Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 23 aprile 2014, n. 17691
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia di primo grado del 01/03/2012 con la quale il Tribunale della stessa città aveva condannato alla pena di giustizia R.C. in relazione al reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, cod. pen., per avere, dal 19/07/2008 e fino alla data delle sentenza di prime cure, omesso di corrispondere la somma di euro 2.000 mensili imposta con provvedimento del Presidente del Tribunale civile il 23/06/2006 quale contributo per il mantenimento dei figli minori, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali acquisite durante l’istruttoria di primo grado avessero dimostrato la colpevolezza del C. in ordine al reato come contestatogli.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il C., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. D.L., il quale, con un unico motivo, ha dedotto la violazione di legge, in relazione alla norma del codice penale oggetto di contestazione, per non avere la Corte di appello tenuto conto che, dopo la separazione dalla coniuge, benché egli avesse omesso ogni mese il versamento della somma fissata dal giudice civile, ai suoi tre figli minori non fossero mancati i mezzi di sussistenza, dato che la moglie, come lui esercente la professione di medico, aveva avuto un adeguato stipendio mensile, e che egli aveva, comunque, versato ai figli, a più riprese, importi di varie entità per fare fronte alle rette scolastiche ed a spese di viaggio e per l’acquisto di vestiti.
3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo dedotto.
Costituiscono espressione di un consolidato indirizzo giurisprudenziale i principi secondo i quali:
– in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nella nozione penalistica di “mezzi di sussistenza” debbono ritenersi compresi non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori; mezzi di trasporto; mezzi di comunicazione). (così, tra le diverse, Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253908; Sez. 6, n. 2736/09 del 13/11/2008, L., Rv. 242855);
– integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il genitore separato che non adempie agli obblighi di versamento imposti dal giudice civile in favore dei figli minori, essendo escluso ogni accertamento in sede penale sulla effettiva capacità proporzionale di ciascun coniuge di concorrere al soddisfacimento dei bisogni dei minori, e spettando al solo civile tale verifica, in quanto la disposizione incriminatrice si limita a sanzionare la condotta di inadempimento (così, tra le molte, Sez. 6, n. 46750 del 18/10/2012, C., Rv. 254273);
– e, ai fini della configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il soggetto obbligato in sede di separazione legale dei coniugi non ha la facoltà di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento della prole con “cose” o “beni” che, secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondano alle esigenze del minore beneficiario, quali computer o capi di abbigliamento (Sez. 6, n. 8998 del 11/02/2010, B., Rv. 246413).
Di tali criteri di interpretazione della norma incriminatrice in esame la Corte di appello di Palermo ha fatto corretta applicazione, osservando, da un lato, come in oltre un anno e mezzo il C., esercente la professione di medico e, dunque, dotato di adeguata capacità reddituale, avesse dimostrato di aver versato in favore dei tre figli minori poco più di 3.300 euro per il pagamento di rette scolastiche, spese di viaggio e vestiti, ma come avesse del tutto omesso di versare la somma di 2.000 euro mensile, oltre al 50% delle spese straordinarie, comprese quelle scolastiche, importo stabilito dal giudice civile per il mantenimento dei figli rimasti a carico della moglie separata; e come, da altro lato, la coniuge avesse provato di aver dovuto praticare significative ristrettezze economiche e di avere, anzi, dovuto fare affidamento sull’aiuto di parenti per fare fronte ai bisogni dei figli (v. pagg. 4-5 sent. impugn.).
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Leave a Reply