alla emergenza del fenomeno migratorio.

Sulla base di quanto compiutamente rappresentato nell’ordinanza impugnata, infatti, l’ (OMISSIS) ha sistematicamente agito quale intraneus, al servizio di (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’ambito di un organismo pubblico incardinato nelle strutture del Ministero nell’Interno competenti in materia di protezione dei richiedenti asilo e, dunque, nel perimetro della concreta sfera di intervento e di influenza propria delle sue pubbliche funzioni, contribuendo ad orientare le determinazioni dei livelli, nazionale e locale, di governo in senso favorevole a quei soggetti privati – che hanno evitato, tra l’altro, i vincoli e l’alea a cui sarebbero stati sottoposti in caso di ricorso a gare pubbliche per l’aggiudicazione di quei servizi – in spregio ai doveri di correttezza, onesta’ e imparzialita’ che incombono su chi riveste funzioni pubbliche.

In ordine alla qualificazione dei fatti contestati, pertanto, il Collegio, osservato che i Giudici di merito hanno puntualmente evidenziato come nel caso di specie l’ (OMISSIS), in violazione dei suoi doveri d’ufficio, si sia messo a disposizione di privati che miravano ad assicurarsi un trattamento di favore nell’esercizio delle sue funzioni di componente del Tavolo di coordinamento nazionale, cosi’ che l’oggetto dell’accordo illecito si e’ progressivamente specificato in una pluralita’ di singoli atti rientranti nella concreta sfera di intervento del pubblico ufficiale e non preventivamente individuati, ma pur sempre appartenenti al genus previsto (Sez. F, n. 32779 del 13/08/2012, dep. 17/08/2012, Rv. 253487), ribadisce che lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi attraverso il sistematico ricorso ad atti contrari ai doveri d’ufficio, ancorche’ non predefiniti o non (interamente) individuabili ex post, integra, sia in relazione alla previgente che all’attuale disciplina normativa, il reato di cui all’articolo 319 c.p. e non quello, meno grave, di cui all’articolo 318 c.p. (Sez. 6 , n. 9883 del 15/10/2013, dep. 28/02/2014, Rv. 258521; Sez. 6 , n. 33881 del 19/06/2014, dep. 31/07/2014, Rv. 261406; Sez. 6 , n. 47271 del 25/09/2014, dep. 17/11/2014, Rv. 260732; Sez. 6 , n. 6056 del 23/09/2014, dep. 10/02/2015, Rv. 262333).

13.3. Fondato, di contro, deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, apparendo le ragioni giustificative del pericolo di recidiva del tutto disancorate dalla valutazione di elementi specifici e concreti, e fondate su formule solo genericamente espresse, attraverso un riferimento non meglio specificato a “diretti interessi nel mondo delle cooperative”.

Sul punto, dunque, vanno richiamate le analoghe considerazioni gia’ espresse in ordine ai ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) (supra, nei parr. 11.2 e 12.2.), per quel che attiene ai canoni di valutazione del parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole.

13.4. In relazione a tale profilo, conseguentemente, s’impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, per un nuovo esame che, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, dovra’ colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede statuiti.

14. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ parzialmente fondato e deve essere pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati.

14.1. Preliminarmente, per quel che attiene ai motivi di doglianza (v., in narrativa, i parr. 7.3. e 7.5.) incentrati sui reati di trasferimento fraudolento di valori di cui ai capi d’imputazione sub 32), 33) e 34), deve rilevarsi come, in pendenza del ricorso per cassazione avverso il provvedimento restrittivo, l’intervenuta scarcerazione parziale per la decorrenza dei termini della misura cautelare determina, in assenza di una richiesta funzionale alla proposizione di istanze di riparazione per l’ingiusta detenzione, l’inammissibilita’ dell’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse.

14.2. Infondate, inoltre, devono ritenersi le residue censure difensive prospettate con riguardo al reato di favoreggiamento personale ipotizzato nel capo suo 31) v., supra, i parr. 7.1., 7.2. e 7.4..

