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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

 sentenza 25 marzo 2014, n. 14010

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 7 maggio 2005 il Tribunale di Caltanissetta ha assolto, per la insussistenza del fatto, R.A. dall’imputazione mossa allo stesso ai sensi dell’art. 340 cp.
Interposto appello dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, la Corte di appello di Caltanissetta con sentenza del 16 ottobre 2012, ritenuta la responsabilità del R. lo condannava alla pena ritenuta di giustizia.
2. In fatto viene contestato al R. di aver cagionato diverse interruzioni o comunque turbato la regolarità dei servizi di pubblico soccorso legati alle linee telefoniche 112, 113 e 117 all’uopo effettuando, in più giornate (segnatamente sei ricomprese tra il 21 ed il 30 dicembre 2006) 71 diverse chiamate durante le quali recitava frasi con voce travisata, eseguiva rutti, pernacchie o faceva sentire all’interlocutore musica ad alto volume così da tenere le dette linee occupate.
3. Propone ricorso tramite il difensore fiduciario il R. articolando due diversi motivi.
3.1 Con il primo si denunzia violazione di legge e difetto di motivazione avuto riguardo agli artt 340 cp e 192 cpp. La Corte territoriale lungi dall’accertare l’effettiva alterazione del pubblico servizio l’avrebbe ricavata piuttosto da circostanze indipendenti dalla condotta dell’imputato (il blocco delle utenze e l’attività di ricerca finalizzata alla individuazione dell’utenza) e dunque ininfluenti ai fini della decisione. In particolare si è dato credito all’elemento del blocco delle chiamate, senza poi verificare quale sia stata l’effettiva incidenza dell’azione sul servizio, trattandosi di circostanza estranea con l’azione ricondotta al R. . Sul piano argomentativo, poi, non pare che la sentenza sia tale da superare la motivazione adotta in primo grado nella lettura del medesimo materiale probatorio tanto da confutarla integralmente, rappresentando piuttosto una mera spiegazione alternativa resa senza un effettivo confronto con la decisione assolutoria assunta in primo grado soprattutto con riferimento alla apprezzabilità della concreta turbativa cagionata dal R. , da valutare nel suo complesso e non nella singola funzione o prestazione rapportata ad un determinato momento.
3.2 Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt 606 lettera B ed E in relazione agli artt 133 e 62 bis cp.
Manca, ad opinione della difesa, ogni valutazione sulla dosimetria della pena, non evincibile dal mero richiamo all’art. 133 cp; la sentenza, ancora, nulla reca sul piano argomentativo in punto alle denegate circostanze generiche.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è infondato per le ragioni precisate di seguito.
5. Secondo il Tribunale la condotta del R. avrebbe concretato una irrilevante turbativa del servizio di pubblico soccorso cui si è posto riparo attraverso il sequestro del corpo del reato senza interrompere il servizio ma dando sostanza a comportamenti petulanti, maleducati che durante lo svolgimento di un pubblico servizio possono ragionevolmente presumersi siccome suscettibili di accadimento.
5.1 Per la Corte di Appello, il medesimo comportamento ha piuttosto concretato una apprezzabile turbativa. Sia guardando al profilo del blocco delle chiamate, con distrazione di mezzi e personale per avviare la ricerca funzionale alla individuazione del responsabile; sia rimarcando il numero e le caratteristiche, nella durata, delle telefonate, tali da occupare per un periodo di tempo consistente la linea telefonica e l’operatore di servizio.
5.2. Quest’ultimo dato sembra alla Corte assumere un rilievo decisivo in punto alla configurabilità del reato contestato; per contro, il primo spunto valutativo finisce per confondere la turbativa oggettivamente posta in essere con le iniziative conseguenziali dirette a neutralizzarne gli effetti che, a ben vedere, per quanto eziologicamente legate alla prima, da queste si differenziano, non assumendo rilievo al fine.
6. La situazione in fatto appare delineata concordemente dai due Giudici del merito, le cui valutazioni piuttosto divergono in punto di diritto in ordine alla riconducibilità dei fatti in disamina alla ipotesi di reato contestata.
Ne consegue l’inconferenza del riferimento alla giurisprudenza di questa Corte e di questa stessa sezione legata al tenore che deve assumere la motivazione della sentenza di appello la dove alla assoluzione in primo grado faccia seguito, in secondo grado, la condanna degli imputati, il tutto da leggere nell’ottica sottesa principio del ragionevole dubbio di cui all’art. 533 cpp.
