assegni protesti

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 26 febbraio 2016, n. 8045

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. CORBO Antoni – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/04/2013 della Corte d’appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa l’11 aprile 2013, la Corte di appello di Ancona, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato (OMISSIS) per il delitto di calunnia commesso in danno di (OMISSIS) mediante la presentazione, nelle date del (OMISSIS), di denuncia di smarrimento di un assegno in realta’ da lui consegnato alla persona offesa; la pena e’ stata commisurata in anni uno e mesi quattro di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, e con applicazione del beneficio della sospensione condizionale.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata sentenza della Corte di appello di Ancona, l’avvocato (OMISSIS), quale difensore di fiducia del (OMISSIS), formulando due motivi.

2.1. Nel primo motivo, l’impugnante lamenta l’erronea applicazione della norma penale che prevede il delitto di calunnia, per difetto dei presupposti oggettivi e soggettivi.

La censura deduce, innanzitutto, che il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato perche’ lo stesso, nelle denunce, si era limitato a dichiarare semplicemente lo smarrimento di un carnet di assegni, senza indicare il soggetto responsabile del fatto, ne’ alcun elemento idoneo ad individuarlo, e che tale decisione di proscioglimento “e’ stata adeguatamente motivata”. Osserva, poi, che elementi costitutivi del delitto di calunnia sono il fatto oggettivo della falsa accusa idonea a dare impulso ad una iniziativa penale e la consapevolezza, da parte dell’agente, dell’innocenza dell’accusato rispetto al fatto a questi addebitato, e che, pertanto, e’ necessario accertare in concreto sia l’idoneita’ lesiva in concreto della condotta, sia la coscienza di tale idoneita’ lesiva, avendo riguardo alle modalita’ concrete del fatto. Conclude affermando che quanto accertato nel caso di specie, e cioe’ la denuncia dello smarrimento di un carnet di assegni – quindi, nemmeno di un singolo assegno – non consente di affermare “la coscienza e consapevolezza di simulare a carico di un altro soggetto il reato di furto”: ai fini della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 368 codice penale, non e’ sufficiente una “qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma… una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione nell’amministrazione della giustizia in forza della consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato”.

2.2. Nel secondo motivo, il ricorrente lamenta erronea applicazione della norma penale in relazione agli articoli 132 e 133 codice penale, in riferimento all’articolo 606 codice procedura penale, comma 1, lettera b), e manifesta illogicita’ della motivazione, a norma dell’articolo 606 codice procedura penale, comma 1, lettera e).

La censura deduce che il giudice ha “semplicemente determinato la pena, senza indicare i criteri giuridici a cui si e’ ispirato”, in particolare non dando alcun conto della concreta assenza di negative conseguenze per la persona offesa, e che la mancata specificazione dei parametri utilizzato costituisce lesione del diritto di difesa, in quanto impedisce all’imputato di contestare la determinazione del trattamento sanzionatorio irrogato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ in parte infondato, in parte inammissibile.

2. Il primo motivo e’ infondato, innanzitutto, nella parte in cui contesta che la sentenza di appello ha riformato quella di primo grado, sebbene questa fosse “adeguatamente motivata”.

Il primo giudice, infatti, ha offerto una motivazione estremamente succinta, ed erronea sotto il profilo delle conseguenze giuridiche collegate al fatto accertato. Nel provvedimento del Tribunale, invero, si afferma che l’imputato, nella querela e nella successiva conferma, “dichiara semplicemente lo smarrimento di un carnet di assegni di cui fa parte il titolo di cui al capo di imputazione”. Si aggiunge, poi, che “le denunce non indicano alcun soggetto quale responsabile del presunto fatto criminoso” e che non e’ fornito “neanche alcun elemento idoneo ad individuare” quest’ultimo. Da cio’ la seguente conclusione: “In mancanza assoluta quindi dell’elemento soggettivo ma anche della condotta oggettiva l’imputato deve essere assolto con la formula piu’ ampia”.

La Corte di appello, nel riformare la pronuncia di assoluzione, ha premesso che le dichiarazioni rese dai testimoni in primo grado sono coerenti e precise, e che non e’ in discussione il contenuto delle stesse, bensi’ la rilevanza giuridica del fatto che dalle stesse si evince. Ha poi evidenziato che la falsa denuncia di smarrimento di un assegno e’ condotta che la giurisprudenza di legittimita’ qualifica costantemente in termini di calunnia. Ha quindi ritenuto la sussistenza del dolo della calunnia perche’ tale elemento psicologico “si immedesima con l’accertamento della cosciente falsita’ delle circostanze oggetto della denuncia”.

Alla luce di questi elementi, non puo’ dirsi che la sentenza impugnata sia viziata per aver omesso di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piu’ rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza. Il giudice di appello, infatti, e’ partito dallo stesso fatto storico ricostruito dal primo giudice ed ha spiegato sia perche’ il medesimo deve essere qualificato come calunnia, sia perche’ debba ritenersi sussistente la colpevolezza.