Per quel che attiene alla preliminare censura di omessa motivazione sui gravi indizi di colpevolezza, la stessa deve ritenersi manifestamente infondata, ove si consideri, da un lato, che l’ordinanza genetica contiene specifici passaggi motivazionali in cui il G.i.p. ha esplicitato le sue autonome valutazioni riguardo alla sussistenza del requisito della gravita’ indiziaria e, dall’altro lato, che l’ordinanza impugnata ha offerto, a sua volta, piena dimostrazione di aver preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento, nonche’ di averle meditate e ritenute coerenti con la sua decisione, laddove ha ricostruito, sia pure sinteticamente, i passaggi dell’intera vicenda, motivando sulle ragioni giustificative della ritenuta configurabilita’ della fattispecie contestata.

Al riguardo, infatti, il Tribunale del riesame ha richiamato il compendio indiziario gia’ ampiamente delineato dal G.i.p. nell’ordinanza genetica (pagg. 930 ss.), sulla base dell’analitica disamina delle risultanze offerte dalle attivita’ investigative; ha, inoltre, specificamente considerato i rilievi difensivi, escludendone la fondatezza con congrua ed esaustiva motivazione, laddove ha posto in rilievo, fra l’altro, i seguenti elementi indiziari:

a) che il (OMISSIS), venuto a conoscenza della notizia relativa alla presenza di un dispositivo tecnico di ascolto all’interno di uno studio legale – ove si erano indirizzate le attivita’ d’indagine sul presupposto che l’attivita’ ivi espletata fosse funzionale alla realizzazione degli obiettivi del sodalizio criminoso a lui riconducibile – ne informava uno degli avvocati, il quale, a sua volta, riferiva tale informazione ad un suo collega di studio;

b) che l’informazione ottenuta dal (OMISSIS) veniva considerata attendibile, tanto che due degli associati a tale studio legale decidevano di verificare la collocazione dell’applicazione tecnica di ascolto, ragionando sulle possibili soluzioni volte alla sua individuazione;

c) che la scelta ricadeva sulla persona di (OMISSIS), il quale, accompagnato nei locali da uno degli avvocati dello studio, che gli indicava la zona dove eseguire la ricerca, effettuava la richiesta attivita’ di bonifica munito di un oggetto che estraeva dalla tasca posteriore sinistra dei pantaloni, individuando l’ubicazione dell’applicazione tecnica ivi installata, che tuttavia non veniva rimossa;

d) che di tale rinvenimento egli prontamente informava un altro associato allo studio;

e) che il giorno seguente egli effettuava una nuova visita presso gli uffici dello studio legale;

f) che, a seguito del rinvenimento del predetto dispositivo, la circostanza non veniva denunciata e le periferiche del relativo sistema di ascolto non venivano rimosse, ma ripristinate in loco e lasciate in funzione.

14.3. Sulla base di tali emergenze indiziarie, la condotta posta in essere dal (OMISSIS) e’ stata coerentemente ritenuta dai Giudici di merito funzionale all’elusione delle attivita’ d’indagine volte a verificare la eventuale sussistenza, nei confronti degli associati al predetto studio legale, degli elementi costitutivi dell’ipotizzato reato di concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso in esame.

Al riguardo, invero, deve richiamarsi la linea interpretativa costantemente tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 6 , n. 709 del 24/10/2003, dep. 15/01/2004, Rv. 228257; Sez. 6 , n. 9989 del 05/02/2015, dep. 09/03/2015, Rv. 262799), secondo cui la condotta del reato di favoreggiamento personale, che e’ un reato di pericolo, deve consistere in un’attivita’ che – come avvenuto nel caso in esame – abbia frapposto un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini, che abbia, cioe’, provocato una negativa alterazione – quale che sia – del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero comunque potute svolgere.

Il reato, dunque, puo’ essere integrato da qualunque condotta, positiva o negativa, diretta o indiretta (Sez. 6 , n. 2936 del 01/12/1999, dep. 09/03/2000, Rv. 217108), mentre non e’ necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneita’ della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia (Sez. 6 , n. 3523 del 07/11/2011, dep. 27/01/2012, Rv. 251649).

Nel caso in esame, il contributo efficacemente offerto dall’indagato alla neutralizzazione delle attivita’ di intercettazione poste in essere dagli organi inquirenti – contributo estrinsecatosi attraverso una minuziosa e ripetuta ispezione effettuata all’interno degli uffici dello studio legale per “bonificarlo” da un congegno elettronico idoneo alla registrazione delle conversazioni che vi erano intrattenute e, dunque, potenzialmente in grado di fornire utili elementi di conoscenza alle indagini in corso – e’ consistito non solo nel fornire ai soggetti favoriti piena e sicura certezza dell’esistenza della microspia, ma anche nell’esatta individuazione del punto in cui essa era stata celata, oltre che nella susseguente decisione, concordata con gli interessati, di mantenerlo in funzione e di non rimuoverne la presenza.

