cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 21 settembre 2015, n. 38267

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MILO Nicola – Presidente

Dott. FIDELBO G. – rel. Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierlui – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA B. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 9 luglio 2014 emesso dal Tribunale di Belluno;

visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;

udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;

udite le richieste del sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 9 luglio 2014 il Tribunale di Belluno ha respinto la richiesta di sospensione del procedimento presentata nel corso del dibattimento nell’interesse dell’imputato, (OMISSIS), per la presentazione dell’istanza di messa alla prova in ordine al reato contestato al capo D), ritenendola tardiva.

Il Tribunale, pur riconoscendo che il nuovo istituto puo’ essere applicato ai processi in corso, tuttavia ha ritenuto che, in mancanza di una disciplina intertemporale, le relative istanze debbano essere presentate alla prima udienza utile successiva all’entrata in vigore della Legge n. 67 del 2014, avvenuta il 17.5.2014; nella specie, l’istanza era stata presentata solo all’udienza del 9.7.2014 anziche’ nella prima udienza utile che si era tenuta il 18.6.2014.

2. Contro questa decisione gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), nell’interesse dell’imputato, hanno proposto ricorso per cassazione, censurando l’interpretazione data dai giudici di primo grado e sostenendo che la richiesta di sospensione del processo per messa alla prova possa essere avanzata fino a che sia in corso la fase dibattimentale di formazione della prova e, quindi, quantomeno fino all’assunzione delle testimonianze.

Si sostiene che il Tribunale non avrebbe tenuto presente la ratio dell’istituto, contravvenendo inoltre al principio generale dell’applicazione della lex mitior anche in via retroattiva riconosciuto dalle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e senza considerare l’analogia con quanto stabilito nell’omologa disciplina del processo minorile che, pur in assenza di disposizioni transitorie, consente che l’istituto della messa alla prova sia applicabile anche nei procedimenti in fase di appello.

Con una successiva memoria difensiva i difensori hanno contestato la requisitoria del procuratore generale che ha chiesto il rigetto del ricorso, ribadendo i motivi proposti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il Collegio condivide la requisitoria del procuratore generale che ha concluso per il rigetto del ricorso, peraltro richiamando alcune decisioni di questa Corte.

3.1. In particolare, questa Sezione (sentenza n. 47587 del 22 ottobre 2014, Calamo, Rv. 261255) ha avuto modo di affermare che con riferimento all’istituto della messa alla prova di cui alla Legge n. 67 del 2014 e alla sua applicazione intertemporale non puo’ invocarsi, quale parametro di legalita’ costituzionale, il principio di retroattivita’ della lex mitior successiva, in quanto tale principio, come de. resto le norme in materia di retroattivita’ contenute nell’articolo 7 CEDU, concerne le sole disposizioni che definiscono reati e le pene che li reprimono (Corte Edu, 27 aprile 2010, Morabito c. Italia; Corte Edu 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia).

Il nuovo istituto della messa alla prova, invece, e’ stato strutturato come un percorso alternativo all’accertamento giudiziario, ma senza incidere sulla valutazione sociale del fatto, la cui valenza negativa rimane anzi il presupposto per imporre all’imputato, il quale ne abbia fatto esplicita richiesta, un programma di trattamento alla cui osservanza con esito positivo consegua l’estinzione del reato. Su queste basi si e’ riconosciuto come si sia al di fuori dell’ambito di operativita’ del principio di retroattivita’ della lex mitior escludendosi che la mancata previsione di un’applicazione retroattiva dell’istituto della messa alla prova si ponga in contrasto con l’articolo 7 CEDU come interpretato dalla Corte di Strasburgo e violi l’articolo 117 Cost., comma 1, che del primo costituisce il parametro di legalita’ costituzionale” (cost., Sez. 6, 22 ottobre 2014, Calamo, cit; Sez. Per., 31 luglio 2014, Paladino).

In sostanza si e’ ritenuto che la scelta contenuta nell’articolo 464-bis c.p.p., comma 2 che non consente l’applicazione della messa alla prova ai procedimenti pendenti al momento di entrata in vigore della Legge n. 67 del 2014 se sia gia’ decorso il termine finale per la presentazione della relativa istanza sia una scelta legittima, rimessa alla discrezionalita’ del legislatore che non presenta alcuna irragionevolezza e come tale e’ da considerare insindacabile.

4 Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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