Ne’, poi, la riforma della pronuncia assolutoria puo’ giudicarsi avvenuta in violazione dell’articolo 6 CEDU, cosi’ come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo nel caso Dan c. Moldavia. Secondo quanto condivisibilmente precisato in giurisprudenza, il giudice di appello non e’ tenuto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale quando fonda il proprio convincimento su una diversa valutazione in punto di diritto del valore della prova, poiche’ il principio convenzionale indicato ha la funzione di tutelare l’imputato contro una diversa – e pregiudizievole – valutazione di attendibilita’ del contenuto delle dichiarazioni acquisite, da parte di un giudice che non ha avuto alcun contatto immediato con la fonte di prova (cfr., in particolare, Sez. 3, n. 44006 del 24/09/2015, B., Rv. 265124).

3. Quanto al profilo inerente all’aspetto oggettivo della fattispecie, deve ribadirsi l’insegnamento consolidato secondo cui la falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto che li abbia consegnati ad altra persona in pagamento, integra il delitto di calunnia, anche se la denuncia preceda la negoziazione dei titoli (cfr., tra le tante: Sez. 6, n. 24997 del 17/04/2013, Salvatore, Rv. 257029; Sez. 6, n. 12810 del 08/02/2012, Predieri, Rv. 252557; Sez. 6, n. 10400 del 07/02/2008 Carlisi, Rv. 239017; Sez. 6, n. 13912 del 09/02/2004, D’Amore, Rv. 229215; Sez. 6, n. 33556 del 24/09/2002, Bonafede, Rv. 222748).

3.1. E’ vero che chi presenta una falsa denuncia di smarrimento di assegni non formula direttamente una accusa concernente uno specifico reato.

Tuttavia, come osserva anche una parte considerevole della dottrina, per la configurabilita’ del delitto di calunnia, basta che il denunciante prospetti all’Autorita’ giudiziaria (o ad altra Autorita’ che alla prima abbia l’obbligo di riferire) circostanze di fatto solo in parte riconducibili ad una fattispecie incriminatrice astratta, ma sufficienti per ritenere implicitamente che l’illecito si sia compiutamente realizzato e, pur se in forma implicita o indiretta, che il soggetto accusato ne sia responsabile. Questo perche’ e’ necessario distinguere tra oggetto della falsa incolpazione, costituito dal reato quale illecito penale completo di tutti suoi elementi essenziali, e oggetto della denuncia, costituito dall’atto che realizza la falsa incolpazione. Tale distinzione, a sua volta, si impone perche’ “oggetto di un processo penale e’ la ipotesi, che sara’ oggetto di verifica nel corso di tutto il processo penale, che sia stata commessa la violazione di una legge penale sostanziale”.

L’indicata impostazione risulta condivisa nella giurisprudenza di legittimita’ anche con riferimento a fattispecie diverse da quelle della falsa denuncia di smarrimento di assegni. In particolare, si e’ rilevato che integra il delitto di calunnia la condotta oggettivamente idonea a determinare l’avvio di un procedimento penale nei confronti di una persona che si sa innocente, non essendo necessario che i fatti siano esposti secondo lo schema tipico di una determinata fattispecie delittuosa, ne’ che siano corredati dalla qualificazione giuridica appropriata (cosi’ Sez. 6, n. 32944 del 16/05/2012, Dell’Utri, Rv. 256253, in una fattispecie in cui e’ stato configurabile il delitto in relazione ad una denuncia che aveva prospettato un accordo tra collaboratori di giustizia senza precisare che gli stessi avevano gia’ reso dichiarazioni alle Autorita’ investiganti), e che la condotta del reato previsto dall’articolo 368 codice penale consiste nell’aver portato a conoscenza dell’autorita’ giudiziaria o di altra autorita’ che a quella abbia obbligo di riferire, “circostanze idonee ad indicare taluno come colpevole di un fatto costituente reato in forme tali da rendere possibile (cio’ e’ sufficiente, integrando la calunnia una fattispecie di reato di pericolo) l’espletamento delle indagini” (cfr. Sez. 6, n. 2389 del 20/11/1991, dep. 1992, Castelli, Rv. 189284).

E’ in perfetta coerenza con questa impostazione, quindi, che alcune decisioni sottolineano espressamente l’irrilevanza della possibile desumibilita’, in via alternativa, dalla falsa denuncia di smarrimento di assegni, di reati perseguibili a querela, e cio’ nonostante la configurabilita’ del delitto di cui all’articolo 368 codice penale debba escludersi quando oggetto specifico della falsa incolpazione sia un reato perseguibile a querela. Si precisa, invero, che la verifica della perseguibilita’ a querela del reato prospettabile in conseguenza della mendace denuncia di smarrimento (ad esempio il furto non aggravato) “non puo’ certo compiersi ex post, restando altrimenti frustrata la finalita’… di evitare il pericolo sia che l’amministrazione della giustizia venga tratta in inganno sia che venga leso l’onore e la liberta’ personale del soggetto falsamente incolpato. E’ il pericolo, dunque, il dato ontologico che contrassegna la fattispecie in esame, derivante dalla possibilita’ – da verificare ex ante – che si instauri un procedimento penale, con il rischio di irrogare una pena nei confronti di un innocente” (cosi’, testualmente, Sez. 6, n. 13912 del 2004, cit.).