Una volta superata l’emergenza segnalata dal (OMISSIS), la scelta in tal modo operata dal (OMISSIS) e dagli avvocati ha manifestato, dunque, la chiara intenzione di giovarsi degli effetti della consapevole presenza in loco dello strumento di captazione ambientale.

Ne’ appare decisiva, per escludere l’aiuto penalmente rilevante, la circostanza che il soggetto favorito fosse gia’ consapevole dell’esistenza della microspia, posto che l’opera svolta dall’agente si e’ comunque concretizzata in un significativo comportamento di agevolazione, ed avuto riguardo, altresi’, alla circostanza che, se il soggetto intercettato avesse semplicemente voluto inibire la raccolta di prove a proprio carico, ben avrebbe potuto cessare di intrattenere conversazioni all’interno del locale interessato.

In relazione ai profili or ora indicati, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento delle emergenze procedimentali, esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da porre in crisi la complessiva tenuta del discorso argomentativo delineato dal Tribunale, ma ha sostanzialmente contrapposto una lettura alternativa delle risultanze investigative, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito gia’ puntualmente vagliati in sede di riesame cautelare, e la cui rivisitazione, evidentemente, non e’ sottoponibile al giudizio di questa Suprema Corte.

14.4. Aspecificamente formulata, e come tale inammissibile in questa Sede (v. Sez. 6 , n. 32227 del 16/07/2010, dep. 23/08/2010, Rv. 248037), deve ritenersi la doglianza incentrata sulla inutilizzabilita’ delle intercettazioni indicate nel motivo su esposto in narrativa al par. 7.4., non essendo stata chiaramente prospettata la ragione della rilevanza del contenuto delle conversazioni che ne costituiscono l’oggetto, ai fini della formazione della base indiziaria dai Giudici di merito delineata a sostegno della ipotizzata configurabilita’ della su indicata fattispecie incriminatrice.

14.5. Fondato e’ invece il ricorso (v., in narrativa, il par. 7.7.) in ordine all’ipotizzata aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7, che e’ stata ritenuta in base alla generica considerazione di una correlazione fra l’associazione di stampo mafioso facente capo al (OMISSIS) ed il reato in esame, senza effettuare un’adeguata verifica in merito alla consistenza, modalita’ ed attualita’ di tale correlazione, e, soprattutto, riguardo alla sussistenza della relativa proiezione soggettiva, sotto il profilo rappresentativo e finalistico, nello specifico comportamento contestato al (OMISSIS).

In tal senso, la prospettata circostanza della conoscenza del (OMISSIS) e dell’esistenza del sodalizio a lui facente capo non e’ di per se’ sufficiente, poiche’ la configurabilita’ della predetta aggravante non puo’ essere desunta dal mero apprezzamento delle caratteristiche soggettive di chi agisce, anche in concorso con altri, ma rimane comunque legata alla sussistenza di un contesto fattuale specificamente evocativo della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo (da ultimo, v. Sez. 5 , n. 42818 del 19/06/2014, dep. 13/10/2014, Rv. 261761).

14.6. Parimenti fondato, inoltre, deve ritenersi il sesto motivo di ricorso, apparendo le ragioni giustificative del pericolo di recidiva del tutto disancorate dalla valutazione di elementi specifici e concreti, e fondate su formule solo genericamente espresse, attraverso un riferimento non meglio specificato ad una caratura criminale “senza dubbio elevata”, ovvero ad “un’indubbia nomea criminale nell’ambito della malavita romana”.

Sul punto, dunque, vanno richiamate le analoghe considerazioni gia’ espresse in ordine ai ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (supra, nei parr. 11.2, 12.2. e 13.3.), per quel che attiene ai canoni di valutazione del parametro della concretezza del pericolo di reiterazione di reati della stessa indole.

14.7. In relazione ai profili ora indicati, conclusivamente, s’impone l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, per un nuovo esame che, nella piena liberta’ del relativo apprezzamento di merito, dovra’ colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede statuiti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente all’aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e alle connesse esigenze cautelari; di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) limitatamente alle esigenze cautelari. Per l’effetto rinvia, per nuovo esame, al Tribunale di Roma. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno alla somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.

Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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