Nel caso, infatti, non si verte in ipotesi di ricostruzioni fattuali alternative diversamente motivate sul piano logico in ragione di una contrastante lettura del materiale probatorio. Piuttosto, in entrambe le sentenze, il fatto descritto è assolutamente identico mentre diverse sono le soluzioni in diritto, avendo ritenuto il Giudice dell’appello, a dispetto della valutazione espressa dal giudice di primo grado, che le condotte descritte erano tali da integrare gli estremi del reato contestato.
7. Ed in termini di diritto, a fronte della manifesta inconducenza delle considerazioni esposte dal Tribunale, le valutazioni rese in appello si rivelano corrette.
7.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte, integra l’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 340 cod. pen. anche l’interruzione o un mero turbamento nel regolare svolgimento dell’ufficio o del servizio, posto che la fattispecie tutela non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento Sez. 6, Sentenza n. 46461 del 30/10/2013 Ud. (dep. 21/11/2013) Rv. 257452; è pure sufficiente che si determini un’alterazione temporanea della regolarità dell’ufficio o del servizio, purché oggettivamente apprezzabile, coinvolgendone solamente un settore e non la totalità delle attività Sez. 6, Sentenza n. 36253 del 22/09/2011 Ud. (dep. 06/10/2011) Rv. 250810.
Il reato previsto dall’art. 340 cod. pen. tutela infatti non solo l’effettivo funzionamento di un servizio pubblico, ma anche l’ordinato svolgimento di esso, sicché ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo non ha rilievo che la interruzione sia stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento del servizio stesso (cfr Sez. 6, Sentenza n. 44845 del 26/10/2007, Rv. 238096).
7.2 Purché idonee a caratterizzare una discontinuità nel servizio, anche le turbative di breve durata possono realizzare l’evento. Occorre, tuttavia, che si tratti di discontinuità dotata di apprezzabile significato; e siffatta valutazione andrà effettuata secondo canoni di plausibilità laddove, come nella specie, tempo ed intensità della interruzione temporanea non possono che essere letti e filtrati dalla natura e dal rilievo da ascrivere alla specifica funzione o servizio in gioco in funzione degli interessi perseguiti nell’interesse della collettività, dovendosi considerare all’uopo i disagi ed il correlato rilievo ponderale dei rischi cui risultano esposti gli utenti in ragione della riscontrata discontinuità.
7.3 Nel caso, i servizi disturbati dall’azione del ricorrente vedono nella pronta ed immediata risposta delle forze dell’ordine interessate alle esigenze di intervento prospettate dagli utenti la ragion d’essere della funzionalità che li connota. Ne viene che, se ripetuta con una certa continuità anche se per frazioni di tempo modeste, l’azione di disturbo operata dall’agente finisce per creare un serio ostacolo alle possibilità di garantire pronta e regolare funzionalità al servizio di immediata emergenza sotteso alle linee telefoniche all’uopo dedicate. E nel caso è pacifico che le chiamate, non immediatamente interrotte all’atto del contatto con l’operatore (in ragione del riscontrato tenore della contestazione), furono ben settantuno, suddivise in soli sei giorni, dando così corpo, in linea con quanto osservato dalla Corte territoriale (pur con le precisate delimitazioni sopra rassegnate) ad una, seppur temporanea e non continuativa ma effettiva e certamente apprezzabile, turbativa del regolare svolgimento dei relativi servizi di soccorso in ragione delle difficoltà oggettive di accesso al servizio per la generalità degli utenti interessati.
8. È infondato anche il secondo motivo di ricorso.
Il complessivo tenore della motivazione avuto riguardo alle connotazioni dell’azione e la valutazione della capacità a delinquere esplicitata nel considerare i precedenti specifici in ragione della affermata esclusione del beneficio della sospensione condizionale consentono di ritenere adeguatamente argomentata, sul piano dei contenuti, la scelta resa nella dosimetria della pena comminata.
Del resto, con riferimento alle generiche, il ricorso in parte qua si connota per una assoluta genericità, non risultando esplicitate le ragioni di positiva valutazione utili ad una conclusione di segno diverso, segnalate alla Corte territoriale e pretermesse nella decisione adottata.
Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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