Sufficiente, percio’, per la configurabilita’ del delitto di calunnia, e’ che i fatti falsamente rappresentati all’Autorita’ giudiziaria (o ad altra Autorita’ che alla prima abbia l’obbligo di’ riferire), pur se non univocamente indicativi di una specifica fattispecie di reato, siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio a carico di una persona determinata.

A sostegno di tale soluzione, puo’ aggiungersi una ulteriore considerazione di ordine letterale. In effetti, i delitti di calunnia e di simulazione di reato possono essere realizzati anche simulando le “tracce” (gli indizi materiali) di un reato; inoltre, nella fattispecie prevista dall’articolo 367 codice penale, la nozione di “tracce di un reato” non puo’ che riferirsi al fatto in se’ e per se’, indipendentemente dall’individuazione del suo autore. Se, pero’, per la sussistenza della fattispecie di simulazione di reato, e’ sufficiente che siano presentate all’Autorita’ Giudiziaria false tracce dell’esistenza di un illecito penale, e se, quindi, non occorre, a tal fine, la prospettazione di una fattispecie delineata in tutti i suoi elementi, anche l’identita’ lessicale nelle previsioni di cui all’articolo 367 codice penale e di cui all’articolo 368 codice penale offre un argomento favorevole all’opzione ermeneutica secondo cui elemento essenziale per la configurabilita’ di quest’ultimo delitto e’ la presentazione di una denuncia avente ad oggetto fatti idonei a determinare l’apertura di un procedimento penale nei confronti di una persona determinata, anche se l’atto non contiene la immediata rappresentazione di tutti gli elementi necessari ad integrare una specifica ipotesi di reato. In linea con queste osservazioni, anzi, puo’ rilevarsi che in giurisprudenza e’ stato ritenuto configurabile il delitto di cui all’articolo 367 codice penale anche quando la denuncia non contiene l’esposizione di tutti gli elementi costitutivi di un fatto di reato, proprio in relazione a false dichiarazioni, rese alla P.G., concernenti lo smarrimento di una carta prepagata post-pay, seguite da una successiva denuncia di smarrimento del documento, sul rilievo che trattasi di condotte rappresentative di fatti idonei a determinare l’avvio di indagini penali per i reati di furto ed indebita utilizzazione della carta (cosi’ Sez. 6, n. 16277 del 11/03/2015, Genna, Rv. 263123).

3.2. Una volta assunto che, per la configurabilita’ del delitto di calunnia, e’ sufficiente la falsa rappresentazione di fatti tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio, pur se non univocamente indicativi di una specifica fattispecie di reato, la mendace denuncia di smarrimento di assegni risulta senz’altro sussumibile nella fattispecie prevista dall’articolo 368 codice penale.

Come gia’ esplicitamente evidenziato in alcuni dei precedenti citati, infatti, la falsa dichiarazione di smarrimento di assegni gia’ consegnati “determina con immediatezza un’apparenza di realta’ che conduce necessariamente ad indagini di polizia per verificare l’attribuzione di un fatto di rilevanza penale ad un soggetto univocamente e agevolmente identificabile”, e che, tra i reati ipotizzabili, induce a prospettare anche quelli di furto e ricettazione, quest’ultimo sempre procedibile di ufficio.

4. Anche con riferimento all’affermata sussistenza dell’elemento psicologico della fattispecie, la sentenza impugnata e’ immune da vizi.

Costituisce, infatti, principio consolidato in giurisprudenza, e che il Collegio condivide, quello secondo cui, in tema di calunnia, la prova dell’elemento soggettivo puo’ desumersi dalle concrete circostanze e modalita’ esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, e’ possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volonta’ di un’accusa mendace nell’ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito all’incolpato (cfr., ad esempio, Sez. 6, n. 10289 del 22/01/2014, Lombardi, Rv. 259336, nonche’ Sez. 6, n. 31446 del 24/05/2004, Prandelli, Rv. 229271). Si puo’ rilevare, inoltre, che, proprio in specifica applicazione di questo principio, e’ stata ritenuta corretta la decisione di merito che aveva affermato la responsabilita’ dell’imputato per avere il medesimo presentato la denuncia di smarrimento di un assegno, da lui precedentemente affidato ad altro soggetto affinche’, in sua vece, lo consegnasse ad un terzo (cosi’ Sez. 6, n. 10289 del 2014, cit.).

5. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.

Nessun vizio puo’ essere dedotto con riferimento alla mancata indicazione dei criteri seguiti dalla Corte di appello per la commisurazione della pena: la sentenza impugnata, infatti, ha quantificato la sanzione partendo esattamente dal minimo edittale ed applicando poi nel massimo consentito la diminuzione conseguente al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

6. All’infondatezza dei motivi esposti nel ricorso, segue il rigetto dello stesso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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